La Magia di Quarrata: la villa medicea dove antico e contemporaneo s'incontrano in un dialogo tra uomo e paesaggio


A Quarrata (Pistoia), la villa medicea della Magia si è trasformata negli ultimi anni in un giardino d'arte contemporanea che si chiama “Genius Loci - Lo spirito del luogo”: un luogo dove antico e contemporaneo s'incontrano in un serrato dialogo tra uomo e paesaggio.

Comincia nel 2000 la storia recente di Villa La Magia, la grande villa medicea di Quarrata, da leggersi rigorosamente con l’accento sulla prima “a”: “màgia”, nel senso di “grande”, dal latino maius. Quell’anno, l’antica dimora divenne proprietà del Comune, aggiungendo un capitolo alla sua lunga storia cominciata nel 1335, quando l’illustre famiglia fiorentina dei Panciatichi entrò in possesso del terreno su cui oggi sorge la villa. Si trattava di un luogo di grande importanza strategica, dal momento che Quarrata si trova sulle vie di comunicazione tra Pistoia e Firenze, e così i Panciatichi fecero costruire una prima casa-torre. La famiglia rimase proprietaria dell’edificio e delle sue pertinenze fino al 1583, quando fu costretta a vender tutto a causa di alcuni problemi finanziarî: la Magia fu così acquistata dal granduca Francesco I de’ Medici, e da quell’anno entrò a far parte del sistema delle ville medicee. Francesco I diede incarico all’architetto di corte, Bernardo Buontalenti, di risistemare quella che era già diventata una residenza: fu lui che creò il lago artificiale ancor oggi esistente, e che già vediamo nei dipinti d’epoca.

Il periodo mediceo, tuttavia, durò solo una sessantina d’anni, perché già nel 1645 Ferdinando II cedette la villa a Pandolfo di Ottavio Attavanti, esponente di una storica famiglia di Castelfiorentino, che sottopose la Magia a importanti opere di rinnovamento che le fecero acquisire l’aspetto con cui ancora oggi si presenta agli occhi del visitatore: fu con gli Attavanti che sorse lo scalone monumentale che conduce ai sontuosi ambienti del piano nobile, sempre gli Attavanti fecero costruire la cappella esterna, in stile neogotico, dedicata a santa Verdiana (patrona di Castelfiorentino) e si occuparono della risistemazione del cortile interno. Con l’ultimo degli Attavanti, Pandolfo di Amerigo, fu aperta anche la magnifica galleria nova che si trova al piano nobile della villa, e gli ambienti si arricchirono degli affreschi di Giovanni Domenico Ferretti (Firenze, 1692 - 1768), uno dei più grandi artisti del Settecento fiorentino. Pandolfo Amerigo morì senza eredi e, nel 1752, la villa passò per via ereditaria ai Ricasoli e da questi, nel 1766, a Giulio Giuseppe Amati: la famiglia di quest’ultimo detenne la proprietà della villa per due secoli e mezzo, fino al 2000, quando gli Amati Cellesi vendettero la Magia al Comune di Quarrata.

La Magia fu inizialmente intesa come sede di eventi, ma presto il Comune pensò di cambiare radicalmente il suo destino: l’idea era quella di farla diventare sede di uno dei più interessanti progetti di arte ambientale della Toscana, un parco in grado di accogliere opere d’arte capaci di dialogare con l’ambiente circostante e di esaltare la forza e le caratteristiche di questa terra. Così, già nel 2000, partirono alcuni lavori di restauro con l’obiettivo di fare in modo che la villa arrivasse... puntuale e in ordine al suo appuntamento con la grande arte contemporanea. L’inaugurazione si tenne nel 2005, e per il parco fu scelto il nome di Genius Loci - Lo spirito del luogo: l’amministrazione comunale, con in testa l’allora sindaco Sabrina Sergio Gori che ha fortemente creduto nel progetto, intendeva render chiari fin dal titolo i motivi per cui è nata questa particolare collezione d’arte all’aperto, ovvero tradurre il genius loci di questa zona della Toscana in opere d’arte contemporanea. Da sempre, in Toscana, l’uomo vive un profondo e proficuo scambio simbiotico con il paesaggio: e questo rapporto, nei secoli, ha guidato gli interventi urbanistici, l’antropizzazione che si è adattata alla conformazione dei luoghi (e non il contrario), la modellazione del paesaggio stesso, e continua a farlo tutt’oggi, nel pieno rispetto dell’ambiente. È proprio in virtù di questo rapporto che oggi conosciamo la Toscana per com’è, è per questo che è entrata nel nostro immaginario collettivo con gli scenarî che tutti abbiamo in mente. Quello che la Magia propone è, per usare le parole stesse del progetto, un “cammino sensoriale” all’interno del parco, dove “le opere degli artisti si fondono nel paesaggio, si integrano nello spirito del luogo e della storia fino a diventarne parte integrante ed intrinseca, materia di riflessione per il visitatore e di evocazione perenne di sensazioni tese al superamento dei confini oltre il paesaggio e la materia”.

Villa La Magia (Quarrata). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Villa La Magia (Quarrata). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


Villa La Magia (Quarrata). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Villa La Magia (Quarrata). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


Villa La Magia (Quarrata). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Villa La Magia (Quarrata). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


Villa La Magia (Quarrata). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Villa La Magia (Quarrata). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


Villa La Magia (Quarrata). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Villa La Magia (Quarrata). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


Villa La Magia (Quarrata). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Villa La Magia (Quarrata). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


Villa La Magia (Quarrata). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Villa La Magia (Quarrata). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


La galleria nova
La galleria nova

Allo stesso 2005 risale il primo progetto accolto dalla Magia: l’installazione di luce e ombre Micat in vertice di Fabrizio Corneli (Firenze, 1958), artista da sempre abituato a creare opere d’arte con la luce. L’intervento di Corneli, curato da Katalin Mollek Burmeister, ha agito sulla facciata posteriore della Limonaia di Levante, e il titolo scelto dall’artista per la sua installazione (“risplende in alto”) già comunica al riguardante il senso dell’opera, una sorta di carezza luminosa dall’alto a uno spazio nato per esaltare la funzione vitale della luce, grazie alla quale gli alberi di limone possono crescere sani e dare i loro succosi frutti. Questo senso di “genesi” reso possibile dalla luce è il fulcro di una delle due “anime” di Micat in vertice, dal momento che l’opera si compone di un doppio intervento: il primo è costituito dalle luci che, poste sulla facciata della limonaia, al calar della sera fanno risplendere alcune bacchette di metallo che compongono il titolo dell’opera stessa. Il secondo invece si trova all’interno della limonaia: qui, di notte, tredici opere fatte solo di luce e ombra si accendono e spengono attraverso un sistema di sensori che intende creare un mondo di figure che si generano secondo le modalità più insolite e inaspettate trasportando il visitatore in una sorta di giardino di sogno.

Il percorso era dunque tracciato, e l’anno successivo la Magia si è arricchita delle opere di Anne Houllevigue (Marsiglia, 1942) e Patrick Poirier (Nantes, 1942), scultori francesi di gran fama che lavorano in coppia (perché tali sono anche nella vita) e sono noti semplicemente come Anne e Patrick Poirier: tra i principali filoni della loro ricerca figura da sempre quello della memoria, e proprio a questo tema è dedicata l’installazione La Fabbrica della Memoria, un’opera in pietra serena, ovvero il materiale più tipico della Toscana, terra dove la coppia transalpina da diverso tempo lavora. La loro installazione si trova nei pressi del lago artificiale della Magia: un piccolo edificio, una sorta di cubo (la “fabbrica”) accoglie un tavolo dove si trova un grafico che riproduce la forma di un cervello stilizzato, diviso in settori che indicano le relazioni tra le diverse aree dell’intelletto (ogni parola che le identifica presenta un colore diverso). Un’opera che ripropone al visitatore il motivo della “casa-cervello” dei Poirier (luogo che rappresenta un punto d’incontro tra la memoria collettiva, la casa, e i ricordi del singolo, il cervello), evidenziato anche dalle scritte che accompagnano il pubblico all’interno della struttura (Anima mundi e Memoria mundi, di nuovo l’incontro tra l’individuo e la dimensione collettiva della memoria). I Poirier hanno voluto concentrarsi sulla storia della villa, sito dalle vicende plurisecolari, risultato delle volontà dei singoli che l’hanno vissuta e abitata, ma anche dei gusti e delle inclinazioni delle epoche che ha attraversato.

La Fabbrica della Memoria non è l’unica opera di Anne e Patrick Poirier che si può ammirare alla Magia. In quello che era un tempo il prato del tennis sono stati infatti sistemati i due grandi Bruciaprofumi, realizzati nel 1997 ma posizionati nel prato nel 2006: sono due grandi opere in terracotta, che hanno preso vita in una fabbrica dell’Impruneta, il borgo presso Firenze rinomato per la sua produzione del cotto, e qui collocate per accrescere l’esperienza sensoriale del visitatore. I bruciaprofumi, alti tre metri, sprigionano infatti le essenze delle erbe e delle piante che si trovano nel giardino della villa, con l’intento di guidare il visitatore lungo la storia della Toscana non solo attraverso i rimandi materiali (dal momento che fin dai tempi più antichi la produzione di terracotta ha caratterizzato molte città e villaggi della Toscana), ma anche con quelli impalpabili, olfattivi: anche per questa ragione i bruciaprofumi trovano la loro collocazione accanto alla limonaia. Questa è infatti il luogo dove si annusano i profumi della natura nella loro purezza, mentre nel prato del tennis sono il risultato della felice interazione tra uomo e natura.

Fabrizio Corneli, Micat in luce (2005; installazione di luce e ombre sulla facciata posteriore della Limonaia di Levante)
Fabrizio Corneli, Micat in luce (2005; installazione di luce e ombre sulla facciata posteriore della Limonaia di Levante)


Il prato del tennis. Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Il prato del tennis. Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


Anne e Patrick Poirier, Bruciaprofumi (2006; cotto dell’Impruneta, altezza 300 cm). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Anne e Patrick Poirier, Bruciaprofumi (2006; cotto dell’Impruneta, altezza 300 cm). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


Anne e Patrick Poirier, Bruciaprofumi (2006; cotto dell’Impruneta, altezza 300 cm). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Anne e Patrick Poirier, Bruciaprofumi (2006; cotto dell’Impruneta, altezza 300 cm). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project

Si torna sui propri passi, si attraversa un’intricata siepe di bosso, pianta austera e robusta, per arrivare davanti al Giardino rovesciato di Hidetoshi Nagasawa (Tomei, 1940 - Ponderano, 2018), altro artista che con la Toscana ha sempre avuto un rapporto speciale, avendo lasciato qui diverse sue opere. La sua struttura si trova proprio sotto l’opera di Fabrizio Corneli: è un’opera composta da due grandi cerchi in pietra alberese, materiale tipico delle zone settentrionali della Toscana, che si intersecano senza però chiudersi, lasciando quindi che il visitatore possa entrarvi. L’unione dei due cerchi crea così tre spazî aperti: quelli che i due cerchi formano quando vi si entra, e quello che invece si trova al centro, nel punto d’unione tra le due forme. Un percorso soprendente che, com’è tipico della poetica di Nagasawa, sta a metà tra chiuso e aperto (per questo è “rovesciato”: perché quando vi si entra non si ha la sensazione di stare in un giardino, ma neppure si avverte l’impressione di trovarsi in uno spazio chiuso... e poi dove si è mai visto un giardino di muratura?), e ch’è appositamente pensato non per la contemplazione, ma per far sì che il visitatore si apra all’interazione con l’opera d’arte. Non solo: in uno degli spazî aperti, il visitatore trova una pianta di melograno, ulteriore simbolo dell’incontro tra uomo e natura e del modo in cui l’essere umano agisce sul paesaggio modificandolo, ma anche simbolo della vita che nasce e si sviluppa all’interno del giardino (per il resto, tutto è demandato all’azione degli elementi: vegetazione spontanea, semi trasportati dal vento).

Raggiunta di nuovo la villa ed entrati nel cortile, s’ammira qui un’ulteriore installazione, opera di Maurizio Nannucci (Firenze, 1939), il grande artista del neon (è stato tra i primi al mondo a sperimentarlo come forma di scrittura, in un’arte che riesce a far coesistere, al contempo, una marcata dimensione estetica, modalità espressive spiccatamente concettuali e istanze sociali): il suo intervento, Anthology two, risale al 2009 e consta di quattro frasi, ovviamente al neon, appese alle quattro facciate interne della villa che racchiudono il cortile. In rosso si legge Wherever color undermines aesthetic pleasure (“Ovunque il colore indebolisce il piacere estetico”), in blu Whenever art displaces common perspectives (“In qualsiasi momento l’arte modifica le percezioni comuni”), in giallo Wherever light releases time from darkness ("Ovunque la luce libera il tempo dall’oscurità) e in verde Whenever sound creates a total visual field (“In ogni momento il suono crea un campo visivo totale”). I testi immaginati da Nannucci offrono la base per una riflessione sull’interazione tra colore, linguaggio e suono, che punta al totale coinvolgimento sensoriale del visitatore (anche perché in origine i quattro neon erano pensati per essere accompagnati da un’installazione sonora, Resonance sound / Small movements, installata anch’essa alla Magia nel 2009 da Nannucci). Le frasi che Nannucci inserisce nello spazio, ha scritto la curatrice Katalin Mollek Burmeister (che ha seguito anche gli interventi dei Poirier e di Nagasawa), “rappresentano un’interruzione con l’abituale visione del luogo, e forniscono un nuovo sistema di significati sui quali riflettere e da sviluppare. In questo processo le diverse prospettive temporali di passato, presente e futuro si toccano, senza provocare chiusure: è anzi esattamente opposto il senso del lavoro dell’artista. Il contatto tra lo spettatore e l’opera è uno scambio che deve lasciare un ampio margine al contributo concettuale/emotivo del fruitore e risponde alla stessa necessità di apertura l’indeterminatezza delle frasi”.

C’è spazio ancora per un’opera, l’ultima a essersi aggiunta alla collezione: sono i Muri Fontane a tre colori per un esagono, lavoro del 2011 di Daniel Buren (Boulogne-Billancourt, 1938). È una monumentale fontana realizzata all’esterno della villa medicea, sopra un prato che guarda le colline del Montalbano, la dorsale che separa la piana di Pistoia dal Valdarno inferiore. L’installazione, curata da David Palterer, è un grande esagono che al centro ospita una fontana, anch’essa esagonale, in marmo di Carrara. Su ognuno dei lati dell’esagono si elevano degli alti pannelli scanalati (cascate d’acqua dove l’elemento fluido scorre attraverso le scanalature colorate) che si specchiano su trapezi colmi d’acqua con i loro colori, i colori primari: blu, giallo, rosso. L’opera nasce, intanto, per incorniciare il paesaggio, quasi fosse una grande finestra che, attraverso le sue alternanze di pieni e vuoti, lo scandisce col suo ritmo lento e armonico. Inoltre, è un’opera che insiste sull’elemento dell’acqua, che per queste terre ha rivestito un’enorme importanza: vuole essere anche un rimando agli interessi idraulici di Leonardo da Vinci, nato sul versante opposto del Montalbano (Vinci, in linea d’aria, dista neanche una decina di chilometri da Quarrata). Un ninfeo moderno, quello di Daniel Buren, che peraltro di notte s’illumina quasi fosse un faro che guida verso la Magia.

Daniel Buren, Muri fontane a tre colori per un esagono (2005-2011). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Daniel Buren, Muri fontane a tre colori per un esagono (2005-2011). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


Daniel Buren, Muri fontane a tre colori per un esagono (2005-2011). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Daniel Buren, Muri fontane a tre colori per un esagono (2005-2011). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


Daniel Buren, Muri fontane a tre colori per un esagono (2005-2011). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Daniel Buren, Muri fontane a tre colori per un esagono (2005-2011). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


Daniel Buren, Muri fontane a tre colori per un esagono (2005-2011). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Daniel Buren, Muri fontane a tre colori per un esagono (2005-2011). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


Daniel Buren, Muri fontane a tre colori per un esagono (2005-2011). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Daniel Buren, Muri fontane a tre colori per un esagono (2005-2011). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


Hidetoshi Nagasawa, Giardino rovesciato (2008). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Hidetoshi Nagasawa, Giardino rovesciato (2008). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project


Hidetoshi Nagasawa, Giardino rovesciato (2008). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project
Hidetoshi Nagasawa, Giardino rovesciato (2008). Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project

Oggi, la Magia continua a essere sede di eventi, concerti e mostre d’arte contemporanea, che hanno sede nelle sale storiche della villa. Periodicamente vengono organizzate visite guidate, sia all’interno che al parco, e il Comune di Quarrata mette a disposizione anche un’apposita offerta didattica per le scuole. Come i Medici furono grandi mecenati, attenti a tutte le modalità espressive del loro tempo, così oggi Quarrata ha scelto la villa medicea come sede per uno sguardo altrettanto attento alle forme d’arte del presente. “Lo spettatore”, ha scritto alcuni anni fa Sabrina Sergio Gori, “viene accolto nel cuore della Toscana, tra il verde e la sapienza architettonica che hanno trasformato LaMagia in una dimora signorile, rispettosa dell’equilibrio trale cose e l’universo, tra l’uomo e la natura. La scelta ambiziosa di valorizzare ed arricchire la nostra Villa Medicea disegni artistici di grande valore è legata da un lato all’org-glio delle nostre radici e dall’altro al desiderio di condividere un bene prezioso come questo”. Un bene la cui storia si legge nelle figure degli affreschi di Ferretti, dentro alla cappella di Santa Verdiana, da ogni singolo brano delle sue pareti, percorrendo il giardino romantico o le sue limonaie, mentre le opere dei grandi artisti d’oggi che punteggiano i suoi spazî sorprendono a ogni angolo il riguardante, inattese e solenni, e lo aiutano a comprendere le ragioni dell’equilibrio che, in Toscana, l’uomo ha instaurato con la natura e con il paesaggio.


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

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