La Madonna della Consolazione del Perugino, l'opera che l'artista non volle consegnare


La Madonna della Confraternita della Consolazione è uno dei capolavori della maturità del Perugino e nasconde una storia particolare: la confraternita che la commissionò non aveva i soldi per finire di pagarla e l’artista non la volle consegnare. Ma alla fine tutto si risolse.

Gli appassionati di storia dell’arte che frequentano i social network si saranno di sicuro imbattuti qualche volta in vignette e “meme” (ovvero immagini umoristiche realizzate mettendo un commento ironico a una fotografia che viene da tutt’altro contesto) che giocano sull’impassibilità di tante Madonne del Perugino (Pietro Vannucci; Città della Pieve, 1450 circa – Fontignano, 1523). Se ne trovano tante, per esempio, sulla ormai famosa pagina Mo(n)stre che diffonde sempre contenuti divertenti realizzati a partire dalle opere antiche. In effetti, le Vergini del Perugino si presentano spesso così: il volto lievemente piegato di lato, la bocca sigillata, l’espressione imperturbabile, gli occhi che comunicano un senso di profonda compostezza e di partecipata spiritualità. Sono i volti del Perugino che, com’ebbe a scrivere Umberto Gnoli, “apportò all’arte figure nuove per grazia e bellezza, espressioni nuove per raccoglimento o fervore religioso, languidezza o serenità ultra terrena”. Nel novero può rientrare la Madonna della Confraternita della Consolazione, una delle opere più riconoscibili dell’artista, conservata alla Galleria Nazionale dell’Umbria.

Venne commissionata all’artista nel 1496 dalla confraternita dei Disciplinati di Santa Maria Novella di Perugia, noti come “i battuti”: era destinata a decorare l’altare del loro oratorio situato nei pressi di Porta Sant’Angelo, anche se curiosamente fu utilizzata anche come stendardo processionale, nonostante la sua mole e il suo peso. Al Perugino occorsero due anni per portare a termine l’incarico, una pala alta più di un metro e ottanta che raffigura la Vergine con in Braccio il Bambino, due angeli che sopraggiungono con le mani giunte in preghiera e, più indietro, i membri della confraternita (detta anche “della Consolazione”, da cui il nome con cui la tavola è nota). I Disciplinati non avevano però risorse sufficienti per pagare l’artista, che a quell’epoca era già un pittore rinomato e dunque costoso: l’artista inizialmente si rifiutò di consegnare l’opera, dal momento che era abituato a licenziare i suoi lavori solo dopo aver riscosso tutto il dovuto, e ai confratelli servì un contributo del Comune di Perugia, che garantì cinque erogazioni al Perugino, per far fronte alle spese. Inoltre, sempre il Comune nel 1499 mise a disposizione le risorse per costruire una cappella che avrebbe ospitato la pala. Il costo dell’opera, 60 fiorini, era un prezzo in linea con altre opere del Perugino di simile formato, come la Resurrezione di San Francesco al Prato dipinta nello stesso periodo (50 fiorini), o la Pala dei Decemviri (100 fiorini). L’artista licenziò comunque anche opere molto più impegnative e costose, come il Polittico di San Pietro (oggi diviso tra il Louvre e il Musée des Beaux-Arts di Lione), costato ben 500 fiorini. Erano compensi alti: chiedeva cifre simili un artista come il Pinturicchio, mentre allievi o pittori di seconda fascia solitamente si facevano pagare un quinto di quello che prendevano i maestri più gettonati.

Perugino, Madonna della Confraternita della Consolazione (1496-1498; tempera e olio su tavola, 146 x 104 cm; Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria)
Perugino, Madonna della Confraternita della Consolazione (1496-1498; tempera e olio su tavola, 146 x 104 cm; Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria)
La Vergine
La Vergine
Gesù Bambino
Gesù Bambino
L'angelo di sinistra
L’angelo di sinistra
L'angelo di destra
L’angelo di destra
I confratelli
I confratelli
I confratelli
I confratelli
I confratelli
I confratelli
Il paesaggio
Il paesaggio

Scampata in maniera rocambolesca alle spoliazioni napoleoniche (uno dei frati della Confraternita aveva infatti nascosto la pala a casa sua, impedendo ai soldati francesi di trovarla), la Madonna della Consolazione fu poi trasferita nel 1801 nell’oratorio di San Pietro Martire a seguito della fusione della confraternita di Santa Maria Novella con quella, appunto, di San Pietro Martire, dopodiché, all’epoca delle soppressioni post-unitarie, il dipinto entrò a far parte, nel 1863, della raccolta dell’allora Pinacoteca Civica di Perugia, la futura Galleria Nazionale, dove venne depositata dagli stessi confratelli: nel 1906, fu infine sancita la definitiva donazione al patrimonio collettivo. È sopravvissuto quello che potrebbe essere un disegno eseguito in vista di quest’opera: si tratta di una Consorella inginocchiata a mani giunte conservata al Clark Art Institute di Williamstown nel Massachusetts, che nel 1997 lo studioso Joseph Antenucci Becherer ha messo in relazione sia alla Madonna della Consolazione, sia al gonfalone di sant’Agostino che oggi è conservato al Carnegie Museum of Art di Pittsburgh e che venne realizzato attorno al 1500. Quest’ultima opera riprende anche lo schema con i confratelli disposti attorno alla figura principale.

L’architetto Baldassarre Orsini (Perugia, 1732 – 1810), conterraneo del pittore, nel 1803 scriveva, nella sua opera Vita, elogio e memorie dell’egregio pittore Pietro Perugino, che l’artista “non dipinse mai opere che si potessero dire mediocri” (pur riconoscendo che “in alcune non arrivò a quell’alto grado di bellezza che si rimira nelle sue più eccellenti”), e tra le opere definite “egregie” includeva proprio la Madonna della Consolazione, “grande al naturale, sedente su di un seggio, che abbraccia il suo bambino, con maniera bella, facile e morbida”. L’opera è in effetti significativa, sia per la sua mistica pacatezza, sia perché qui il Perugino sperimenta e mette a punto uno schema e una figura che torneranno altre volte nella sua produzione: la Vergine col Bambino verrà riproposta dall’artista, in forme pressoché identiche ma più schematiche e meno monumentali, nella Pala Tezi, eseguita attorno al 1500 per l’altare della famiglia Tezi nella chiesa di Sant’Agostino a Perugia (anche quest’opera è conservata alla Galleria Nazionale dell’Umbria, sebbene la predella, con l’Ultima cena, sia stata separata dalla tavola e si trovi oggi alla Gemäldegalerie di Berlino). La Madonna indossa una veste rossa, una tunica blu e una mantella verde, è seduta su uno scranno di legno e tiene il Bambino sulle ginocchia: il piccolo Gesù viene raffigurato, come da consuetudine iconografica, nell’atto di benedire. Ai lati della Vergine, ecco i due angeli in simmetria, raffigurati in preghiera, mentre arrivano in volo poggiando il piede su di una nuvoletta. Sono due figure eteree e delicate, e questa loro leggerezza è ulteriormente sottolineata dallo sventolio delle vesti, che rispetto alle opere giovanili (come l’Adorazione dei Magi per la chiesa di Santa Maria dei Servi) perdono la precedente rigidità e si fanno meno pesanti. Anche questi due angeli simmetrici, inventati dal Perugino una quindicina d’anni prima della Madonna della Consolazione (li si vedono infatti per la prima volta nel Battesimo di Cristo affrescato nella Cappella Sistina, opera del 1482), torneranno in numerose sue opere: li vediamo infatti attorno alla figura di Cristo risorto nella Resurrezione dipinta per la chiesa di San Francesco al Prato e oggi al Palazzo Apostolico in Vaticano (si trova nella biblioteca privata del papa), oppure nel Gonfalone della Giustizia, che riprende molto da vicino lo schema della Madonna della Confraternita della Consolazione.

Perugino, Consorella inginocchiata a mani giunte (punta di metallo lumeggiata di bianco su carta bianca preparata, 220 x 136 mm; Williamstown, Clark Art Institute)
Perugino, Consorella inginocchiata a mani giunte (punta di metallo lumeggiata di bianco su carta bianca preparata, 220 x 136 mm; Williamstown, Clark Art Institute)
Perugino, Sant'Agostino con i membri della confraternita (1500 circa; olio su tavola, 94,9 x 64,6 cm; Pittsburgh, Carnegie Institute of Art)
Perugino, Sant’Agostino con i membri della confraternita (1500 circa; olio su tavola, 94,9 x 64,6 cm; Pittsburgh, Carnegie Institute of Art)
Perugino, Battesimo di Cristo (1482; affresco, 335 x 540 cm; Città del Vaticano, Cappella Sistina)
Perugino, Battesimo di Cristo (1482; affresco, 335 x 540 cm; Città del Vaticano, Cappella Sistina)
Perugino, Resurrezione (1499 circa; olio su tavola, 233 x 165 cm; Città del Vaticano, Palazzo Apostolico)
Perugino, Resurrezione (1499 circa; olio su tavola, 233 x 165 cm; Città del Vaticano, Palazzo Apostolico)
Perugino, Gonfalone della Giustizia (1501 circa; tempera e olio su tela, 278 x 138 cm; Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria)
Perugino, Gonfalone della Giustizia (1501 circa; tempera e olio su tela, 278 x 138 cm; Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria)
Perugino, Madonna col Bambino in trono tra i santi Giovanni Battista e Sebastiano (1493; tempera su tavola, 178 x 164 cm; Firenze, Gallerie degli Uffizi)
Perugino, Madonna col Bambino in trono tra i santi Giovanni Battista e Sebastiano (1493; tempera su tavola, 178 x 164 cm; Firenze, Gallerie degli Uffizi)

Sul fondo, davanti a un paesaggio umbro dove in lontananza s’intravede una città e dove torna la distesa d’acqua del lago Trasimeno, presenza costante nelle vedute che si dispiegano alle spalle dei protagonisti delle pale peruginesche (si trattava pur sempre delle terre natali dell’artista, luoghi a lui cari), sono disposti i membri della confraternita: sei figure incappucciate, con vesti bianche, in scala ridotta rispetto alla Vergine (un retaggio medievale). Due personaggi hanno appuntato sul petto un grosso distintivo con l’immagine della Madonna col Bambino, ulteriore elemento per spronare i membri della confraternita alla devozione.

La posa e l’abbigliamento della Vergine ricordano la Madonna col Bambino in trono tra i santi Giovanni Battista e Sebastiano, opera firmata dal Perugino e datata 1493, dipinta per la famiglia Salviati e destinata alla chiesa di San Domenico a Fiesole, e oggi custodita alla Galleria degli Uffizi. Il Perugino si era distinto per composizioni simili: fondate sulla simmetria, con schemi semplici, che dovevano ispirare piacevolezza e serenità, oltre che muovere il fedele a contemplazione (occorrerà rammentare che il successo arride al Perugino nel momento in cui la Toscana, dove s’era formato e dove aveva a lungo lavorato, era investita dal fervore mistico ispirato dalle accese prediche di Girolamo Savonarola, e la stessa Madonna della Consolazione viene dipinta nel momento in cui si consumano gli atti finali della vicenda storica e umana del frate ferrarese). Ecco dunque il perché di queste espressioni così serafiche, per le quali le Madonne del Perugino sono divenute famose, ecco perché l’artista, come scrisse Orsini, “dipinse con assai bell’aspetto e compostezza i volti delle sue Madonne”, alle quali comunque non manca una certa vitalità, spesso suggerita dal movimento delle spalle e del collo.

Peraltro, secondo una tradizione che probabilmente prende avvio da un aneddoto che Giorgio Vasari racconta nelle sue Vite, si è voluta identificare nella Madonna la giovane moglie del Perugino, Chiara Fancelli, sposata nel 1493, e la stessa tradizione riguarda del resto altre opere dove compaiono Madonne dalle fattezze simili. Si legge infatti nella biografia di Pietro Vannucci tracciata dallo storiografo cinquecentesco che l’artista “tolse per moglie una bellissima giovane e n’ebbe figliuoli; e si dilettò tanto che ella portasse leggiadre acconciature, e fuori et in casa, che si dice che egli spesse volte l’acconciava di sua mano”. Da queste poche parole sulla bellezza di Chiara Fancelli e sull’abitudine del marito a pettinarla si sarebbe diffusa la leggenda di Chiara come modella e musa ispiratrice dell’artista. Si tratta di un’ipotesi plausibile, ritenuta tale anche da illustri studiosi (come Pietro Scarpellini, che nel suo volume sul Collegio del Cambio del 1998 scrisse, in riferimento alla Vergine che compare nell’affresco della Natività, che la modella deve essere stata, come per quasi tutte le Madonne di Pietro dopo il 1493, Chiara Fancelli, moglie dell’artista). Non sarebbe strano il fatto che un artista chiedesse alla propria moglie di posare per la figura della Vergine, e a rafforzare questa idea concorre l’evidente somiglianza di tante Madonne peruginesche eseguite a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento. Di contro, invece, il fatto che i volti appaiono comunque stereotipati e non caratterizzati individualmente, e l’assenza di qualunque notizia certa che possa suffragare questa suggestione. Che tuttavia contribuisce a far crescere il fascino della Madonna della Confraternita della Consolazione e di altre Madonne del Perugino.

L’articolo è redatto nell’ambito di “Pillole di Perugino”, un progetto che fa parte delle iniziative per la divulgazione e diffusione della conoscenza della figura e dell’opera di Perugino selezionate dal Comitato Promotore delle celebrazioni per il quinto centenario della morte del pittore Pietro Vannucci detto “il Perugino”, costituito nel 2022 dal Ministero della Cultura. Il progetto, a cura della redazione di Finestre sull’Arte, è cofinanziato con i fondi messi a disposizione del Comitato dal Ministero.


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

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