“Michelangelo […] dal suo modesto castello ove nacque quel grande, il mio pensiero si rivolge a Vespignano, a Vinci, a Certaldo ove nacquero Giotto, Leonardo, il Boccaccio ed a tante altre terre italiane donde altri uomini sommi uscirono ad illustrare con opere egregie la patria, ad accrescere la coltura, ad allargarne la fama fra le genti civili. […] Restaurati oggi meravigliosamente gli ordini liberi con forme meglio ai nostri tempi rispondenti, accesi i popoli dalla nobile smania di festeggiare i natali degli illustri trapassati, pei quali non meno che le più popolose città, salirono in fama i borghi più remoti ed oscuri”.cGià in questo stralcio di orazione, tenuta dal sindaco Petrucci di Caprese, oggi Caprese Michelangelo, alla vigilia del 1875, quando in Italia si tennero le celebrazioni del figlio più illustre di queste terre, Michelangelo Buonarroti, si evidenzia l’importanza strategica, sia essa simbolica, politica o economica per la quale molti borghi hanno con tanta intensità sostenuto e voluto valorizzare i loro nobili natali. A Caprese questa operazione ha assunto quasi i confini di una battaglia, certo bonaria e combattuta a colpi di documenti, ma non per questo meno agguerrita.
Infatti, benché Michelangelo sia stato un artista riverito e osannato senza soluzione di continuità dai suoi contemporanei fino ad oggi, e su di lui si abbia una quantità di informazioni straordinaria, probabilmente con pochi eguali rispetto agli artisti del suo tempo (tanto che ci è pervenuta perfino una lista della sua spesa), il suo luogo di nascita è ancora oggi dibattuto. Ad alimentare questa controversia sono le parche fonti tramandate dai maggiori biografi di Michelangelo, Giorgio Vasari e Ascanio Condivi. L’aretino, nella vita del Sansovino, scrisse che entrambi gli scultori nacquero in Via Santa Maria a Firenze, salvo poi contraddirsi nella vita dello stesso Michelangelo e riportare l’indicazione: “Nacque dunque un figliuolo sotto fatale et felice stella nel Casentino” da Ludovico che era “Potestà in quell’anno del Castello di Chiusi e Caprese, vicino al Sasso della Verna”. Anche lo stesso Condivi, di fatto, riportò la medesima informazione.
La natalità di Michelangelo è stata quindi a lungo contesa tra Chiusi della Verna e Caprese, rispettivamente afferenti al territorio del Casentino e della Valtiberina, e anche il documento che venne ritrovato a Casa Buonarroti in vista delle importanti celebrazioni del quarto centenario di Michelangelo del 1875 non servì a dirimere la contesa: “Ricordo come ogi questo dì 6 marzo 1474 - mi nacque un fanciullo mastio posigli nome Michelagnolo, et nacque in lunedì matina, innanzi dì 4 o 5 ore, et nacquemi essendo io potestà di Caprese, et a Caprese nacque […] Batezossi addì 8 detto, nella Chiesa di S. to Giovanni di Caprese […]”.
Si trattava della copia di un ricordo di Ludovico Buonarroti, padre dello scultore, proveniente dal suo smarrito Libro delle Ricordanze, in cui aveva registrato la nascita del figlio proprio a Caprese mentre era podestà della Podesteria unificata di Chiusi e Caprese. Ma il fortunoso ritrovamento avvenne con una tempestività giudicata troppo sospettosa, tanto che ancora oggi viene contestata, in una diatriba fatta a colpi di documenti, ricerche e studi.
Ciononostante, ormai nell’immaginario comune è dato piuttosto per assodato che i natali di Michelangelo siano da rintracciarsi a Caprese, se non altro perché il piccolo borgo ha assunto dal 1913 il nome di Caprese Michelangelo, e perché sulla sua sommità si trova il museo dedicato alla casa natale dell’artista.
ll Museo Casa Natale Michelangelo Buonarroti trae quindi le proprie origini da quell’anno di grazia che è il 1875, tre mesi prima che si tenessero le fastose celebrazioni a Firenze. In quell’occasione, durante i festeggiamenti tenuti a Caprese, viene posta sulla facciata del Palazzo del Podestà un targa, a cui poi ne seguirà una anche nella stanza dove si suppone sia nato l’artista. Da quel momento inizia la storia del Museo, che ne fa di fatto una delle prime case d’artista a venire musealizzate in Italia.
Oggi, la visita al museo è stata arricchita e si compone di vari nuclei collezionistici che meritano un discreto interesse, così come l’architettura che mostra il sedimentarsi di svariati secoli, immersa poi in un paesaggio meraviglioso, ancora praticamente incorrotto, denotato da un silenzio quasi metafisico e da un’aria frizzante. Lo spazio museale infatti si dispone in più strutture adagiate su una rocca che domina la sommità di un monticello e al suo interno si ha non solo un approfondimento su uno dei più grandi artisti della storia, ma anche più in generale sulla scultura italiana.
La prima costruzione che si incontra è il sobrio palazzo Clusini del XIV secolo, un tempo sede della Cancelleria, oggi ospita invece il bookshop e la biglietteria, mentre ai piani superiori si dispiega una collezione scultorea, composta di opere di medie o piccole dimensione, di artisti italiani attivi tra il XIX e il XX secolo, pervenute al museo di Caprese essenzialmente in due modi: sia durante i festeggiamenti del V centenario della nascita di Michelangelo nel 1975, attraverso donazioni di artisti, concorsi e mostre temporanee, sia grazie all’importante donazione concessa da una figura di spicco della cultura italiana, il professor Enrico Guidoni nel 2006. Nei due piani sono collocate opere anche dai nomi altisonanti, quali quello di Antonio Canova, Medardo Rosso, Leonardo Bistolfi, ma anche gli splendidi corpicini delineati dalla mano verista di Vincenzo Gemito, le possenti mani del Creatore e di Adamo plasmate da Alfredo Battistni e desunte dal noto affresco della Cappella Sistina che si stagliano sul panorama degli Appennini, le silhouette che profumano di archetipi mediterranei di Emilio Greco e Pericle Fazzini, e molto altro ancora.
Usciti dalla palazzina e guadagnato il passo nel cortile, immerso in un panorama suggestivo, si incontra l’edicola scultorea del fiorentino Arnaldo Zocchi, qui posta nel 1910. L’opera è un gioco tra rilievi scultorei, quello a tuttotondo della culla che accoglie un Michelangelo Bambino intento a mirare alle sue spalle il dossale che alterna alto e bassorilievo dove si impongono austere due tra le future sculture più celebri del genio che qui ebbe i natali, il Mosè e la Notte.
L’edificio più significativo è l’antica casa del Podestà, rivestita di pietra senza intonaco, la quale presenta ancora sulla facciata le armi dei Podestà che vi hanno risieduto. In origine la struttura aveva una funzione sia abitativa che di rappresentanza. Al piano terra una proiezione introduce all’abitazione e alla storia della famiglia Buonarroti a Caprese, mentre al piano superiore si trova una copia del ricordo di Ludovico Buonarroti. Qui, egli ricoprì il ruolo di Podestà dal settembre 1474 fino al marzo dell’anno successivo, peraltro anche suo padre Leonardo, vent’anni prima aveva ottenuto il medesimo ruolo, tenendo però la residenza a Chiusi. Si conserva inoltre una copia in gesso del bassorilievo marmoreo noto come Tondo Taddei, realizzato da Michelangelo intorno al 1504 e il 1506 e oggi custodito alla Royal Academy a Londra. In un’altra stanza attigua, di piccole dimensioni, si vuole nascesse lo scultore, a cui fu dato il non consueto nome Michelangelo, forse in ragione di un voto all’Arcangelo Michele: il 29 settembre infatti pare che la madre Francesca, incinta fosse caduta da cavallo senza però compromettere la salute del bambino, “in particolar modo preservato dal cielo”. L’evento è ricordato anche da un monocromo del Furini nella Galleria di Casa Buonarroti. In questa stanza si trova un sontuoso polittico realizzato per la chiesa del monastero camaldolese dei santi Martino e Bartolomeo a Tifi, non lontano da Caprese, e dipinto intorno al 1460 da Giuliano Amedei, lo stesso autore della predella della Madonna della Misericordia di Piero della Francesca, conservata nel Museo Civico di Sansepolcro.
Continuando la visita si passa per il giardino, un terrazzamento che domina la valle e che cambia aspetto con il mutare delle stagione: qui, in comunione con l’ambiente, sono collocate alcune opere di autori moderni, come la scultura polimaterica Famiglia unita di Cecco Bonanotte, con cui vinse nel 1974 il concorso per le celebrazioni michelangiolesche. Tra le altre si trova la Madonna con il Bambino di Antonio Berti, scultore e pittore che si avvicinò all’arte impegnato come grafico presso la Richard Ginori, e che intraprese l’attività di artista grazie all’intermediazione del critico Ugo Ojetti, che convinse suo padre a farlo iscrivere all’Istituto d’Arte di Firenze.
Nella Corte Alta, ricostruita inglobando le rovine di un più antico edificio, è invece disposta una ricca gipsoteca delle opere di Michelangelo. Si tratta di calchi in gesso ottocenteschi eseguiti per la Galleria dell’Accademia di Firenze, e arrivati a Caprese poco dopo la metà del XX secolo, collezione continuamente arricchita con ulteriori donazioni.
Grazie alle copie è possibile confrontarsi con praticamente l’intera produzione dello scultore, ma ci sono anche rare testimonianze di opere disperse, come il San Giovannino già attribuito al Buonarroti, ma forse da ricondursi a opera seicentesca di Domenico Pieratti, un tempo nelle collezioni del Kaiser Friedrich Museum di Berlino e distrutto durante la Seconda guerra mondiale. In questo spazio si trova anche una bella copia in bronzo del celebre busto dedicato a Michelangelo da Daniele da Volterra, e in una piccola stanza sono custodite altre opere moderne, come il gesso dell’irriverente Can che caca di Adriano Cecioni e il cane più sobrio di Paolo Troubetzkoy, oltre che al gesso di Umberto Boccioni, Ritratto di Iosif Brodsky, il celebre poeta osteggiato e accusato di parassitismo durante il governo comunista in URSS. E ancora qui sono collocati altri piccoli bronzetti, un autoritratto senile di Vincenzo Gemito, e un rilievo con un Ritratto della giornalista Matilde Serao, fatto dal celebre falsario cremonse Alceo Dossena. Il Museo si completa poi di una ricca biblioteca dedicata a Michelangelo e dell’Archivio storico del Comune di Caprese.
La casa natale di Michelangelo non è quindi solo un’esaltazione delle vuote mura, impreziosite dal valore simbolico dei nobili natali, ma permette di entrare in diretto contatto (seppur mediata da copie) con l’arte del maestro toscano, oltre che con una grande quantità di altri autori moderni della storia dell’arte italiana, tutto questo, in un paesaggio che ben pochi altri musei in Italia possono vantare.
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ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERL'autore di questo articolo: Jacopo Suggi
Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell'arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall'arte contemporanea, alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio.