L'Arco di Trionfo, storia di un simbolo di Parigi


Iniziato nel 1806 e inaugurato nel 1836, l’Arco di Trionfo è diventato ormai uno dei simboli di Parigi, fulcro della vita pubblica della città e della Francia intera. Cosa c’è da sapere su questo importante monumento.

Si concludono queste 33esime Olimpiadi svoltesi a Parigi, a 100 anni dalla precedente edizione dei Giochi Olimpici nella capitale francese. Gli sportivi, prima di tornare a casa, potranno scegliere su una vasta gamma di souvenir con vari riferimenti al patrimonio artistico. Tour Eiffel, naturalmente, ma anche le spille con la riproduzione dell’Arco di Trionfo. Il monumento nazionale dove lo stato francese fa vivere la sua grandeur (altro 50 metri, con una larghezza di 45 e una profondità di 22 metri) è simbolo patriottico per antonomasia essendo luogo di celebrazione delle vittorie e dei morti in battaglia nella lunga storia di Francia. Qui infatti c’è la tomba del Milite Ignoto dal 1920, con una fiamma perpetua ravvivata ogni giorno alle 18:30 in modo solenne. Di qui passano gli ultimi km del Tour de France. Con la sua maestosità rappresenta quello spirito nazionale tipico dei francesi.

Sulle pareti interne sono incisi i nomi dei luoghi delle grandi battaglie e dei generali che hanno condotto gli eserciti francesi. All’esterno i 4 pilastri hanno degli altorilievi che evocano Napoleone, i giovani soldati andati in guerra, la resistenza e la pace. C’è tutto il concentrato di simbolismi che delinea la Nazione che si è costruita. Realizzato in stile neoclassico, l’Arco di Trionfo ha sede al centro di quella che oggi si chiama Piazza Charles De Gaulle, ma che fino al 1970 si chiamava Place dell’Étoile, cioè “della stella”, per via dei dodici viali che dipartono a raggiera da questa piazza. Uno di essi è il celebre Avenue des Champs-Élysées, il viale dei Campi Elisi che condue fino a Place de la Concorde e al Louvre, mentre sulla direttrice opposta, tramite il Viale della Grande Armata, si arriva all’Arc de la Défense, nel quartiere moderno degli affari. La posizione quindi è di estrema importanza nella mappa urbanistica della città.

A volerlo fu Napoleone Bonaparte che al rientro della battaglia di Austerlitz decise che quest’impresa dovesse essere celebrata degnamente: ai soldati che combattono per la patria vanno tributati i giusti onori. L’ispirazione fu data dagli antichi romani che con le grandi strutture architettoniche a forma di portale d’ingresso, come l’Arco di Tito, avevano creato un luogo simbolico da attraversare in segno di prestigio, dove si potesse rendere omaggio ai soldati tornati dalla battaglia. Napoleone, nel 1806, diede quindi l’ordine della costruzione, ma per vedere terminata l’opera sarebbe stato necessario attendere trent’anni e il cambio di diversi monarchi. Oggi è possibile visitarlo con un biglietto a pagamento o con visite guidate, dal costo leggermente più alto, che durano un’ora e mezza. Si entra al suo interno e si può salire (284 scalini) fino alla sommità, passando per l’area museale, dove c’è una terrazza panoramica. Una vista a 360 gradi con nello skyline l’altro monumento icona di Parigi, la Tour Eiffel, poco distante.

L'Arco di Trionfo. Foto: Ian Kelsall
L’Arco di Trionfo. Foto: Ian Kelsall
L'Arco di Trionfo. Foto: Pixabay/Gabrohc
L’Arco di Trionfo. Foto: Pixabay/Gabrohc
L'Arco di Trionfo. Foto: Herry Wibisono
L’Arco di Trionfo. Foto: Herry Wibisono
L'Arco di Trionfo. Foto: Leonard Niederwimmer
L’Arco di Trionfo. Foto: Leonard Niederwimmer
L'Arco di Trionfo. Foto: Xavier Sayanoff
L’Arco di Trionfo. Foto: Xavier Sayanoff
Place de Gaulle. Foto: Des Racines et des Ailes
Place de Gaulle. Foto: Des Racines et des Ailes

La storia dell’arco di Trionfo

Quello che oggi è un grande spartitraffico, a fine Seicento era una collinetta e l’area circostante era interessata da un progetto per un grande area verde. Nel Settecento, i giardini che vennero realizzati su un terreno paludoso sottostante furono battezzati “Champs-Élysées”, con un riferimento alla mitologia greca-latina. Insediatosi Napoleone, come detto, volle che fosse degnamente ricordata la battaglia di Austerlitz del dicembre 1805 e per il progetto scelse l’architetto François Thérèse Chalgrin, assistito da Jean-Arnaud Raymond che propose di costruire l’Arco di Trionfo a ovest degli Champs-Élysées, in modo che potesse essere visto dal Palais des Tuileries, che era all’epoca la residenza imperiale.

La prima pietra fu posata il 15 agosto 1806, giorno del compleanno di Napoleone, ma quattro anni dopo, il giorno del matrimonio di Napoleone con Maria Luisa d’Austria, la costruzione dell’Arco era ancora in alto mare: la base dei 4 pilastri raggiungeva ancora solo il livello del suolo, dopo aver affondato le fondamenta a 8 metri sotto terra.

Il desiderio di Bonaparte di avere un monumento sotto il quale sfilare era alto tanto da chiedere che fosse costruito un arco provvisorio, una installazione temporanea in legno e tela per salutare Napoleone stesso e la moglie. La versione temporanea fu preparata a grandezza naturale seguendo il modello originale del progetto, con un costo di 511mila franchi. L’installazione temporanea fu utile all’architetto perché permise di studiare soluzioni nuove che portarono delle modifiche al progetto. I lavori proseguirono ma dopo la caduta di Napoleone si fermarono fino a quando il re Luigi XVIII, il 9 ottobre 1823, decise di farli riprendere per onorare però non l’armata napoleonica ma l’Armata dei Pirenei, che aveva appena reintegrato il re di Spagna Ferdinando VII sul suo trono. Il regno di Francia rivendicò questa vittoria come sua.

La commessa fu affidata a Louis-Robert Goust cui si affiancò in seguito Jean-Nicolas Huyot: i due seguirono i progetti di Chalgrin. Morto Luigi XVIII nel 1824, gli successe il fratello Carlo X che continuò su questa strada. Nel 1830 Carlo X abdicò e salì al trono Luigi Filippo I che diede mandato di finire i lavori cambiando nuovamente la dedica: “Agli eserciti dell’impero e della Rivoluzione”. L’allora Ministro dell’Interno Adolphe Thiers, diede l’ordine di realizzare le decorazioni allegoriche, gli altorilievi, le frisi, i pennacchi, gli scudi e le balaustre. E per far concludere velocemente il lavoro fece mettere all’opera molti: Cortot, Etex, Rude, Lemaire, Seurre, Feuchère, Chaponnière, Gechter, Marochietti, Pradier, Bra, Valois, De Bay, Jacquot, Laitie.

Il 20 febbraio 1836, il tenente generale Saint-Cyr Nugues propose tre liste di nomi per essere incisi e ricordati a futura memoria: 30 battaglie decisive della Rivoluzione e dell’Impero per la sommità, 96 prodezze d’armi e 384 generali per decorare i piedistalli. Lista su cui si scatenarono le polemiche dopo l’inaugurazione del 1836: in molti iniziarono a segnalare generali degni di ricordo e battaglie altrettanto importanti, tanto che fu disposto subito di porre rimedio con l’incisione di nuovi 128 nomi di generali e 172 battaglie. Anche il nome del padre di Victor Hugo, Joseph Léopold Sigisbert Hugo, fu dimenticato. Un anno dopo, Hugo scrisse “À l’Arc de Triomphe”, un lungo poema che termina con questi versi: Quando il mio pensiero, invecchiando così il tuo attacco, fa di te un magnifico passato, allora sotto la tua grandezza mi inchino terrorizzato, ammiro e, pio figlio, passando accanto a quell’arte anima, non rimpiango nulla davanti al tuo sublime muro che Fidia assente e mio padre dimenticato”.

Il progetto di François Thérèse Chalgrin
Il progetto di François Thérèse Chalgrin
L'arco provvisorio elevato a Napoleone
L’arco provvisorio elevato a Napoleone in un disegno del 1811

Le decorazioni

Le pareti dei quattro pilastri nei loro lati esterni hanno dei gruppi scultorei in altorilievo che rappresentano diversi specifici avvenimenti storici, e sono stati realizzati tra il 1833 e il 1836 da François Rude, Jean-Pierre Cortot e Antoine Etex. Il primo, sul lato che guarda gli Champs-Élysées, evoca la La partenza dei volontari del 1792, quando ci fu la coscrizione di 200.000 uomini ordinati dall’Assemblea legislativa per organizzare la difesa della Francia di fronte agli eserciti stranieri schierati contro i rivoluzionari. È stato realizzato da François Rude tra il 1833 e il 1836 con la scelta di non usare raffigurazioni di armi o abbigliamento propri dell’epoca, propendendo per una rappresentazione totalmente allegorica. L’uso dello stile romantico, spiega la guida dell’Arco di Trionfo, cerca di raggiungere una dimensione universale e di simboleggiare la lotta di un popolo, qualunque esso sia, per difendere ciò che gli appartiene. C’è poi un altorilievo che rappresenta il genio della Libertà, sotto forma di una donna alata che grida di fronte all’invasione nemica, e invita il popolo a combattere brandendo la sua spada. Sotto questa figura, un guerriero barbuto con una corazza trascina per la spalla un giovane nudo, agitando il suo elmo in segno di partenza e di ripresa.

Un altro rilievo, di Antoine Etex, è dedicato alla Resistenza, in particolare alla resistenza all’invasione delle forze straniere schierate contro Napoleone nel 1814. La Russia e gli austriaci avevano infatti invaso la Francia arrivando fino a Parigi. La resistenza all’invasione è un tema preminentemente nazionale: di fronte al nemico, tutti i dissensi interni di un paese devono essere cancellati in modo che la nazione possa ritrovare la sua unità e preservare l’integrità del suo suolo. Un guerriero nudo, in piedi con la mano destra armata di spada, sta per partire per difendere il suo paese. Alla sua destra, un vecchio cerca di trattenerlo. Alla sua sinistra, anche sua moglie, tenendo in braccio il loro bambino, sta cercando di convincerlo a restare. Il cavaliere barbuto senza armatura cade dalla sua cavalcatura, come colpito da un fulmine. Simboleggia il sacrificio di un patriota per il suo paese. Il Genio del Futuro, con le ali spiegate e la fiamma sulla fronte, detta il dovere di resistenza del soldato”.

Di fronte all’Avenue des Champs-Élysées si trova anche Il trionfo di Napoleone di Jean-Pierre Cortot. L’artista sceglie di illustrare l’anno 1810, l’anno dell’espansione dell’impero napoleonico attraverso numerose conquiste e battaglie, ma anche attraverso il matrimonio con Maria Luisa d’Austria. Napoleone è qui vestito all’antica, coronato da una Vittoria. Sullo sfondo a destra, un uomo inginocchiato con le mani legate presenta un prigioniero ai piedi del suo vincitore. A sinistra, anche l’allegoria di una città si inginocchia davanti al suo conquistatore che presenta una mano protettiva. Dietro di lei, la Musa della Storia incide su una tavoletta i trionfi dell’Imperatore. Una Fama alata sovrasta la scena, suonando la tromba e brandendo uno stendardo su sfondo di palma, un albero che evoca la spedizione di Napoleone in Egitto.

È di Antoine Etex anche il rilievo con la Pace, che si affaccia sull’Avenue de la Grande-Armée, ed è la continuazione del gruppo scultoreo della Resistenza. Dopo il Trattato di Parigi del 1815, la pace tornò in Francia, con la parentesi del ritorno di Napoleone nei Cento Giorni, e nel rilievo vediamo il soldato al centro della composizione che mette la spada nel fodero, a guerra ormai finita. L’aratro, il toro e l’aratore simboleggiano il ritorno a un’agricoltura fiorente dopo le vicissitudini belliche. La madre e il bambino rappresentano la famiglia e il ritorno dell’istruzione. Tutte le attività fondamentali di una nazione prospera sono unite. Minerva domina il gruppo come dea della vittoria e ispiratrice delle arti e delle opere di pace.

François Rude, La partenza dei volontari. Foto: Joaquim Alves Gaspar
François Rude, La partenza dei volontari. Foto: Joaquim Alves Gaspar
Antoine Etex, La resistenza del 1814. Foto: Joaquim Alves Gaspar
Antoine Etex, La resistenza del 1814. Foto: Joaquim Alves Gaspar
Jean-Pierre Cortot, Il trionfo di Napoleone. Foto: Joaquim Alves Gaspar
Jean-Pierre Cortot, Il trionfo di Napoleone. Foto: Joaquim Alves Gaspar
Antoine Etex, La Pace. Foto: Joaquim Alves Gaspar
Antoine Etex, La Pace. Foto: Joaquim Alves Gaspar
Personalità di rilievo sul pilastro nord. Foto: Wikimedia/Mathae
Personalità di rilievo sul pilastro nord. Foto: Wikimedia/Mathae

Il Milite Ignoto

Furono le lacrime per l’enorme numero di soldati morti durante la prima guerra mondiale a dare lo stimolo per trovare un modo degno di ricordare il sacrificio di oltre un milione e 400 mila morti durante la prima guerra mondiale. Molti dei quali caduti nei campi di battaglia senza possibilità di essere identificati e riportati a casa dalle famiglie. Il governo si pose il problema se quelle sterminate distese di corpi nei teatri di guerra andassero recuperate per farli seppellire dalle proprie famiglie o se fosse più adeguato seppellirli in cimiteri fatti sorgere nei luoghi della caduta sul campo.

L’idea di creare un luogo cui tributare gli onori a un soldato e con lui simbolicamente ai tutti i morti prese corpo e si iniziò a pensare al luogo più adatto dove seppellire questa salma. Il Pantheon fu scartato per le origini religiose dell’edificio e anche perché la convinzione era che dovesse essere scelto un luogo per omaggiare non un grande uomo, grande scrittore o scienziato che fosse, ma il più grande di tutti, rappresentando il cittadino francese che si è sacrificato per la patria. Ecco che allora si optò per quello che era il monumento altrettanto di impatto in città, laico, già utilizzato per cerimonie funebri e per il ricordo di morti in battaglia.

Il 14 luglio 1919, il giorno dopo la firma del Trattato di Versailles, Georges Clemenceau organizzò la Parata della Vittoria. L’uomo conosciuto come il “Padre della Vittoria” scelse l’Arco di Trionfo come scenario per la parata e per sistemare un cenotafio appositamente costruito per omaggiare i morti pur senza un corpo all’interno. È un’immensa tomba alta diciotto metri e pesante 30 tonnellate, con i lati dorati del cenotafio che mostrano vittorie alate e l’iscrizione “A coloro che sono morti per la patria”. Qui venne seppellito un corpo del soldato sotto l’Arco, fu coperto con una lastra di pietra con sopra inciso “qui giace un milite ignoto morto per la patria 1915-1918”. A una estremità della lastra fu collocato il braciere dove far bruciare una fiamma in modo perpetuo. La bocca di fuoco era circondata da un cerchio di metallo con sopra incise 25 spade con la punta rivolta verso il centro.

La tomba del Milite Ignoto. Foto: Wikimedia/Zairon
La tomba del Milite Ignoto. Foto: Wikimedia/Zairon

Cerimonie solenni

Da quel momento l’Arco di Trionfo diventava il monumento per le cerimonie istituzionali di Francia, ma fu già a metà dell’Ottocento che il monumento iniziò ad essere considerato come scenografia adatta per manifestazioni solenni e cerimonie funebri. La prima fu quando, nel 1840, Luigi Filippo inviò suo figlio, il duca di Joinville, a Sant’Elena per riesumare e rimpatriare le ceneri dell’imperatore Napoleone. Il 15 dicembre, un carro monumentale attraversò l’Arco di Trionfo davanti a una folla di migliaia di persone. In quell’occasione era presente anche Victor Hugo che ebbe a scrivere le sensazioni di quella giornata: Una mediocre scenografia operistica occupa la sommità dell’arco trionfale, con l’imperatore in piedi su un carro circondato dalla Fama, che ha alla sua destra la Gloria e alla sua sinistra la Grandezza [...] Questo è un monumentale farfugliare. Infatti, l’ultimo architetto dell’Arco di Trionfo creò un coronamento per l’Arco di Trionfo nel 1834 (che adesso non è più presente). In origine, era la figura della Francia ad essere rappresentata al centro. Alla vigilia del ritorno delle ceneri di Napoleone, Blouet sostituì la Francia con Napoleone in abiti imperiali.

Allo stesso Hugo furono riservati funerali di stato all’Arco di Trionfo quando morì il 31 maggio 1885: alla cerimonia accorsero migliaia di francesi e sotto l’Arco venne collocata la salma ed un enorme catafalco, a forma di urna, alto 22 metri. Il 3 agosto 1842 l’Arco di Trionfo accolse nuovamente un convoglio funebre, quello del Duca d’Orléans. Il figlio di Luigi Filippo era morto pochi giorni prima in un incidente in carrozza.

Tra il 1848 e il 1852, l’Arco di Trionfo fu utilizzato per eventi legati al culto civico e divenne un punto di ritrovo politico e militare contribuendo in modo spontaneo a rafforzarne la funzione simbolica laica. Nel 1848, ad esempio, il Governo volle organizzare qui la Fête de la Fraternité (la festa della Fraternità dedicata alla Guardia Nazionale e all’Esercito) facendo erigere delle gradinate sotto la volta. Fu la prima volta che il viale des Champs-Élysées fu addobbato con la bandiera tricolore su entrambi i lati per la grande parata militare, ai bordi del viale molte donne con mazzi di fiori anch’essi legati da nastri tricolori. Arrivata la sera vennero fatti esplodere 21 colpi di cannone alle ore 21 per salutare l’arrivo del governo provvisorio sul podio. Sempre Place de l’Étoile fu scelta per lo spettacolo con cui si festeggiò l’entrata in vigore della Costituzione il 19 novembre 1848, con un grande spettacolo pirotecnico. Medesima location per la parata militare l’anno seguente per l’importante ricorrenza del primo anniversario dalla proclamazione della repubblica

Altrettanto importante fu l’ingresso a Parigi di Luigi Napoleone Bonaparte (Napoleone III) dopo essere stato proclamato imperatore, il 2 dicembre 1852. Entrò attraversando l’Arco di Trionfo con le sue truppe. Napoleone III volle celebrare suo zio Napoleone I ogni anno con uno spettacolo ogni 15 agosto nella piazza dell’Arco di trionfo.

Nel 1859 una legge stabilì l’annessione dei comuni limitrofi allargando i confini della città e per valorizzare i monumenti cittadini e a Napoleone III fu proposto dal barone Haussmann una grande riqualificazione della Place de l’Étoile. Per chiudere la piazza in sé, Hittorff progettò dodici viali a forma di stella collegati da palazzi signorili di quattro piani di identica architettura. Il 23 maggio 1863, un decreto imperiale ribattezzò il Promenoir de Chaillot Place de l’Étoile.

La storia del monumento è raccontata al visitatore nel museo allestito nella parte cava dello stesso. Entrando da una porta nella parte interna di un pilastro si sale una scala a chiocciola di 240 gradini che porta all’ambiente dove è allestita l’area museale con il modellino in miniatura realizzato dall’architetto Georges Chedanne e dallo scultore Henri Bouchard, cimeli, pannelli, foto e vari schermi con le spiegazioni storiche. Fatti altri 40 gradini siamo in cima, con una vista della terrazza panoramica su Parigi e la vicinanza di 20 monumenti in tutti i lati. Si possono ammirare anche la basilica del Sacro Cuore nell’emblematico quartiere di Montmartre, il quartiere degli affari La Défense e i suoi grattacieli, la cupola dorata di Les Invalides, la cupola colonnata del Pantheon, ma anche le torri della cattedrale di Notre-Dame in lontananza, la grande Tour Montparnasse, fino al Centre Georges Pompidou. Tutti i più noti monumenti di Parigi.

L'Arco di Trionfo con la bandiera francese durante una cerimonia pubblica. Foto: Chris Stubel
L’Arco di Trionfo con la bandiera francese durante una cerimonia pubblica. Foto: Chris Stubel
I funerali di Victor Hugo nel 1885
I funerali di Victor Hugo nel 1885
La parata del 14 luglio all'Arco di Trionfo. Foto: Chairman of the Joint Chiefs of Staff from Washington D.C, United States
La parata del 14 luglio all’Arco di Trionfo. Foto: Chairman of the Joint Chiefs of Staff from Washington D.C, United States

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Andrea Laratta

L'autore di questo articolo: Andrea Laratta

Giornalista. Amante della politica (militante), si interessa dei fenomeni generati dal turismo, dell’arte e della poesia. “Tutta la vita è teatro”.



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