Un’opera d’arte totale: questo era il principio fondamentale su cui si basava la Wiener Werkstätte, movimento artistico fondato nel 1903 dall’architetto Josef Hoffmann (Brtnice, 1870 - Vienna, 1956) e dal pittore Koloman Moser con la collaborazione dell’industriale Fritz Wärndorfer. Obiettivo principale era quello di portare nella vita quotidiana oggetti di grande valore estetico e artistico, secondo il modello del movimento inglese e scozzese Arts and Crafts. Quest’ultimo si diffuse grazie a John Ruskin e a Wiliam Morris nella seconda metà dell’Ottocento fino a buona parte del Novecento e ricevette il supporto di artisti, architetti e designer, nonché filantropi, portando avanti l’unità delle arti, l’esperienza del singolo artigiano e la qualità dei materiali per realizzare l’opera stessa. In contrapposizione al mondo industriale, vennero creati piccoli laboratori. Anche la Wiener Werkstätte, come suggerisce lo stesso nome (Wiener che significa viennese e Werkstätte che significa laboratori, officine), si fonda sulla produzione in laboratori specializzati.
Su modello dell’Arts and Crafts, i fondatori della Wiener Werkstätte, attiva fino al 1932, consideravano il design come sintesi tra arte e artigianato all’interno della quotidianità. Il concetto di arte venne quindi ridefinito per riportare in primo piano l’artigianato artistico e la manualità: si cominciò quindi a creare oggetti di alto livello qualitativo nell’ambito del quotidiano, come mobili, porcellane, vetro, gioielli e moda. Oggetti semplici, pratici e allo stesso tempo raffinati ed eleganti si andavano a contrapporre agli oggetti che si rifacevano sempre allo stile del passato: artisti figurativi diedero perciò un forte contributo all’avvento del modernismo. I trent’anni di attività della Wiener Werkstätte furono tuttavia segnati da continui problemi economici, fino a sfociare nella chiusura definitiva nel 1932 a causa del generale impoverimento della borghesia viennese, principale acquirente di questi oggetti. L’archivio della Wiener Werkstätte è ora custodito al MAK - Museo di Arti Applicate di Vienna e comprende 16mila bozzetti, 20mila campioni tessili, manifesti, schizzi per cartoline illustrate, cataloghi, album fotografici e corrispondenza commerciale; inoltre il museo custodisce un’ampia raccolta di oggetti appartenenti a tutte le fasi creative del movimento artistico, tra cui la più vasta collezione al mondo di mobili, oggetti e progetti di Josef Hoffmann. Merito della Wiener Werkstätte fu quello di superare la diffusione degli ornamenti Art Nouveau degli stili belga e francese a favore della funzionalità e di forme semplici, geometrico-astratte, attraverso le arti e i mestieri di tutto il Novecento. Si produsse un rinnovamento dell’arte basato sull’artigianato: Vienna divenne quindi il centro della cultura del gusto nel campo delle arti applicate.
Come detto, tra i fondatori del movimento era l’architetto e designer Josef Hoffmann. Nato a Pirnitz, in Moravia, nel 1870, Hoffmann iniziò a studiare architettura nel 1892 presso l’Accademia di Belle Arti di Vienna. Nella capitale austriaca fu allievo di Otto Wagner, di cui condivise la visione sulla funzione dell’architetto: quest’ultimo doveva andare oltre l’arte di costruire; doveva essere designer in grado di progettare anche i dettagli, i più piccoli elementi, per dare vita a un insieme armonioso. Nel 1897 Hoffmann fondò insieme a un gruppo di artisti, di cui facevano parte Gustav Klimt, Koloman Moser, Joseph Maria Olbrich e Carl Moll, il movimento della Secessione viennese in polemica contro il mondo accademico. Per la rivista della Secessione, Ver Sacrum, realizzò illustrazioni e fregi decorativi. Sei anni dopo, nel 1903, fondò con l’amico Koloman Moser e il sostegno di Fritz Wärndorfer la Wiener Werkstätte, che divenne ben presto fulcro del design. Bisognava allontanarsi dalla produzione industriale di massa: “Meglio lavorare dieci giorni su un solo prodotto che produrre dieci prodotti in un giorno”, si pensava.
Tra i protagonisti del modernismo viennese, Josef Hoffmann ebbe un ruolo fondamentale nello scenario artistico austriaco ed estero, sia per il suo concetto di Gesamtkunstwerk, termine che fu utilizzato per la prima volta nel 1827 dallo scrittore e filosofo Karl Friedrich Eusebius Trahndoff in un suo saggio e poi successivemente da Richard Wagner che lo inserì nel suo saggio Arte e rivoluzione nel 1849; quest’ultimo considerava espressione della Gesamtkunstwerk il teatro dell’antica Grecia, ovvero un teatro dove convergessero musica, drammaturgia, coreutica, poesia, artio figurative, per una sintesi delle diverse arti. Ecco che l’ideale della Gesamtkunstwerk fu esaltato dagli artisti figurativi della Wiener Werkstätte che proposero una fusione idealizzata delle diverse arti negli oggetti di uso quotidiano.
In qualità di architetto, si annoverano vari progetti di Josef Hoffmann, tra cui i principali sono il Sanatorio di Purkersdorf (1904/05), Palazzo Stoclet a Bruxelles (1905–1911), la mostra Kunstschau di Vienna (1908), il Padiglione austriaco per l’Esposizione del Werkbund a Colonia (1914), il Padiglione per l’Esposizione Internazionale delle Arti decorative e industriali moderne a Parigi (1925), il Werkbundsiedlung di Vienna (1931) e il Padiglione per la Biennale di Venezia del 1934. Per l’Esposizione universale di Parigi del 1937 realizzò il Boudoir d’une grande vedette, composto da un divano-letto e da una sedia in tessuto dorato con motivi a fogliame e da un tavolinetto basso con superficie in vetro. Nel 1924 invece realizzò gli arredi per la villa di Sonja Knips, baronessa Poitiers des Eschelles e moglie dell’industriale Anton Knips che svolse un ruolo molto importante nel modernismo. A Hoffmann commissionò tra varie costruzioni e ristrutturazioni la villa Knips considerata essere l’ultima villa urbana progettata dall’architetto con dei riferimenti allo stile artistico e ornamentale Biedermeier.
Costruito nel 1904-1905 per Victor Zuckerkandl, direttore generale della ferriera della Slesia a Gleiwitz, il Sanatorio Westend a Purkersdorf è invece considerato uno straordinario esempio di architettura in stile Secessione viennese. Da sanatorio si trasformò in una sorta di hotel, un luogo di incontro degli esponenti della Vienna artistica e intellettuale: erano spesso ospiti Arthur Schnitzler, Egon Friedell, Gustav Mahler, Arnold Schönberg, Hugo von Hoffmannsthal e Koloman Moser. Anche Palazzo Stoclet è considerato uno dei capolavori architettonici di Hoffmann e della Secessione viennese: Patrimonio Unesco dal 2009, venne costruito tra il 1905 e il 1911 a Bruxelles su commissione del banchiere e collezionista d’arte Adolphe Stoclet. L’edificio testimonia il rinnovamento artistico nell’architettura europea e conserva la maggior parte dei suoi infissi e degli arredi originali. Con le opere che decorano il suo interno realizzate da Koloman Moser, Gustav Klimt (il suo celebre fregio con l’Albero della vita, l’Attesa e l’Abbraccio), Frantz Metzner, Richard Luksch e Michael Powolny, l’edificio incarna pienamente il concetto di opera d’arte totale.
Josef Hoffmann fu tra i personaggi più di spicco sulla scena artistica e soprattutto architettonico-decorativa, in grado di realizzare opere e oggetti eleganti e raffinati e di dare vita a un movimento artistico fondamentale per il design del ventesimo secolo. Una figura che merita di essere approfondita sia dal punto di vista artistico sia dal punto di vista storico-culturale nella Vienna d’inizio Novecento.
Per conoscere l’arte di Josef Hoffmann, designer amante della bellezza è possibile visitare il sito https://www.austria.info/it/arte/artisti-e-capolavori/josef-hoffmann
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ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERL'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.