Tra i baci più belli della storia dell’arte è certamente quello che Gustav Klimt (Baumgarten, 1862 – Vienna, 1918) ha raffigurato nel dipinto oggi conservato alla Österreichische Galerie Belvedere, nelle collezioni del Belvedere Superiore, a Vienna. Un bacio che esprime appieno l’amore romantico, quello che fa sentire due innamorati una cosa sola, che fa battere il cuore ogni volta che l’uno sta vicino all’altro, che fa sentire protetti tra le braccia della persona amata, e persino invincibili contro tutto e tutti, comprese le avversità a cui spesso la vita ci pone di fronte. Un bacio dato sulla guancia e non sulla bocca, ma con un trasporto e una dolcezza tale da esprimere con grande sentimento l’idillio a cui i due innamorati si abbandonano. In un abbraccio che è pura magia.
Avvolti in un’aura dorata in un luogo astratto e senza tempo, poggiano entrambi su un prato tempestato da piccoli fiorellini di vari colori, dal giallo, al blu, al violetto, che si mescolano al verde della tenera erbetta. E le caviglie della donna, che a differenza dell’uomo è inginocchiata, sembrano quasi trattenute da fili dorati che la tengono salda al tappeto fiorito, per non farla cadere in quel precipizio che pare esserci oltre il prato, e a cui pare aggrapparsi anche con le dita dei piedi.
La figura maschile si protende verso la donna nel baciarla, accarezzandole teneramente il viso con una mano, mentre con l’altra le sostiene il capo, che lei volge all’indietro. Lui indossa una lunga tunica dorata che gli copre anche i piedi decorata da motivi geometrici, in particolare rettangoli più larghi o più stretti colorati di nero, grigio e bianco, e tra i capelli porta una corona di edera, che probabilmente rimanda al mito classico (l’edera era infatti un attributo di Dioniso: la divinità era invocata anche con l’appellativo di Kissos, nome greco della pianta, poiché un mito narra che un giorno Dioniso, abbandonato dalla madre Semele, si fosse rifugiato sotto una pianta di edera, mentre un altro ancora racconta che Kissos, un figlio di Dioniso, morì all’improvviso mentre danzava davanti al padre e la dea della Terra, Gea, lo tramutò per pietà in un’edera); la pianta simboleggia tuttavia il legame amoroso e la fedeltà.
La figura femminile si abbandona completamente all’effusione: è in ginocchio, con il suo corpo attaccato a quello dell’amato e il suo volto è interamente visibile all’osservatore, a differenza di quello dell’uomo di cui si vede solo il profilo; tiene gli occhi chiusi, il capo reclinato all’indietro, il braccio destro attorno al possente collo di lui e con la mano sinistra sfiora la mano dell’amato che le sta accarezzando il volto. Anche lei indossa un abito dorato, però decorato da motivi circolari che formano piccoli gruppetti colorati di rosso, violetto e blu, e attorno alla testa piccoli fiorellini che paiono ascesi, attraverso il suo corpo, dal prato fiorito su cui poggia. I fiori, simbolo di fertilità, sembrano in effetti comporre l’intera figura della donna, dal basso verso l’alto. I due innamorati presentano elementi di contrasto l’uno rispetto all’altro: oltre, come si è visto, alla decorazione delle tuniche, si notano la possanza dell’uomo e il corpo esile della donna, le mani nodose di lui e le mani affusolate di lei, la pelle chiara e luminosa di lei e quella più scura di lui. Tuttavia, nonostante questi contrasti, l’universo maschile e quello femminile giungono a compenetrarsi armonicamente attraverso la forza dell’amore che tutto unisce e che supera ogni distinzione tra i due sessi.
Prendendo in esame uno dei suoi artisti prediletti, il neuroscienziato Eric Kandel sostiene che Klimt cominciò a introdurre nella sua arte simboli biologici: nello specifico, i rettangoli simboleggiano gli spermatozoi, mentre gli ovali gli ovuli. Lo si vede ad esempio, afferma Kandel, nella Danae, dove tra la pioggia dorata vi sono rettangoli, mentre dall’altra parte del dipinto si vedono forme ovali, che lui interpreta come embrioni, ovuli fecondati. E dunque la Danae, attraverso la sua forza generatrice, è colei che genera il primo stadio della vita. Secondo il neuroscienziato, l’apice di questo simbolismo possiamo notarlo proprio nel Bacio. “Klimt intensifica la sensualità del dipinto espandendo l’uso di questi simboli a scapito di una decorazione realistica”, scrive Kandel. “Sulle vesti degli amanti, così come sulla superficie fiorita, i simboli vengono utilizzati come ornamento. Il rettangolo che Klimt utilizza nella Danae come simbolo fallico prolifera nel Bacio sulla tunica dell’uomo, mentre il vestito della donna si anima di simboli ovulari e floreali. Questi due campi definiti di simboli sessuali diventano un’unione di opposti nella vibrante veste dorata che è il loro terreno comune. Klimt ha indirettamente rappresentato anche qui il sentimento erotico potente e armonioso”.
Il Bacio venne realizzatao nel 1907-1908, nel pieno del periodo aureo di Klimt, periodo che può essere collocato in modo indicativo tra il 1901 e il 1909 e che viene così denominato perché caratterizzato dal largo utilizzo (e il Bacio ne è un significativo esempio), della foglia oro applicata su tela per rendere luminose e brillanti alcune parti delle sue opere. Come spiega Franz Smola, uno dei massimi esperti di Klimt, lo sfondo del Bacio è stato realizzato infatti con sottili lamine di metallo di caldo color oro: indagini tecniche compiute recentemente sul quadro hanno dimostrato che l’intera superficie dello sfondo è ricoperta da uno strato di lamina di ottone, ovvero la cosiddetta foglia di metallo. L’artista passò sulle superfici metalliche uno strato sottile di velatura a olio, per ridurne la brillantezza, e sopra ancora applicò un’emulsione a olio che doveva servire come collante, su cui poi fece cadere dall’alto delle scaglie di foglia d’oro, tenendo la tela stesa a terra. Utilizzò probabilmente una tecnica propria delle lacche giapponesi, in cui le scaglie d’oro venivano soffiate o picchiettate sulle superfici laccate. Anche le zone del dipinto in cui appaiono motivi ornamentali in oro brillante, in particolare sugli abiti, sono state abbondantemente rivestite da lamine metalliche. Ciò significa che, prima di iniziare il quadro, Klimt aveva già pianificato esattamente la composizione, perché in molte parti era necessario rispettare i confini delimitati dalle superfici rivestite di metallo. Questa speciale tecnica che utilizza le lamine d’oro e di altri metalli insieme ai colori a olio venne utilizzata dall’artista tra il 1901 e il 1909 in circa quindici dipinti tra le cinquantacinque opere eseguite nelle stesso periodo. I quadri “aurei” rappresentano quindi meno di un quarto della produzione klimtiana di quegli anni, e sono proprio questi dipinti, tra cui il Bacio, a essere considerati tra i più significativi dell’intera produzione di Klimt.
C’è da tener conto inoltre che il maestro della Secessione viennese ebbe occasione di visitare diverse volte l’Italia e in particolare ebbe modo di soggiornare nel 1903 a Ravenna, nella città celebre per i suoi mosaici bizantini, rimanendo profondamente colpito e affascinato dai suoi famosi monumenti. Nei suoi resoconti di viaggio racconta di aver visto a Ravenna “mosaici di inaudito splendore”. Maximilian Lenz, compagno di viaggio di Klimt nel tour italiano del 1903, annotò quando arrivaro a Ravenna che “per Klimt è un momento decisivo: i mosaici rutilanti d’oro delle chiese ravennati suscitano in lui un’impressione incredibile e decisiva. Da allora in poi, il fasto e una certa rigida opulenza entrano nella sua arte ricca di sensibilità […]. Klimt era davvero scosso. Non lo esternava, ma lo si vedeva chiaramente”. E furono proprio i mosaici ravennati a ispirare probabilmente le tuniche dorate e decorate dei due innamorati.
Lo spazio in cui la coppia si abbandona al romantico bacio, al centro di un perfetto quadrato, su un prato fiorito, in un’atmosfera idilliaca può essere considerato inoltre un hortus conclusus dove eros e mito si compenetrano. Tuttavia la presenza del prato fiorito ha fatto pensare anche alla riva di un lago, l’Attersee, dove Klimt e la sua musa e amica intima Emilie Flöge (Vienna, 1874 – 1952) erano realmente soliti andare insieme tutte le estati. Addirittura i fili dorati che nel dipinto avvolgono le caviglie della figura femminile sono stati visti come alghe, mentre il fondo dorato come l’acqua stessa del lago.
Anche l’identificazione dei due personaggi non è certa, nonostante molti studiosi e storici dell’arte siano concordi nell’affermare che la donna inginocchiata tra le braccia dell’uomo sia proprio Emilie, con cui Klimt ebbe il rapporto d’amicizia (e probabilmente anche d’amore) più lungo e più sincero della sua vita. Oltre a volersi bene dal punto di vista affettivo, i due si stimavano anche dal punto di vista lavorativo: Emilie amava il modo in cui Gustav dipingeva (è del 1902-1903 il Ritratto di Emilie Flöge oggi conservato al Wien Museum), mentre lui era affascinato dalla sua intraprendenza da imprenditrice nell’ambito della moda. Tra l’altro le tuniche che Emilie era solita indossare richiamano quelle che indossano i due protagonisti del Bacio. Come stilista alquanto anticonvenzionale per l’epoca, poiché lontano dai corsetti in favore di abiti più comodi e morbidi e decorati con stampe a fiori ed elementi geometrici, aveva fondato nel 1904, insieme alle sue due sorelle Pauline ed Helene, a Vienna, il salone di moda Schwestern Flöge: un vero atelier di alta moda frequentato dall’alta borghesia della capitale austriaca.
Il tema della coppia di innamorati che si abbraccia non è rappresentato solo nel Bacio, ma anche in altre sue opere famose, come nell’Abbraccio per il fregio mosaicato di Palazzo Stoclet di Bruxelles, in cui anche qui la donna si abbandona tra le braccia dell’uomo e in cui si vede un forte decorativismo sia nelle vesti che sullo sfondo, e nel Fregio di Beethoven, nella parte intitolata Questo bacio a tutto il mondo, dove uomo e donna nudi si stringono in un forte abbraccio raggiungendo la felicità assoluta, l’amore assoluto.
Il Bacio fu esposto per la prima volta alla Kunstschau di Vienna nel 1908, costituendo uno dei fulcri del grande progetto espositivo organizzato dal Gruppo Klimt. Venne esposto in una sala, insieme a un altro suo capolavoro, Le tre età della donna, allestita da Koloman Moser che ospitava sedici dipinti klimtiani e che lo scrittore Peter Altenberg definì “il tempio eretto da Gustav Klimt all’arte moderna”. Il Ministero dell’Istruzione acquistò il Bacio per conto della Moderne Galerie a 25mila corone, e prima di consegnare il quadro, nell’estate 1909, Klimt apportò piccole modifiche, perché non pienamente soddisfatto del suo lavoro. L’opera inoltre, fino al 1911, era intitolata Coppia di amanti: è infatti nel catalogo in lingua italiana della Mostra internazionale di Belle Arti di Roma, che si tenne proprio nel 1911, che il dipinto compare per la prima volta come il Bacio, e così verrà denominato da quel momento in poi. Oggi il Bacio è una delle opere più iconiche della storia dell’arte, tanto da essere riprodotto anche su oggetti di uso quotidiano. Un capolavoro che incanta e che oggi è amato da tutti.
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ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERL'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.