Un francese nella Genova del Settecento. I magnifici ritratti di Hyacinthe Rigaud nelle collezioni genovesi


Hyacinthe Rigaud lavorò per diverso tempo a Genova ed eseguì per la nobiltà locale alcuni magnifici ritratti oggi conservati nelle collezioni genovesi.

Jacint Rigau-Ros i Serra (Perpignano, 1659 – Parigi, 1743), un nome che si direbbe poco legato al territorio francese: eppure, egli ne raffigurò i maggiori esponenti della nobiltà, nonché i componenti della corte. Anzi, i rappresentanti della nobiltà francese del Seicento facevano addirittura a gara per farsi ritrarre da questo pittore: una sorta di moda a cui gli alti ranghi della società non potevano rinunciare. Tanto che l’artista cominciò ad assumere nell’ambiente il nome francesizzato di Hyacinthe Rigaud, divenuto successivamente l’appellativo ufficiale con cui passò alla storia.

Tuttavia, Perpignano, sua città d’origine che gli diede i natali nel 1659, distante solamente una trentina di chilometri dalla Catalogna (il suo vero nome è infatti di origini catalane), non lo escluse, bensì lo elevò al ceto nobile. Fin dal 1479, infatti, la città francese-catalana, che ancora oggi si promuove come Perpinyà la catalana e che recentemente ha istituito il catalano come sua lingua ufficiale al pari del francese, nominava ogni anno un nobile: privilegio che diede prova all’ormai celebre pittore della stima e ammirazione che la sua città gli rivolgeva. Dalle Dissertazioni storiche sui cittadini nobili di Perpignano si è a conoscenza di tale gesto: si legge infatti che una delle testimonianze più lusinghiere e più eclatanti in fatto di cittadini nobili di Perpignano fu l’introduzione del celebre pittore Rigaud nella nobiltà della città. Hyacinthe Rigaud, nato a Perpignano, pittore del Re, professore dell’Accademia di Pittura, venne ammesso tra i cittadini nobili da cinque consoli nel 1709; il Consiglio di Stato nell’8 novembre 1723 lo conferma solennemente e permette a Rigaud, ai suoi figli e ai posteri, nati da unioni legittime, di continuare ad appartenere alla nobiltà cittadina, con tutti i conseguenti privilegi di cui godevano gli altri nobili del regno. Inoltre ordina l’iscrizione del pittore nel Catalogo dei nobili del Regno. Sei anni dopo, Rigaud fu promosso cavaliere dell’ordine di Saint-Michel, a seguito della sua grande e stimata abilità artistica e dell’onore che egli ebbe di ritrarre il Re e l’intera famiglia reale fino alla quarta generazione.

Hyacinthe Rigaud, Autoritratto con turbante (1698; olio su tela, 84 x 67 cm; Perpignano, Musée Hyacinthe Rigaud)
Hyacinthe Rigaud, Autoritratto con turbante (1698; olio su tela, 84 x 67 cm; Perpignano, Musée Hyacinthe Rigaud)

La passione per la pittura si manifestò in lui fin da bambino; nella sua famiglia scorreva già questo impulso artistico: il padre, lo zio e anche il nonno lavoravano in quest’ambito. Rimasto orfano di padre in giovanissima età, spettò alla madre assecondare il gusto artistico del figlio, permettendogli di studiare con artisti che lo seguissero nella sua formazione. Si recò quindi a Carcassonne, e poi a Montpellier, dove il suo maestro Paul Pezet possedeva una ricca collezione di dipinti fiamminghi, tra cui Pieter Paul Rubens (Siegen, 1577 – Anversa, 1640) e Anton van Dyck (Anversa, 1599 – Londra, 1641), attraverso i quali cominciò a essere influenzata l’arte del giovane Rigaud, in particolare per quanto riguarda la ritrattistica. Dopo un periodo di formazione anche a Lione, volle perfezionare le sue capacità a Parigi e nel 1682 vinse il primo premio di pittura indetto dall’Accademia.

Accadde successivamente che il primo pittore di re Luigi XIV di Francia, Charles Le Brun (Parigi, 1619 – 1690), notò le sue grandi doti di ritrattista: in particolare ebbe modo di ammirare un suo ritratto di François Girardon (Troyes, 1628 – Parigi, 1715), considerato tra i maggiori scultori di quell’epoca. Le Brun vide il talento di Rigaud nel raffigurare con una perfetta somiglianza i soggetti dei suoi dipinti, al quale si aggiungeva un altro aspetto, ovvero il saper cogliere i tratti significativi del carattere e della fisionomia di questi e renderli visibili, concreti sulla tela. Quasi egoisticamente, Le Brun lo distolse dall’idea di trasferirsi a Roma, suggerendogli di restare in Francia, circondato dall’ambiente di quella nobiltà. Divenne quindi professore all’Accademia di Pittura, della quale anni più tardi diventò rettore e infine direttore. Tuttavia, Rigaud raggiunse l’apice della sua attività artistica con un incarico di grandissima importanza quando nel 1701 realizzò il Ritratto di re Luigi XIV, oggi conservato al Louvre di Parigi. Si tratta di un ritratto dal vero e questo costituirà il modello dei ritratti reali per oltre un secolo. Il re appare in piedi, orgoglioso e fiero, abbigliato con ampi panneggi accuratamente decorati. È immerso in un imponente sfondo architettonico, nel quale l’artista ha creato effetti luministici che si riflettono sia sulla figura del Re Sole che sui tessuti che indossa lui stesso e quelli che lo circondano in una sorta di sipario. La sua mano destra poggia su un bastone, uno scettro marziale con il simbolo del giglio.

L’aver ritratto Luigi XIV e i principi della famiglia reale gli valse la reputazione di pittore di corte. Nonostante i caratteristici ampi panneggi e il lusso negli accessori, le sue opere non si possono considerare esagerate, bensì rappresentano la solennità e la fierezza dei suoi nobili soggetti, perlopiù nella maggior parte dei casi di sesso maschile.

Hyacinthe Rigaud, Ritratto di Luigi XIV (1701; olio su tela, 277 x 194 cm; Parigi, Louvre)
Hyacinthe Rigaud, Ritratto di Luigi XIV (1701; olio su tela, 277 x 194 cm; Parigi, Louvre)

Per i suoi ritratti infatti non scelse quasi mai donne, perché secondo il suo pensiero se “le fo quali sono, non si trovano abbastanza belle; se le abbellisco troppo, non rassomigliano”. A una però rimase tutt’altro che indifferente: una dama desiderava far decorare la sua soffitta a un pittore e mandò un suo servo in cerca di un artista che se ne occupasse. La ricerca si fermò proprio a Rigaud, che promise di essere puntuale nel giungere alla dimora indicata. La donna accolse molto cortesemente quell’uomo di bell’aspetto e anche quest’ultimo non rimase impassibile di fronte a lei; la tornò a trovare diverse volte e infine si unirono in matrimonio. Dopo una vita trascorsa insieme, quando nel 1742 sua moglie morì, il dolore lo perseguitò conducendolo velocemente alla morte, avvenuta un anno dopo, all’età di ottantatré anni.

In merito alla sua grande abilità nel realizzare ritratti, genere che peraltro nel Seicento fu molto diffuso, specialmente nell’area delle Fiandre, Hyacinthe Rigaud venne soprannominato il van Dyck francese. Anche van Dyck, infatti, realizzò ritratti di esponenti delle corti italiane ed europee, divenendo in un primo momento pittore di corte degli Asburgo e successivamente pittore ufficiale di Carlo I Stuart. Oltre a questi, van Dyck raffigurò personaggi della nobiltà genovese, poiché il pittore soggiornò nella città di Genova negli anni Venti del Seicento: straordinario e celebre esempio della ritrattistica dell’artista fiammingo è il Ritratto di Ansaldo Pallavicino, realizzato tra il 1621 e il 1623: il figlio, ancora bambino, di Agostino Pallavicini, patrizio genovese che divenne più tardi doge di Genova, è raffigurato in piedi, con il tenero volto di profilo e vestito in abiti molto eleganti e finemente decorati; Ansaldo sarà il secondo proprietario del Palazzo di Pellicceria, oggi meglio conosciuto come Palazzo Spinola, ed è per questo motivo che rimarrà nelle collezioni dell’attuale palazzo.

Anton van Dyck, Ritratto di Ansaldo Pallavicino
Anton van Dyck, Ritratto di Ansaldo Pallavicino (1625 circa; olio su tela, 108 x 64 cm; Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola)

Negli anni Ottanta del Seicento si verificò un avvenimento che provocò il cambio di rotta della città di Genova in favore di un gusto decisamente francese: il 17 maggio 1684 la flotta francese mandò centoquaranta navi nel golfo di Genova e bombardò la città per undici giorni. Le ragioni si potevano cercare soprattutto nella consolidata alleanza della città ligure con la Spagna, che creava impedimenti commerciali marittimi alla Francia. Il Re Sole voleva a tutti i costi una dichiarazione di sottomissione da parte dei genovesi, ma questi ultimi resistettero e non si piegarono alla richiesta: anche se l’orgoglio genovese non cessò mai, Luigi XIV vinse la battaglia e il doge di Genova allora in carica, Francesco Maria Imperiale-Lercari, fece atto di sottomissione recandosi a Versailles e inchinandosi al cospetto del re. A seguito di questo avvenimento storico, il riferimento in ogni campo per Genova divenne il modello francese: personalità genovesi intrattennero attività diplomatiche con Parigi; dagli anni Novanta del Seicento arrivarono nei palazzi dei nobili genovesi tessuti, gioielli, argenterie e dipinti francesi, acquistati o direttamente commissionati dai genovesi di ritorno dai lunghi soggiorni parigini, e fu in questo clima culturale che si inserì l’arte di Rigaud, il cui atelier parigino divenne fondamentale per quanto riguarda la ritrattistica coeva. I genovesi facevano a gara per farsi ritrarre dai ritrattisti della corte francese, primo tra tutti da Hyacinthe Rigaud.

Tra questi ritratti si ricordino il presunto Giacomo Lomellini, e quelli di Nicolò Cattaneo, Nicolò Durazzo, Stefano Gentile, Giovanni Francesco II Brignole-Sale e Anton Giulio II Brignole-Sale. Quest’ultimo apparteneva a una delle famiglie tra le più in vista di Genova: dall’attività imprenditoriale nel settore tessile, era entrata a far parte dell’aristocrazia cittadina. Anche van Dyck lo aveva ritratto in un dipinto equestre nel 1627, opera oggi conservata a Palazzo Rosso. Aspetto assai curioso e insolito per un genovese, Anton Giulio amava il lusso e spendeva molto denaro per uno stile di vita sontuoso e tutt’altro che parsimonioso. Suo padre, Giovanni Francesco I, eletto nel 1635 doge della città, dichiarava che il figlio “spendeva senza sapere quel che spendeva”: per le nozze con Isabella Brignole si fece recapitare dai corrispondenti parigini un intero guardaroba, mentre da Milano e da Firenze giunsero pizzi e pellicce di zibellino. In occasione dell’incarico di inviato straordinario della Repubblica, al fine di trattare con il re di Francia la liberazione di ufficiali piemontesi fatti imprigionare dal duca D’Oria, si circondò dei servizi del cuoco, del domestico personale e di cani provenienti da Bruxelles fino a Marsiglia; donò poi un anello con smeraldo al capitano Napoleone Lomellini, che lo aveva accompagnato fino ad Antibes e per gli spostamenti a Parigi fece realizzare una carrozza del valore di 4143 lire.

Nel suo libro dei conti, Rigaud annotò nel 1704 il compimento del ritratto di “Mr le marquis Brignoly, envoyé de Gênes” per il prezzo di 300 libbre. Il dipinto risulta firmato e datato in basso a destra “Hyacinthe Rigaud f. à Paris / 1704”; inoltre è presente sul retro un tassello con un sigillo in ceralacca raffigurante lo stemma della famiglia, ovvero un leoncino rampante. La figura del nobile genovese occupa l’intera tela e si staglia su uno sfondo dai toni scuri; Anton Giulio appare con lo sguardo verso destra e con la mano destra tocca, con gesto retorico e pose impostate, un elmo lucente posto in primo piano nella parte inferiore del dipinto. Indossa una marsina di seta marrone, un corsaletto armato e un manto di velluto blu. L’artista si sofferma sulle trine e sui ricami d’oro dell’abito con pennellate più chiare per dare effetto seta ai tessuti e crea un effetto specchio sul corsaletto e sull’elmo. La lunga e folta chioma appare quasi evanescente sullo sfondo e il viso è reso così realisticamente che sembra quasi di poter toccare la sua pelle; si nota infine un contrasto tra la potenza del suo sguardo e le labbra che abbozzano un sorriso. Del quadro originale vennero realizzate diverse copie, ad opera di Lorenzo de Ferrari (Genova, 1680 – 1744), di Mulinaretto (Genova, 1660 – Monticelli d’Ongina, 1745): è infatti documentato il pagamento di 76 lire da parte del secondogenito Giovanni Giacomo “à Lorenzino De Ferrari Pittore per copia del ritratto del detto quondam Signor Anton Giulio ricavata dal ritratto fatto da Rigò in Parigi”.

Anton van Dyck, Ritratto equestre di Anton Giulio Brignole-Sale (1627; olio su tela, 282 x 198 cm; Genova, Musei di Strada Nuova, Palazzo Rosso)
Anton van Dyck, Ritratto equestre di Anton Giulio Brignole-Sale (1627; olio su tela, 282 x 198 cm; Genova, Musei di Strada Nuova, Palazzo Rosso)


Hyacinthe Rigaud, Ritratto di Anton Giulio Brignole-Sale (1704; olio su tela, 91,5 x 73,4 cm; Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola)
Hyacinthe Rigaud, Ritratto di Anton Giulio Brignole-Sale (1704; olio su tela, 91,5 x 73,4 cm; Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola)


Hyacinthe Rigaud, Ritratto di Anton Giulio Brignole-Sale, dettaglio
Hyacinthe Rigaud, Ritratto di Anton Giulio Brignole-Sale, dettaglio

Inizialmente attribuito mediante una sola immagine fotografica a Giovanni Maria Delle Piane, detto il Mulinaretto, fu il presunto ritratto di Stefano Gentile, anch’egli nobile genovese e ministro residente a Parigi dal 1705 al 1709. Anche in questo caso, il soggetto raffigurato occupa l’intera superficie della tela: un mezzo busto di profilo con il viso, incorniciato da una fluente parrucca, rivolto verso l’osservatore. Si nota inoltre un accenno di labbro leporino. Il nobile è abbigliato con sontuosi abiti civili: una marsina marrone da cui spunta una cravatta di pizzo, un mantello di velluto blu-violaceo con un risvolto in broccato d’oro impreziosito da una trama floreale. Sullo sfondo si intravede un paesaggio campestre. Il quadro è firmato e datato sul retro “Paint par Hyacinthe Rigaud à Paris 1709”. Fu proprio il nobile genovese a commissionare all’artista un suo ritratto insieme a un altro che doveva raffigurare, come pendant, la consorte: i dipinti dovevano essere successivamente trasferiti a Genova in occasione della partenza da Parigi nello stesso anno.

Altro ritratto da considerare tra i principali di Rigaud è quello di Giovanni Francesco II Brignole-Sale, nobile appartenente alla già citata famiglia Brignole-Sale e ministro residente a Parigi dal 1737 al 1739. Proprietario di un’enorme quantità di beni di lusso, egli conduceva come il figlio maggiore Anton Giulio uno stile di vita sfarzoso: durante la permanenza parigina affittò e arredò tre grandi appartamenti a cui si aggiunse la relativa servitù.

Hyacinthe Rigaud e atelier, Ritratto di Stefano Gentile? (1709; olio su tela, 86,5 x 60,5 cm; Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola)
Hyacinthe Rigaud e atelier, Ritratto di Stefano Gentile? (1709; olio su tela, 86,5 x 60,5 cm; Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola)


Hyacinthe Rigaud, Ritratto di Giovanni Francesco II Brignole-Sale (1739; olio su tela, 101,5 x 80,2 cm; Genova, Musei di Strada Nuova, Palazzo Rosso)
Hyacinthe Rigaud, Ritratto di Giovanni Francesco II Brignole-Sale (1739; olio su tela, 101,5 x 80,2 cm; Genova, Musei di Strada Nuova, Palazzo Rosso)


Hyacinthe Rigaud, Ritratto di Battina Raggi (1739; olio su tela, 101 x 80 cm; Genova, Musei di Strada Nuova, Palazzo Rosso)
Hyacinthe Rigaud, Ritratto di Battina Raggi (1739; olio su tela, 101 x 80 cm; Genova, Musei di Strada Nuova, Palazzo Rosso)


I ritratti di Rigaud a confronto alla Galleria Nazionale di Palazzo Spinola
I ritratti di Rigaud a confronto alla Galleria Nazionale di Palazzo Spinola

Una ricevuta conservata nel Fondo Brignole-Sale testimonia l’esecuzione nel 1739 del ritratto di Giovanni Francesco e della sua consorte Battina Raggi. Le due tele furono collocate nelle stanze private del magnifico appartamento di Palazzo Rosso: nella Descrizione della galleria de quadri esistenti nel palazzo del Serenissimo Duge Gio Francesco Brignole-Sale, risalente al 1748, si legge la presenza del “Ritratto di sua Eccellenza Marchese Gio Francesco di Rigaud vestito d’armi mezza figura bellissima tanto nel disegno quanto nel colorito replicato più volte, né si è veduto altro ritratto di superior bontà”. Tuttavia i due dipinti sono da considerarsi entro l’ultima produzione dell’artista per le pose eleganti in dialogo speculare, la resa più temperata degli incarnati, i manti gonfi dalle linee irreali. Il marchese è raffigurato a mezzo busto su uno sfondo verdeggiante con elementi architettonici; il suo volto con un sorriso abbozzato è illuminato da un fascio di luce che giunge da sinistra. Indossa un pregiato corsaletto, un ampio mantello violaceo, dal quale sporge verso l’osservatore dall’angolo in basso a destra l’elsa della spada. La moglie Battina è rappresentata con un ampio abito chiaro decorato e fiori d’aranci tra i capelli raccolti.

Sia il ritratto del presunto Stefano Gentile che questi ultimi appartengono alle collezioni genovesi: il primo è custodito nella Galleria Nazionale della Liguria a Palazzo Spinola, mentre le tele raffiguranti Giovanni Francesco II Brignole-Sale e Battina Raggi sono conservati presso Palazzo Rosso. Recentemente l’originale dipinto di Hyacinthe Rigaud che ritrae Anton Giulio II Brignole-Sale, il nobile genovese “spendaccione”, è stato acquistato dalla Galleria Nazionale di Palazzo Spinola ed è possibile ammirarlo in tutta la sua fierezza; grazie a quest’importante acquisizione la collezione del Palazzo si è arricchita di una fondamentale testimonianza di quel rapporto diretto dell’aristocrazia genovese con i pittori parigini. Un tratto rilevante per conoscere parte della storia della città di Genova.

Bibliografia di riferimento

  • Gianluca Zanelli (a cura di), Genovesi a Parigi. Ritratti di Hyacinthe Rigaud, catalogo della mostra (Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, dal 10 giugno al 13 settembre 2015), Sagep Editori, 2015
  • Norbert Schneider, The Portrait, Taschen, 2002
  • Paul Lacroix, Revue universelle des arts, M.France, 1855
  • Istoria in compendio di tutti gli uomini che si sono renduti celebri per talenti, virtu, sceleratezze, errori, per Vicenzo Flauto, 1794
  • Rich – Rollin, Volume 48, Biblioteca Nazionale austriaca, 1828


Se ti è piaciuto questo articolo abbonati a Finestre sull'Arte.
al prezzo di 12,00 euro all'anno avrai accesso illimitato agli articoli pubblicati sul sito di Finestre sull'Arte e ci aiuterai a crescere e a mantenere la nostra informazione libera e indipendente.
ABBONATI A
FINESTRE SULL'ARTE

Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.






Commenta l'articolo che hai appena letto



Commenta come:      
Spunta questa casella se vuoi essere avvisato via mail di nuovi commenti





Torna indietro



MAGAZINE
primo numero
NUMERO 1

SFOGLIA ONLINE

MAR-APR-MAG 2019
secondo numero
NUMERO 2

SFOGLIA ONLINE

GIU-LUG-AGO 2019
terzo numero
NUMERO 3

SFOGLIA ONLINE

SET-OTT-NOV 2019
quarto numero
NUMERO 4

SFOGLIA ONLINE

DIC-GEN-FEB 2019/2020
Finestre sull'Arte