Gli occhiali nella storia dell'arte, dalle origini al Seicento


I primi occhiali della storia fecero la comparsa sul finire del Duecento: poco dopo entrarono anche nella storia dell’arte, con tante curiose immagini, da Tommaso da Modena fino ad arrivare a Caravaggio e a El Greco.

Osservare antiche opere d’arte e scorgere i suoi protagonisti che indossano occhiali pare sempre buffo e quasi anacronistico. I problemi di vista, però, attanagliano l’essere umano fin dall’alba dei tempi e colpivano soprattutto coloro che svolgevano lavori di grandissima precisione o attività basate principalmente sulla lettura e scrittura come i monaci. Fu proprio verso la fine del Duecento che, tra questa particolare cerchia di intellettuali, avanzò l’idea di creare qualcosa che migliorasse e mitigasse l’odioso impiccio.

I primissimi occhiali della storia apparvero sarebbero stati inventati attorno al 1286, probabilmente a Pisa: ricaviamo questa data dal sermone di un frate domenicano, Guglielmo da Pisa, che nel 1306, in un suo sermone del Quaresimale fiorentino, disse che “non è ancora vent’anni che si trovò l’arte di fare gli occhiali, che fanno veder bene, che è una delle migliori arti, e delle più necessarie, che il mondo abbia” (il sermone costituisce peraltro la prima attestazione della parola “occhiali” in lingua italiana). Una conferma potrebbe arrivare dalla Chronica antiqua conventus Sanctae Catharinae de Pisis, il cui compilatore, fra’ Bartolomeo da San Concordio, scrive in latino che un frate del monastero di Santa Caterina a Pisa, Alessandro della Spina, scomparso nel 1313, era in grado di “ricreare tutto quello che vedeva, sapeva come farlo”, e che riuscì anche a fabbricare “occhiali” (ocularia) “che qualcun altro aveva inventato, ma che non voleva condividere, e lui riuscì a crearli e li condivise con tutti”. Non conosciamo il nome dell’artigiano che inventò gli occhiali, ma è comunque certo che già all’inizio del Trecento dovessero circolare e non soltanto a Pisa e in Toscana, dal momento che a Venezia un Capitolare dell’arte dei cristalleri del 1300 in cui si proibiva la vendita di oggetti in vetro contraffatti per farli sembrare di quarzo, e tra questi figuravano anche i “roidi da ogli” (“dischi per occhi”). Non sappiamo però con certezza se a Venezia gli occhiali fossero stati inventati prima che a Pisa, perché i documenti non ci aiutano a chiarire le date: quel che è sicuro, è che in entrambe le città esisteva una fiorente industria del vetro.

Ad ogni modo, i primi occhiali erano costituiti da due lenti montate all’interno di cerchi di legno o di corno, e fissate da un chiodo. Le lenti, di tipo biconvesso, risolvevano problemi come la presbiopia e venivano, sovente, create utilizzando minerali preziosi come il quarzo trasparente o il vetro del berillo. E nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza gli studi nel corso dell’anno Mille, di uno scienziato arabo conosciuto in Europa con il nome di Alhazen (Abū ʿAlī al-Ḥasan ibn al-Ḥasan ibn al-Haytham; Bassora, 965 – Il Cairo, 1040), il quale iniziò a indagare i segreti della cornea, e cercò anche di studiare quali fossero gli effetti che la luce era in grado di provocare su superfici come specchi e lenti. I nostri antenati, quindi, non avevano meno problemi di vista di quelli che abbiano noi oggi, anzi questi aumentarono esponenzialmente con l’avvento della stampa nel 1455, che portò, seppur lentamente, sempre più persone ad approcciarsi alla lettura individuale. Il libro era generalmente più piccolo di un manoscritto ed era letto a lume di candela e proprio questo contribuì ad aumentare la vasta gamma dei problemi di vista.

Tommaso da Modena, Ritratto di Hugues de Saint-Cher (1352; affresco, altezza 150 cm circa; Treviso, San Niccolò, Sala del Capitolo)
Tommaso da Modena, Ritratto di Hugues de Saint-Cher (1352; affresco, altezza 150 cm circa; Treviso, San Niccolò, Sala del Capitolo)
Caravaggio, Vocazione di san Matteo, dettaglio (1599-1600; olio su tela, 322 x 340 cm; Roma, San Luigi dei Francesi)
Caravaggio, Vocazione di san Matteo, dettaglio (1599-1600; olio su tela, 322 x 340 cm; Roma, San Luigi dei Francesi)
Ludovico Carracci, Vocazione di san Matteo, dettaglio (1605-1609; olio su tela, 449 x 265 cm; Bologna, Pinacoteca Nazionale)
Ludovico Carracci, Vocazione di san Matteo, dettaglio (1605-1609; olio su tela, 449 x 265 cm; Bologna, Pinacoteca Nazionale)
Conrad Weider, Ecce Homo, dettaglio (1485-1490; tempera su tavola; Bolzano, Vecchia parrocchiale di Gries)
Conrad Weider, Ecce Homo, dettaglio (1485-1490; tempera su tavola; Bolzano, Vecchia parrocchiale di Gries)
Konrad von Soest, Pala della Passione, dettaglio (1403; tempera su tavola, 152 x 188 cm; Bad Wildungen, St. Nikolaus)
Konrad von Soest, Pala della Passione, dettaglio (1403; tempera su tavola, 152 x 188 cm; Bad Wildungen, St. Nikolaus)

Gli occhiali si diffusero inizialmente tra le persone più anziane e anche Francesco Petrarca, che a sessant’anni iniziò a perdere la sua eccellente vista, si trovò irrimediabilmente costretto a ricorrere all’uso degli occhiali: lo apprendiamo dalla sua lettera Posteritati, dove afferma di aver dovuto cedere a malincuore alla necessità di dover utilizzare le lenti. Successivamente il mercato degli occhiali si espanse, come testimonia una lettera del 21 ottobre 1462 del duca di Milano, Francesco Sforza, in cui chiede all’ambasciatore di Firenze “tre docene di dicti ochiali”, tra cui quelli per correggere il difetti della vista “da zovene” (cioè la miopia), “da vechi” (presbiopia) e “comuni” (ipermetropia). Tuttavia, nonostante il problema fosse diffuso e dilagante, le opere d’arte rappresentanti soggetti con occhiali sono estremamente rare nel corso della storia.

La prima apparizione, di questo particolare oggetto nella storia dell’arte italiana risale al 1352, quando l’artista Tommaso Barisini, conosciuto come Tommaso da Modena (Modena, 1326 – 1379), venne incaricato di dipingere la sala capitolare del convento di San Nicolò a Treviso con i frati domenicani nei propri cubicoli intenti a leggere o scrivere. Tra questi spicca il ritratto del cardinale Ugo di Saint-Cher. Qui il primo cardinale dei domenicani nominato tale nel 1244, è ritratto dall’artista cento anni dopo, mentre è immerso nella scrittura con un rudimentale paio di occhiali. Un’interessante soluzione all’enigma riguardante la scarsissima apparizione delle lenti nel corso della storia, è stata suggerita da Michael Pasco nel suo libro L’histoire des lunettes vue par les peintres (“La storia degli occhiali vista dai pittori”). Il francese avanza l’ipotesi secondo cui, in Europa, indossare gli occhiali fosse visto come un imbarazzante impiccio, tanto che Napoleone I faceva sempre attenzione a non farsi vedere in pubblico mentre indossava i suoi occhiali da vista e Luigi XVI, nonostante fosse completamente miope, si rifiutò di portarli per tutta la vita. In Spagna, invece, fu l’esatto contrario. Fin dal XVI secolo, gli occhiali erano un segno di nobiltà e ricchezza per il loro elevatissimo prezzo e proprio per questo venivano costantemente ostentati.

La storica Chiara Frugoni ha, inoltre, dimostrato come, per la pittura medievale, gli occhiali siano diventati un attributo polivalente: non solo motivo di attenzione scientifica, ma soprattutto un segno distintivo tipico degli studiosi, dei medici e, ancor prima, di apostoli e profeti. Diventa il contesto a determinarne il significato, come nel caso della Vocazione di san Matteo dipinta da Caravaggio (Michelangelo Merisi; Milano, 1571 – Porto Ercole, 1610) per la Cappella Contarelli, grazie alla quale il particolare degli occhiali rimane ancorato alla scena evangelica. Dal 1599, Caravaggio mostrava un uomo in piedi intento ad osservare delle monete con l’ausilio di un paio di occhiali mentre il cristo irrompe prepotentemente sulla scena senza, però, attirare l’attenzione dell’anziano. In questo caso, l’occhiale detiene una valenza simbolica, alludendo alla cecità rispetto la chiamata divina.

Ritroviamo il personaggio con gli occhiali nella grande Vocazione di Matteo dipinta da Ludovico Carracci (Bologna, 1555 – 1619) per la Compagnia dei Salaroli a Santa Maria della Pietà di Bologna e oggi conservata presso la Pinacoteca Nazionale del capoluogo emiliano. Il pittore bolognese, durante il suo soggiorno romano del 1602, annotò la figura dell’uomo con gli occhiali del Caravaggio per riproporlo, caratterizzandolo in senso più grottesco, nella sua tela. Rispetto al quadro della cappella Contarelli, Ludovico Carracci aggiunge vicino all’ebreo delle figure inturbantate, allargando chiaramente la chiamata ai musulmani o, forse, agli ebrei levantini.

Ludger Tom Ring, Virgilio (1538 circa; olio su tavola, 44 x 31 cm; Münster, Museum für Kunst und Kultur)
Ludger Tom Ring, Virgilio (1538 circa; olio su tavola, 44 x 31 cm; Münster, Museum für Kunst und Kultur)
Friedrich Herlin, Circoncisione, dettaglio (1466; olio su tavola; Rothenburg ob der Tauber, Stadtkirche St. Jakob)
Friedrich Herlin, Circoncisione, dettaglio (1466; olio su tavola; Rothenburg ob der Tauber, Stadtkirche St. Jakob)
Jan van Eyck, Madonna del canonico Van der Paele, dettaglio (1436; olio su tavola, 122,1 x 157,8 cm; Bruges, Groeninge Museum)
Jan van Eyck, Madonna del canonico Van der Paele, dettaglio (1436; olio su tavola, 122,1 x 157,8 cm; Bruges, Groeninge Museum)
El Greco, Ritratto di Fernando Niño de Guevara (1600; olio su tela, 194 x 130 cm; New York, Metropolitan Museum)
El Greco, Ritratto di Fernando Niño de Guevara (1600; olio su tela, 194 x 130 cm; New York, Metropolitan Museum)
Attribuito a Juan van der Hamen, Ritratto di Francisco de Quevedo (metà del XVII secolo; olio su tela, 60,5 x 48 cm; Valencia, Instituto de Valencia Don Juan)
Attribuito a Juan van der Hamen, Ritratto di Francisco de Quevedo (metà del XVII secolo; olio su tela, 60,5 x 48 cm; Valencia, Instituto de Valencia Don Juan)
Fede Galizia, Ritratto di Paolo Morigia (1592-1595; olio su tela, 88 x 79 cm; Milano, Veneranda Biblioteca Ambrosiana)
Fede Galizia, Ritratto di Paolo Morigia (1592-1595; olio su tela, 88 x 79 cm; Milano, Veneranda Biblioteca Ambrosiana)

La rappresentazione, in pittura, del noto sistema ottico a due lenti, venne utilizzato anche come simbolo della presunta “miopia ebraica”. Nell’Ecce Homo sul retro dell’altare ligneo di Michael Pacher conservato nella vecchia parrocchiale del quartiere di Gries a Bolzano, Conrad Waider dipinge un Cristo incoronato di spine e un ebreo con borsetta porta denari intento a osservare, con i suoi occhiali, colui che non crede essere il Messia.

Uno status, un simbolo, quello creato dagli occhiali, che iniziarono ad essere utilizzati anche per indicare principalmente uomini saggi e colti, come nel caso della pala della Passione di Bad Wildungen, opera del 1403 del pittore tedesco Konrad von Soest (Dortmund?, 1370 circa – Dortmund, post 1422) in cui è rappresentato “l’apostolo degli occhiali”: l’apostolo che indossa questo primitivo paio di occhiali è san Pietro mentre è concentrato nella lettura delle Sacre Scritture. Altri santi che indossano occhiali si vedono nel polittico di Montelparo di Niccolò di Liberatore detto l’Alunno (Foligno, 1430 circa – 1502), che si trova alla Pinacoteca Vaticana: vi troviamo san Filippo e san Giacomo intenti a leggere entrambi con un paio di occhiali. Nello stesso atteggiamento è raffigurato un altro savio dell’antichità, ovvero il poeta Virgilio, che legge con un paio di occhiali in un dipinto di Ludger Tom Ring (Münster, 1422 – Braunschweig, 1484). Occhiali simili, ovvero con montatura a rivetto, sono quelli che si vedono nella Circoncisione di Gesù del pittore tedesco Friedrich Herlin (Rothenburg ob der Tauber, 1430 circa – Nördlingen, 1500) conservata nella chiesa di San Giacomo a Rothenburg ob der Tauber (li indossa il sacerdote), e particolarmente noti, anche se di diversa fattura (la montatura in questo caso è ad arco), sono quelli tenuti in mano dal canonico Joris van der Paele nella celeberrima Madonna del canonico van der Paele, capolavoro di Jan van Eyck (Maaseik, 1390 circa – Bruges, 1441) conservato al Groeninge Museum di Bruges.

Molto numerose e orgogliose furono le rappresentazioni delle famose montature in Spagna come nel caso dell’artista greco Domínikos Theotokópoulos, meglio noto come El Greco (Candia, 1541 – Toledo, 1614), che ritrae il cardinale Fernando Niño de Guevara che indossa un paio di occhiali con laccio. Questo famoso ritratto è divenuto sinonimo non solo dell’arte di El Greco, ma anche dell’intera Spagna e degli anni dell’Inquisizione. Il personaggio ritratto, divenne cardinale nel 1596 e Grande Inquisitore poi. Il pittore greco avrebbe dovuto rappresentare il soggetto nella maniera più edulcorata e lusinghiera possibile, ma optò per una dolorosissima onestà. Il cardinale è raffigurato seduto su una poltrona di velluto con un mantello cremisi ed è leggermente inclinato in diagonale, per aggiungere maggiore profondità alla composizione. Il capo dell’Inquisizione spagnola osserva con gelido distacco lo spettatore attraverso occhiali nerissimi ed è circondato dai simboli della sua posizione elevata. Troviamo gli occhiali anche nel ritratto su tela, in passato attribuito anche a Diego Velázquez, del poeta e scrittore Francisco de Quevedo y Villegas, che portava sul naso occhiali tondi e molto spessi, mentre un’opera particolarissima e attenta ai dettagli è il Ritratto del generale dei gesuiti, Paolo Morigia di Fede Galizia (Milano, 1578? – 1630). Il generale è un uomo vestito semplicemente, dallo sguardo severo e circondato da libri e carte del quale viene messo in risalto, non tanto il suo essere religioso, quanto il suo aspetto di storico erudito tramite la minuziosa realizzazione pittorica di un paio di occhiali. La “mirabile pittoressa” era solita analizzare, quasi scientificamente e con distaccato realismo, ogni singolo particolare e in questa tela la sua attenzione è rivolta proprio al riflesso della finestra sulla lente degli occhiali dell’intellettuale.

L’occhiale è apparso a più riprese, seppur sporadiche, dal Trecento passando per Caravaggio e arrivando ai contemporanei come Otto Dix, diventando un simbolo di cecità, fine intelligenza o rappresentazione di uno status alto e importante. Inizialmente odiato e bistrattato, non si creò felicemente e prepotentemente spazio nella storia dell’arte occidentale, ma venne accolto con parsimoniosa calma e accettato quasi con rassegnazione, diventando, oggi, uno degli accessori più amati del mercato della moda.


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