Gli etruschi e il sesso: come facevano l'amore i nostri antenati


Gli etruschi ci hanno lasciato molte testimonianze della loro vita sessuale. In questo articolo un approfondimento sulle loro abitudini, le posizioni, i modi in cui facevano l'amore.

Tra i più famosi sarcofagi etruschi è possibile annoverare sicuramente quelli conservati al Museum of Fine Arts di Boston. Si tratta di due capolavori che raffigurano altrettante coppie, sdraiate a letto, e colte in un momento d’affettuosa intimità: quello più antico rappresenta Arnth Tetnies e sua moglie Ramtha Vishnai, mentre nell’altro compare il figlio della coppia, Larth Tetnies, assieme alla moglie Thanchvil Tarnai (i nomi di tutti e quattro sono noti in quanto riportati dalle iscrizioni sui due sarcofagi). Furono scoperti in una necropoli di Vulci negli anni Quaranta dell’Ottocento, in quelli che erano all’epoca i possedimenti della principessa di Canino, Alexandrine de Bleschamp, cognata di Napoleone. Gli eredi della nobildonna riuscirono a venderli qualche anno più tardi, e dopo aver compiuto altri passaggi di proprietà, furono poi acquistati dal museo di Boston nel 1886: da quella data si trovano negli Stati Uniti. Sono tra le opere più famose dell’arte etrusca proprio in virtù della loro eccezionalità: non esistono altre opere simili che raffigurino coppie che si abbracciano, e ci permettono di ricavare diverse informazioni sull’amore nell’antica Etruria.

Particolarmente straordinario è il sarcofago della coppia più giovane, il cui grado di finitezza e naturalismo (maggiore rispetto a quello che traspare dal sarcofago di Arnth e Ramtha) lascia supporre che si tratti di un’opera di un artista greco (anche perché l’acconciatura di entrambi gli sposi riflette mode greche): vediamo Larth e Thanchvil che si guardano intensamente negli occhi, sono entrambi nudi e, presumibilmente, stanno per unirsi in un amplesso. Quello che ci colpisce maggiormente osservando le due opere sono proprio i gesti e gli sguardi che si scambiano i personaggi: i due si accarezzano vicendevolmente, e appaiono pienamente soddisfatti del loro rapporto. La donna non è passiva come spesso accade nelle figurazioni erotiche dell’antichità (anche se, in questo caso, l’erotismo non è che suggerito): è infatti pienamente partecipe e risponde alle affettuose attenzioni del marito (e lo stesso vale per l’altro sarcofago). Tutto, nel sarcofago di Larth e Thanchvil, trasuda sensualità: basti osservare, sotto al fine lenzuolo reso con una leggerezza e una sapienza tali da lasciar intravedere le forme dei corpi, le cosce dei due che si sfiorano e stanno per unirsi. Le bocche dei due innamorati stanno per unirsi in un bacio, e il fatto che la mano sinistra di lei cominci a scivolare verso il basso lascia presagire quello che succederà di lì a poco.

Diverso è invece il sentore che pervade il sarcofago di Arnth e Ramtha. Lì non c’è erotismo, la posizione dei corpi non suggerisce alcuna unione. Ci sono però intimità, complicità, profonda consapevolezza dell’amore che unisce i due sposi. Benché risulti difficile parlare di parità tra i due sessi (non sappiamo quale fosse la condizione giuridica degli sposi presso gli etruschi), da questa immagine, così come da altre immagini coniugali che sono sopravvissute (come il Sarcofago degli Sposi al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, oppure l’altrettanto famosa Urna degli Sposi del Museo Guarnacci di Volterra), è possibile dedurre che la distanza tra uomo e donna nei rapporti di coppia fosse, presso gli etruschi, molto meno marcata rispetto a quella che caratterizzava altre civiltà antiche. Tuttavia, quel che è certo è che la donna doveva godere di un ruolo da protagonista all’interno della coppia, e non si limitava a subire il comportamento del marito.

A sinistra, sarcofago di Arnth Tetnies e Ramtha Vishnai. A destra, sarcofago di Larth Tetnies (fine del IV - inizio del III secolo a.C.; pietra, 88 x 73 x 210 cm; Boston, Museum of Fine Arts) e Thanchvil Tarnai (350-300 a.C.; pietra, 93,3 x 117,4 x 213,8 cm; Boston, Museum of Fine Arts)


Dettaglio del sarcofago di Arnth Tetnies e Ramtha Vishnai
Dettaglio del sarcofago di Arnth Tetnies e Ramtha Vishnai


Dettaglio del sarcofago di Larth Tetnies e Thanchvil Tarnai
Dettaglio del sarcofago di Larth Tetnies e Thanchvil Tarnai

I due sarcofagi di Vulci sono le uniche testimonianze visive di amore coniugale presso gli etruschi che ci siano rimaste. Più diffuse, invece, le rappresentazioni di amore carnale e di rapporti sessuali espliciti tra diversi soggetti. Il viaggio nel mondo del sesso secondo gli etruschi può cominciare da Tarquinia, e per l’esattezza dalla necropoli di Monterozzi, dove si trovano alcune delle più celebri scene erotiche dell’arte etrusca. Nella tomba dei Tori, i cui affreschi si possono datare al sesto secolo avanti Cristo, vediamo le raffigurazioni di due rapporti sessuali, dei quali uno a tre. Il ménage à trois, tra due uomini e una donna, si svolge in una particolarissima posizione: uno dei due uomini è in ginocchio per terra, e si regge sugli avambracci. La donna è coricata supina sopra alla sua schiena, e il terzo uomo, in piedi, la sta penetrando tenendole le gambe sollevate. Dietro, c’è un toro che sembra del tutto indifferente a quanto si sta svolgendo di fianco a lui. L’altra scena invece raffigura un rapporto omosessuale: vediamo un uomo che ne sta penetrando un altro, mentre un toro antroposopo (ovvero con il volto umano), dall’aria minacciosa, procede verso di loro a testa bassa e con il fallo vistosamente eretto. Si tratta di scene il cui significato rimane a oggi ancora misterioso. Alcuni studiosi hanno tentato di collegarle al mito di Achille e Troilo, raffigurato in un’altra porzione della stessa parete, ma i legami sono molto labili, e non si spiegherebbe, del resto, il perché della scena con il ménage à trois. Peraltro, a proposito di quest’ultima, ci si è interrogati anche in merito al perché di quella strana posizione: si è pertanto ipotizzata la mancata ultimazione di una quarta figura, una donna, che probabilmente avrebbe dovuto ricevere un cunnilingus dall’uomo poggiato a terra. Oppure, si potrebbe pensare che una posizione simile serva per accrescere l’eccitamento dell’uomo in piedi, maggiormente appagato dalla vista di due orifizi. Quanto all’interpretazione di questo symplegma (termine greco con cui ci si riferisce alle scene erotiche), s’è detto di come siano labili le connessioni con l’affresco principale della parete, ma occorre rigettare anche le ipotesi moralistiche, che vorrebbero associare una valenza positiva all’immagine dell’amore eterosessuale (garantita dall’atteggiamento indifferente del toro) e da una negativa a quello omosessuale, contro il quale sembra che il toro si stia scagliando: l’omosessualità in antico era infatti una pratica accettata, e un affresco dai toni moraleggianti, nell’arte etrusca, costituirebbe un caso più unico che raro.

L’archeologo Ross Holloway ha preferito dare agli affreschi una lettura di tipo apotropaico, avvalorata dalla presenza di animali (tra i quali lo stesso toro) che gli etruschi raffiguravano per scacciare le entità negative, e in questo senso andrebbe letto anche l’itifallismo del toro dal volto umano, che secondo questa interpretazione sarebbe disinteressato al rapporto omoerotico che si svolge dinnanzi a sé, anzi: forse, lo sta proteggendo (il sesso infatti celebra la vita e la gioia di vivere). La studiosa Jane Whitehead ha preferito invece vederci semplicemente una scena umoristica (non si tratterebbe di un caso isolato), mentre Johann Rasmus Brandt ha voluto legare le scene erotiche a rituali funebri etruschi nei quali forse, secondo l’archeologo tedesco, si potevano compiere anche atti sessuali.

Un’altra famosa scena erotica è raffigurata in un affresco della Tomba della Fustigazione: vi troviamo due uomini intenti a fare sesso con una donna. Uno la sta penetrando da dietro, mentre l’altro sta ricevendo da lei una fellatio. Si tratta, peraltro, della scena che dà il nome alla tomba, perché l’uomo che sta penentrando la donna è anche intento a batterla con un frustino, in una sorta di gioco erotico sadomaso a tre. Una scena di questo tipo, secondo l’etruscologo Alessandro Naso, aveva una chiara funzione di celebrazione della vita contro la morte: per questa ragione la troviamo in una tomba, assieme a raffigurazioni di altre attività intense e divertenti (danza, banchetti). È altresì probabile che anche questa raffigurazione abbia scopi rituali: nel primo secolo dopo Cristo, lo storico greco Plutarco, nel descrivere come si svolgesse a Roma la festa dei Lupercalia (una festività in onore del dio Fauno che cadeva nel mese di febbraio), raccontava che i cosiddetti “luperci”, i sacerdoti della divinità, correvano nudi per la città frustando con strisce di cuoio chiunque capitasse loro a tiro, e che le donne, invece di schivarli, si facevano loro incontro perché ritenevano che le frustate avessero una funzione catartica e favorissero la fertilità. Anche se tra la raffigurazione di Tarquinia e il racconto di Plutarco passano cinque secoli, forse non è azzardato leggere in questo senso anche l’affresco della Tomba della Fustigazione.

Veduta della camera principale della Tomba dei Tori
Veduta della camera principale della Tomba dei Tori. Ph. Credit Ted Graham


Arte etrusca, Scena di amore eterosessuale (530 a.C. circa; affresco; Tarquinia, Tomba dei Tori)
Arte etrusca, Scena di amore eterosessuale (530 a.C. circa; affresco; Tarquinia, Tomba dei Tori)


Arte etrusca, Scena di amore omosessuale (530 a.C. circa; affresco; Tarquinia, Tomba dei Tori)
Arte etrusca, Scena di amore omosessuale (530 a.C. circa; affresco; Tarquinia, Tomba dei Tori)


Dettaglio della scena di amore eterosessuale a tre
Dettaglio della scena di amore eterosessuale a tre


Arte etrusca, Scena erotica (V secolo a.C.; affresco; Tarquinia, Tomba della Fustigazione)
Arte etrusca, Scena erotica (V secolo a.C.; affresco; Tarquinia, Tomba della Fustigazione)

Che il sesso, per gli etruschi, avesse una funzione benaugurante e apotropaica (e quindi, immaginiamo, dovevano praticarlo con grande frequenza) potrebbe forse spiegare perché siano sopravvissute molte opere con scene di amplessi vari, una sorta di pornografia ante litteram che però, all’epoca, probabilmente era accettata senza problemi e non doveva suscitare scandalo alcuno (scene erotiche, del resto, si trovano anche su moltissimi oggetti di uso comune). Presso le Antikensammlungen (Collezioni di antichità) di Monaco di Baviera si conserva un’anfora di produzione greca, ma rinvenuta a Vulci (quindi presumibilmente un oggetto realizzato per essere venduto in Etruria), che raffigura un komos, ovvero una disinibita danza rituale legata ai riti dionisiaci, che spesso poteva sfociare in una sorta di gangbang dove uomini e donne si abbandonavano, tutti assieme, al sesso più sfrenato. Nel vaso realizzato dal ceramista greco (che, peraltro, lo ha riempito di scritte che appaiono prive di senso: caso molto frequente nella ceramica a figure nere) si vedono figure in atteggiamenti inequivocabili, e si conferma anche la predilezione degli antichi per le posizioni difficili: basta osservare la coppia con l’uomo che, in piedi, regge tutto il peso della donna sulle cosce, e lei poggia le gambe sulle spalle di lui. Troviamo la stessa, acrobatica posizione in un’anfora etrusca conservata al Metropolitan Museum di New York, e decorata con un symplegma dove vediamo una copula tra un uomo barbuto e una donna aggrappata a lui.

Osserviamo amplessi meno faticosi nella cosiddetta oinochoe di Tragliatella, una brocca che serviva per versare il vino nei calici dei commensali e chiamata così in quanto ritrovata, nel 1878, nella necropoli di Tragliatella a Cerveteri (oggi invece è custodita presso i Musei Capitolini a Roma). Si tratta di un vaso etrusco molto antico, in quanto risalente a un periodo compreso tra l’ottavo e il settimo secolo avanti Cristo: qui, vediamo due coppie che stanno facendo l’amore in una tranquilla posizione del missionario (sopra, nella classica “versione” che prevede la donna con le gambe distese, sotto nella variante con le gambe sollevate sopra le spalle dell’uomo). Dal momento che nella oinochoe è raffigurato il mito di Teseo, le due scene erotiche potrebbero alludere all’amore tra Teseo e Arianna. Troviamo poi un’altra posizione sessuale “classica” in un frammento di coppa conservato presso il Museo Nazionale Etrusco di Chiusi: lì, i due protagonisti, uomo e donna, sono impegnati in quella che in inglese chiamiamo doggy style, e la particolarità consiste nel fatto che le figure sono a rilievo. Si tratta, infatti, di una ceramica calena (ovvero prodotta nell’antica Cales, in Campania, nei pressi di Capua), che si distingueva perché le decorazioni venivano impresse a stampo e poi verniciate di nero. Non mancano poi le scene di amore omosessuale: ne abbiamo una dipinta su di un anfora del quinto secolo, conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, in cui sono raffigurati due giovani intenti a fare sesso anale.

Arte etrusca, Anfora con komos (560 a.C. circa; ceramica a figure nere; Monaco di Baviera, Antikensammlungen)
Arte etrusca, Anfora con komos (560 a.C. circa; ceramica a figure nere; Monaco di Baviera, Antikensammlungen)


Arte etrusca, anfora con symplegma (530-525 a.C. circa; ceramica a figure nere, altezza 32,4 cm; New York, Metropolitan Museum)
Arte etrusca, anfora con symplegma (530-525 a.C. circa; ceramica a figure nere, altezza 32,4 cm; New York, Metropolitan Museum)


Arte etrusca, Decorazione del vaso di Tragliatella (VIII-VII secolo a.C.; ceramica; Roma, Musei Capitolini)
Arte etrusca, Decorazione del vaso di Tragliatella (VIII-VII secolo a.C.; ceramica; Roma, Musei Capitolini)


Arte etrusca (produzione di Cales), Coppa con scena erotica (fine del VI secolo a.C.; ceramica; Chiusi, Museo Nazionale Etrusco)
Arte etrusca (produzione di Cales), Coppa con scena erotica (fine del VI secolo a.C.; ceramica; Chiusi, Museo Nazionale Etrusco)


Anfora con scena erotica (V secolo a.C.; ceramica a figure nere; Napoli, Museo Archeologico Nazionale)
Arte etrusca-campana, Anfora con scena erotica (V secolo a.C.; ceramica a figure nere; Napoli, Museo Archeologico Nazionale)

Merita infine un cenno il giudizio dei contemporanei sulla condotta sessuale degli etruschi. La testimonianza più lunga (e anche più severa) che ci è rimasta è quella del greco Teopompo: l’autore sosteneva che presso gli etruschi vigesse la promiscuità sessuale, che le donne non ritenessero disdicevole o strano comparire in pubblico nude, e che spesso non stessero in compagnia del marito, ma di chi volessero loro. E anche sugli uomini, Teopompo aveva molto da ridire, dipingendo le occasioni di convivialità presso gli etruschi come orge sfrenate dove tutti si accoppiavano con tutti (schiavi con prostitute, mariti con mogli, mogli con giovani fatti giungere apposta per l’occasione, mariti con meretrici): “non è riprovevole per i Tirreni essere visti abbandonarsi in pubblico ad atti sessuali e neppure a subirli, essendo anche questo un uso del paese. Sono tanto alieni dal considerare vergognosa questa condotta che quando il padrone di casa sta facendo all’amore e si chiede di lui, essi dicono: ’Fa questo o quello’, dando a tale genere di occupazione il suo vero nome. In occasione di riunione di società o di parentado, si comportano come segue: anzitutto quando hanno finito di bere e si dispongono a dormire, i servi fanno entrare — quando le fiaccole sono ancora accese — ora cortigiane, ora bellissimi giovani e qualche volta le loro mogli. Dopo aver soddisfatto le loro voglie con le une o con gli altri, fanno coricare giovani vigorosi con questi e con quelle. Fanno all’amore e si danno ai loro piaceri talvolta alla presenza gli uni degli altri, ma più spesso circondando i loro letti di paraventi fatti con rami intrecciati, sui quali stendono dei mantelli. Hanno certamente frequenti rapporti con le donne ma talora si divertono con ragazzi e giovani efebi che nel loro paese sono bellissimi da vedere perché vivono nel lusso e hanno il corpo depilato”. Un altro storico greco, Timeo, racconta di come fosse usanza, nei banchetti, che le schiave servissero gli uomini completamente nude. Il grande Aristotele, al contrario di Teopompo, constatava che gli etruschi erano soliti giacere con le loro mogli.

Certo: possiamo evitare di prendere alla lettera quanto ci dicono gli storiografi greci, a causa della loro indiscussa parzialità (le asserzioni di Teopompo, in particolare, sono ormai comunemente considerate menzognere e maligne). Dalle testimonianze artistiche non possiamo stabilire con certezza quali fossero i costumi sessuali degli etruschi, ma è probabile che fossero molto meno disinibiti di come ci vengono dipinti dalla storiografia greca: nelle opere d’arte sono molto abituali le raffigurazioni di coppie e di sposi, mentre con meno frequenza appaiono scene di orge e festini vari. È poi altamente probabile che anche in Etruria fosse diffusa la prostituzione e che certi banchetti potessero trasformarsi in party a luci rosse: esagerato è però ritenere che comportamenti simili fossero in qualche modo connaturati agli etruschi e fossero propri di tutta la loro società. Ma è comunque ipotizzabile che gli etruschi godettero di una certa libertà sessuale, favorita anche dalle loro credenze religiose, che di sicuro non punivano il sesso fatto per puro piacere (anzi: il sesso era una componente importante di certi riti, come si è visto), e di conseguenza, probabilmente, li spingevano a fare sesso con regolarità e passione. E anche in questo, i nostri antenati erano... estremamente moderni.

Bibliografia di riferimento

  • Johannes Rasmus Brandt, The Tomba dei Tori at Tarquinia: a ritual approach in Nordlit, 33 (2014), pp. 47 - 64
  • Larissa Bonfante, ?Judith Swaddling, Etruscan Myths, University of Texas Press, 2006
  • Alessandro Naso, La pittura etrusca: guida breve, L’Erma di Bretschneider, 2005
  • Sybille Haynes, Etruscan civilization: a cultural history, Getty Publications, 2005
  • Robert Leighton, Tarquinia: an Etruscan city, Bristol Classical Press, 2004
  • Antonio Giuliano, Giancarlo Buzzi, Etruschi, Mondadori-Electa, 2002
  • Mauro Cristofani, Dizionario della civiltà etrusca, Giunti, 1999
  • Jane Whitehead, Towards a Definition of Etruscan Humor in Etruscan Studies, 3 (1996), vol. 1,
  • Antonia Rallo (a cura di), Le Donne in Etruria, L’Erma di Bretschneider, 1989


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo





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