Giuseppe Veneziano, oltre la provocazione. Quando l'arte è profonda senza essere oscura


Dietro le opere di Giuseppe Veneziano, oltre la provocazione che emerge in superficie con immediatezza, c’è una poetica stratificata, una riflessione complessa, un gioco di riferimenti che invita lo spettatore a soffermarsi e interrogarsi.

C’è un’idea diffusa, quasi uno stereotipo, su Giuseppe Veneziano. Lo si etichetta spesso come un provocatore, un artista che usa immagini semplici, dirette, quasi populiste. Ma basta sedersi con lui, parlare, ascoltare il suo sguardo sull’arte e sulla vita, per capire che dietro le sue opere c’è molto di più. C’è una poetica stratificata, un intento che non vuole scandalizzare ma accendere il dialogo. C’è gentilezza d’animo che si riflette nel suo lavoro e che merita di essere raccontata.

La prima cosa che colpisce nell’arte di Giuseppe Veneziano è la sua riconoscibilità immediata. Le sue opere attingono a un immaginario comune, popolato da icone della cultura pop, personaggi storici e simboli collettivi. Questa immediatezza, tuttavia, rappresenta solo il primo livello di lettura: dietro ogni immagine si cela una riflessione più complessa, un gioco di riferimenti che invita lo spettatore a soffermarsi, a interrogarsi, a leggere oltre la superficie. Il suo stile, caratterizzato da un segno netto e da colori pieni, ricorda la sintesi grafica del fumetto, ma il contenuto delle sue opere va ben oltre la dimensione illustrativa. Veneziano utilizza un linguaggio accessibile perché crede nell’arte come strumento di dialogo aperto, non elitario. Non c’è nessuna volontà di esclusione nel suo lavoro, ma piuttosto un’apertura che permette a chiunque, anche a un bambino, di riconoscere il soggetto dell’opera e di intraprendere un percorso personale di interpretazione.

L’arte di Veneziano nasce da un bisogno di connessione, di dialogo. E in questa ricerca, un momento fondamentale è stato il suo incontro con il movimento Italian Newbrow, importante gruppo della pittura italiana contemporanea, capace di assorbire e reinterpretare i cambiamenti culturali e sociali della società liquida teorizzata da Zygmunt Bauman. Non si tratta di una scuola codificata, né di un linguaggio artistico univoco, ma di un’attitudine fluida che fonde riferimenti pop e cultura alta: dal fumetto al cinema, dalla cronaca alla storia dell’arte, dalla letteratura al design. Il termine stesso “Newbrow” si colloca tra i concetti di “lowbrow” e “highbrow”, superando la tradizionale contrapposizione tra arte popolare e arte colta. Quando il movimento prendeva forma si parlava di arte contemporanea, di pittura, di nuovi linguaggi visivi. In quel contesto, tra idee che si intrecciavano, si fece strada un concetto nuovo: un’arte che potesse essere colta e popolare al tempo stesso, che sapesse parlare a tutti senza rinunciare alla profondità. Questa nuova sensibilità conquistò non solo Veneziano, ma anche artisti come Vanni Cuoghi, Michael Rotondi, Massimo Gurnari, Michela Muserra, Giuliano Sale e Silvia Argiolas. Non tutti aderirono formalmente al movimento, ma molti condivisero l’entusiasmo per questa visione, contrapponendosi alla freddezza intellettuale dell’arte concettuale dominante. In questo contesto si affermò una pittura che non si limitava alla citazione pop, ma che sviluppava un linguaggio pittorico complesso, capace di spaziare dal realismo all’immaginazione più sfrenata, spesso attingendo a immagini provenienti dai media, dalla letteratura e dall’illustrazione. Veneziano incarnò questo spirito, portando avanti una pittura che gioca con il riconoscibile per spingere lo spettatore oltre la superficie, rendendo l’arte uno strumento di riflessione collettiva.

Giuseppe Veneziano, Self portrait (2024; acrilico su tela, 186 x 87 cm)
Giuseppe Veneziano, Self portrait (2024; acrilico su tela, 186 x 87 cm)
Giuseppe Veneziano, LGBT (2019; acrilico su tela, 170 x 135 cm)
Giuseppe Veneziano, LGBT (2019; acrilico su tela, 170 x 135 cm)
Giuseppe Veneziano, La strage degli innocenti (2012; acrilico su tela, 70 x 100 cm)
Giuseppe Veneziano, La strage degli innocenti (2012; acrilico su tela, 70 x 100 cm)
Giuseppe Veneziano, Quasi amici (2018; acrilico su tela, 24 x 34 cm)
Giuseppe Veneziano, Quasi amici (2018; acrilico su tela, 24 x 34 cm)
Giuseppe Veneziano, L'enigma della pittura (2023; acrilico su tela, 100 x 100 cm)
Giuseppe Veneziano, L’enigma della pittura (2023; acrilico su tela, 100 x 100 cm)
Giuseppe Veneziano, Dantealighieri@virgilio.it (2020; acrilico su tela, 130 x 110 cm)
Giuseppe Veneziano, Dantealighieri@virgilio.it (2020; acrilico su tela, 130 x 110 cm)

Le opere di Veneziano colpiscono per la loro immediatezza: icone riconoscibili, colori decisi, immagini che sembrano parlare direttamente allo spettatore. Ma è proprio questa apparente semplicità a nascondere un gioco più sottile. Ogni dettaglio, ogni scelta visiva è pensata per innescare un corto circuito tra familiarità e significato, tra ciò che sembra immediato e ciò che invece richiede uno sguardo più attento. Il suo linguaggio, diretto ma mai banale, spinge chi osserva a interrogarsi, a cercare connessioni, a costruire una propria interpretazione. La Madonna del Terzo Reich (2009), a primo impatto, potrebbe apparire un atto provocatorio: una Madonna che tiene in braccio un bambino con il volto di Hitler. Ma l’intento non è quello di scandalizzare, bensì di porre una domanda: come vengono costruite le icone? Quali sono i meccanismi che trasformano una figura storica in un simbolo? Veneziano usa la forza di immagini consolidate per costringere lo spettatore a confrontarsi con i propri preconcetti. Non si tratta di provocare, come spesso si dice. Non è quella la chiave della sua arte. Veneziano vuole creare un dialogo positivo, in cui ogni spettatore possa entrare e trovare il proprio spazio. Il suo lavoro è un invito a pensare, senza chiudere il discorso in una sterile polemica.

Tra le opere più discusse di Giuseppe Veneziano, The Blue Banana (2021) occupa un posto di rilievo, sia per il suo significato simbolico sia per le critiche che ha suscitato. In molti l’hanno ritenuta eccessivamente semplice, priva di una vera ricerca estetica, perfino banale. Alcuni l’hanno liquidata come una provocazione fine a se stessa, incapace di trasmettere una bellezza tradizionale o un messaggio artistico profondo. Eppure, proprio nella sua apparente essenzialità risiede la sua forza. Il colore blu, associato al potere, all’autorità e al capitalismo, si contrappone alla banana, simbolo dell’arte concettuale che richiama le opere di Piero Manzoni e Maurizio Cattelan. Veneziano utilizza questa combinazione per costruire un’allegoria potente: una riflessione sulla fragilità del potere, sulle promesse politiche che si sgretolano, sull’illusione di una stabilità che in realtà è destinata a deteriorarsi.

Giuseppe Veneziano, La Madonna del Terzo Reich (2009; acrilico su tela, 130 x 100 cm)
Giuseppe Veneziano, La Madonna del Terzo Reich (2009; acrilico su tela, 130 x 100 cm)
Giuseppe Veneziano, The Blue Banana (2021; resina, acciaio e acrilico, 800 x 100 x 450 cm)
Giuseppe Veneziano, The Blue Banana (2021; resina, acciaio e acrilico, 800 x 100 x 450 cm)
Giuseppe Veneziano, Massimo Zanardi (2008; acrilico su tela, 25 x 25 cm)
Giuseppe Veneziano, Massimo Zanardi (2008; acrilico su tela, 25 x 25 cm)
Giuseppe Veneziano, Cinquanta sfumature di Pippo (2022; acrilico su tela, 110 x 80 cm)
Giuseppe Veneziano, Cinquanta sfumature di Pippo (2022; acrilico su tela, 110 x 80 cm)
Giuseppe Veneziano, La Venere della mascherina (2020; acrilico su tela, 110 x 80 cm)
Giuseppe Veneziano, La Venere della mascherina (2020; acrilico su tela, 110 x 80 cm)
Giuseppe Veneziano, Selfica (2019; acrilico su tela, 160 x 125 cm)
Giuseppe Veneziano, Selfica (2019; acrilico su tela, 160 x 125 cm)

L’opera di Veneziano infatti si inserisce in un discorso più ampio sulla geografia economico-finanziaria dell’Europa occidentale, dove le principali capitali politiche come Londra, Francoforte, Parigi, Bruxelles, Basilea, Milano e Torino sono interconnesse. L’artista disegna simbolicamente una “megalopoli” europea, in cui l’area produttiva appare modellata nella forma di una banana, una figura che prende vita nel blu dell’Unione Europea. Non solo, quindi, una provocazione visiva, ma un commento sottile e incisivo sulle dinamiche del nostro tempo.

Se c’è un nome che risuona forte nel percorso artistico di Giuseppe Veneziano, è quello di Andrea Pazienza. L’influenza del grande fumettista italiano si percepisce non solo nello stile, ma soprattutto nell’approccio. Pazienza aveva la capacità di raccontare storie con un linguaggio visivo potente, con una leggerezza solo apparente che nascondeva profondità e poesia. Veneziano raccoglie questo testimone e lo porta nel suo mondo pittorico. Anche lui usa un segno chiaro, netto, che sembra quasi voler semplificare la complessità del reale, ma dietro ogni immagine c’è una narrazione, una stratificazione di significati che si svela solo a chi si prende il tempo di guardare. Veneziano, come Pazienza, usa il potere dell’immagine per innescare riflessioni senza fornire risposte univoche.

Questa stessa attitudine si ritrova non solo nel suo stile, ma anche nel suo modo di essere: parlare con Veneziano significa scoprire una persona di straordinaria gentilezza e semplicità, qualità che si riflettono nelle sue opere, spesso fraintese come ciniche o irriverenti. C’è, invece, un profondo rispetto per le immagini e i simboli che sceglie di rappresentare, un’attenzione al “cosa” si racconta e al “come” lo si fa.

Giuseppe Veneziano ha recentemente intrapreso un nuovo percorso artistico dedicato al tema del paesaggio. Ma come sempre, alla sua maniera. I suoi paesaggi non sono semplici vedute, ma scenari che intrecciano riferimenti artistici, storia e immaginario contemporaneo. Un territorio che sta già esplorando, senza mai tradire quel linguaggio che lo rende unico. Affronta questo progetto con la stessa lucidità e ironia che caratterizzano la sua opera, ossia riprendendo paesaggi iconici della storia dell’arte con l’intento di inserirsi in un dialogo millenario, reinterpretando quei luoghi simbolo con una visione che è al tempo stesso rispettosa e dissacrante. Attraverso il suo sguardo, questi scenari diventano specchi della nostra contemporaneità, dove il passato e il presente si fondono in una narrazione visiva sempre in bilico tra citazione e trasformazione.

Giuseppe Veneziano, Candy Crush (2018; acrilico su tela, 27 x 36 cm)
Giuseppe Veneziano, Candy Crush (2018; acrilico su tela, 27 x 36 cm)
Giuseppe Veneziano, BDSM (2018; acrilico su tela, 37 x 27 cm)
Giuseppe Veneziano, BDSM (2018; acrilico su tela, 37 x 27 cm)
Giuseppe Veneziano, In bocca al lupo (2018; acrilico su tela, 50 x 40 cm)
Giuseppe Veneziano, In bocca al lupo (2018; acrilico su tela, 50 x 40 cm)
Giuseppe Veneziano, La selva oscura (2021; acrilico su tela, 180 x 110 cm)
Giuseppe Veneziano, La selva oscura (2021; acrilico su tela, 180 x 110 cm)
Giuseppe Veneziano, The first time (2014; acrilico su tela, 140 x 100 cm)
Giuseppe Veneziano, The first time (2014; acrilico su tela, 140 x 100 cm)
Giuseppe Veneziano, Il cavaliere assente (2024; acrilico su tela, 38 x 46 cm)
Giuseppe Veneziano, Il cavaliere assente (2024; acrilico su tela, 38 x 46 cm)

Guardando ai suoi progetti futuri, è evidente come Veneziano continui a spingere oltre i confini, fondendo in modo sempre più audace la tradizione artistica con l’universo della cultura pop. L’artista, d’altronde, ci ha abituati a ribaltare le aspettative, e c’è da scommettere che anche questa volta saprà stupire, dimostrando che l’arte non è mai statica, ma un organismo in continua evoluzione, capace di rinnovarsi e reinventarsi restando fedele alla propria essenza.

Ma c’è qualcosa di ancora più profondo nella sua poetica artistica che bisogna tenere sempre a mente: il valore del fraintendimento. La storia dell’arte è costellata di artisti che, nel loro tempo, sono stati considerati superficiali, trasgressivi o irriverenti, salvo poi essere riconosciuti come innovatori. Basti pensare a Van Gogh, ignorato in vita e oggi considerato un genio. Il fraintendimento è spesso il prezzo da pagare per chi osa sovvertire i codici, per chi rifiuta di adeguarsi a percorsi già tracciati e ha il coraggio di indicarne di nuovi. Tuttavia il tempo, come sempre, è il miglior giudice. Le opere di Giuseppe Veneziano parlano di noi, del nostro presente, delle contraddizioni del nostro mondo. E lo fanno con un linguaggio capace di superare le barriere intellettuali, un linguaggio che appartiene a tutti e invita ciascuno a riconoscervisi.

Forse è questa la sua vera sfida: dimostrare che l’arte può essere profonda senza essere oscura, concettuale senza essere distante, impegnata senza essere dogmatica. E nel farlo, Veneziano ci invita a guardare oltre la superficie, a porci domande, a mettere in discussione ciò che diamo per scontato. Perché l’arte, in fondo, non è fatta per dare risposte, ma per porre le giuste domande.


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Federica Schneck

L'autrice di questo articolo: Federica Schneck

Federica Schneck, classe 1996, è curatrice indipendente e social media manager. Dopo aver conseguito la laurea magistrale in storia dell’arte contemporanea presso l’Università di Pisa, ha inoltre conseguito numerosi corsi certificati concentrati sul mercato dell’arte, il marketing e le innovazioni digitali in campo culturale ed artistico. Lavora come curatrice, spaziando dalle gallerie e le collezioni private fino ad arrivare alle fiere d’arte, e la sua carriera si concentra sulla scoperta e la promozione di straordinari artisti emergenti e sulla creazione di esperienze artistiche significative per il pubblico, attraverso la narrazione di storie uniche.



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