Pariter praecepta volandi / tradit et ignotas umeris accomodat alas. / Inter opus monitusque genae maduere seniles, / et patriae tremuere manus.
“Mentre gli insegnava a volare, alle spalle gli applicava quelle ali mai viste. E tra il lavoro e gli ammonimenti, le guance del vecchio padre si bagnarono, e le mani gli tremarono”. (Ovidio, Metamorfosi, VIII, 208-212)
La scena descritta da Ovidio nelle sue Metamorfosi è esattamente quella che vediamo nel dipinto: Dedalo, l’architetto autore del mitologico labirinto del Minotauro, sta applicando un paio d’ali alla schiena del figlio Icaro. La vicenda è nota: i due, rinchiusi dal re Minosse nel labirinto in quanto conoscitori della complicata struttura, riescono a fuggire grazie all’espediente delle ali, che li avrebbero trasportati via dall’isola di Creta, sulla quale sorgeva la costruzione di Dedalo. La tristezza che riga di lacrime il volto di Dedalo nel racconto ovidiano, resa nel dipinto con un’espressione carica d’angoscia, lascia già presagire l’amaro finale. Dedalo infatti ammonisce Icaro dicendogli di non avvicinarsi troppo al sole, perché la cera che gli tiene incollate le ali al corpo avrebbe corso il rischio di sciogliersi. Tuttavia, Icaro disattende gli avvertimenti del padre: la cera si scioglie facendogli perdere le ali, e il giovane precipita in mare morendo.
Il dipinto di cui parliamo è un’opera attribuita a Girolamo Riminaldi (1601 - 1666), conservata presso le collezioni d’arte della Cassa di Risparmio di Carrara, e proprio in questi giorni è esposta (fino al 31 luglio) alla mostra Pittura fra Toscana e Liguria nel ’600 a Carrara (Palazzo Binelli). Un’occasione unica per familiarizzare con questo artista praticamente sconosciuto: addirittura, non esistono pitture certe che siano riferibili a lui. Anche per il dipinto carrarese, infatti, non c’è una documentazione che possa assegnarlo a Girolamo Riminaldi con certezza. Perché allora si è arrivati a fare il nome di questo artista?
Girolamo Riminaldi (?), Dedalo e Icaro (1630 circa; Carrara, Collezioni d’arte Gruppo Banca Carige) |
Orazio Riminaldi, Amore vincitore (1624; Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti) |
Orazio Riminaldi, Dedalo e Icaro (1625 circa; Hartford, The Wadsworth Atheneum Museum of Art) |
E il dipinto di Carrara? Come si colloca dunque nell’ambito della produzione di Orazio Riminaldi? C’è da dire che, quando fu scoperto, lo si ritenne opera di Orazio perché non fu possibile confrontarlo con le altre versioni, che o dovevano ancora essere scoperte, oppure avevano attribuzioni da confermare. Mettendo l’opera di Carrara a confronto con quella di Hartford, è possibile rendersi conto che, malgrado si tratti in ambedue i casi di opere di elevata qualità, ci siano delle differenze di non poco conto: risaltano, in particolare, una minor espressività del volto di Icaro nel quadro carrarese, e uno studio della luce più meditato nel dipinto americano (da notare i bagliori sull’epidermide dei due protagonisti, e sulle ciocche dei capelli di Dedalo).
Confronto tra le due versioni di Dedalo e Icaro: a sinistra il prototipo, di Orazio Riminaldi (Hartford) e a destra la versione assegnata a Girolamo (Carrara) |
Il curatore della mostra in corso in questi giorni a Carrara, Marco Ciampolini, è giunto a un’interessante conclusione. Si parte da un presupposto: tutte le versioni note di Dedalo e Icaro hanno le stesse dimensioni. Questo significa che sono state prodotte sullo stesso cartone, e quindi nella stessa bottega. In secondo luogo, dobbiamo considerare che Girolamo conosceva molto bene l’arte del fratello: se così non fosse stato, l’Opera del Duomo di Pisa non gli avrebbe affidato, nel 1630, l’incarico di portare a termine gli affreschi lasciati incompiuti da Orazio a causa della sua scomparsa prematura. Infine, la differenza di qualità tra i due dipinti, a cui abbiamo accennato, potrebbe far pensare a due mani diverse, anche se molto simili: ecco quindi il perché del nome di Girolamo Riminaldi.
A tutto questo si aggiunge una nota curiosa. Non conosciamo opere certe di Girolamo, per un fatto molto semplice: quella del pittore non era la sua attività principale. Di mestiere, Girolamo faceva il mercante d’arte. Ma l’abilità nel dipingere costituiva per lui un vantaggio competitivo non da poco: dipigendo lui stesso, poteva eseguire facilmente, e senza dover rivolgersi ad altri, repliche di dipinti fortemente richiesti dal mercato. È altamente probabile che, dato il successo di Dedalo e Icaro, la versione carrarese dell’opera possa essere considerata come prodotta in questo, per così dire, contesto commerciale.
La mostra Pittura fra Toscana e Liguria nel ’600 espone l’opera, per la prima volta, al grande pubblico: e dato che finora era stata poco accessibile anche agli stessi studiosi, potrebbe essere questa una nuova, ulteriore occasione per far progredire le ricerche sulle figure di Orazio e Girolamo Riminaldi. Due artisti ottimamente inseriti nel contesto di una Pisa che, all’epoca, era al centro dei traffici tra Genova e Roma, e gli scambi artistici che avvenivano tra queste città, in questo periodo storico, erano particolarmente fecondi: altro merito della mostra è proprio quello di far sì che il visitatore riesca a capire quanto forti erano i legami che univano i principali poli artistici del Seicento. Oltre a quello di esporre opere il cui accesso è, nella maggior parte dei casi, precluso al pubblico, dato che la mostra è stata interamente allestita con opere provenienti da collezioni bancarie. E il Dedalo e Icaro attribuito a Girolamo Riminaldi non fa eccezione: conviene quindi affrettarsi, prima che questo e altri dipinti tornino nelle loro stanze... !
Girolamo Riminaldi (?), Dedalo e Icaro (1630 circa; Carrara, Collezioni d’arte Gruppo Banca Carige) - Particolare |
L'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).