Era ottobre quando ho avuto occasione d’ammirare per la prima volta dal vivo, a Urbino, il presepe di Federico Brandani (Urbino, 1520 circa – 1575) nell’Oratorio di San Giuseppe; il presepe viene solitamente associato al periodo natalizio, essendo uno dei simboli per eccellenza del Natale, ma ciò che si prova di fronte a questo capolavoro, in un ambiente straordinariamente suggestivo, quale è il luogo che ancora lo custodisce dopo quasi cinquecento anni, vale di certo in qualsiasi mese dell’anno. Davanti al Presepe Brandani si crea un’atmosfera di forte intimità, una delle più intense nelle quali mi sia immersa ammirando un’opera d’arte: un ambiente raccolto, nel quale ci si sente letteralmente avvolti da una tenera luce, lieve ma calda, che si propaga dai personaggi della scena. Una sorta di scena teatrale a cui il visitatore assiste silenziosamente o che è portato a commentare sottovoce, tanta è la quiete che emana, quasi per paura di interrompere quel momento così straordinario e magico. Più che a figure scolpite, poiché si tratta di un capolavoro scultoreo, pare di trovarsi dinanzi a persone reali, che stanno vivendo in quel preciso istante la nascita di un bambino: si percepisce lo stupore per questo lieto evento, soprattutto per quanto riguarda la madre, e l’adorazione per la piccola creatura venuta al mondo, ma nello stesso tempo anche la volontà di tutti di accogliere il bambino nella più assoluta tranquillità, alla quale anche lo spettatore, come già affermato, è invitato.
Al centro della scena è Gesù bambino attorniato dai personaggi tipici del presepe: Maria, san Giuseppe, il bue e l’asinello, e tre pastori giunti per adorarlo. Maria, a differenza degli altri, appare visibilmente meravigliata da tanta bellezza e dolcezza: in ginocchio osserva il bambino, compiendo con le braccia e le mani, un gesto di stupore che parla da solo; Giuseppe è seduto invece nella parte destra dell’intera scena ed è raffigurato mentre con una mano si sorregge la testa, sulla tempia. Il bue e l’asinello, uno accanto all’altro, da un recinto, cercano di scaldare con il fiato il Bambin Gesù; nella parte sinistra sono collocati tre pastori, di cui uno inginocchiato in primo piano si regge a un bastone, un altro sta sopraggiungendo in piedi e un altro, più giovane rispetto agli altri due, si sporge da una colonna per poter meglio ammirare da vicino il bambino.
Il letterato Carlo Grossi, nel suo Comentario degli Uomini illustri di Urbino, descrisse nell’Ottocento con minuzia, e anche una certa poeticità, lo splendore del Presepe di Federico Brandani.
Federico Brandani, Presepe (1545-1550; sculture in stucco a grandezza naturale; Urbino, Oratorio di San Giuseppe) |
Federico Brandani, Presepe, dettaglio della Sacra Famiglia |
Federico Brandani, Presepe, dettaglio del Bambino |
Federico Brandani, Presepe, dettaglio della Vergine |
Federico Brandani, Presepe, dettaglio del bue e dell’asinello |
Federico Brandani, Presepe, dettaglio del pastore |
Federico Brandani, Presepe, dettaglio della cesta con le colombe |
Federico Brandani, Presepe, dettaglio del paesaggio |
Federico Brandani, Presepe, dettaglio della volta |
“Il gruppo delle figure che compongono il così detto Presepe ne sembra opera tale che fa di mestieri con alquante parole descriverlo ed illustrarlo. Sta la storia del gran mistero espressa tutta in figure di creta o stucco entro una cappelletta rettangola incrostata all’intorno di pomice e tufo, come ad una grotta conviene, scolpitevi in bassi rilievi da un lato e dall’altro borgate e capanne di contadini, alcuni pastori sui greppi de’ monti e nel fondo dietro alla stalla la piccola ed avventurata città di Betlemme. Sovra un piano che nella larghezza si estende da una parte all’altra della cappella, ma nella lunghezza ne occupa solo un terzo, evvi figurato un presepe povero e mal guardato dalle intemperie delle piogge e de’ venti, sorretto qua da rozze colonne di tufo, là da vecchie travi di legno, e coverto da un tetto ruinoso e cadente con piccola finestra al di sopra onde piover debbe la luce”.
Grossi comincia così a rendere con le parole la suggestione dell’ambiente in cui ci si trova. E continua poi col narrare dettagliatamente tutti i personaggi che popolano la scena: “entrovi una mangiatoja da un lato, per terra gittato ad arte un basto da somiere, per aria appiccati alle travi arnesi di pastori. In mezzo vedi giacente sul fieno il celeste Bambino ignudo, nato di fresco colle tenerelle membra rannicchiate per lo freddo, e un ditino fra i labruzzi all’uso infantile. Maria che nel giovinetto volto e nelle pudiche sembianze fa trasparire la verginità sua, compresa dall’alto mistero è ginocchioni, ma estatica e fisa pende col devoto sguardo sul divino Figliuolo, e colle braccia dolcemente levate mostra di adorarlo e di riconoscerlo per suo Signore. Dal sinistro lato verso l’ingresso della stalla S. Giuseppe colcato in terra, facendo dell’una mano colonna al viso, l’altra posando sovra la terra, negli occhi socchiusi e nel volto immobile e pensieroso dà a vedere che ravvolge entro l’animo il grande arcano della comune riparazione. Intanto il bue e l’asino, quasi concorsi e mossi da sovrana cagione a prestar inusitato servigio al loro Creatore sporgono abbassando il muso, e riscaldano del loro fiato le intirizzite membra, esposte al rigor del verno. All’indietro un vecchio pastore appoggiato ad una colonna vorrebbe come sgombrare il sito da quelle bestie per farsi avanti ed appagare la brama, che mostra nel volto e in tutto l’atteggiamento, di vedere il prodigio testè accaduto. Dal lato sinistro sono tre pastori di egregio lavoro; ma tutti e tre fra loro diversi nell’età, nelle attitudini e nella espression degli affetti. Vicin della Vergine uno di forme giovanili e vivaci abbraccia strettamente una colonna e sta inchinato colla faccia sopra il Bambino, rapito nella bellezza delle sue forme divine e tocco ad un tempo da’ patimenti che vede sostenersi da lui in tanta povertà. Ricciotti sono i capelli, l’abito di pelle di capra è ad arte squarciato, onde comparisca l’ignudo, e il volto e il movimento tutto della persona esprime un certo ardire di giovane, per cui si accosta con più fidanza di ogni altro verso il Bambino e la madre. Ma un vecchio nell’aria della faccia assai di quel più devoto è sull’atto di levarsi da terra, dopo aver adorato il Salvatore, e colla sinistra si appoggia ad un nodoso bastone, colla destra stringe e fa forza sopra un cesto di palombelle; movenza a dir vero bellissima ed espressa con amore e garbo assai naturale. Un terzo pastore più adulto del primo, del secondo men vecchio, si avanza entrando allora allora da un lato del presepe e mostrando fretta e brama ferventissima di vedere. Ma con ambe le mani è costretto a trascinare innanzi un agnello che ritroso vorrebbe fuggire indietro, colla destra afferratolo in sulla groppa pei velli, colla sinistra stringendolo nella strozza, onde non faccia in quel sacro orrore e silenzio sentire gl’importuni belati. L’agnello intanto si divincola sotto le mani del pastore per disbrigarsi, e levatosi su poggia con una zampa sopra il ginocchio di quello […]. Nella volta poi della cappella ha foggiato l’artefice una gloria vivacissima di gran numero di angioli, anzi una vera moltitudine di milizia celeste, quali ch’emergono fuori dalle nubi tutti interi, quali col solo viso, altri ignudi, altri coperti di leggerissime vesti, tra’ quali uno in mezzo campeggia, nella statura e nell’ornato di ogni altro maggiore, e dispiega all’aere come scritte entro una striscia di carta, secondochè si costuma, le parole annunziatrici di pace agli uomini di buona volontà”.
Questa poeticissima descrizione sia dell’ambiente che ospita il Presepe che del Presepe stesso fa ben emergere la bellezza e la particolarità del luogo: un gioiello di Urbino, ancora poco noto ai più fuori città, a differenza di quanto riguarda per il celebre Palazzo Ducale o la casa di Raffaello Sanzio, meta certa di numerosi appassionati dell’artista urbinate.
Come detto, il Presepe è visibile nell’Oratorio di San Giuseppe: questo è sede dell’omonima confraternita istituita nel Cinquecento dal padre francescano Gerolamo Recalchi da Verona; l’oratorio originale venne infatti edificato dal 1503 grazie ai primi confratelli, che si riunivano prima in alcuni spazi del vicino Oratorio di San Giovanni Battista e che sentirono successivamente la necessità di avere una propria sede, e grazie all’aiuto economico da parte del duca Guidobaldo I da Montefeltro e della moglie Elisabetta Gonzaga. Tuttavia, la chiesa, ad aula unica, fu ricostruita grazie alla famiglia Albani tra il 1682 e il 1689, ma del primo oratorio rimane ancora oggi proprio l’ambiente caratterizzato dal suo particolare aspetto a finta grotta, scenario perfetto per accogliere il Presepe Brandani. In effetti, entrando in questo piccolo spazio, ci si accorge subito che tutto è parte integrante del Presepe stesso: la cappella venne completamente rivestita con tufo per accogliere il capolavoro che lo scultore di Urbino, Federico Brandani, realizzò tra il 1545 e il 1550. Si tratta del più antico presepe in stucco del mondo ad essere costituito da figure a grandezza naturale.
La sua unicità testimonia la grande capacità artistica dello scultore. Riprendendo le parole di Carlo Grossi nel suo Comentario, in tutta la composizione e nel soggetto raffigurato Brandani ha mostrato “vivacità d’inventiva e finezza d’arte e studio della natura e del vero. Grandissima intelligenza ha fatto egli vedere nel panneggiamento sì intorno alla figura della Vergine che a quella di S.Giuseppe e dei pastori; moderati e dolci essendo i moti delle pieghe, non aspri, non aggruppati, né svolazzanti o soverchiamente ripiegati […]. La disposizione delle figure, benché di forma naturale in tanta angustia di luogo, è sì bene intesa e con tanta eleganza variata, che nulla ti genera confusione o ti stanca […]. Oltre a ciò il parco numero delle figure medesime, la diligenza delle proporzioni, la naturalezza e varietà degli atteggiamenti, l’espression viva degli affetti fanno di questo gruppo una vaghissima composizione pittorica […]. Ma non è da tacersi la somma accortezza e industria dell’artefice nel vantaggio che ha saputo mirabilmente ritrarre da una sola finestra, la quale dall’alto illumina la cappella e gitta appunto tutto lo splendore sulle figure principali che stanno in mezzo al presepe e vogliono essere sopra le altre illuminate, lasciando il resto come in una certa oscurità o a meglio chiamarla luce riflessa che rende la storia più naturale e tutta simile al vero”.
Del “valorosissimo artista” si sa che nacque a Urbino intorno al 1520 e qui morì nel 1575; fu allievo di Giovanni Maria Mariani, vasaio, formandosi nell’arte della maiolica. Apprese anche l’arte degli stucchi: lavorò infatti molto di stucco della sua città natale per commissione del duca Guidobaldo II e fu conosciuto e stimato dai duchi di Savoia a Fossano e a Rivoli. Lavorò inoltre ad ambienti del Castello dei Brancaleoni a Piobbico.
Federico Brandani |
Interno dell’Oratorio di San Giuseppe |
Interno dell’Oratorio di San Giuseppe |
Interno dell’Oratorio di San Giuseppe |
Il Presepe di Federico Brandani |
Il Presepe di Federico Brandani |
Correggio, Adorazione dei Pastori nota come La notte (1522-1530; olio su tavola, 256,5 x 188 cm; Dresda, Gemäldegalerie) |
Affermò Luigi Antonio Lanzi, nella sua Storia pittorica della Italia dal risorgimento delle belle arti fin presso al fine del XVIII secolo: “Anche Urbino coltivava la plastica; e quegli, che in essa avanzò quasi tutti di quella età, fu Federigo Brandani. Chi crede che io esageri, vegga il Presepio che lasciò a S. Giuseppe; e dicamisi chi, fuori del Begarelli modenese, gli si possa paragonare per vivacità e grazia di sembianti, per varietà e proprietà di attitudini, per naturalezza di accessori; animali che paion veri; due bisacce, e un caratello sospesi, altri arnesi poveri e adatti al luogo, tutto è maraviglia”. Brandani viene assimilato al celebre scultore cinquecentesco Antonio Begarelli (Modena, 1499 – 1565), che era in grado di realizzare straordinarie statue in terracotta (si pensi a quelle eseguite per il complesso polironiano di San Benedetto Po, vicino a Mantova): opere tanto accurate nei dettagli, nei panneggi e nelle finiture da essere paragonabili a statue marmoree.
Ma nel Presepe dell’Oratorio di San Giuseppe, oltre a portare a compimento stupende sculture in stucco, Brandani fu influenzato da Antonio Allegri detto il Correggio (Correggio, 1489 circa – 1534), in particolare dall’Adorazione dei pastori, meglio conosciuta come La Notte, opera del 1522-1530 conservata alla Gemäldegalerie di Dresda. A parte per la venustà delle sue figure, il capolavoro del Correggio ispirò Brandani nell’uso della luce: ne La Notte, la luce si propaga in tutto il dipinto dal piccolo Gesù Bambino; una luce forte, quasi accecante, che obbliga persino la donna che trasporta un cesto con anatroccoli a ripararsi la vista con la mano e a stringere gli occhi. Solo la Madonna riesce a guardare fissamente il Bambino senza alcun fastidio, ricevendo direttamente la luce di suo figlio. Un simile intento è stato ottenuto dallo scultore grazie a una finestra che, all’interno della cappella, illumina, più lievemente rispetto al dipinto, i personaggi principali al centro della scena, ovvero il Bambino e Maria. Inoltre, se nel Presepe il pastore all’estremità sinistra trascina avanti un agnello che vorrebbe fuggire indietro, ne La Notte, nella parte destra del quadro, un pastore trascina con forza un asino verso la mangiatoia.
Sulla realizzazione del Presepe Brandani hanno influito quindi artisti di grande spessore, ma la combinazione di una grande abilità scultorea e di una forte suggestività di un intero ambiente a finta grotta ha reso questo luogo unico.
L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.