Paolo Grassino, uno dei più interessanti scultori italiani contemporanei, propone una ricerca di forte impatto, che fa uso dei materiali più svariati, dal cemento al polistirolo, dal legno alla gomma, indagando temi come la precarietà del nostro mondo, le derive della società contemporanea, la nostra fragilità. Grassino nasce a Torino nel 1967: suo padre Alfredo lo indirizza sin da bambino alle discipline artistiche. Nel 1984 si iscrive al liceo artistico dove conosce e inizia a frequentare gli studi di artisti italiani come Marco Gastini, Luigi Mainolfi, Gilberto Zorio, Michelangelo Pistoletto e Sergio Ragalzi. Dal 1988 espone in mostre personali e collettive e dal 1991 prosegue il suo percorso di studi all’ Accademia Albertina di Torino insieme a Luisa Rabbia, Saverio Todaro, Domenico Borrelli con i quali crea un gruppo di lavoro e condivide i primi laboratori. Nel 2000 la GAM di Torino gli dedica una mostra personale che rende la sua ricerca artistica più conosciuta da gallerie e istituzioni nazionali e internazionali. Nel 2008 partecipa alla XV Quadriennale d’Arte a Roma. Luca Massimo Barbero nel 2011 gli dedica una sala personale al MACRO di Roma e sempre nello stesso anno partecipa alla Quarta Biennale di Mosca. Nel 2012 le sue opere sono presenti in musei come il Frost Art Museum di Miami e il Loft Project ETAGI di San Pietroburgo. Phillip Van den Bossche lo invita all’edizione del 2012 di Beaufort 04 Triennial of Contemporary Art by the Sea di Ostenda e nel 2013 l’IIC di Madrid gli dedica una mostra personale. Nel 2013 è pubblicato un volume edito da Skira che raccoglie i lavori più significativi dal 1992 al 2012, il libro è presentato in occasione della mostra personale “Percorso in tre atti” negli spazi di Milano al Centro d’arte contemporanea Luigi Pecci. In questi anni inizia il percorso d’insegnamento come docente del Corso di Scultura e del Corso di Plastica Ornamentale nelle Accademie di Belle Arti di Carrara, Palermo e poi Brera e Torino. Nel 2019 realizza una grande mostra personale nelle sale storiche di Palazzo Saluzzo Paesana di Torino. Nel 2021 prende parte alla mostra itinerante “La via della seta. Arte e artisti contemporanei dall’Italia” organizzata dalla Farnesina con tappe nei musei di Kiev, Ankara, Tbilisi,Tashkent, Beijing, Xi’an. Nel 2023 viene invitato dalla città di Pinerolo alla Terza Biennale Diffusa e realizza una mostra personale dal titolo “Incursioni” con la curatela di Franco Fanelli nella storica Cavallerizza Caprilli e nei luoghi più significativi della città. Grassino racconta la sua arte in questa conversazione con Gabriele Landi.
GL. Paolo, spesso succede che il lavoro di un’artista affondi le sue radici nella mitica età dell’infanzia: è così anche per te?
PG. Mia padre Alfredo era un pittore autodidatta e mi ha introdotto alle pratiche artistiche sin da bambino. Passavo interi pomeriggi con lui a disegnare e a dipingere. Ho amato da subito il raccoglimento che giunge dall’esercizio creativo. Devo molto a mio padre e quest’aspetto dell’esistenza è forse la cosa più preziosa che mi ha donato.
Hai avuto un “primo amore” artistico?
Ho avuto molti amori artistici. Ogni fase del mio personale sviluppo creativo è stata accompagnata da un “esempio” da seguire. Oggi no, non ne sento la necessità. Forse sono amori necessari solo durante la formazione.
Che studi hai fatto?
Ho frequentato il Primo Liceo Artistico e l’Accademia Albertina di Torino, dove oggi insegno.
Hai lavorato come assistente per Luigi Mainolfi: che cosa ti è rimasto di questa esperienza?
Luigi è un maestro della scultura Italiana e credo di esser stato fortunato a incontrarlo sul mio percorso a sedici anni. Ho lavorato nel suo studio contemporaneamente all’istruzione liceale e accademica. Finita la formazione didattica è terminato anche l’apprendistato da lui. Luigi è rimasto un caro amico insieme ad altri compagni di strada di quel periodo.
Oltre all’incontro con Mainolfi ci sono stati degli altri incontri che hanno lasciato il segno?
Al liceo ho conosciuto Sergio Ragalzi e ci siamo frequentati per tantissimi anni. Quest’anno è mancato e la sua morte ha lasciato un vuoto a Torino. Credo che Sergio sia stato uno degli artisti più interessanti e autonomi negli anni successivi all’Arte Povera sul territorio Italiano.
Il disegno è una pratica che frequenti? Che importanza e che ruolo ha in quello che fai?
Bisognerebbe prima capire cosa s’intende per disegno. Per le mie opere eseguo delle piccole tracce a penna che molte volte non sono seguite. Contemporaneamente alle sculture e alle installazioni realizzo dei lavori con inchiostro su carta che per molti anni sono rimasti privati e raramente pubblici. Il prossimo anno realizzerò una mostra personale con questa tipologia di lavori.
Mi piacerebbe chiederti di parlare della tua idea di tempo e di spazio e dell’idea di trasformazione che spesso ricorre in quello che fai?
Naturalmente per chi fa scultura lo spazio è fondamentale. La scultura con la sua presenza fisica crea un’estensione che prima non esisteva. Il tempo assorbe l’opera, la trasforma, la finisce non solo oggettivamente e se non è idonea, la cancella.
In quello che fai ha importanza l’idea di mettere in scena?
Cerco una temperatura, dei silenzi, degli spunti che portino in contesti non sempre limpidi o equilibrati. Quest’aspetto appartiene alla drammaturgia, alla messa in scena che conduce verso visioni appartenenti all’incerto.
Puoi parlare più diffusamente della relazione fra il tuo lavoro e il pubblico che viene a vederlo?
A volte il pubblico osservando il mio lavoro utilizza la parola “inquietante”. Forse nelle mie opere c’è anche quest’aspetto ma credo che appartenga solo alla superficie.
Nel tuo lavoro, oltre alla presenza umana suggerita o manifesta, spesso compaiono cervi, cani… che idea hai della natura?
I cervi e i cani trasportano verso il conflitto. Quello che vorrei rendere evidente è la divergenza tra le parti. Il cervo sin dall’antichità è simbolo del sacrificio mentre il cane è arma addestrata alla caccia, all’azione bellica.
Ti interessa la commistione fra organico e artificiale ?
Molti miei lavori mettono l’accento su questa dualità che in alcuni casi è ricerca costruttiva e in altri casi è lugubre distruzione. L’uomo contiene questi due aspetti e ci convive con relative disfunzioni.
Come scegli i materiali con cui lavori?
È il tema che sceglie con cosa esprimersi. Ogni soggetto ha il suo oggetto o materiale che lo attende per sommarsi in un unico atto.
Nel tuo lavoro l’aspetto perturbante delle immagini che metti in atto che ruolo ha?
Voglio che lo spettatore si ponga delle domande. L’arte ha questo compito e la sua responsabilità è verso il contesto che la contiene. La domanda è necessaria per iniziare a costruire delle risposte.
La dimensione immaginifica del tuo lavoro si lega anche ad un aspetto narrativo?
La narrativa è contenuta nelle mie opere ma è distorta, ambigua, aperta a più interpretazioni per non essere totalmente afferrabile.
Esiste anche un lato ironico in quello che fai?
Non penso mai all’ironia nel mio lavoro, quest’aspetto probabilmente emerge spontaneamente.
Che importanza hanno i titoli dei lavori per te?
Non sempre è necessario un titolo. A volte i titoli arrivano prima dell’opera, altre volte l’opera è racchiusa solo nel titolo. Il titolo indica una chiave ma non sempre svela qualcosa, anzi, è un depistaggio o solo un’altra interpretazione.
Esiste nel tuo lavoro una tensione spirituale?
Tutta la ricerca è spirituale perché tenta di trovare delle risposte.
Che idea hai della morte e come ti relazioni con essa?
L’arco vitale è una parentesi tra il nulla e l’inesistenza.
In che posizione ti poni nei confronti del tuo lavoro?
Amo il mio lavoro. Sto bene nel mio luogo di lavoro. Quando sono nel mio studio penso solo a ciò che accade fuori da questo spazio protetto e privilegiato.
L'autore di questo articolo: Gabriele Landi
Gabriele Landi (Schaerbeek, Belgio, 1971), è un artista che lavora da tempo su una raffinata ricerca che indaga le forme dell'astrazione geometrica, sempre però con richiami alla realtà che lo circonda. Si occupa inoltre di didattica dell'arte moderna e contemporanea. Ha creato un format, Parola d'Artista, attraverso il quale approfondisce, con interviste e focus, il lavoro di suoi colleghi artisti e di critici. Diplomato all'Accademia di Belle Arti di Milano, vive e lavora in provincia di La Spezia.