Elin Danielson Gambogi, la storia di una pittrice contro le convenzioni tra Finlandia e Italia


L’artista finlandese Elin Danielson, intrecciando poetiche artistiche di matrice impressionista e macchiaiola, realizzò tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del nuovo secolo una produzione che esalta l’emancipazione femminile.

La storia dell’arte è un ambito di padronanza maschile: considerazione pacifica che pochi metterebbero in discussione. Del resto in un mondo prettamente maschilista non avrebbe potuto essere altrimenti, tanto che solo in tempi relativamente recenti si è messo al centro della discussione finalmente anche il ruolo della donna nel mondo dell’arte. Nel passato per le donne non era impossibile praticare arte, ma dinamiche sociali legate a un ruolo di subalternità lo rendevano difficoltoso, in particolare quando avevano l’ardire di non limitare l’arte a un passatempo borghese ma intendevano trasformarla in una professione.

Le prime, poche figure eccezionali che riuscirono a incrinare questa gabbia oppressiva di convenzioni, come le ben note Lavinia Fontana, Elisabetta Sirani, Sofonisba Anguissola, Artemisia Gentileschi e Plautilla Bricci, dovettero comunque scontrarsi con un mondo che, come unico metro di misura, aveva quello maschile. Queste e altre non numerose colleghe seppero attirare un discreto interesse su di loro dai contemporanei, ma ciò il più delle volte non si è rilevato sufficiente perché vincessero anche le resistenze del permanere nei secoli successivi di una visione sessista. Di fatto quindi anche chi seppe emergere e distinguersi in vita non di rado fu ben presto omessa dalla storia dell’arte. Fortunatamente la nostra contemporaneità, parallelamente a quanto accaduto anche in altri campi, ha recuperato alcuni importanti nomi di artiste. Altre notevoli personalità aspettano invece di essere ancora riscoperte, fra queste anche Elin Danielson Gambogi.

Quella dell’artista finlandese, nata Elin Kleopatra Danielson (Noormarku, 1861 – Antignano, 1919) è la storia di una grande pittrice cosmopolita, svoltasi quando ancora per una donna non era né facile né vantaggioso intraprendere questo mestiere, così come doveva certo risultare bizzarra ai contemporanei la sua scelta di girare il mondo. La pittrice poi era consapevole del suo ruolo di donna, tanto da infrangere le convenzioni di quel periodo anche con la sua pittura.

La vicenda di Danielson Gambogi è poi arricchita da incontri straordinari, come quelli con Jules Bastien-Lepage e Auguste Rodin, e divisa tra gli insegnamenti di Pierre Puvis de Chavannes e Giovanni Fattori. Ma è anche la storia dello struggente amore tra lei e il marito, il livornese e postmacchiaiolo Raffaello Gambogi (Livorno, 1874 – 1943) che si gioca fra i glaciali paesaggi finlandesi e gli assolati anfratti della rocciosa costiera livornese, avvenimenti che non sono solo futili pettegolezzi ma che determinano esiti fondamentali per la pittura di entrambi i coniugi.

Elin Danielson Gambogi, Colazione finita (1890; olio su tela, 67 x 94 cm; Finlandia, Collezione privata)
Elin Danielson Gambogi, Colazione finita (1890; olio su tela, 67 x 94 cm; Finlandia, Collezione privata)
Elin Danielson Gambogi, Pesca d’inverno (1887; olio su tela, 95 x 72 cm; Finlandia, Collezione privata)
Elin Danielson Gambogi, Pesca d’inverno (1887; olio su tela, 95 x 72 cm; Finlandia, Collezione privata)
Elin Danielson Gambogi, Raccoglitrici di patate (1893; olio su tela, 148 x 115 cm; Tampere, Tampere Art Museum)
Elin Danielson Gambogi, Raccoglitrici di patate (1893; olio su tela, 148 x 115 cm; Tampere, Tampere Art Museum)
Elin Danielson Gambogi, Ragazza bretone (1885; olio su tela, 92,5 x 69 cm; Helsinki, Ateneum Art Museum)
Elin Danielson Gambogi, Ragazza bretone (1885; olio su tela, 92,5 x 69 cm; Helsinki, Ateneum Art Museum)

Eppure, ancora oggi, quello di Danielson Gambogi è un nome decisamente poco conosciuto dal grande pubblico, sebbene in vita non mancò di ottenere molti apprezzamenti e la partecipazione alle più importanti mostre. Dopo la morte il suo nome cadde nel totale oblio: l’essere venuta a mancare in Italia lontana dal suo paese natale in un’epoca di nazionalismi le privò il giusto tempestivo tributo dalla sua patria, la Finlandia, mentre il paese adottivo fu altrettanto avido di attenzioni. Possiamo ipotizzare diverse motivazioni: concorse sicuramente l’insistere di una critica fortemente maschiocentrica che già in vita aveva spesso accomunato la moglie al marito Raffaello, situazione che in parte era giustificabile dalle affinità fra la pittura dei due artisti, spesso spinta quasi alla mimesi, dall’altra lo scarso interesse che ha coinvolto tutta la pittura italiana a cavallo tra XIX e XX secolo. Il silenzio intorno a Danielson si è interrotto solo negli ultimi decenni, quando alcune ricerche in Finlandia e pochi studi italiani hanno ricostruito in parte la biografia di questo straordinario personaggio. Vale perciò la pena ripercorrere per sommi capi l’incredibile esperienza di vita e artistica di Elin Danielson.

Nata a Noormarkku, piccolo paesino di campagna della Finlandia occidentale, da una famiglia dell’agiata borghesia terriera, la sua vita venne sconvolta giovanissima, quando nel 1872 il padre si tolse la vita in seguito a un fallimento imprenditoriale. Cresciuta con la madre e la sorella, iniziò presto la sua formazione artistica, e quindicenne frequentò l’Accademia di belle arti di Helsinki, grazie al sostegno economico di un’importante famiglia del suo paese che la sostenne a lungo. Successivamente si perfezionò frequentando un corso di pittura su ceramica, e la Privata Accademia d’Arte di Adolf von Becker che la instradò a una pittura naturalista. Grazie a un assegno conferitole dal Senato, intraprese un viaggio studio a Parigi nel 1883, dove frequentò la prestigiosa Accademia Colarossi ricevendo insegnamenti da Gustave Courtois, e poi presso l’atelier di Auguste Rodin. La capitale francese le offrì una quantità innumerevole di inebrianti stimoli rispetto all’isolata Helsinki, qui iniziò a esercitarsi all’aperto nei giardini, realizzando piccoli e rapidissimi studi dal vero, connotati da una matrice impressionista, come nel quadro Giardino del Luxembourg.

Elin Danielson Gambogi, Ritratto di Hilda Westerholm (1888; olio su tela, 136 x 105 cm; Turku, Museo di Belle Arti di Turku)
Elin Danielson Gambogi, Ritratto di Hilda Westerholm (1888; olio su tela, 136 x 105 cm; Turku, Museo di Belle Arti di Turku)
Elin Danielson Gambogi, A riposo (1897; olio su tela, 69 x 49 cm; Finlandia, Collezione privata)
Elin Danielson Gambogi, A riposo (1897; olio su tela, 69 x 49 cm; Finlandia, Collezione privata)
Elin Danielson Gambogi, Al mattino (1897; olio su tela, 49 x 54 cm; Helsinki, Museo d’arte della città di Helsinki)
Elin Danielson Gambogi, Al mattino (1897; olio su tela, 49 x 54 cm; Helsinki, Museo d’arte della città di Helsinki)
Elin Danielson Gambogi, Lago di Massaciuccoli (1899; olio su tela, 52 x 112 cm; Helsinki, Ateneum Art Museum)
Elin Danielson Gambogi, Lago di Massaciuccoli (1899; olio su tela, 52 x 112 cm; Helsinki, Ateneum Art Museum)

Trascorse invece le estati in Bretagna, alla ricerca di un paesaggio rurale più genuino e incontaminato, dove fece la conoscenza di Jules Bastien-Lepage, che a lungo aveva rappresentato la vita quotidiana dei contadini bretoni. L’artista francese fu sempre un riferimento per Danielson, sospeso tra un impianto disegnativo solido e naturalista e una freschezza impressionista. In Bretagna l’artista finnica si immerse nella pittura en plein-air, e temperò la sua capacità di sondare e rendere i dati luministici. Di questo periodo è il dipinto Ragazza bretone, orientato sulla lezione di Lepage, in un gioco di forti contrasti giocati tra bianco e nero.

Per poco più di un decennio la vita della finlandese si divise tra la sua terra natale e la Francia. In Finlandia Danielson prese parte alla colonia di artisti insediati nell’arcipelago di Aland, pittori accomunati dall’interesse per gli esiti naturalistici in pittura e sostenitori della tecnica en plein-air. Questi ultimi promossero un nuovo interesse per il paesaggio e la natura finlandese, indagata nella sua accezione romantica di potenza misteriosa e terribile. Danielson si orientò invece verso le persone che le vivono intorno, ritratte durante i faticosi lavori agricoli. Il dipinto La pesca d’inverno mostra un brano pittorico di intensa qualità verista con effetti di fine poesia, dati dall’algida luce scandinava che rischiara la neve e riflette sul ghiaccio.

A Parigi invece continuò i suoi studi e nel 1889 divenne allieva del celebre pittore simbolista Pierre Puvis de Chavannes. Elin Danielson era una donna cosmopolita e anticonvenzionale, con una condotta di vita che il suo tempo giudicava sconveniente, ma del resto la pittrice doveva essere particolarmente insofferente a queste imposizioni sociali, e lo testimonia anche la pittura a cui dà vita in questi anni. “La produzione artistica di Elin è una sorta di inno alla donna e alla sua dignità”, scrive Giovanna Bacci di Capaci, e infatti l’artista finnica sembra rivendicare, attraverso le sue tele, l’emancipazione della donna. Realizza opere dove figure femminili sono le assolute protagoniste, colte durante momenti di duro lavoro o di svagata intimità, sono soggetti forti e determinati. Questi sono forse i dipinti più iconici e originali della sua produzione come Raccoglitrici di patate, in cui le lavoratrici dei campi acquistano una monumentale dignità, mentre Il ritratto di Hilma Westerholm ottenne una medaglia all’Esposizione Universale di Parigi del 1889. Ma sono altri i dipinti che a quel tempo vennero considerati sconvenienti, questi mostrano donne eternate in pose o attitudini ritenute indecorose, come Colazione finita: in un interno minuziosamente descritto, una donna, probabilmente la sorella di Elin, viene colta assorta nei suoi pensieri (qualcuno in tempi recenti ha ipotizzato con i postumi di una sbornia) mentre in maniera estremamente naturale fuma una sigaretta, appoggiata sul tavolo, su cui è disposto un pasto appena consumato e una sigaretta ancora accesa poggiata sulla tovaglia, alludendo alla presenza di una persona in sua compagnia. Forse ciò che più scandalizzò i contemporanei, come proposto da Bacci di Capaci, è il fatto che la donna si prendesse un momento per sé, invece di rimettere in ordine la tavola, come da suo compito.

Elin Danielson Gambogi, Panni ad asciugare (1896; olio su tela, 59 x 87 cm; Finlandia, Collezione privata)
Elin Danielson Gambogi, Panni ad asciugare (1896; olio su tela, 59 x 87 cm; Finlandia, Collezione privata)
Raffaello Gambogi, Ritratto della moglie (1905; olio su tela, 68,5 x 58 cm; Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori). Foto: Emiliano Cicero
Raffaello Gambogi, Ritratto della moglie (1905; olio su tela, 68,5 x 58 cm; Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori). Foto: Emiliano Cicero
Elin Danielson Gambogi, I fidanzati (1906; olio su tela, 80 x 100 cm; Livorno, Fondazione Livorno)
Elin Danielson Gambogi, I fidanzati (1906; olio su tela, 80 x 100 cm; Livorno, Fondazione Livorno)
Elin Danielson Gambogi, La sera (1900; olio su tela, 65 x 79 cm; Finlandia, Collezione privata)
Elin Danielson Gambogi, La sera (1900; olio su tela, 65 x 79 cm; Finlandia, Collezione privata)

Seguono anni di esposizioni in Finlandia, di lavoro, di importanti incontri e frequentazioni come la relazione amorosa con lo scultore norvegese Gustav Vigeland durata diversi anni, e l’amicizia con il noto pittore Akseli Gallen-Kallela. È proprio su consiglio di quest’ultimo, che Danielson decise di visitare il Belpaese: “Deve essere uno dei tuoi paesi, questa Italia” le scrisse l’artista finnico. Nel 1895 la pittrice trascorse quindi tre mesi tra Roma e Firenze, per poi tornarvi nel gennaio dell’anno successivo per frequentare la Scuola di Nudo di Firenze. Qui è probabile che studiasse anche con Giovanni Fattori, e che alle sue lezioni incontrò un suo fedele allievo, il livornese Raffaello Gambogi, giovane pittore che si era distinto pochi anni prima con l’iconica tela Gli emigranti, oggi conservata al Museo Fattori di Livorno. Ben presto la frequentazione tra i due maturò in un amore, nonostante Raffaello fosse più giovane di Elin di tredici anni, ulteriore dimostrazione di come la pittrice fosse poco attenta alla morale dell’epoca.

In questi anni Elin Danielson realizzò gli ultimi quadri, fin oggi noti, che danno una lettura così anticonvenzionale della figura della donna, come La cameriera, A riposo e Al mattino, dove ad esempio si vede un letto matrimoniale disfatto, evidente riferimento al sesso. Sono dipinti di grande intensità in cui l’attenzione è posta sul lato luministico nei suoi diversi gradienti all’interno di uno spazio domestico.

Con l’intensificarsi della relazione con Gambogi, il matrimonio celebrato nel 1898 e il conseguente definitivo trasferimento in Italia, Elin non avrebbe realizzato più dipinti dal contenuto scandalistico, rinuncia dettata forse per il suo nuovo ruolo di donna sposata o per le abitudini fortemente conservatrici della sua patria adottiva. La neo famiglia di artisti, dopo un primo tempo ad Antignano, nei pressi di Livorno, si trasferì a Torre del Lago, dove i due fecero parte del Club La Bohème nato intorno a Giacomo Puccini e a cui partecipano artisti del calibro di Plinio Nomellini, Angiolo e Ludovico Tommasi, Francesco Fanelli, Ferruccio Pagni. Le sponde del lago e le montagne diventarono soggetto dei quadri della finlandese: sono dipinti dalla pittura esangue e dalla tonalità fredde, con figure e paesaggi che emergono da una sorta di foschia, come nel quadro Ragazza che rema.

La permanenza a Torre del Lago non durò molto, e già nel 1899 i Gambogi tornarono ad Antignano su consiglio di un medico, poiché Danielson si ammalò, e il clima umido del lago era considerato nocivo. Tornati a Livorno, il mare e i paesaggi di campagna irruppero nuovamente sulle tele di Elin Danielson Gambogi, vedute bagnate da una calda luce mediterranea che rende la visione di nuovo cristallina e le cromie vivaci. La pittrice, senza grosse difficoltà riuscì a adattare la sua pittura forgiata sul naturalismo francese, verso le poetiche macchiaiole.

La vita nella famiglia Gambogi si caratterizzò come una vera e propria simbiosi artistica: si conoscono infatti diversi dipinti di entrambi gli artisti con medesimo soggetto e con soluzioni compositive praticamente identiche. Sebbene, come ne scriveva Anna Franchi, i coniugi avessero “il torto di rassomigliare un po’ troppo nelle ricerche di effetti, per quanto Ella mi sembri più forte”. I temi che interessarono Elin Danielson, in questo momento, furono sempre più raramente gli interni, sostituiti da scorci della costa, da paesaggi incontaminati o ancora dal lavoro dei campi, dove spesso le protagoniste continuano ad essere le donne, ma non più proposte nei loro aspetti anticonvenzionali. Si tratta di opere rilette tanto attraverso la lezione del francese Jean-François Millet quanto del toscano Egisto Ferroni.

La convivenza dei due però registrò anche momenti nefasti, dati dall’infedeltà di Raffaello, che nel 1901 si innamorò e consumò una storia d’amore con Dora Wahlroos, pittrice finlandese, arrivata ad Antignano per trovare la vecchia amica. Tra i due iniziò una profonda crisi, che solo l’abnegazione di lei permise di sorpassare: “Se i legami che ci uniscono non fossero talmente forti e l’armonia nel nostro lavoro, che quasi corrisponde a un figlio, questa catastrofe ci avrebbe sicuramente portati alla separazione".

I due tentarono di ristabilire il rapporto anche attraverso un viaggio in Finlandia, ma purtroppo insorsero alcuni problemi psicologici di Raffello, affetto da crisi di nervi. Elin non riuscendo più a sostenere la situazione e privata del tempo da dedicare alla sua arte, decise di lasciare il marito per tornare nel proprio paese, seppur non senza difficoltà, poiché al tempo era obbligatoria la firma del marito sul passaporto, che egli rifiutò di apporre.

Elin Danielson Gambogi, Barche italiane (1900 – 1901; olio su tela, 33 x 45 cm; Turku, Ett Hem Museum)
Elin Danielson Gambogi, Barche italiane (1900 – 1901; olio su tela, 33 x 45 cm; Turku, Ett Hem Museum)
Elin Danielson Gambogi, La Madre (1893; olio su tela, 95 x 57 cm; Helsinki, Ateneum Art Museum)
Elin Danielson Gambogi, La Madre (1893; olio su tela, 95 x 57 cm; Helsinki, Ateneum Art Museum)
Elin Danielson Gambogi, La merenda (1904; olio su tela, 83,5 x 139,5 cm; Kokkola, K.H.Renlund Museum)
Elin Danielson Gambogi, La merenda (1904; olio su tela, 83,5 x 139,5 cm; Kokkola, K.H.Renlund Museum)
Elin Danielson Gambogi, Autoritratto (1900; olio su tela, 96 x 65,5 cm; Helsinki, Ateneum Art Museum)
Elin Danielson Gambogi, Autoritratto (1900; olio su tela, 96 x 65,5 cm; Helsinki, Ateneum Art Museum)

Rimase in Finlandia quasi un anno, per poi tornare in Italia a Venezia. Ma la salute e le condizioni di Raffaello la preoccuparono a tal punto che decise di tornare al suo fianco. E con lui rimase anche quando dal 1905 si dovettero spostare a Volterra, dove si trovava un importante ospedale psichiatrico, in cerca di cure per la nevrastenia che affliggeva Gambogi.

Nonostante le molte difficoltà Danielson decise di restare sempre accanto al marito, sacrificando altresì i suoi interessi artistici. Si adoperò costantemente per cercare di vendere le opere del livornese, anche in Finlandia, benché fosse concordemente ritenuta una pittrice più talentuosa e affermata del marito.

Sebbene confinata in centri artistici secondari, l’artista finlandese seppe riscuotere significativi successi: il dipinto Estate venne acquistato da re Umberto I, mentre Interno entrò nelle collezioni della Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti, e per un certo tempo parve quasi possibile che un suo autoritratto entrasse nella Galleria degli Uffizi, progetto che purtroppo alla fine non si concretizzò. Fu inoltre la prima artista finlandese a partecipare alla Biennale di Venezia, pur esponendo con gli italiani. Nel 1900 vinse una medaglia di bronzo all’Esposizione Universale di Parigi, e continuò a esporre con regolarità nella sua patria natale, che oggi conserva svariate sue opere presso importanti collezioni museali. Il 31 dicembre 1919 Elin Danielson morì prematuramente ad Antignano, gettando il marito in un profondo stato di sconforto, da cui non si sarebbe più ripreso.

Il nome di questo “fiore gentile del Nord trapiantato nel giardino d’Italia”, come recita la lapide della tomba dove Danielson riposa insieme a Gambogi a Livorno, finì nell’oblio, e l’ambiente italiano non le fu grato, tanto che successivamente in non pochi dipinti venne cancellata la sua firma per sostituirla con quella del marito, le cui stime non raggiungevano comunque cifre da capogiro. Oggi, in seguito ad alcune mostre tra le quali Elin Danielson Gambogi. Una donna nella pittura curata da Giovanni Bacci di Capaci e Elin Danielson-Gambogi - Nella luce italiana curata da Virve Heininen, si sono riaccesi i fari sulla sua esperienza artistica, e grazie alla rinata attenzione del suo paese natale, è stata oggetto anche di un nuovo interesse di mercato. Purtroppo, in Italia, il nome di Elin Danielson ancora rimane piuttosto oscuro, complice anche la penuria di sue opere presenti ed esposte in collezione pubblica, ma ci auguriamo che questo rinato interesse per le donne illustri in arte porti ben presto a un giusto recupero di un’artista di primo piano che elesse l’Italia a sua patria adottiva.


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Jacopo Suggi

L'autore di questo articolo: Jacopo Suggi

Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell'arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall'arte contemporanea, alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio.



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