Boldini, Corcos, Toulouse-Lautrec: le donne della Belle Époque in una collezione emiliana


Le donne della Belle Époque dipinte da Boldini, Corcos, Toulouse-Lautrec, Ehrenberger, Anichini e altri nella collezione del Museo MAGI ’900 di Pieve di Cento.

“Boldini era il pittore della sua epoca: dipingeva le donne coi nervi a pezzi, affaticate da questo secolo tormentato. Le sue prostitute amoreggianti, attorcigliate in guaine di seta dalle increspature fosforescenti, dai corsetti infiorettati, le gambe impazzite, epilettiche, le braccia allungate, terminanti con mani frangiate come l’uva, queste visioni folgoranti e zigzaganti come emanazioni di calore, tutti questi brividi, questi tremori, queste contrazioni, sono in sintonia con quest’epoca di nevrosi”. A scrivere queste parole era Sem, nome d’arte di Georges Goursat (Périguex, 1863 - Parigi, 1934), illustratore e caricaturista, nonché amico di Giovanni Boldini (Ferrara, 1842 – Parigi, 1931), il pittore italiano che forse più d’ogni altro riuscì a incarnare il mito e al contempo le contraddizioni della Belle Époque. Nell’immaginario collettivo, questo periodo a cavallo tra gli ultimi due decenni dell’Ottocento e l’inizio della prima guerra mondiale si sostanzia in forme muliebri: sensuali, raffinate, ma anche “coi nervi a pezzi”, “impazzite”, “zigzaganti”. Bellezza e seduzione, desiderio e primi aneliti di affrancamento dal maschio, spesso a metà tra il reale e l’agognato: le donne della Belle Époque assumono le sembianze delle sinuose femmes fatales di Boldini, delle procaci ballerine di Toulouse-Lautrec, delle eleganti dame di Vittorio Corcos.

L’indubbio charme delle donne della Belle Époque ha dovuto colpire non poco il grande collezionista Giulio Bargellini, che nella sua raccolta ha concesso considerevole spazio ai dipinti del tempo che hanno per soggetto, appunto, la donna. Passione tanto più preziosa, se pensiamo che da qualche tempo è stata accolta nel museo, il MAGI ’900, da lui stesso fondato nel 2000 a Pieve di Cento, in provincia di Bologna: un museo allestito negli spazî d’un vecchio silo per la raccolta del grano che, fin dalla data della sua apertura, ha conosciuto continui rinnovamenti e ampliamenti. La sezione dedicata alla Belle Époque non è che l’ultimo capitolo di questa storia iniziata diciassette anni fa. Dipinti, stampe, manifesti, poster, fotografie, riviste sono stati raccolti in un percorso inaugurato il 5 novembre 2016 con una mostra, intitolata Omaggio alla femminilità della Belle Époque, da Toulouse-Lautrec a Ehrenberger e curata da Fausto Gozzi e Valeria Tassinari, il cui obiettivo è presentare al pubblico questa particolare sezione del MAGI ’900, fornendo una lettura che pone al centro della riflessione l’Italia ma che si apre anche in un’ottica internazionale.

Il percorso non può che iniziare dalla Francia, e a rievocare le atmosfere della Parigi del tempo troviamo subito Giovanni Boldini con uno dei suoi più famosi ritratti, quello noto come Il cappellino azzurro, uno dei dipinti centrali della raccolta e dell’esposizione: un ritratto in primo piano, non così usuale nell’arte del pittore ferrarese, ci mostra una donna sicura di sé, che ci guarda con sorriso quasi beffardo, e al contempo denota un’aria di civetteria nel movimento del capo coperto dal cappello azzurro che dà il titolo a quest’opera spesso concessa in prestito a mostre su Boldini e sul suo tempo, e quindi particolarmente nota al pubblico. La signora di Boldini è accompagnata dalle opere grafiche di Paul César Helleu (Vannes, 1859 - Parigi, 1923), amico del pittore emiliano con cui, nell’esposizione, instaura un proficuo dialogo, perché anche al centro dell’opera di Helleu ci sono le donne dell’alta società della Parigi d’inizio Novecento, con le loro pellicce, i loro fantasiosi e coloratissimi copricapi, la loro voglia di libertà. Una disamina dell’ambiente parigino dell’epoca non sarebbe però completa senza le illustrazioni delle riviste (come L’Assiette au Beurre, La Vie Parisienne, Le Sourire, Le Frou Frou, L’Eclipse, La Lune Rousse), che a Pieve di Cento includono anche un raro esemplare di Le Rire con illustrazioni di Henri de Toulouse-Lautrec (Albi, 1864 - Saint-André-du-Bois, 1901) il quale, com’è noto, a questa particolare forma d’arte dedicò buona parte della propria attività, e senza qualche opera che metta in evidenza le contraddizioni del tempo: a questo pensano i Sette vizî capitali di Adolphe Willette (Châlons-sur-Marne, 1857 – Parigi, 1926), opera che lancia una critica contro la doppia morale dell’epoca.

Giovanni Boldini, Il cappellino azzurro
Giovanni Boldini, Il cappellino azzurro (1912; olio su tela, 46 x 55 cm; Pieve di Cento, Museo MAGI ’900)


Jules Alexandre Grün, Illustrazione per Le sourire de Montmartre
Jules-Alexandre Grün, Illustrazione per Le sourire de Montmartre

Una forte carica di critica sociale è anche quella che emerge dalle opere di Aroldo Bonzagni (Cento, 1887 – Milano, 1918), eccellente pittore dalla brevissima parabola e raffinato caricaturista di cui Giulio Carlo Argan parlò come del “Toulouse-Lautrec italiano”. Un suo dipinto riprodotto in mostra, Mondanità, è stato definito “il Quarto Stato capovolto”: un gruppo di altezzosi aristocratici che si reca a teatro incede verso l’osservatore facendo sfoggio di ricchi vestiti e lussuosi accessorî, rievocando il celebre dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpedo ma rovesciandone sarcasticamente e con una punta d’amarezza il significato. Una lettura meno disillusa (e più celebrativa) della moda del tempo è quella dei manifesti pubblicitarî di Marcello Dudovich (Trieste, 1878 – Milano, 1962), che apre la sezione dedicata alla Belle Époque in Italia (ovvero quella dove troviamo anche le opere di Bonzagni) e che dialoga con la grande eleganza liberty delle illustrazioni di Ezio Anichini (Firenze, 1886 - 1948), che prestò spesso la sua opera per la rivista Scena illustrata, e la dolce raffinatezza delle donne di Vittorio Corcos (Livorno, 1859 – Firenze, 1933), presente con Al ballo del 1888, una cromolitografia che rappresenta una signora in abito bianco di satin mentre tiene stretto al collo un voluminoso boa.

Ezio Anichini, Illustrazione per Scena illustrata
Ezio Anichini, Illustrazione per Scena illustrata, numero 15, 1° agosto 1912


Vittorio Corcos, Al ballo
Vittorio Corcos, Al ballo (1888; cromolitografia, 60 x 38 cm; Pieve di Cento, Museo MAGI ’900)

Quest’aria d’incanto viene poi sopraffatta dalle opere più provocanti di artisti come Arturo Martini (Oderzo, 1876 – Milano, 1954), che è presente con, tra le altre opere, un’incisione che ritrae una femme fatale tra le più simboliche ed evocative del tempo, la marchesa Luisa Casati che, nella stampa, è raffigurata nell’atelier parigino dell’artista mentre, con fare inquietante e con uno specchio in mano, s’avvicina all’osservatore col volto coperto da una sciarpa. A rappresentare la parte più spiccatamente sensuale della Belle Époque concorrono le incisioni trasgressive e fuori dagli schemi del belga Félicien Rops (Namur, 1833 – Essonnes, 1898) e, in un certo modo, anche gli album dell’americano Charles Dana Gibson (Roxbury, 1867 – New York, 1944), cui spetta il merito d’aver inventato e susseguentemente diffuso in Europa il tipo della “Gibson girl”, ideale di donna slanciata, atletica e ancheggiante, stretta in corsetti che ne evidenziavano le forme, caratterizzata da sguardi spesso sprezzanti e da atteggiamenti di superiorità nei confronti dell’uomo che, a cospetto delle “Gibson girl”, viene quasi sempre visto come succube e pronto a soddisfare ogni loro desiderio. Una donna raffinata ma al contempo orgogliosa, fiera, perentoria, una sorta di corrispettivo statunitense della femme fatale europea, ma più ironico.

La rassegna è chiusa dalle opere di artisti di area germanica, come Gustav Klimt (Vienna, 1862 – Neubau, 1918), di cui è presente la celebre copertina di Ver sacrum, opera pubblicata nel 1898 e considerata germinale per la Secessione viennese, o come Ferdinand Reznicek (Vienna, 1868 – Monaco di Baviera, 1909), illustratore che fu tra i principali protagonisti di quella stagione. Infine, il MAGI’900, in chiusura della mostra, esalta la figura di Lutz Ehrenberger (Graz, 1878 – Saalfelden, 1950), artista austriaco di cui il museo emiliano ha acquistato diverse tempere: anche nell’opera di Ehrenberger un ruolo di primo piano viene giocato dalla donna. L’immaginario di questo ancora poco noto pittore e illustratore che soggiornò a più riprese a Parigi, frequentandone i locali e percorrendone la vita notturna, è popolato da figurine femminili esili ma fiere ed emancipate, che ballano, si dilettano su palcoscenici, festeggiano e si divertono in compagnia di uomini, ridono e scherzano, spesso travalicando i limiti ma senza mai cadere nella trivialità. Le illustrazioni di Ehrenberger, che colgono con sagacia, sapidità e immediatezza queste donne, prolungano inoltre le atmosfere della Belle Époque anche al di là del primo decennio del Novecento, manifestando la voglia di riprendere quella joie de vivre tipica della Parigi d’inizio XX secolo anche dopo le atrocità del conflitto mondiale.

Portrait de la marquise Casati dans mon atelier à Paris (1925; litografia, 36 x 27 cm; Pieve di Cento, Museo MAGI ’900)
Alberto Martini, Portrait de la marquise Casati dans mon atelier à Paris


Lutz Ehrenberger, Ballerina con figura in rosso
Lutz Ehrenberger, Ballerina con figura in rosso (1929; tempera su carta, 29 x 38 cm; Pieve di Cento, Museo MAGI ’900)

Se è vero che nella Belle Époque, come ha scritto di recente la studiosa della Francia ottocentesca Máire Cross, occorre ravvisare i prodromi del femminismo della seconda metà del Novecento e, soprattutto, è necessario osservare una svolta nel percorso di emancipazione della donna, l’arte del tempo contribuisce a dare un’immagine forte e immediata di queste trasformazioni. E con il suo Omaggio alla femminilità, il MAGI ‘900 intende offrire una lettura particolare dell’arte a cavallo tra XIX e XX secolo, senza trascurare la produzione degli artisti locali (come Remo Fabbri e Antonio Alberghini) e offrendo una vivace panoramica di come i grandi nomi si misurarono con le novità di un’epoca di grandi cambiamenti, destinati a far sentire la propria eco anche al giorno d’oggi, e che è tuttora capace di esercitare un notevole fascino sul pubblico.


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

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