Nel cuore dell’allegro e suggestivo caos di Spaccanapoli, tra gli invitanti profumi che escono da porte e finestre, il vociare chiassoso dei venditori di strada, le note dei musicisti che spuntano ogni tanto di fronte ai palazzi barocchi e spesso coinvolgono i passanti in danze e balli, si nasconde un inaspettato brano di Rinascimento toscano: è il sepolcro del cardinale Rainaldo Brancaccio, frutto della collaborazione di Michelozzo (Firenze, 1396 - 1472) e Donatello (Firenze, 1386 - 1466). Si trova nella splendida chiesa di Sant’Angelo a Nilo, che occupa quasi per intero un lato di piazzetta Nilo, uno slargo che sorge alla fine di via San Biagio dei Librai: un tempio di origine medievale ampiamente rimaneggiato agli inizi del Settecento onde fargli assumere le forme tardobarocche nelle quali lo vediamo oggigiorno.
Facciata della chiesa di Sant’Angelo a Nilo, Napoli |
Il prezioso monumento che la chiesa conserva al suo interno fu progettato e inviato a Napoli tra il 1426 e il 1428. Il cardinale Rainaldo Brancaccio (o Brancacci), influente esponente del clero partenopeo, era scomparso il 27 marzo del 1427, ma sappiamo dai documenti che, nel luglio di quell’anno, circa un quarto dell’opera a lui dedicata era stato completato: è dunque tranquillamente ipotizzabile che il monumento fosse stato commissionato quando il prelato era ancora in vita. È altamente probabile che il committente dell’opera fosse Cosimo de’ Medici, nominato esecutore testamentario da parte dello stesso Rainaldo Brancaccio: entrambi erano in stretti rapporti con l’antipapa Giovanni XXIII, del quale Donatello e Michelozzo stavano, all’epoca, realizzando il monumento funebre (che si trova nel Battistero di Firenze). È quindi del tutto probabile che l’idea di far scolpire ai due artisti anche il monumento per il cardinale Brancaccio fosse nata in questo contesto.
Michelozzo, l’ideatore della struttura, immaginò il sepolcro con un impianto a baldacchino, caratteristica che ancora rimanda alla tradizione trecentesca tardo-gotica: l’opera è tuttavia pregna di caratteristiche che la rendono già inseribile nell’arte rinascimentale. L’arco è sorretto da due colonne corinzie, al di sopra delle quali si elevano due coppie di lesene che fiancheggiano l’arco: senza guardare alle statue e all’apparato decorativo, sono soprattutto questi gli elementi tipicamente rinascimentali dell’impianto. Viene ridotta anche ai minimi termini la cortina che era una specifica tipica dei sepolcri gotici: la vediamo che pende dall’arco, ma è comunque insufficiente a chiudere lo spazio in cui trovano posto le statue della Madonna col Bambino e dei due santi (Michele e Giovanni Battista) che si trovano ai lati, e finisce con due semplici lembi retti dai due angeli posti sopra la tomba del cardinale Rainaldo. Quest’ultima, a sua volta retta da tre figure femminili, personificazioni delle virtù, che fanno da cariatidi, è decorata con gli stemmi del cardinale e soprattutto con una lastra sulla quale Donatello scolpì una Assunzione della Vergine: è proprio questo rilievo il principale intervento del grande scultore. La struttura è completata da un alto frontone mistilineo a cuspide, al centro del quale osserviamo la raffigurazione del Padreterno affiancato da due conchiglie, e ai cui lati troviamo due angeli che suonano la tromba.
Michelozzo, Donatello e aiuti, Monumento funebre del cardinale Rainaldo Brancaccio (1426-1428; marmo di Carrara, altezza 11,60 m; Napoli, Sant’Angelo a Nilo) |
Particolare: le due cariatidi e la tomba con l’Assunzione di Donatello |
Oltre all’ideazione dell’impianto dell’opera, realizzata in marmo di Carrara, si devono a Michelozzo, con ogni probabilità, le figure della Madonna col Bambino e dei due santi ai lati, così come gli angeli reggicortina, mentre è di Donatello, come anticipato, il rilievo con l’Assunzione, ma ci sono storici dell’arte che intravedono la sua mano anche nelle cariatidi che sorreggono la tomba di Rainaldo Brancaccio e che sarebbero anch’esse comunque riconducibili alla mano di Michelozzo. Nessuno, tuttavia, è ancora riuscito a stabilire, con assoluta certezza, in che modo Michelozzo e Donatello si divisero il lavoro. E parimenti difficile è individuare il contributo degli aiuti che collaborarono alla realizzazione dell’impresa e ai quali, a detta di alcuni studiosi (Antonio Natali su tutti) fu assegnata una buona parte dell’opera, da condurre sulla base dei disegni realizzati dai due maestri. Tra coloro che lavorarono al monumento vale la pena citare Pagno di Lapo Portigiani (Fiesole, 1408 - dopo il 1469), spesso indicato come co-autore dell’opera, appena diciottenne all’epoca: l’estensione del suo intervento non è tuttavia di semplice identificazione. Si può invece affermare, con un certo margine di sicurezza, che quando i lavori finirono, Pagno Portigiani fu a Napoli, presumibilmente insieme a Michelozzo, per supervisionare le operazioni di montaggio e installazione del sepolcro all’interno della chiesa: il sepolcro infatti era stato realizzato interamente a Pisa, città nella quale Michelozzo e Donatello avevano aperto una bottega che conducevano insieme. Inoltre, è probabile che Pagno avesse avuto il compito di rifinire le sculture una volta montate a Napoli.
Donatello, Assunzione della Vergine (1426-1428; marmo di Carrara, 53,5 x 67 cm; Napoli, Sant’Angelo a Nilo, Monumento funebre del cardinale Rainaldo Brancacci) |
È diffusa la convinzione secondo la quale l’Assunzione sarebbe l’unica opera di Donatello presente a Napoli. In realtà nella città partenopea è conservata un’altra opera di Donatello, la testa del cavallo destinata, con ogni probabilità, a un successivamente incompiuto monumento ad Alfonso V d’Aragona: si trova al Museo Archeologico Nazionale. L’Assunzione è però la sola opera di Donatello che, a Napoli, si trova ancora nel luogo per cui fu pensata (benché è ipotizzabile che in origine il sepolcro del cardinale Brancaccio occupasse una diversa collocazione all’interno della chiesa: ancora secondo Antonio Natali l’opera poteva trovarsi sulla parete absidale, poi demolita). L’opera di Donatello rappresenta un mirabile esempio della tecnica dello stiacciato, attraverso la quale lo scultore conferisce il senso della profondità agli elementi del rilievo accentuandone o diminuendone lo spessore rispetto al fondo per comunicarne la vicinanza rispetto all’osservatore: in altre parole, le figure più in rilievo saranno quelle in primo piano, mentre minore sarà la sporgenza rispetto al fondo delle figure più lontane. Donatello inserisce la Madonna assunta al centro del rilievo, seduta su una sorta di sgabello coperto da un lungo telo decorato. Attorno a lei, un gruppo di angeli inizia a portarla in cielo: un cielo solcato da nubi leggere rese con brevi solchi sulla superficie marmorea. La Madonna è raffigurata, molto realisticamente, come una donna anziana: in questo modo Donatello riesce a fornire un’immagine della credenza (poi divenuta dogma nel 1950) secondo cui la Madonna sarebbe stata assunta al cielo con anima e corpo, quando era già avanti con gli anni. L’artista toscano la rappresenta a mani giunte, con un’espressione intensa che comunica all’osservatore la forza della sua preghiera, così forte che sembra quasi incurante degli angeli che attorno alla Vergine lavorano alacremente, assumendo pose contorte, per portarla in cielo.
L’impressione creata dal movimento degli angeli, dei cui corpi ci par quasi di percepire le vibrazioni, è quella di un dinamismo vorticoso, e questa sensazione è accentuata dagli svolazzamenti delle vesti degli angeli stessi e dal susseguirsi dei cirri che notiamo sullo sfondo. Il volto realistico della Madonna e la sua espressione intensa anticipano, invece, la tensione drammatica che contraddistinguerà diverse opere di Donatello realizzate più avanti nel corso della sua carriera. Si tratta di un’opera profondamente diversa dall’Assunzione di Nanni di Banco (Firenze, 1380 ca. - 1421), realizzata per la Porta della Mandorla del Duomo di Firenze, con la quale è stata messa spesso a paragone: se Nanni di Banco, dieci anni prima di Donatello, aveva impostato la sua mandorla (che, rispetto alla lastra rettangolare di Donatello, si prestava meglio alla possibilità di suggerire il movimento ascensionale) su una simmetria classicheggiante (e classica, e innovativa, era anche la pienezza dei volumi di Madonna e angeli) in cui il dinamismo era dato dallo sforzo degli angeli oltre che dalle vesti leggermente gonfiate dal vento, in Donatello tocca al turbinio convulso dei protagonisti assumere il ruolo di conferire tangibile azione alla scena.
Nanni di Banco, Assunzione della Vergine (1414-1420 circa; marmo; Firenze, Duomo di Santa Maria del Fiore, Porta della Mandorla) - credit |
Le novità di questo monumento sono completate dalle suggestioni classiche dell’arte di Michelozzo: s’è già detto di quanto la struttura del monumento ne sia densa, ma lo stesso classicismo è ravvisabile anche nelle statue realizzate (con tutta probabilità) dallo scultore e architetto fiorentino. Un esempio: le due cariatidi esterne, che assumono una posa pressoché speculare, potrebbero essere state ispirate (forse attraverso la mediazione di Lorenzo Ghiberti) dalla figura di Ifigenia che compare in un piccolo altare in marmo, del primo secolo avanti Cristo, oggi conservato agli Uffizi. O almeno questo secondo l’ipotesi dello storico dell’arte tedesco Richard Krautheimer, che fu il primo a individuare la possibile fonte iconografica: del resto la posa delle due figure, con un braccio piegato all’altezza dei fianchi e l’altro portato dietro la spalla, è del tutto identica. Un altro precedente potrebbe essere dato dalla statua della prigioniera barbara che oggi vediamo a Firenze sotto la Loggia dei Lanzi: si tratta di un altro esempio di arte classica, di epoca romana, risalente al secondo secolo dopo Cristo.
La cariatide di destra a confronto con Ifigenia (particolare, I secolo a.C.; marmo greco, altezza 65 cm; Firenze, Uffizi) e prigioniera barbara (II secolo d.C.; marmo greco, altezza 2,57 m; Firenze, Loggia dei Lanzi - credit) |
Notevole fu l’impatto di un monumento simile al suo arrivo a Napoli: la città infatti non era ancora stata toccata dalle novità del Rinascimento, e il monumento al cardinale Brancaccio rappresenta dunque la prima opera rinascimentale a Napoli. Per questa ragione, oltre che per l’elevata qualità dell’opera, la visita alla chiesa di Sant’Angelo a Nilo è una tappa imprescindibile per tutti gli amanti d’arte che giungono nella città.
Bibliografia di riferimento
Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta
Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo