Dieci cose da sapere su Helen Frankenthaler


Dieci cose da sapere per conoscere meglio Helen Frankenthaler, esponente di spicco del Color Field e dell’espressionismo astratto, protagonista della mostra di Palazzo Strozzi a Firenze fino al 26 gennaio 2025.

Helen Frankenthaler (New York, 1928 – Darien, 2011) è stata una delle principali esponenti dell’espressionismo astratto, un movimento che ha dominato la scena artistica americana dagli anni Quaranta agli anni Sessanta, e che ha visto la nascita di figure di notevole rilevanza come Jackson Pollock e Willem de Kooning. La sua arte (a Firenze, Palazzo Strozzi, dal 27 settembre 2024 al 26 gennaio 2025, la più grande mostra a lei dedicata che sia mai stata realizzata in Italia: Helen Frankenthaler. Dipingere senza regole, a cura di Douglas Dreishpoon) è spesso associata al sottogenere del Color Field, che si distingue per l’uso di ampie superfici di colore piatte e traslucide, in contrasto con i gesti più aggressivi e tumultuosi tipici dell’action painting.

Uno dei maggiori contributi di Frankenthaler è stato lo sviluppo di una tecnica innovativa chiamata soak-stain (“imbibizione a macchia”), che permetteva al colore di penetrare direttamente nella tela non preparata, creando superfici liquide e luminose. Questa tecnica, influenzata da Pollock ma che al contempo segnava una distanza dalla sua opera, fu un punto di svolta che avrebbe plasmato il suo lavoro.

Frankenthaler era una donna all’avanguardia, non solo per la sua arte, ma anche per la sua capacità di affermarsi in un mondo artistico dominato dagli uomini. Attraverso un’esplorazione continua della pittura, del colore e delle emozioni, ha portato la sua carriera a nuove vette, diventando una delle più importanti artiste del Novecento. La sua personalità affascinante, la sua acuta intelligenza e la sua capacità di connettersi con il pubblico attraverso l’arte la rendono un soggetto di enorme interesse. Vediamo dieci aspetti chiave dell’arte di Helen Frankenthaler, cercando di far luce su ciò che ha reso unica la sua figura nell’arte contemporanea.

Helen Frankenthaler nel suo studio di East 83rd Street mentre è al lavoro su April Mood e Under April Mood (entrambi del 1974), New York, 1974. Foto: Alexander Liberman; © J. Paul Getty Trust. Getty Research Institute, Los Angeles (2000.R.19). Artwork © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), New York.
Helen Frankenthaler nel suo studio di East 83rd Street mentre è al lavoro su April Mood e Under April Mood (entrambi del 1974), New York, 1974. Foto: Alexander Liberman; © J. Paul Getty Trust. Getty Research Institute, Los Angeles (2000.R.19). Artwork © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), New York.

1. Helen Frankenthaler studiò i grandi maestri europei delle avanguardie

Helen Frankenthaler nacque il 12 dicembre 1928 a New York in una famiglia di origini ebree. Suo padre, Alfred Frankenthaler, era un giudice della Corte Suprema dello Stato di New York, mentre sua madre Martha Lowenstein era un’emigrata dalla Germania. L’influenza del retroterra culturale e intellettuale della famiglia fu determinante nella crescita artistica di Helen, che fin da piccola mostrò un forte interesse per l’arte. La formazione di Frankenthaler iniziò presso la Dalton School, una scuola progressista di New York, dove studiò sotto la guida del pittore Rufino Tamayo. Tamayo, noto per la sua fusione tra surrealismo, astrattismo e cultura messicana, la introdusse all’importanza del colore e della forma. Successivamente, frequentò il Bennington College, dove approfondì lo studio dell’arte europea e moderna, e dove entrò in contatto con gli scritti di Clement Greenberg, il famoso critico d’arte che avrebbe avuto un ruolo cruciale nella sua carriera e vita personale.

La formazione accademica di Frankenthaler si rivelò fondamentale per la sua carriera, poiché le fornì un bagaglio tecnico e teorico che le permise di sviluppare uno stile personale e distintivo, che combinava le influenze del passato con l’innovazione contemporanea. L’arte europea, in particolare, ha avuto una profonda influenza su Helen Frankenthaler. Durante la sua formazione al Bennington College, Frankenthaler studiò in modo approfondito i grandi maestri europei, tra cui Paul Cézanne, Pablo Picasso e Henri Matisse, e i loro insegnamenti ebbero un ruolo cruciale nello sviluppo del suo linguaggio visivo. Cézanne, in particolare, influenzò il modo in cui Frankenthaler concepiva la pittura di paesaggio. Sebbene la sua opera sia lontana dalla pittura figurativa di Cézanne, l’idea di scomporre le forme naturali in piani di colore è evidente nelle sue tele. Cézanne, attraverso il suo approccio innovativo alla pittura paesaggistica, fornì dunque a Frankenthaler un punto di riferimento per la sua esplorazione del rapporto tra colore e spazio.

“Credo nella tradizione”, ha detto Frankenthaler. “Nel mio caso, la mia formazione – le mie radici – si è basata su Cézanne, sul Cubismo analitico di Picasso e su Braque, Kandinsky, Miró, Gorky, Pollock e molti dei loro contemporanei, mentori e amici. Ho imparato ad apprezzare i maestri del passato, il Quattrocento, il Rinascimento, insieme al lavoro dei miei contemporanei. A volte per un artista, credo che gli sviluppi estetici si insinuino quasi senza preavviso, con una sottile urgenza, una sorpresa inconsciamente programmata. C’è un ordine naturale”.

Helen Frankenthaler, Open Wall (1953; olio su tela, 136,5 × 332,7 cm; New York, Helen Frankenthaler Foundation) © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), New York.
Helen Frankenthaler, Open Wall (1953; olio su tela, 136,5 × 332,7 cm; New York, Helen Frankenthaler Foundation) © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), New York

2. Il lavoro di Helen Frankenthaler è legato all’espressionismo astratto

Il lavoro di Helen Frankenthaler è collegato all’espressionismo astratto, movimento nel quale il suo estro è germogliato, anche se la sua arte si è evoluta in modo significativo rispetto ai suoi contemporanei. Sin dai primi anni della sua carriera, Frankenthaler entrò in contatto con alcune delle figure più influenti di questo movimento, come Jackson Pollock, Willem de Kooning e Mark Rothko. Fu proprio nel contesto dell’espressionismo astratto che sviluppò il suo interesse per il colore e la composizione non figurativa.

Tuttavia, Frankenthaler differiva dai suoi colleghi per l’approccio alla pittura. Se gli espressionisti astratti utilizzavano spesso il gesto violento e marcato per esprimere le loro emozioni sulla tela, Frankenthaler preferiva un approccio più lirico e poetico, che si manifestava nel suo utilizzo fluido del colore. Era influenzata dal lavoro di Pollock, ma trovò un modo per trasformare la sua tecnica del dripping (gocciolamento) in qualcosa di più sottile e meno aggressivo, e soprattutto sottoposto a un più serrato controllo. L’arte di Helen Frankenthaler è dunque una combinazione equilibrata di varie anime: la poesia e l’astrazione, la tecnica e la fantasia, il controllo e l’improvvisazione. Lo si vede bene in un’opera come Open Wall del 1953: si trattava, disse l’artista, di “un esperimento per creare una sorta di senso di spazio e di confine... In definitiva l’essenza del dipinto, ciò che suscita una reazione, ha ben poco a che fare con il soggetto in sé, ma piuttosto con l’interazione degli spazi e la giustapposizione delle forme”.

La sua arte si distinse per la capacità di creare superfici fluide e trasparenti, in cui il colore sembrava galleggiare sulla tela in una delicata armonia di forma e caos. Questo approccio, che combinava l’azione spontanea con una raffinata sensibilità per il colore e la composizione, la collocò all’interno del movimento, ma allo stesso tempo ne segnò una certa distanza. Frankenthaler non replicò certo la gestualità esplosiva di Pollock, ma colse comunque importanti spunti dalla libertà e dall’approccio non convenzionale alla pittura che egli introdusse, ricavando da Pollock l’idea della pittura come un processo intuitivo.

A proposito dell’opera Numero 14 di Pollock, una delle opere del suo collega che più l’hanno ispirata, Frankenthaler ebbe a dire: “Era più di semplice disegno, tessitura, intreccio, gocciolamento di un bastoncino immerso nello smalto, più di semplice ritmo. Sembrava avere una complessità e un ordine tali da suscitare, in quel momento, una mia reazione. Qualcosa di più... barocco, più disegnato e con alcuni elementi di realismo astratto o di Surrealismo, o un loro riflesso… È un dipinto totalmente astratto, ma per me aveva in più questa qualità”.

Jackson Pollock, No. 14 (1951; olio su tela, 149,3 × 269,5 cm; Londra, Tate) © Pollock-Krasner Foundation / Artists Rights Society (ARS), New York. Foto: Tate
Jackson Pollock, No. 14 (1951; olio su tela, 149,3 × 269,5 cm; Londra, Tate) © Pollock-Krasner Foundation / Artists Rights Society (ARS), New York. Foto: Tate

3. Helen Frankenthaler inventò la tecnica del “soak-stain”

Uno degli aspetti più celebri del lavoro di Frankenthaler è lo sviluppo della tecnica “soak-stain” (“imbibizione a macchia”), che segnò una svolta radicale nel modo di fare pittura negli anni Cinquanta. Introdotta nel 1952, la tecnica consisteva nel versare o diluire il colore direttamente sulla tela non preparata, permettendo al pigmento di penetrare e “macchiare” il tessuto. Questo metodo le permetteva di ottenere effetti di trasparenza e fluidità impossibili con i tradizionali metodi di pittura a olio o acrilico.

L’opera che segna il debutto di questa tecnica è Mountains and Sea (1952). La tela, di grandi dimensioni e leggera come una macchia d’acqua, rivoluzionò il mondo dell’arte astratta. L’uso di vernice diluita ad olio applicata su tela non trattata consentiva al colore di essere assorbito e diffondersi, creando un effetto etereo e sfumato che sarebbe diventato la firma di Frankenthaler.

La tecnica prevedeva quattro passaggi. Primo, la preparazione della tela: Frankenthaler utilizzava tele di grandi dimensioni, non preparate con gesso e colla (questa scelta permetteva ai colori di essere assorbiti direttamente nelle fibre della tela). Secondo, la diluzione del colore: i colori a olio venivano diluiti con trementina o altri solventi per ottenere una consistenza fluida e trasparente. Questo processo facilitava la diffusione del colore sulla tela. A partire dal 1962, Frankenthaler iniziò a sperimentare anche con i colori acrilici, adottandoli definitivamente in seguito. Terzo, l’applicazione del colore: sulla tela distesa orizzontalmente, Frankenthaler versava, spruzzava oppure applicava i colori, permettendo loro di espandersi e assorbirsi nel tessuto. L’ultimo passaggio era l’intervento dell’artista sul dipinto. Helen Frankenthaler utilizzava una varietà di strumenti per manipolare i colori, come pennelli e spugne di diverse forme e dimensioni, rulli per applicare il colore in modo uniforme, stracci per spandere o sfumare il colore, mani e dita per un controllo diretto, pipette e siringhe per applicazioni precise, bastoni, spatole e rastrelli per graffiare o disegnare sulla superficie fresca. La sua creatività la portava anche a utilizzare oggetti non convenzionali, come un cucchiaio per spaghetti, evidenziando un approccio pratico e innovativo.

Helen Frankenthaler nel suo studio della Third Avenue in una pausa del lavoro su Alassio (1960), New York, 1960. Su concessione di Helen Frankenthaler Foundation Archives, New York. Foto: Walter Silver © The New York Public Library / Art Resource, NY. Artwork © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), NY.
Helen Frankenthaler nel suo studio della Third Avenue in una pausa del lavoro su Alassio (1960), New York, 1960. Su concessione di Helen Frankenthaler Foundation Archives, New York. Foto: Walter Silver © The New York Public Library / Art Resource, NY. Artwork © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), NY.

4. Ebbe un rapporto sentimentale con Clement Greenberg

Una figura centrale nella vita e nella carriera di Frankenthaler fu Clement Greenberg, uno dei critici d’arte più influenti del XX secolo. Greenberg fu non solo un mentore e sostenitore, ma anche un compagno sentimentale dell’artista per molti anni. Il loro rapporto, iniziato nei primi anni Cinquanta, ebbe un impatto significativo sulla carriera di Frankenthaler, poiché Greenberg era uno dei maggiori promotori dell’espressionismo astratto e, più tardi, del “Color Field”.

Greenberg vide in Frankenthaler un’artista che poteva spingere avanti i confini dell’astrazione lirica e la supportò nel trovare una voce personale all’interno del contesto dell’arte astratta. Il critico era affascinato dalla sua capacità di fondere un linguaggio pittorico raffinato con una sperimentazione tecnica innovativa. Frankenthaler, da parte sua, apprezzava l’intelligenza critica di Greenberg, sebbene cercasse di mantenere la propria autonomia artistica.

Il loro legame fu una collaborazione intellettuale oltre che romantica, e Greenberg giocò un ruolo importante nel promuovere il lavoro di Frankenthaler presso gallerie e musei. L’artista riuscì comunque a dimostrare la propria indipendenza creativa nel corso degli anni, distaccandosi gradualmente dall’ombra di Greenberg per affermarsi con forza come una delle principali esponenti della pittura astratta americana.

Helen Frankenthaler, Mornings (1971; acrilico su tela, 294,6 × 185,4 cm; New York, Helen Frankenthaler Foundation) © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), New York
Helen Frankenthaler, Mornings (1971; acrilico su tela, 294,6 × 185,4 cm; New York, Helen Frankenthaler Foundation) © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), New York

5. Si sposò con un grande artista: Robert Motherwell

Nel 1958, Helen Frankenthaler sposò Robert Motherwell (Aberdeen, 1915 – Provincetown, 1991), uno dei più importanti pittori statunitensi, altro esponente di spicco dell’espressionismo astratto. Quello con Helen fu il suo terzo matrimonio, e poiché entrambi venivano da due famiglie benestanti erano conosciuti anche come “the golden couple”, la coppia d’oro. Passarono il loro viaggio di nozze in Europa, tra Spagna e Francia. Il loro matrimonio ebbe un effetto benefico per la loro arte, nonostante le grosse differenze di carattere che li separavano: Helen Frankenthaler era infatti estroversa e molto socievole, mentre Robert Motherwell era riservato e introverso.

Due anni dopo il loro matrimonio, nel 1960, affittarono una villa ad Alassio, in Liguria, dove produssero dipinti ispirati dal sole e dal mare, caratterizzati da un’intensa gioia di vivere. L’esperienza al mare continuò anche in terra natia: la coppia era infatti solita passare le estati nella località balneare di Provincetown, nel Massachussetts, dove i due stabilirono i loro studi. Ci sono rimaste anche opere che celebrano questo amore: Helen Frankenthaler per esempio disegnò un biglietto di San Valentino per suo marito, e lui stesso dedicò opere all’amata, come Helen’s Collage, realizzato nel 1957, poco dopo che s’erano conosciuti. Il matrimonio durò fino al 1971, quando i due artisti divorziarono.

Helen Frankenthaler con Robert Motherwell
Helen Frankenthaler con Robert Motherwell

6. Il capolavoro di Helen Frankenthaler è Mountains and Sea del 1952

L’opera Mountains and Sea (1952) è considerata uno dei capolavori più significativi di Helen Frankenthaler, se non la sua opera più importante, nonché uno dei punti di svolta dell’arte astratta americana del dopoguerra. Realizzato quando l’artista aveva solo 23 anni, questo dipinto segnò l’inizio di un nuovo capitolo nell’astrazione, influenzando profondamente una generazione di pittori “Color Field” come Morris Louis e Kenneth Noland, che videro l’opera appena sei mesi dopo che venne dipinta.

L’opera fu ispirata da un viaggio che Frankenthaler fece a Cape Breton, in Nuova Scozia, e il titolo stesso evoca la vastità e il senso di spazio aperto della natura. Tuttavia, Mountains and Sea non è una rappresentazione figurativa del paesaggio, ma una traduzione emotiva e astratta delle sensazioni che l’artista provò di fronte a quel panorama. L’innovazione di Mountains and Sea risiedeva nel metodo utilizzato per dipingerlo: la tecnica del “soak-stain”.

Il dipinto sfida i confini tra il figurativo e l’astratto. Il suo obiettivo era quello di evocare sensazioni e atmosfere, offrendo allo spettatore un’esperienza visiva che fosse libera da interpretazioni specifiche. Mountains and Sea divenne una delle opere più citate nel contesto della pittura americana del dopoguerra e influenzò una serie di artisti emergenti, tanto da essere definita addirittura “la stele di Rosetta del Color Field”.

Helen Frankenthaler, Mountains and sea (1952; olio e carboncino su tela, 219,4 x 297,8 cm; Frankenthaler Foundation, in prestito a lungo termine alla National Gallery of Art, Washington D.C.)
Helen Frankenthaler, Mountains and sea (1952; olio e carboncino su tela, 219,4 x 297,8 cm; New York, Helen Frankenthaler Foundation, in prestito a lungo termine alla National Gallery of Art, Washington D.C.)

7. Helen Frankenthaler contribuì allo sviluppo del movimento Color Field

Uno degli aspetti centrali della carriera di Helen Frankenthaler è il suo contributo allo sviluppo del Color Field, un movimento emerso negli anni Cinquanta come reazione alle tendenze più drammatiche dell’espressionismo astratto. Gli artisti del Color Field (la definizione venne coniata da Clement Greenberg nel 1955), il cui maggior esponente fu Mark Rothko, si distanziarono dall’intensità gestuale e dalle pennellate espressive tipiche di artisti come Pollock e de Kooning, concentrandosi invece sull’utilizzo di ampie superfici di colore piatto e uniforme.

Frankenthaler fu una pioniera di questo approccio. Il suo utilizzo innovativo della tecnica del “soak-stain” ha permesso ai colori di apparire leggeri e traslucidi, creando campiture luminose che sembravano fluire liberamente sulla tela. Questa semplicità formale divenne un marchio di fabbrica del “Color Field”, influenzando artisti come Morris Louis, Kenneth Noland e Jules Olitski. In particolare, Morris Louis, dopo aver visitato lo studio di Frankenthaler nel 1953, adottò la sua tecnica e la portò a nuovi livelli di astrazione.

L’importanza del contributo di Frankenthaler al “Color Field” non può essere sottovalutata. La sua esplorazione del colore come mezzo espressivo autonomo è stata tra le più originali del suo tempo.

Helen Frankenthaler, The Human Edge (1967; acrilico su tela, 314,9 × 237,1 cm; Syracuse, Everson Museum of Art) © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), New York
Helen Frankenthaler, The Human Edge (1967; acrilico su tela, 314,9 × 237,1 cm; Syracuse, Everson Museum of Art) © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), New York

8. Usò il colore come un linguaggio emotivo

Uno dei tratti distintivi dell’opera di Frankenthaler è il modo in cui ha utilizzato il colore non solo come elemento visivo, ma come linguaggio emotivo. Sin dalle sue prime opere, il colore è stato al centro della sua ricerca artistica, e il modo in cui lo ha applicato alle sue tele ha ridefinito il ruolo del colore nell’arte astratta.

Frankenthaler utilizzava il colore in modo espressivo, cercando di evocare stati d’animo e sensazioni piuttosto che descrivere forme o figure In opere come Alassio (1960), dipinta durante un periodo di lavoro in Liguria, i colori sembrano sgorgare dalla tela, creando un senso di fluidità che trasmette un’emozione immediata e palpabile. I gialli, i blu profondi, i rossi traslucidi non sono solo toni cromatici, ma veicoli di espressione. Questa sensibilità per il colore non era solo visiva, ma anche tattile: i suoi dipinti suggeriscono spesso un senso di leggerezza e movimento, come se i colori fossero stati soffiati sulla tela o si fossero naturalmente espansi in uno spazio infinito. In questo senso, Frankenthaler è stata tra gli artisti del Color Field che sono stati in grado di trasformare il colore in un’esperienza visiva.

Negli anni Settanta, questa sua attitudine conobbe un ulteriore sviluppo: all’epoca infatti sperimentò dei panorami intensi, d’atmosfera, sfiorando talvolta la monocromia. Esempio di questa fase è il dipinto Ocean Drive West #1, di cui lei stessa disse: “Su Ocean Drive West ti ritrovi sempre a fissare la linea dell’orizzonte... Ci sono zone sfocate di Long Island oltre il Sound, alcune sono visibili, altre no. Non stavo guardando la natura o un paesaggio marino, ma il disegno presente nella natura, proprio come il sole o la luna possono essere visti come cerchi o come luce e ombra”.

Helen Frankenthaler, Alassio (1960; olio su tela, 216,5 × 332,7 cm; New York, Helen Frankenthaler Foundation) © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), New York
Helen Frankenthaler, Alassio (1960; olio su tela, 216,5 × 332,7 cm; New York, Helen Frankenthaler Foundation) © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), New York

9. Il suo contributo al mondo della grafica e della stampa

Oltre alla pittura, Helen Frankenthaler fu una figura di spicco anche nel campo della grafica e della stampa, dove portò la stessa sensibilità innovativa che aveva caratterizzato la sua opera pittorica. A partire dagli anni Sessanta, Frankenthaler iniziò a esplorare tecniche di stampa come in particolar modo la xilografia, collaborando con alcuni dei più importanti laboratori di stampa statunitensi, tra cui la Universal Limited Art Editions (ULAE) e la Tyler Graphics.

Il suo approccio alla stampa, avviato negli anni Settanta (la sua prima xilografia, East and Beyond, venne eseguita presso le ULAE nel 1973), era in linea con la sua pittura: sperimentava con la trasparenza e la stratificazione del colore, utilizzando la stampa per esplorare nuovi effetti visivi che non poteva ottenere con la pittura tradizionale. In particolare, si specializzò nell’uso della xilografia a colori. Le sue xilografie degli anni Ottanta e Novanta, come Tales of Genji III (1998), sono considerate tra le opere più innovative nel campo della grafica contemporanea.

Helen Frankenthaler nel suo studio di East 83rd Street con Small᾽s Paradise sul muro e Fire sul pavimento (entrambi in progress), New York, 1964. Foto:  Alexander Liberman; © J. Paul Getty Trust. Getty Research Institute, Los Angeles (2000.R.19). Artwork © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), New York.
Helen Frankenthaler nel suo studio di East 83rd Street con Small᾽s Paradise sul muro e Fire sul pavimento (entrambi in progress), New York, 1964. Foto: Alexander Liberman; © J. Paul Getty Trust. Getty Research Institute, Los Angeles (2000.R.19). Artwork © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), New York.

10. Amava la pittura su carta

Helen Frankenthaler ha sempre sperimentato alternando la pittura su tela a quella su carta, quest’ultima considerata un supporto più gestibile e facilmente sostituibile, qualora necessario. Lavorò su carta soprattutto dopo il suo matrimonio con Stephen DuBrul nel 1994, le sue opere su carta sembrano segnare un momento di svolta. Questi lavori esprimono una vitalità rinnovata, un’apertura verso il futuro che, però, non dimentica il passato. La sua arte, anche in questi momenti di rinnovato ottimismo, conservava un senso di riflessione sulle esperienze precedenti. Tale sentimento è evidente in opere come Solar Imp e Cassis, che celebrano la sua nuova fase di vita. In questi dipinti, Frankenthaler utilizza spugne larghe per imprimere rettangoli di colore sulla carta, creando composizioni caratterizzate da una calligrafia chiara e pulita. In Solar Imp, i rettangoli sono disposti sotto due forme nere, reminiscenze delle figure che dominavano i suoi lavori precedenti, realizzati durante il matrimonio con Robert Motherwell. Questi elementi non solo testimoniano il legame con il passato, ma suggeriscono anche un’evoluzione stilistica e personale.

Frankenthaler ha sempre avuto una visione profonda della bellezza, un concetto che continuava a esplorare e difendere anche quando molti dei suoi contemporanei, in particolare quelli più giovani e politicamente impegnati, tendevano a considerarla obsoleta o priva di valore nel contesto dell’arte moderna. Per Frankenthaler, la bellezza era tutt’altro che superficiale o banale; era, al contrario, una rappresentazione della condizione umana nella sua interezza. Le sue opere, anche quelle su carta, riflettevano la fugacità dell’esistenza e l’inevitabile passare del tempo, come si può osservare in lavori realizzati negli ultimi anni della sua carriera, tra cui Southern Exposure, una delle sue pitture su carta più intense. Queste opere comunicano una profonda consapevolezza del tempo che scorre, rendendo palpabile la transitorietà della vita.

Helen Frankenthaler, Ocean Drive West #1 (1974; acrilico su tela, 238,8 × 365,8 cm; New York, Helen Frankenthaler Foundation) © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), New York
Helen Frankenthaler, Ocean Drive West #1 (1974; acrilico su tela, 238,8 × 365,8 cm; New York, Helen Frankenthaler Foundation) © 2024 Helen Frankenthaler Foundation, Inc. / Artists Rights Society (ARS), New York

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