Il 6 luglio è stato universalmente riconosciuto come la “Giornata del Bacio” e tutti i giornali e i siti propongono le loro brave “top ten” dei dieci baci più belli della storia dell’arte: tutto un fiorire di Hayez, Klimt, Rodin, Giotto e via dicendo. Noi abbiamo voluto fare qualcosa di diverso: dieci baci della storia dell’arte sì, ma ad alto tasso erotico. Dal Cinquecento al Novecento. Buona lettura!
1. Agostino Veneziano (attribuito), Posizione 1, dai Modi di Marcantonio Raimondi (1526-1540; incisione, 132 x 184 mm; Londra, British Museum)
“Fottiamci, anima mia, fottiamci presto / perché tutti per notter nati siamo; / e se tu il cazzo adori, io la potta amo, / e saria il mondo un cazzo senza questo”. È questo l’eloquente incipit dei Sonetti lussuriosi di Pietro Aretino, scritti nel 1524 per commentare una serie di sedici disegni di Giulio Romano raffiguranti diverse posizioni erotiche (o “modi”, tanto che il titolo originario dell’opera dell’Aretino è Sonetti sopra i XVI modi). Della serie di Giulio Romano oggi non sopravvive più niente, ma ne furono ricavate delle stampe per opera di Marcantonio Raimondi: ebbero una grande diffusione (ovviamente clandestina), e per qualche tempo Raimondi fu anche imprigionato per la sua opera (riuscì a uscire di galera solo grazie alle sue amicizie influenti). Purtroppo anche la serie di Raimondi sopravvive in maniera frammentaria, e della prima posizione, con l’uomo e la donna adagiati su di un fianco, non ci rimangono che copie.
2. Bronzino, Allegoria del trionfo di Venere (1545 circa; olio su tavola, 146 x 116 cm; Londra, National Gallery)
L’Allegoria del trionfo di Venere, uno dei dipinti più conturbanti del Cinquecento, fu realizzato dal Bronzino (Firenze, 1503 - 1572), pittore di corte di Cosimo I de’ Medici, come regalo diplomatico: Cosimo lo inviò infatti a Francesco I di Francia per ingraziarsi, come alleato, il potente sovrano. Dopo alterni passaggi è oggi alla National Gallery di Londra, ed è noto per la spiccata sensualità della dea Venere, il cui corpo nudo si offre senza alcun filtro all’osservatore. La dea dell’amore sta scambiando con il figlio Cupido un appassionato bacio: tuttavia, possiamo facilmente notare come la dea stia sfilando una freccia dalla faretra del figlio, e lui, mentre con una mano le tocca il seno, con l’altra le sta sfilando il diadema. Questo particolare è stato interpretato come un’allusione alla natura ingannevole dell’amore. È forse l’esempio più tipico del tipo di dipinto che i potenti dell’epoca amavano appendere nel segreto delle loro stanze, lontano da sguardi indiscreti.
3. Joachim Wtewael, Venere e Adone (1607-1610 circa; olio su tavola, 36 x 48 cm; Vienna, Collezione dei principi del Liechtenstein, in prestito permanente dalla collezione Hohenbuchau)
Joachim Wtewael (Utrecht, 1566 circa - 1638), olandese, visse per buona parte del Seicento ma la sua pittura è ancora legata alla cultura cinquecentesca. Non è un’eccezione il suo dipinto Venere e Adone, che gli permette di affrontare un soggetto che figura tra i grandi “classici” dell’erotismo di tutti i tempi. La prefigurazione degli eventi successivi è qui lontanissima (vediamo Adone steso a terra sullo sfondo), tutta l’attenzione è per l’episodio principale dove Venere, bellissima, si abbandona completamente nuda a un bacio passionale col suo amante, con il benestare di suo figlio Cupido, responsabile del loro amore.
4. François Boucher, Ercole e Onfale (1730 circa; olio su tela, 90 x 74 cm; Mosca, Museo Pushkin)
François Boucher (Parigi, 1703 - 1770) fu uno degli artisti più licenziosi del rococò e la sua arte abbonda di nudi sensuali. Il bacio tra Ercole e Onfale, tratto dalla mitologia greca, racconta di uno dei momenti “intimi” tra la coppia: secondo il mito, Ercole divenne schiavo di Onfale, regina di Lidia, e sarebbe stato da lei liberato solo dopo averla sposata (e sempre secondo il mito i due avrebbero generato cinque figli). L’opera apparteneva un tempo al collezionista Pierre Paul Louis Randon de Boisset ed è estremamente esemplificativa del tipo di quadro che l’artistocrazia francese del Settecento amava: opere frivole, con nudi abbondanti, e con erotismo neanche troppo implicito (si veda come Ercole stringe il seno di Onfale). Dopo diversi passaggi e vendite l’opera arrivò in Russia e oggi è conservata al Museo Pushkin di Mosca.
5. Katshushika Hokusai, Scene erotiche, dall’album Ehon tsui no hinagata (1812 circa; xilografia, 25,3 x 18,5 cm; Varie sedi)
Tutti conosciamo Katsushika Hokusai (Edo, 1760 - 1849) per la sua Onda, ma probabilmente non tutti sanno che Hokusai fu anche un grande artista erotico e la sua produzione è piena di coppie che si uniscono in rapporti carnali che non lasciano niente alla fantasia. Rapporti che, peraltro, sono spesso mercenari. In Giappone le immagini erotiche erano note come shunga, spesso avevano intenti comici o praodistici, e non risparmiavano nessun ceto sociale (vigeva tuttavia la proibizione di raffigurare la nobiltà, ma per aggirare il problema gli artisti facevano ricorso a un ampio bagaglio di elementi simbolici). Le opere shunga, comunque, il più delle volte, non avevano uno scopo preciso: servivano semplicemente a far divertire.
6. Francesco Hayez, Disegno erotico (1822-1830; matita su carta, 16,8 x 22,3 cm; Collezione privata)
In un certo senso, i fogli erotici eseguiti da Francesco Hayez (Venezia, 1791 - Milano, 1882) tra il 1822 e il 1830 rappresentano il perfetto contraltare della sua immagine stereotipata del pittore romantico e casto de Il bacio e dipinti simili. Al contrario, Hayez aveva un carattere molto passionale che emerge in tutta la sua focosità dai disegni in cui si autoritrae in diversi amplessi con la sua modella e amante Carolina Zucchi. Quello qui presentato non è proprio un bacio nel senso convenzionale del termine: possiamo immaginarlo come un bacio dato a un’altra parte del corpo. E Carolina Zucchi non volle esimersi dal lodare le doti amatorie del pittore nelle sue memorie private.
7. Edvard Munch, Il bacio (1895; incisione, 343 x 273 mm; Brema, Kunsthalle)
Il bacio è una delle opere dalle quali meglio emerge il concetto di amore secondo il pittore norvegese Edvard Munch (Løten, 1863 - Oslo, 1944): molto più famosa di questa versione a stampa conservata a Brema è tuttavia la versione realizzata a olio su tela nel 1897 e oggi conservata al Munch Museum di Oslo, dove la coppia appare vestita. Nella versione di Brema la coppia è invece nuda e questo contribuisce a rafforzare il messaggio di Munch: gli amanti sono una cosa sola, tanto che i loro corpi (ma ancor più i loro volti) si fondono in un’unica entità. Ne consegue l’impossibilità di separare le due figure, anche se, secondo le ambivalenze tipiche della poetica di Munch, fusione in un singolo soggetto può anche voler significare perdita della propria identità (tanto che i connotati dei due personaggi sono irriconoscibili), astrazione rispetto a ciò che accade nel mondo esterno, o anche disfacimento di uno dei due (lo scrittore August Strindberg osservò che uno dei due personaggi sembra voler divorare l’altro).
8. Egon Schiele, Due donne che si abbracciano (1915; matita, acquerello e gouache su carta, 485 x 327 mm; Budapest, Szempuveszeti Muzeum)
Quest’opera di Egon Schiele (Tulln an der Donau, 1890 - Vienna, 1918) fu acquistata dal museo di Budapest subito dopo la realizzazione, su proposta della Galleria Arnot di Vienna. Nel 1914 Schiele si era spostato con una sua modella, Edith Harms, e in questo periodo della sua carriera si intensifica la produzione di dipinti e disegni con coppie di amanti. Ma per Schiele l’amore non doveva conoscere limiti: per questo, la sua produzione abbonda di coppie di ogni tipo impegnate in amplessi più o meno espliciti. Le coppie lesbiche fanno la comparsa nella sua arte nel 1911 (probabilmente, Schiele trasse notevoli spunti dall’arte di Toulouse-Lautrec, che conosceva bene), e questa, vista dall’alto in un bacio sensualissimo che lascia ben intendere il prosieguo dell’incontro tra le due donne, è una dei migliori esempi. Non è però un amplesso sereno: lo sguardo della donna che riceve il bacio sembra quasi assente e malinconico. E probabilmente tradisce le angosce che l’artista viveva negli anni più tormentati della sua esistenza.
9. Jindřich Štýrský, Emilie ke mně přichází ve snu (1933; stampa alla gelatina ai sali d’argento, 24 x 18 cm; Parigi, Centre Pompidou)
Emilie ke mně přichází ve snu (ovvero “Emilie viene da me in sogno”) è probabilmente l’opera più nota del surrealista ceco í Jindřich Štýrský (Dolní Čermná, 1899 - Praga, 1942): è una serie di fotomontaggi a soggetto erotico che descrive un sogno in mezzo a visioni allucinate, con associazioni bizzarre tipiche della pratica surrealista. Le fotografie sono tratte da riviste pornografiche dell’epoca e intento dell’artista ceco è quello di presentare il sesso come puro atto fisico: il bacio di conseguenza non ha niente di romantico, ma è solo un momento dell’amplesso.
10. Robert Mapplethorpe, Marty and Veronica (1982; stampa alla gelatina d’argento, 38,6 x 38,5 cm; Varie sedi)
La serie Marty and Veronica di Robert Mapplethorpe (New York, 1946 - Boston, 1989) è una delle più singolari tra quelle realizzate dal fotografo americano. Protagonisti sono l’attrice (e oggi scrittice) Veronica Vera e un uomo di colore, Marty, catturati in diversi scatti che ritraggono un amplesso in diverse fasi (la foto con il bacio tra i due è quella iniziale e ben presto il rapporto evolve in maniera sempre più esplicita, con fellatio, cunnilingus, penetrazione e quant’altro). Singolare, perché il rapporto sessuale non è un soggetto frequente nella fotografia di Mapplethorpe, e qui viene risolto in maniera fortemente estetizzante, pressoché innaturale, come era tipico della poetica dell’artista.