Da Capo Colonna al Museo Archeologico Nazionale: viaggio nella Crotone antica


Crotone è una delle città più antiche d'Italia: qui si conservano molte testimonianze di un passato che vide il periodo di massimo splendore all'epoca della Magna Grecia. Un viaggio tra le antichità della città, dal Parco Archeologico di Capo Colonna al Museo Nazionale.

Un posto d’onore sull’Acropoli di Atene è dedicato a una figura sconosciuta oggi ai più, ma che ai tempi dello splendore della Magna Graecia fu considerato il primo grande eroe. Potremmo dire il primo eroe della storia moderna le cui gesta travalicavano i secoli e i mari. Proprio a lato del Partenone, infatti, c’è la statua di Pháyllos, ovvero Faillo da Crotone, la cittadina calabrese che affaccia sul mar Jonio e che sede di uno dei più importanti porti ellenici del mediterraneo. L’antica Kroton, patria di Pitagora e sede della sua scuola, uno dei luoghi più importanti in Italia con tracce della cultura ellenica che non trova però la giusta valorizzazione in termini culturali e turistici. Non c’è da stupirsi se Faillo non è molto conosciuto dal momento che nella sua stessa Crotone non c’è nulla che ne ricordi il nome o le gesta: nessuna statua, nessun monumento, nessuna piazza, solo una via fuori città, anonima e in mezzo a campi.

Ma chi era costui? Nella seconda guerra persiana, quando la Grecia era sotto scacco, furono mandati ambasciatori in tutte le colonie della Magna Graecia per chiedere supporto militare ma nessuno volle implicarsi per salvare dalla disfatta la madre patria. Solo Faillo e i suoi crotoniati decisero di andare a combattere e nella famosa battaglia navale, cruenta e vittoriosa, passata alla storia col nome di battaglia di Salamina, si distinse per eroismo. La battaglia decisiva fu vinta e i persiani si ritirarono. Tanto si distinse che Erodoto, nel Libro VIII delle Storie, scrisse: “Fra le genti stanziate al di là di tale limite gli unici a mandare soccorsi alla Grecia in pericolo furono i Crotoniati, con una sola nave agli ordini di Faillo, tre volte vincitore ai giochi Pitici. I Crotoniati sono di stirpe achea”.

Faillo ebbe grandi onori, gli fu eretta una statua anche a Delfi nel tempio di Apollo e nel 1889 fu scoperta una epigrafe incisa su marmo nelle adiacenze del Partenone, ad Atene, che recitava: “Phayllos dedicò, tre volte vincitore nell’agone pitico e vincitore delle navi che l’Asia spedì (contro la Grecia)”. E la sua figura viaggiò nella storia tanto che oltre un secolo dopo Alessandro Magno in persona, nel 331 a.C., vittorioso contro la Persia di Dario III nella battaglia di Gaugamela, mandò una nave colma d’oro del bottino di guerra in dono a Crotone “in onore dell’unica polis greca d’occidente che non abbandonò i fratelli greci”.

Crotone, con le radici profonde radicate nella cultura del massimo splendore della civiltà ellenica, vanta un parco archeologico con importanti resti e tracce dell’antichità, il Parco Archeologico di Capo Colonna, chiamato così perché rimasta eretta un’unica colonna in stile dorico del grande templio che sorgeva a picco sul mare e che crollò probabilmente quando quella parte di costa sprofondò.

Il Parco Archeologico di Capo Colonna
Il Parco Archeologico di Capo Colonna
Il Parco Archeologico di Capo Colonna
Il Parco Archeologico di Capo Colonna. Foto Wikimedia/Bultro
Il Parco Archeologico di Capo Colonna
Il Parco Archeologico di Capo Colonna
Il Parco Archeologico di Capo Colonna
Il Parco Archeologico di Capo Colonna. Foto di Luigi Martino

L’antica Kroton fu fondata da un gruppo di coloni, guidati dall’ecista Myskellos e provenienti da Rhype, montuoso villaggio dell’Acaia, nello scorcio finale dell’VIII secolo a.C. Kroton sarà via via il punto di riferimento più importante tra gli insediamenti greci nell’arco settentrionale della costa jonica, sopratutto quando, alla fine del VI secolo a.C., sconfigge e seppellisce la sua rivale e confinaria Sibari e quando, con la presenza del filosofo Pitagora, diviene sede della sua importante scuola filosofica. E del resto è impressionante la superficie occupata dalla nuova polis che si organizza per assi ortogonali alla riva del mare Jonio con tre grandi blocchi urbanistici orientati con scarti di 30 gradi verso est. La ricerca archeologica h verificato sinora un’estensione di 650 ettari; il circuito delle mura, testimone una fonte autorevole come Tito Livio, assommerebbe a 17 km circa. In assoluto si tratta di una delle maggiori realtà urbane della Magna Graeecia che l’importantissimo santuario di Hera a Capo Colonna, noto in tutto il mondo antico, rendeva ancora più celebre.

Il Parco Archeologico di Capo Colonna, a 10 Km dall’attuale Crotone, si estende per circa 50 ettari, occupando la punta più orientale del promontorio di Capo Colonna, noto nell’antichità come “Lakinion akron”. Comprende l’area archeologica, circoscritta dalle mura di età romana, una zona boschiva e a macchia mediterranea, simbolo del bosco sacro a Hera, e l’area del Museo. Nell’area archeologica sono i resti dell’Heraion Lakinion, santuario extraurbano della colonia greca di Crotone, ancora attivo in età romana. Luogo di culto molto venerato, noto anche per essere stato frequentato da Pitagora, nel V secolo a.C. divenne sede della Lega Italiota, confederazione a carattere politico e militare che riuniva tutti i Greci d’Occidente. Il santuario rappresentava un riferimento essenziale per la navigazione e un rifugio sicuro, di cui la dea si faceva garante. Hera proteggeva anche la natura e in particolare i bovini, che pascolavano liberamente all’interno del bosco a lei sacro.

Geograficamente è il promontorio che determina il limite meridionale del golfo di Taranto, ma anche la punta più orientale della penisola c?labrese. Questo metodo di indicare i limiti della navigazione e le aree di influenza era generalizzato e derivava dal tipo di navigazione “sottocosta” dell’epoca; anche i trattati fra Roma e Cartagine prendevano un promontorio (capo Bello) come limite insuperabile dalle navi Romane. Il toponimo moderno è dovuto alla presenza dell’unica colonna rimasta eretta del tempio dedicato a Hera Lacinia: santuario che venne utilizzato come cava di pietre lavorate per il castello, il porto e i palazzi nobiliari della città di Crotone, fino a che solo la solitaria colonna rimase in vista dei naviganti, eretta fra i ruderi.

A Capo Colonna è legata anche la figura di Annibale, che da qui ripartì per fare ritorno a Cartagine. Il più importante edificio del santuario, come anticipato, è il grande tempio dorico di Hera Lacinia (il tempio che nel Parco è contrassegnato con la lettera A), presso il ciglio della falesia. Edificato intorno al 470-460 a.C., se ne conservano tracce delle fosse di fondazione e parte dello stilobate orientale con un’unica colonna superstite, divenuta emblema del Parco e del promontorio. Nell’area sacra sono presenti i resti di un più antico luogo di culto arcaico (edificio che nel Parco è contrassegnato con la lettera B), da cui provengono i preziosi oggetti votivi del Tesoro di Hera, conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Crotone. Realizzato all’inizio del VI secolo a.C., divenne, all’atto della fondazione del tempio A, un thesaurós (piccolo edificio per custodire le offerte). Nelle aree circostanti il tempio si trovano i resti dell’edificio K, albergo per ospiti di riguardo, e dell’edificio H, utilizzato per i banchetti, databili al IV secolo a.C. Nella parte settentrionale dell’area archeologica sono presenti parti di un insediamento di epoca romana, identificato con la colonia di Croto, dedotta nel 194 a.C., e numerosi altri fabbricati, tra cui tre ville baronali settecentesche, una piccola chiesa intitolata alla Madonna di Capo Colonna, con un ampio sagrato, su cui si affaccia la Torre Nao, fortificazione del XVI secolo.

Il Museo Archeologico, inaugurato nel 2006, propone un percorso espositivo in tre sezioni, all’interno di ampie sale open space. La prima sezione è dedicata all’abitato romano e propone una selezione delle principali classi ceramiche e alcuni oggetti di uso comune. La seconda sezione accoglie i rinvenimenti effettuati nell’area del santuario e la ricostruzione di uno spaccato della copertura marmorea del tetto del tempio A. Nella terza sezione sono esposti reperti provenienti dai fondali della costa crotonese; di particolare interesse il carico di marmi di età romana del relitto di Punta Scifo.

Il Museo Archeologico Nazionale di Crotone, aperto al pubblico dal 1968, è fra i più importanti della Calabria. L’edificio, progettato dall’architetto Franco Minissi, si trova presso uno dei bastoni della cinta muraria cinquecentesca, a due passi dal Castello di Carlo V, nel cuore storico della città.

Il Castello aragonese fu costruito nell’840 per difendere la città dalle incursioni dei Saraceni e si trova in posizione panoramica nell’antica acropoli di Crotone. È chiamato da tutti semplicemente “castello di Carlo V” ed è una costruzione massiccia, con due torrioni dai barbacani ogivali che lo rendono ancora più imponente. La prima edificazione, probabilmente ad opera dei Bizantini, risale al IX secolo, nell’area dell’antica Akropolis di Kroton, allo scopo di difendere il territorio dalle invasioni straniere. Con la dominazione normanna nel XI secolo, il castello fu rafforzato da Roberto il Guiscardo, maggiormente fortificato durante il dominio svevo, con Federico II di Svevia e, ancora rimaneggiato in età angioina, per volere di Carlo d’Angiò. Quest’ultimo ordinò, tra il 1270 e il 1271, di riparare tutte le torri del castello. La pianta era di forma pentagonale, e presentava 5 torri sui vertici del perimetro. In età aragonese, fu Carlo V che modificò sostanzialmente la struttura architettonica del castello, tanto da associarlo per sempre al suo nome. Le fortificazioni, in quel periodo, versavano in pessime condizioni, pertanto furono sottoposte non solo ad un recupero strutturale, ma soprattutto modificate in “moderne fortificazioni” per essere adeguate alle nuove armi da fuoco. A tal fine fu il Vicerè di Napoli, don Pedro di Toledo, che incaricò l’architetto italiano Gian Giacomo dell’Acaya di redigere un nuovo progetto per trasformare il maniero in una delle più possenti fortezze militari d’Italia. Il Castello da un impianto pentagonale di derivazione federiciana viene trasformato in forma quadrata. All’interno di questo nuovo perimetro fu rinchiuso parte dell’antico castello e inseriti tre torrioni angolari in bastioni pentagonali risegati e speronati, uniti ai due torrioni cilindrici da megalitiche muraglie a cortina cordonate. Per la scarsezza dei materiali edilizi furono utilizzati i resti della città greca, delle vecchie mura e degli avanzi di case dirute. L’accesso al castello era garantito da un ponte levatoio, in parte fisso, in muratura, ed in parte mobile, in legno che sormontava un fossato, e conduceva alla porta principale inserita in una torre a forma di piramide tronca. All’interno del castello si trovavano la chiesa di San Dionisio, la chiesa Nuova e la chiesa di San Carlo, l’alloggio del castellano, i magazzini dell’artiglieria, una caserma per le donne ed una prigione detta “La Serpe”. Col perfezionamento delle armi da guerra il castello perse la sua importanza strategico-militare e nel corso del secolo XIX venne parzialmente smantellato nella parte superiore, anche a seguito di danni subiti per i frequenti terremoti. Infatti il terremoto del 1832 provocò il crollo della chiesa di San Dionisio e della scala che conduceva alla Torre Marchesana; quello del 1873 lesionò in modo evidente la Torre marchesana, tanto da ordinarne la demolizione per motivi di sicurezza, e infine quello del 1895 arrecò danni tali da costringere ad eseguire alcune demolizioni sulla spianata superiore del bastione S.Maria. Alla fine dell’Ottocento, perduta la sua funzione strategica, il castello passò dall’Amministrazione militare al Demanio dello Stato. Nel 1960 il Genio Civile ha ricostruito la cortina sud, e nel 1990 la Soprintendenza per i beni A.A.A. e S. ha curato il restauro della Torre Aiutante. Successivi lavori di restauro hanno interessato il castello e principalmente la Torre Comandante e la Torre Aiutante. Nel 2011 la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, ha messo in luce nel fossato, la base della grande torre quadrangolare detta “della manovella”, con la quale si sollevava il ponte. Attualmente il Castello è un’area monumentale ed ospita una biblioteca e parte del Museo Archeologico, inaugurato nel 1987, e allestito nella Torre Aiutante.

Castello di Carlo V. Foto Revolweb
Castello di Carlo V. Foto Revolweb
Castello di Carlo V. Foto di Maarten Sepp
Castello di Carlo V. Foto di Maarten Sepp

Nel suo più recente allestimento, inaugurato nel 2000, il Museo propone un percorso espositivo, articolato su due piani, all’interno di ampie sale open space. Al piano terreno, il visitatore è guidato, secondo un criterio cronologico, alla scoperta delle principali tappe storiche dell’antica città greca di Kroton, a partire dai rapporti che essa ebbe con le comunità indigene preesistenti fino alla tarda antichità.

“Il luogo della colonia, fondata da Greci provenienti dall’Achaia (regione a nord del Peloponneso), secondo le fonti letterarie antiche”, spiega Gregorio Aversa, direttore del museo, “fu indicato a Miscello dalla Pizia in persona, la sacerdotessa del santuario di Apollo a Delfi. Del resto, il legame di Kroton con Delfi è confermato dalla presenza del principale attributo di quella sacerdotessa, il tripode apollineo, proprio sulle monete di Crotone. Ma è soprattutto l’evidenza materiale a dimostrare quanto le informazioni letterarie siano affidabili riguardo la presenza ellenica in questa parte della Calabria a partire dall’ultimo quarto dell’VIII secolo a.C. Dopo un periodo particolarmente florido tra VII e VI secolo a.C., la città ebbe un nuovo impulso a partire dalla seconda metà del VI secolo a.C., quando l’arrivo dall’isola greca di Samo del filosofo Pitagora, con la fondazione della sua scuola e con l’apporto dei suoi insegnamenti, avrebbe sconvolto a tutti i livelli la società crotoniate ed i cui esiti avrebbero trasformato in modo permanente la storia della stessa Magna Grecia. Un’ulteriore sezione del piano terra è poi dedicata ad un approfondimento sull’archeologia urbana, attività essenziale svolta sul territorio dalla soprintendenza che, a partire dagli anni Settanta del Novecento, ha potuto così costruire un quadro sempre più affidabile e dettagliato dell’antica topografia della polis. A questa si accompagna una sezione dedicata alla necropoli in località Carrara, dove vengono illustrati alcuni tra i numerosi corredi di questo sepolcreto rimasto in uso tra la fine dell’VIII e la metà del IV secolo a.C.”.

Il secondo piano offre, invece, una panoramica sui santuari individuati a Crotone. Tra i principali, quello in località Vigna Nuova, certamente destinato al culto di Hera nella sua qualità di dea liberatrice, data la presenza di un gran numero di ceppi di catene in bronzo dedicate alla divinità come ex voto da schiavi liberati. Sempre la dea Hera, stavolta venerata come Lacinia, è protagonista nel settore dedicato al santuario presso Capo Colonna con i suoi importantissimi reperti rinvenuti all’interno del piccolo edificio probabilmente destinato a funzione di thesaurós. Fra gli altri spiccano per bellezza il Diadema Aureo ed un’affascinante quanto misteriosa navicella nuragica realizzata in bronzo.

Il secondo piano è pure dedicato ad illustrare alcuni degli insediamenti noti nel territorio (Krimissa, Petelia, Makalla) che contribuirono a legare l’antica città greca a tradizioni mitiche e culti locali o influenzati da contatti con le ideologie elleniche (Sirene, Filottete, Apollo Alaios): in primo luogo quelle dottrine pitagoriche, di cui l’archeologia col tempo sta contribuendo a fornire delle, seppur labili ma concrete, evidenze. Il museo espone materiali a partire dall’epoca neolitica, come le asce di pietra e raschiatoi di ossidiana da Petilia Policastro; di eccezionale rilievo il frammento di ceramica minoica-micenea (TE I-II / TM I A) dalla zona di Capo Piccolo, importante insediamento dell’età del bronzo scoperto nel 1977 e poi indagato da Domenico Marino; sempre alla sezione preistorica, ma all’età del ferro, appartengono le brocche dal collo rigonfio, le fibule di varia foggia e i rari strumenti, trovati nelle tombe di Cirò. Di grande importanza le due asce a margini rialzati (una con fine decorazione geometrica, incisa a bulino, è considerata un “unicum”) dell’antica età del bronzo provenienti dal Timpone delle Rose Roccabernarda/Petilia Policastro ed i ripostigli, databili all’età del bronzo finale e all’età del ferro, di asce e manufatti in bronzo (alcuni reperti sono “unica”) da Cirò e dal territorio a sud di Crotone.

Il Museo Archeologico Nazionale di Crotone
Il Museo Archeologico Nazionale di Crotone
Museo Archeologico Nazionale, il diadema di Hera Lacinia. Foto Gruppo Archeologico Krotoniate
Museo Archeologico Nazionale, il diadema di Hera Lacinia. Foto Gruppo Archeologico Krotoniate
Museo Archeologico Nazionale, la navicella nuragica. Foto di Francesco Bini
Museo Archeologico Nazionale, la navicella nuragica. Foto di Francesco Bini
L'askos in forma di sirena
Museo Archeologico Nazionale, l’askos in forma di sirena

L’epoca greca è documentata con molti reperti. Dell’epoca arcaica sono i vasi unguentari corinzi e vari frammenti ceramici: di vasi attici a figure nere, di unvaso calcidese, ecc. Altre ceramiche provengono da vari centri della Lucania, dall’Apulia e dall’Etruria. Da Crotone provengono vari materiali preistorici e protostorici, un’antefissa arcaica con testa di Gorgone, una testa fittile di giovinetto, un piccolo altare con Ercole in lotta con i Centauri, vari rilievi votivi, della ceramica a figure rosse, un oscillum e dei bronzetti di Ercole in assalto con indosso la leontè. Un cippo confinario con la numerazione “29” è scritto in greco, mentre due puntali di lancia in bronzo, probabili trofei, recano le iscrizioni “Anthropos figlio di Teognide” e “Eschilo figlio di Echesteneto”. Un’intera sezione è dedicata ai reperti dal santuario di Hera al Capo Colonna: tra gli oggetti esposti numerosi oggetti votivi, frammenti di decorazioni architettoniche in marmo e terracotta e frammenti di sculture. Spicca il frammento di una coppa a figure nere sovradipinte (VI secolo a.C.), con due personaggi barbati, armati di lancia, con copricapo a turbante, affrontati ai lati di un tripode monumentale (da Capo Colonna, scarpata ad est del Tempio A).

Dall’area delle cosiddette Quote Cimino, sul promontorio di Capo Colonna, proviene una bella testa in marmo pentelico (mutila al volto), nella quale ben si riconosce Apollo citaredo, databile al 350-300 a.C. Il reperto, di notevole interesse, fu rinvenuto (negli anni Settanta del XX secolo) dal Gruppo Archeologico Krotoniate. Vi è esposto anche il “tesoro di Hera”, rinvenuto nell’edificio B dell’Heraion e comprendente, tra l’altro, il summenzionato diadema aureo, un pendaglio da cinturone di produzione indigena e la lampada di produzione nuragica in forma di navicella.

Dal novembre 2009 il museo ospita inoltre lo straordinario askos bronzeo a forma di sirena (V sec. a.C.), proveniente dalle Murgie di Strongoli, restituito dal Getty Museum di Malibu (USA), e l’altro askos bronzeo del VI sec. a.C., sempre a forma di sirena, proveniente dalla chora meridionale di Kroton. A livello mondiale ne sono conosciuti solo tre esemplari: di questi ben due, quindi, sono conservati a Crotone.

Infine, a Pitagora è dedicato il museo tematico all’interno del quale, tra percorsi didattici e storia, si ripercorrono le teorie del filosofo e matematico attraverso installazioni con le quali è possibile praticare gli esperimenti e mettere in pratica i suoi teoremi. Una cittadina dunque da visitare non solo per il mare e il cibo ma anche da scoprire nelle sue radici storiche di primaria importanza anche di epoca più recente.


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Andrea Laratta

L'autore di questo articolo: Andrea Laratta

Giornalista. Amante della politica (militante), si interessa dei fenomeni generati dal turismo, dell’arte e della poesia. “Tutta la vita è teatro”.





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