di
Federico Giannini, Ilaria Baratta
, scritto il 17/06/2018
Categorie: Opere e artisti / Argomenti: Arte etrusca - Arte antica
Donne che utilizzavano un trucco sobrio ed elegante, uomini che si depilavano e frequentavano istituti di bellezza: scopriamo il mondo della cosmesi, del makeup e della bellezza secondo gli etruschi.
Tra i personaggi che partecipano al banchetto raffigurato sulle pareti della Tomba degli Scudi a Tarquinia, è possibile osservare alcune eleganti signore che sfoggiano curatissime chiome bionde, che contrastano con le loro sopracciglia scure. Figure simili si ritrovano in altri affreschi etruschi, e si può partire da questo dettaglio per intraprendere un viaggio nella cosmesi degli etruschi: gli etruschi, infatti, passavano moltissimo tempo a curare il loro corpo e la loro immagine, e ci sono giunte moltissime testimonianze che possono confermarci quanto gli etruschi tenessero al proprio aspetto. Osservando le chiome bionde delle signore di Tarquinia, alcuni studiosi hanno ipotizzato che presso gli etruschi vigesse l’abitudine di... “ossigenare” i capelli: probabilmente, ha ipotizzato l’etruscologo Arnaldo D’Aversa, le donne etrusche facevano uso di liscivia, una soluzione liquida a base di cenere e acqua che in antico veniva usata come detergente, per pulire gli ambienti oppure per l’igiene personale. Date le sue proprietà sbiancanti, alcune popolazioni la utilizzavano per lavare o per tingere i capelli: l’uso della liscivia è noto presso gli antichi greci proprio come antenata del moderno shampoo, mentre la pratica di “ossigenare” i capelli era tipica, per esempio, dei galli, come attesta Plinio nella sua Naturalis historia, sostenendo che “il sapone” (Plinio, per la prima volta, utilizza il termine sapo) era una “invenzione dei galli per rendere rossi i capelli”, che si otteneva “dal grasso e dalla cenere”, e che si presentava “in due modi, denso e liquido”.
Data l’estensione di questa moda presso gli etruschi (almeno a giudicare dalle testimonianze che ci sono arrivate), e dato che erano necessarie specifiche competenze per poter ottenere buoni risultati nell’operazione, si è ipotizzato che nell’antica Etruria fossero attivi dei veri istituti di bellezza, o quanto meno degli estetisti di professione, dato che, osserva lo studioso Giovannangelo Camporeale, sempre negli affreschi di Tarquinia anche gli uomini hanno delle chiome molto curate: capelli ricci e corti, tagliati alla stessa altezza, poco sotto la base del collo (e che non si trattasse di uno stereotipo dell’artista si può dedurre dal fatto che i personaggi, si osservino per esempio quelli della Tomba dei Leopardi, si contraddistinguono per alcuni, seppur minimi, elementi di caratterizzazione individuale). A dare in qualche modo conferma dell’esistenza di istituti di bellezza in Etruria è lo storico greco Teopompo, vissuto verso la metà del quarto secolo avanti Cristo e sempre molto severo nei confronti degli etruschi (è noto soprattutto per i suoi giudizi sprezzanti nei confronti delle donne etrusche). “Tutti i barbari che vivono ad occidente”, scriveva Teopompo, “si depilano usando pece e rasandosi con rasoi. Tra gli etruschi ci sono diverse botteghe con artigiani specializzati in questa attività, come da noi ci sono i barbieri. I clienti di queste botteghe si prestano a tutto e non hanno vergogna di chi li guarda o di chi passa di lì”. Interessante notare come l’etruscologo Massimo Pallottino abbia tradotto l’originale termine greco usato da Teopompo, “ergastéria” (letteralmente “botteghe”) con “istituti di bellezza”: evidentemente, se ci fossimo trovati a passare di lì, l’impressione che avremmo avuto visitando queste attività non sarebbe stata poi così diversa da quella degli odierni istituti di bellezza.
|
Arte Etrusca, Scena di banchetto (terzo quarto del IV secolo a.C.; affresco; Tarquinia, Tomba degli Scudi)
|
|
Arte Etrusca, Scena di banchetto (terzo quarto del IV secolo a.C.; affresco; Tarquinia, Tomba degli Scudi)
|
|
Arte Etrusca, Scena di banchetto (473 a.C.; affresco; Tarquinia, Tomba dei Leopardi)
|
La cura del corpo era pertanto un’attività che interessava tanto le donne quanto gli uomini. Per quanto riguarda gli strumenti maschili, nel corredo dell’uomo etrusco non mancava il rasoio, che aveva una strana forma a mezzaluna, inventata dagli etruschi e utile affinché la lama si adattasse meglio ai lineamenti del viso: nei nostri musei archeologici (qui includiamo un paio di esempi dal Museo Archeologico della Maremma e dal Museo del Territorio di Bolsena) si conservano diversi esemplari di rasoio lunato (questo il termine col quale viene indicato tale utensile), che spesso recano un anello che serviva per appenderli. Il rasoio era un accessorio indispensabile per gli uomini: dagli affreschi possiamo infatti notare che la moda etrusca imponeva agli uomini di presentarsi con il volto ben rasato (anche se sono frequenti pure le immagini di uomini che portano barbe, ma ben curate e profilate). La moda di rasarsi completamente la barba si diffuse soprattutto a seguito dei contatti con la civiltà greca: i giovani greci infatti non erano soliti portare la barba, e i coetanei etruschi cominciarono ben presto a imitarli. Altro utensile che conosce una certa diffusione nei corredi maschili è lo strigile, solitamente associato alla pratica sportiva (serviva infatti agli atleti per rimuovere gli olii dal corpo dopo la gara o dopo l’allenamento), ma che in Etruria conosceva un uso più esteso. Poteva infatti essere usato per rimuovere dalla pelle balsami e unguenti, oppure per eliminare le creme depilatorie (dato che, come attesta Teopompo, in Etruria si depilavano sia le donne che gli uomini), o anche semplicemente per detergere il sudore. Lo strigile, peraltro, in Etruria era adoperato anche dalle donne, che al pari degli uomini si recavano in palestra e avevano dunque necessità di tenere il corpo pulito una volta finiti gli esercizi.
E, a proposito di donne, il set da toilette femminile etrusco è ben nutrito. Sappiamo che le donne etrusche utilizzavano pinzette per strappare i peli superflui, del tutto simili a quelle che usiamo al giorno d’oggi. Particolarmente diffuso è poi il nettaunghie, che poteva assumere anche forme molto elaborate: un nettaunghie molto importante, a forma di pendaglio raffigurante una figura femminile nuda (forse una divinità), è conservato al Museo Civico Archeologico di Vetulonia e la sua storia è molto interessante perché fu acquistato sul mercato antiquario di Firenze dal grande poeta Eugenio Montale, che volle farne dono alla sua musa Irma Brandeis (la “Clizia” delle sue liriche) come pegno d’amore, ed è giunto al museo di Vetulonia lo scorso anno, dietro dono dello scrittore Marco Sonzogni, al quale l’oggetto era pervenuto. Un altro accessorio che poteva diventare un piccolo capolavoro d’uso quotidiano era il pettine: un esempio decisamente interessante è il pettine che si conserva presso il Museo Archeologico della Maremma, realizzato in avorio con decorazioni a rilievo e a tutto tondo che raffigurano animali fantastici (sulla superficie dell’impugnature ci sono due sfingi che si fronteggiano, mentre sul dorso vediamo altre due belve, probabilmente due leoni). Le sue decorazioni così elaborate e il fatto che fosse realizzato in avorio (materiale fragile) ci lascia supporre che, in realtà, un pettine tanto prezioso non dovesse essere veramente utilizzato tutti i giorni e fosse semmai un oggetto da esposizione. Nel beauty-case della signora etrusca non mancavano poi i balsamari e gli unguentari (detti anche, con termine greco, aryballoi) che contenevano gli olii profumati che le donne etrusche utilizzavano in gran quantità: su questi oggetti si riversava tutta la fantasia degli artisti, dal momento che ci sono arrivati nelle fogge più disparate. Oltre ai normali balsamari a forma globulare, nei musei archeologici se ne possono osservare diversi dalle forme umane o animali: per esempio, al Museo Archeologico di Firenze ci sono aryballoi a forma di busto femminile, di cigni, di lepri, di cerbiatti, al Museo del Territorio di Bolsena si conserva un curioso balsamario a forma di cinghiale, e al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma ce n’è anche uno a forma di scimmia.
S’è parlato di beauty-case perché gli etruschi (e ciò valeva sia per le donne che per gli uomini) facevano uso di un oggetto simile, ovvero di un contenitore che serviva per riporre gli accessori da toilette: questa specie di trousse dell’antichità si chiamava cista, era tipicamente realizzata in bronzo, aveva forma cilindrica ed era un altro oggetto su cui si potevano trovare decorazioni molto elaborate (il manico del coperchio, per esempio, era costituito da sculture che raffiguravano persone o divinità spesso colte nell’atto d’abbracciarsi in modo da unirle per rendere più agevole la presa). E probabilmente era una sorta di beauty-case anche la preziosa situla della Pania, uno dei più importanti reperti del Museo Archeologico di Firenze: si tratta di un cilindro in avorio lavorato, con una decorazione che presenta storie tratte dall’Odissea. Tuttavia, l’accessorio per eccellenza della toilette femminile etrusca era lo specchio: realizzati in bronzo, gli specchi etruschi erano costituiti da un disco piatto, formato a sua volta da una faccia riflettente (in bronzo opportunamente lucidato: in Etruria non esistevano gli specchi di vetro) e da un dorso inciso con scene colme di figure, e da un manico che poteva essere fuso in un unico pezzo con il disco oppure poteva essere di diverso materiale (in legno, in osso o in avorio). Gli etruschi diedero vita a una fiorentissima produzione di specchi, che diventarono uno degli oggetti più tipici dell’artigianato etrusco. Le scene raffigurate sul dorso dello specchio erano tratte dal repertorio mitologico (soprattutto in età antica, e si trattava peraltro di scene commentate con iscrizioni, quindi gli specchi etruschi sono strumenti preziosissimi anche per conoscere la lingua di questo antico popolo) oppure dalla vita quotidiana (come scene conviviali o scene erotiche). Alcuni esempi, tra i meglio conservati: al Museo Archeologico di Firenze troviamo una scena di combattimento con uno dei personaggi identificato da una scritta come “Aivas Telmuns”, ovvero l’eroe omerico Aiace Telamonio (si tratterebbe dunque di una scena dell’Iliade, forse un duello contro il troiano Ettore), al Museo Archeologico di Bologna la cosiddetta “patera cospiana” (in quanto nel Seicento faceva parte della raccolta del marchese Ferdinando Cospi) è in realtà uno specchio con la raffigurazione della nascita di Atena, mentre al Museo Guarnacci di Volterra si trova uno specchio decorato con le figure dei Dioscuri.
|
Manifattura etrusca, Rasoio lunato con scena di caccia (IX-VIII secolo a.C.; ferro; Grosseto, Museo Archeologico e d’Arte della Maremma). Ph. Credit Francesco Bini |
|
Manifattura etrusca, Rasoio lunato (VIII secolo a.C.; ferro; Bolsena, Museo del Territorio). Ph. Credit Finestre sull’Arte |
|
Manifattura etrusca, Strigile (III-II secolo a.C.; ferro; Cortona, Museo dell’Accademia Etrusca di Cortona). Ph. Credit Finestre sull’Arte |
|
Manifattura etrusca, Pinzette depilatorie (VIII secolo a.C.; ferro; Cortona, Museo dell’Accademia Etrusca di Cortona). Ph. Credit Finestre sull’Arte |
|
Manifattura etrusca, Nettaunghie-ciondolo, con il pegno di Eugenio Montale (VII secolo a.C.; ferro; Vetulonia, Museo Civico Archeologico “Isidoro Falchi”) |
|
Manifattura etrusca, Pettine dalla Necropoli della Banditella, Marsiliana d’Albegna (secondo quarto del VII secolo a.C.; avorio, 9,5 x 11 cm; Grosseto, Museo Archeologico e d’Arte della Maremma) |
|
Manifattura etrusca, Balsamario globulare (590-550 a.C.; ceramica, 6,2 x 6 cm; Maccagno, Civico Museo Parisi Valle) |
|
Manifattura etrusca, Balsamari a forma di animali (800-650 a.C.; ceramica; Grosseto, Museo Archeologico e d’Arte della Maremma). Ph. Credit Francesco Bini |
|
Manifattura etrusca, Balsamari a forma di cigno dalla tomba dei Flabelli a Poggio della Porcareccia, Populonia (700-550 a.C.; ceramica; Firenze, Museo Archeologico). Ph. Credit Francesco Bini |
|
Manifattura etrusca, Balsamari a forma di lepre e cerbiatti dalla tomba dei Flabelli a Poggio della Porcareccia, Populonia (700-550 a.C.; ceramica; Firenze, Museo Archeologico). Ph. Credit Francesco Bini |
|
Manifattura etrusca, Balsamario a forma di busto femminile dalla tomba dei Flabelli a Poggio della Porcareccia, Populonia (700-550 a.C.; ceramica; Firenze, Museo Archeologico). Ph. Credit Francesco Bini |
|
Manifattura etrusca, Balsamario a forma di scimmia dal Tumulo Maroi alla Banditaccia, Cerveteri (580-530 a.C.; ceramica; Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia). Ph. Credit Francesco Bini |
|
Manifattura etrusca, Balsamario a forma di cinghiale (III secolo a.C.; ceramica; Bolsena, Museo del Territorio). Ph. Credit Finestre sull’Arte |
|
Arte etrusca, Situla della Pania (terzo quarto del VII secolo a.C.; avorio; Firenze, Museo Archeologico). Ph. Credit Francesco Bini |
|
Manifattura etrusca, Specchio con scena di combattimento con un episodio legato ad Aiace Telamonio (IV secolo a.C.; bronzo; Firenze, Museo Archeologico). Ph. Francesco Bini |
|
Manifattura etrusca, Specchio con i Dioscuri affrontati (V secolo a.C.; bronzo; Volterra, Museo Guarnacci). Ph. Francesco Bini |
|
Manifattura etrusca, Specchio con scena della nascita di Minerva (seconda metà del IV secolo a.C.; bronzo; Bologna, Museo Civico Archeologico) |
Infine, per concludere: è possibile ipotizzare un makeup tipico della donna etrusca? Quali erano i prodotti che utilizzava per mettere a punto il proprio trucco? Osservando le scene dipinte, sia sua parete che su ceramica, possiamo tranquillamente asserire che le donne etrusche amavano un trucco leggero, sobrio e raffinato, come si può evincere anche dagli affreschi della tomba degli Scudi o dallo stesso balsamario a forma di busto di cui si parlava poc’anzi. Sulle labbra veniva adoperato il rossetto, il colorito delle guance veniva ravvivato con appositi prodotti, il profilo degli occhi veniva sottolineato di nero, e a volte si illuminava lo sguardo con un’applicazione di ombretto: questi gli elementi essenziali, semplici ma eleganti, del makeup etrusco.
Si trattava, in ogni caso, di prodotti di origine vegetale. Il rossetto si otteneva dalle more di gelso, dalle radici di anchusa (una pianta simile alla borragine) o dalle foglie di fico. Dai fiori di croco si ricavavano invece gli ombretti, mentre il fondotinta delle donne etrusche erano impasti argillosi che venivano adeguatamente spalmati sulle gote, ma si poteva utilizzare anche ocra rossa. Le donne etrusche adoperavano anche la cipria, che si otteneva dalla polvere di far clusinum (farro di Chiusi). Non mancavano poi i profumi, che si ottenevano da piante, fiori e frutta: apprezzati erano i profumi al bergamotto, alla lavanda, alla menta, alle mandorle, al pino. Tutte essenze che venivano mescolate su una base di acqua e olio d’oliva. Purtroppo, non ci sono rimaste attestazioni scritte in lingua etrusca che ci abbiano tramandato maggiori particolari: sulla cosmesi etrusca non abbiamo fonti scritte dirette. Ma siamo sicuri del fatto che la cura del corpo fosse un aspetto fondamentale della vita quotidiana degli etruschi.
Bibliografia di riferimento
- Giovannangelo Camporeale, Gli Etruschi. Storia e civiltà, UTET, 2015 (quarta edizione)
- Fabrizio Ludovico Porcaroli, Mater et Matrona: La donna nell’antico, catalogo della mostra (Ladispoli, Centro di Arte e Cultura, dal 1° agosto al 1° novembre 2014), Gangemi, 2014
- Agnes Carr Vaughan, The Etruscans, Dorset House Publishing, 1993
- Antonia Rallo (a cura di), Le Donne in Etruria, L’Erma di Bretschneider, 1989
- Massimo Pallottino, Rasenna: storia e civiltà degli Etruschi, Scheiwiller, 1986
- Arnaldo D’Aversa, La donna etrusca, Claudiana, 1985
Se ti è piaciuto questo articolo abbonati a Finestre sull'Arte.
al prezzo di 12,00 euro all'anno avrai accesso illimitato agli articoli pubblicati sul sito di Finestre sull'Arte e ci aiuterai a crescere e
a
mantenere la nostra informazione libera e indipendente.
ABBONATI
A
FINESTRE SULL'ARTE
Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta
Gli articoli firmati
Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da
Federico Giannini e
Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato
Finestre sull'Arte nel 2009.
Clicca qui per scoprire chi siamo