Correggio: il lascito dei maestri e l'inquietudine dello spazio supremo


“Dum venĕris”: a Parma un quinto centenario di straordinario valore. Quello della cupola di San Giovanni Evangelista affrescata dal Correggio.

Dum venĕris era la chiamata costante di un responsorio medievale che chiedeva la luce a Dio: “quando verrai... quando verrai e giudicherai rettamente, allora ci darai la luce”. Era una invocazione di attesa.

In questo tempo colpito da crisi e dal virus siamo chiamati ad una cogitazione profonda, anche nel campo della memoria e della cultura artistica. Ed ecco il balzo ideale. Nei primi giorni di aprile del 1520 moriva repentinamente Raffaello, tra il costernato stupore del mondo. In quella Pasqua si compose il letto funebre per il corpo del sommo artista e a capo del giaciglio fu posta la gran tela della meravigliosa Trasfigurazione, appena dipinta. La commozione fu enorme. La coincidenza fra la realizzazione del massimo capolavoro e la dipartita improvvisa del genio segnò in modo indelebile quel mese e quell’anno. Anche la recente mostra su Raffaello alle Scuderie del Quirinale partiva dal momento epocale della morte del Sanzio.

Se osservassimo di nuovo la gran tavola potremmo stimarne la parte superiore come il manifesto estremo e supremo dell’intera prodigiosa vicenda del rinascimento italiano: nulla avrebbe potuto esservi di più nobile, alto, misurato, perfetto e sublime del Cristo, uomo divinizzato. Qui Raffaello ci dà lo stigma imparagonabile dei valori dell’umanesimo rinascimentale: classico, aulico, cristiano. Il tremore assegnato dal Bembo alla Madre Natura (rerum magna parens), accorata che con la morte di Raffaello avrebbe potuto essa stessa morire, ci offre la misura della capacità umana quando con l’arte ha saputo tradurre quei valori in figure. E d’altra parte vi è una sorta di legge (ben nota poi al Leopardi dell’Infinito) per la quale l’assoluto genera di per sè l’inquietudine. La parte inferiore della Trasfigurazione diventò così il lascito dell’incertezza che l’ascesa pittorica di Raffaello fu costretta a deporre quale “compitum aenigmaticum” nella storia dell’arte.

Felice Schiavoni, Desolazione nello studio di Raffaello al momento della sua morte, particolare (1859; San Pietroburgo, Tsarskoe Selo State Museum). Si scorge la tavola appena  terminata della Trasfigurazione.
Felice Schiavoni, Desolazione nello studio di Raffaello al momento della sua morte, particolare (1859; San Pietroburgo, Tsarskoe Selo State Museum).

Si scorge la tavola appena terminata della Trasfigurazione.

Negli stessi giorni, nei quali Roma e l’intera cultura piangevano la morte del genio di Urbino, in una piccola città della valle padana un altro pittore guardava una nuova cupola intonacata di prima mano, tutta vuota e spoglia, che pareva attendere un vestimento pittorico lassù, al di sopra di una intera recente basilica, abitata soltanto dal tenue chiarore atmosferico. Si trattava dell’appena conclusa aula ecclesistica del monastero dei Padri benedettini in Parma, terminata dopo un’integrale ricostruzione seguendo un progetto di carattere nettamente basilicale e rinascimentale, a tre navate con transetto. All’intersezione dei due maggiori spazi si elevava una cupola, certamente “more romano”, stimolata dalla previsione magistrale della nuova San Pietro disegnata dal Bramante.

La cupola vuota di san Giovanni Evangelista in Parma, come apparve appena costruita. Reversione fotografica di Giancarlo Garuti
La cupola vuota di san Giovanni Evangelista in Parma, come apparve appena costruita. Reversione fotografica di Giancarlo Garuti

Molto è già stato scritto sull’invenzione clamorosa del Correggio rispetto al concavo invaso pressochè ovoidale che stava ben murato là in alto, e finanche privo di un lanternino che vi filtrasse la luce del bel cielo di Lombardia. Tutti sappiamo della negazione inesperita dell’involucro materico operata dal pittore e della sconvolgente sostituzione squarciante l’empireo divino, aperto in infinitum ed irrorato dal lume d’oro, che a Dio solo compete. Qui si possono richiamare le pagine illustri e affascinanti di Mengs, Quintavalle, Gould, Shearman, Morel e di altri celebri autori. La scena peraltro va analizzata nelle sue componenti visive: gli haeteria e le nubi, l’apostolorum chorus, l’instancabile fermentare motile degli spiriti fanciulli; e naturalmente la presenza scendente del Cristo in figura umana, attorniato dall’infinito e insondabile spessore angelico.

Al di sotto di tutti, ancorato per poco alla terra, sta il vegliardo San Giovanni che ormai coglie con gli occhi il desiato richiamo dell’amico Gesù. Molte cose sono state spiegate su questa composizione, ricchissima di emozioni e di significati, nonché sulla tecnica verosimilmente applicata dal Correggio, che comporta l’incredibile sapienza degli scorci insieme all’uso attento dell’astrolabio: lo strumento dei cieli, come ha illustrato in un memorabile saggio Geraldine Dunphy Wind.

In questa sede vorremmo accompagnare il visitatore a rendersi conto di come la priorità presenziale della scena mistica il pittore l’abbia assegnata al giro imponente e fisico degli Apostoli. Non vi è dubbio che gli undici corpi dei santi compagni di Giovanni siano eminenti entro quel “locus intrinsecus” che individuiamo come il paradiso, il quale viene spalancato verso il nostro mondo.

Correggio, Affresco nella cupola di San Giovanni Evangelista in Parma. Visione da est. La chiamata al cielo di San Giovanni. La tazza fu affrescata nel 1520, il tamburo ed i pennacchi nel 1521. Si noti la schiera dei nudi apostoli.
Correggio, Affresco nella cupola di San Giovanni Evangelista in Parma. Visione da est. La chiamata al cielo di San Giovanni. La tazza fu affrescata nel 1520, il tamburo ed i pennacchi nel 1521. Si noti la schiera dei nudi apostoli.

Vorremmo insieme capire questa scelta particolare. Sappiamo come dalle antiche icone orientali sino ai mosaici e agli affreschi del medioevo la corte celeste appaia molte volte tutt’intorno alla figura del Cristo trionfante nei cieli; ma la grande mutazione del rinascimento aveva fortemente umanizzato il rapporto tra il Signore e coloro che Egli stesso aveva scelto per la propagazione della fede, dagli Apostoli ai santi testimoni, coinvolgendo in questo anche i profeti e i patriarchi biblici. Possiamo vedere pertanto come tre geniali protagonisti di questa nuova stagione abbiamo disteso la corona di quelli che chiameremo gli interlocutori del Verbo incarnato. Essi sono: Leonardo, Michelangelo, Raffaello. La nostra è inizialmente una breve ricerca formale.

Poiché le forme hanno una loro genetica, un legame vitale e vincolante che scorre durante gli anni negli esercizi artistici e si trasfonde (si veda la Vie des formes del grande Focillon), e poiché “nullo homo”, per dirla francescanamente, può sottarsi al proprio tempo storico e alla terra natale, ecco che lo scoppio creativo del Correggio nella cupola di San Giovanni Evangelista in Parma, negli anni 1520-1521, abbisogna anch’esso delle relative giustificazioni spazio-temporali, che sono inevitabili. Ma, trattandosi appunto di forme, tali dimensioni, o caratteri, debbono trovarsi nei Maestri precedenti e applicarsi al clima sorgivo (che porta diversi nomi) di quel fenomeno poliedrico e geniale che si chiama Rinascimento italiano.

Per divagare, con un assioma potremmo dire che “se nessuno poteva dipingere come Giotto prima di Giotto”, nessuno poi dopo di lui potè dipingere senza la sua eredità. Nel caso del Correggio ad un nome solo prima dell’Allegri dobbiamo sostituire, come abbiamo detto, almeno i tre altissimi di coloro che lasciarono opere imprescindibili tra la fine del Quattrocento e i primi due decenni del secolo successivo: Leonardo, Michelangelo, Raffaello. Sicuramente la Stanza della Segnatura e la volta della Cappella Sistina per il Correggio, giunto a Roma nel 1513, furono le imprimiture più forti, recentissime e incancellabili, stante la loro epica magnitudine simbolica. In esse il ventiquattrenne pittore del nord trovò, oltre ad una serie di dati anagogici impressionanti, il registro delle posture e dei volti degli “uomini di Cristo”. Nella Disputa del Santissimo Sacramento, di Raffaello, il consesso superiore intorno al trono di Gesù gli offriva un catalogo tranquillo, seppur solenne, di maschi paludati ed eminenti.

Nella volta della Sistina per contro la sequenza michelangiolesca dei Profeti e delle Sibille mostrava un alternato e sussoltorio rovello di spiriti; ma ciascuno di questi isolato entro le clausole marmoree del proprio scanno. Esempi grandiosi certamente, ma insufficienti ad essere semplicemente riportati in altro contesto.

Raffaello. Particolare affrescato dalla Disputa del Santissimo Sacramento nella Stanza della Segnatura (1509). Qui i personaggi che stanno intorno a Cristo sono paludati e paghi della loro maestà.
Raffaello. Particolare affrescato dalla Disputa del Santissimo Sacramento nella Stanza della Segnatura (1509). Qui i personaggi che stanno intorno a Cristo sono paludati e paghi della loro maestà.


Michelangelo, la volta della Cappella Sistina. Le figure stanno entro gli specchi delle membrature architettoniche aperte.
Michelangelo, la volta della Cappella Sistina. Le figure stanno entro gli specchi delle membrature architettoniche aperte.


Michelangelo. Particolari affrescati dalla volta della Cappella Sistina, il profeta Ezecheile (1512). Il profeta Ezechiele e il profeta Gioele, al pari degli altri personaggi biblici, appaiono inquieti e impegnati in un certamen misterico.
Michelangelo. Particolari affrescati dalla volta della Cappella Sistina, il profeta Ezecheile (1512). Il profeta Ezechiele e il profeta Gioele, al pari degli altri personaggi biblici, appaiono inquieti e impegnati in un certamen misterico.


Michelangelo. Particolari affrescati dalla volta della Cappella Sistina, il profeta Gioele (1512).
Michelangelo. Particolari affrescati dalla volta della Cappella Sistina, il profeta Gioele (1512).

Insufficienti dicevamo. Ecco il punto critico: il loro superamento! Il trovare da parte del “pittore del nord” quel volo nuovo che portasse alla sussunzione certa delle più alte note di quello che è stato definito giustamente “l’umanesimo cristiano del rinascimento”, tralasciando del tutto la semplice imitazione di una cintura di spiriti, i quali, nel pensiero correggesco, non possono soltanto stare, ma debbono partecipare con evidenza ad un momento glorioso e preterumano. Allora l’Allegri mette da parte l’olimpico eloquio della Disputa, e semmai a Santa Maria della Pace si compiace intimamente dei rimandi sinuosi e inanellati delle Sibille di Raffaello, così serene e libere. D’altra parte, di fronte alla trama eternale delle movenze e degli sguardi profetici di Michelangelo sulla volta della Sistina (inalveolata entro la più gigantesca architettura pittorica di pietre ordinate e superbe che mai sia stata voluta nella storia dell’arte) il giovane Antonio percepiva lo stacco dall’intrisione divina e la non raggiunta beatitudine dei protagonisti dell’attesa e della redenzione. Un problema importantissimo di contenuto espressivo.

A questo punto dobbiamo appuntarci a riguardare l’intensità della formazione giovanile del Correggio sulla scorta veritiera della basilare tesi di David Alan Brown (1983); dobbiamo risalire a Leonardo e alla commovenza intima che Egli ha saputo dare ai personaggi delle sue ricerche, dei suoi appunti, dei suoi dipinti, e soprattutto dobbiamo rivedere il responsorio dialettico degli Apostoli-convitati al Cenacolo di Milano (1495-1498), dove ogni carattere personale è rimarcato e vibra di un riscontro interiore per l’istante epocale che sta avvenendo. Il grande dipinto murale del Convento domenicano di Santa Maria delle Grazie davvero appare come una antologia dei moti dell’animo che sono rivolti a Gesù, presente, in un passaggio drammatico della sua vita mortale. Il Correggio ne aveva compreso tutta l’intensità.

Leonardo. Il Cenacolo. Una “azione sacra” che si svolge eminentemente entro gli animi dei presenti.
Leonardo. Il Cenacolo. Una “azione sacra” che si svolge eminentemente entro gli animi dei presenti.


Leonardo. Il Cenacolo. Gli Apostoli Bartolomeo, Giacomo di Alfeo, e Andrea. Volti e mani parlano, rivelando l'inquietudine dei cuori e delle menti.
Leonardo. Il Cenacolo. Gli Apostoli Bartolomeo, Giacomo di Alfeo, e Andrea. Volti e mani parlano, rivelando l’inquietudine dei cuori e delle menti.


Leonardo. Il Cenacolo. Gli Apostoli Tommaso, Giacomo di Zebedeo, e Filippo. L'angoscia di quest'ultimo.
Leonardo. Il Cenacolo. Gli Apostoli Tommaso, Giacomo di Zebedeo, e Filippo. L’angoscia di quest’ultimo.


Leonardo. Disegno di ricerca espressiva per l'Apostolo Filippo, colui che con estremo trasporto aveva chiesto a Gesù: “mostraci il Padre”. Qui la sua trepidazione.
Leonardo. Disegno di ricerca espressiva per l’apostolo Filippo, colui che con estremo trasporto aveva chiesto a Gesù: “mostraci il Padre”. Qui la sua trepidazione.

Cogitando sulla cupola di San Giovanni il Correggio viene portato sì a comporre l’azione dell’incontro-chiamata dell’Evangelista ma, grazie alla sua formazione teologica, non può non comprendere l’intera epifania divina che ne deriva. La presenza di Gesù è la presenza del Cristo risorto, trionfale, che abita l’immensa gloria dei cieli, e dunque il “luogo” che lo circonda deve essere quello dell’eterna felicità, e della gioia spirituale che intride sommamente chi lo accompagna. Per il pittore è una gioia riversata nelle presenze umane, corporali, sublimate dallo status meraviglioso e calmo del godimento della visione beatifica. Ecco dunque la condizione paradisiaca che viene scelta dal pittore, il quale già poco prima aveva risolto stupendamente la Stanza della Badessa, nel benedettino monastero di San Paolo, con il corteo rotante degli spiriti innocenti entro il giardino dell’Eden.

Il grande consesso degli Apostoli sulle nubi nella cupola di San Giovanni è similmente un mistico “convenerunt in unum” che si reifica nelle monumentali figure degli Undici, chiamati divinamente ad accogliere il vegliardo Giovanni nel suo transito al cielo, e che ha una ragion d’essere (e dunque d’apparire) nella pura seppur ciclopica presenza dei corpi. La presenza qui è l’essere!

Qual è dunque la giustificazione di questo coro a circuito, circonfuso dalle eteree nubi ma così potente dal sopperire ad ogni funzione, agli atti, al fare? E’ l’immersione della vita umana nell’eternità beata. Qui i personaggi apostolici non debbono avere espressioni di ansia o di dubbio, ma nemmeno di pomposa satisfazione giacché ogni grazia viene da Dio, e non è di se stessi. Il Correggio si attiene intimamente a tale equilibrio, spirituale e mimico, che ci obbliga ad un riscontro critico alto e impegnato.

Correggio. La volta della Camera della Badessa nel monastero di San Paolo in Parma (1518), ove davvero il “puerile decus” letifica il giardino mistico dai frutti succosi e innalza l'Hosanna pium.
Correggio. La volta della Camera della Badessa nel monastero di San Paolo in Parma (1518), ove davvero il “puerile decus” letifica il giardino mistico dai frutti succosi e innalza l’Hosanna pium.


Correggio. L'affresco della cupola della Basilica di San Giovanni in Parma (1520) dove si coglie l'imponente ruolo circuitale degli Apostoli, necessariamente nudi perché gloriosi. Qui Gesù chiama San Giovanni, posto sotto le nubi.
Correggio. L’affresco della cupola della Basilica di San Giovanni in Parma (1520) dove si coglie l’imponente ruolo circuitale degli Apostoli, necessariamente nudi perché gloriosi. Qui Gesù chiama San Giovanni, posto sotto le nubi.


Correggio. San Paolo, San Pietro al centro, e San Filippo. Queste figure sono composte e consapevoli; paiono più rivolte al fedele di laggiù, con posture e gesti esemplari, partecipativi.
Correggio. San Paolo, san Pietro al centro, e san Filippo. Queste figure sono composte e consapevoli; paiono più rivolte al fedele di laggiù, con posture e gesti esemplari, partecipativi.


Correggio. Disegno di studio per il san Paolo e il san Pietro. Vi si coglie il metodo stesso di Leonardo, con una scioltezza di mirabile commozione interiore.
Correggio. Disegno di studio per il san Paolo e il san Pietro. Vi si coglie il metodo stesso di Leonardo, con una scioltezza di mirabile commozione interiore.


Correggio. I Santi Simone e Bartolomeo. Sotto alle nubi il San Giovanni che, nell'ultimo giorno della sua vita terrena, mira il consesso celeste. E' il raccordo più stretto fra cielo e terra.
Correggio. I Santi Simone e Bartolomeo. Sotto alle nubi il san Giovanni che, nell’ultimo giorno della sua vita terrena, mira il consesso celeste. È il raccordo più stretto fra cielo e terra.


Correggio. Gli Apostoli Taddeo e Giacomo d'Alfeo, più a destra Tommaso. Splendido passaggio pittorico ove si coglie la suprema e partecipante serenità degli Apostoli santificati.
Correggio. Gli Apostoli Taddeo e Giacomo d’Alfeo, più a destra Tommaso. Splendido passaggio pittorico ove si coglie la suprema e partecipante serenità degli Apostoli santificati.


Correggio. Disegno in preparazione dell'affresco della cupola di San Giovanni in Parma. Uno studio estremamente musicale nell'abbandono estatico dell'Apostolo rivolto alla visione beatifica.
Correggio. Disegno in preparazione dell’affresco della cupola di San Giovanni in Parma. Uno studio estremamente musicale nell’abbandono estatico dell’Apostolo rivolto alla visione beatifica.

Secondo quanto scrive san Paolo il Correggio è ben cosciente “che il mistero del Cristo sta avvolto nel silenzio dei secoli eterni”, e che ogni apparizione umana del Verbo è una parusìa d’amore e di gloria. Così egli, il dipintore, concepisce la presenza di Gesù scendente dal cielo come un atto eternale che implica la stessa infinita maestà di Dio. Se volessimo decrittare la scena della cupola in ordine temporale, gradiente, dovremmo logicamente porre per primo San Giovanni che attende sulla terra, eppoi dal cielo la venuta elevata degli altri Apostoli sopra di lui: a questo punto essi formano una corona di attesa, la più potente, la più intensa, la più alta etimasìa della storia dell’arte cristiana per la venuta del Verbo. Essi sono il trono stesso di Dio !

Correggio. La parte centrale della cupola della Basilica di San Giovanni. È una visione di gloria. Qui veramente la suprema teofania bizantina del φάοϛ άσκοποϛ (lo splendore senza limiti) viene riportata alla Gerusalemme Celeste dove nessun astro, ma Dio stesso è luce totale, universale. Come Raffaello nella Trasfigurazione ha toccato questo limite nella luce circonfusa, così il Correggio lo esplode nella luce irraggiungibile della sede divina.
Correggio. La parte centrale della cupola della Basilica di San Giovanni. È una visione di gloria. Qui veramente la suprema teofania bizantina del φάοϛ άσκοποϛ (lo splendore senza limiti) viene riportata alla Gerusalemme Celeste dove nessun astro, ma Dio stesso è luce totale, universale. Come Raffaello nella Trasfigurazione ha toccato questo limite nella luce circonfusa, così il Correggio lo esplode nella luce irraggiungibile della sede divina.


Correggio. Particolare dalla cupola di San Giovanni Evangelista in Parma. Vediamo il volto intenso, capacitante, sereno, di Giacomo di Alfeo che guarda il suo Signore. Questa figura è simbolo di quelle nuove strade della figurazione che il suo autore, Antonio da Coreggio, ha ormai aperto per tutta la eveniente pittura occidentale.
Correggio. Particolare dalla cupola di San Giovanni Evangelista in Parma. Vediamo il volto intenso, capacitante, sereno, di Giacomo di Alfeo che guarda il suo Signore. Questa figura è simbolo di quelle nuove strade della figurazione che il suo autore, Antonio da Coreggio, ha ormai aperto per tutta la eveniente pittura occidentale.

Vogliamo così tornare al motivo di questa meditazione artistica. I tre grandi del rinascimento (Leonardo, Michelangelo e Raffaello) lasciano un’eredità cosmografica ricchissima, che affiora nelle espressioni umane in forme auliche o drammatiche, ma pur sospese sull’interrogativo dell’eternità. Il Correggio, il più giovane, è colui che s’immerge nell’eternità risolvendo problemi ideativi ed esecutivi che rigenerano in questa cupola tutta la pittura italiana sull’acme trepidante di una prosecuzione creativa che pareva impossibile. È la cupola di San Giovanni il documento mirabile di questo trapasso vitale, dove storia e presenza, immagine e moto, latitudine e spazio, luce ed emozione cosciente, declinano insieme il nuovo verbo dell’arte.

Ora, quando dovunque si celebrano ricorrenze anche minori e ricercate, la città di Parma (capitale della cultura italiana per un anno, ma capitale mondiale per sempre del Correggio, ovvero della palingenesi dell’arte d’occidente) deve rendersi conto di un Quinto Centenario che ha un’importanza imparagonabile e che si impone nella storia universale dell’arte. Parma deve rendersi conto di quale patrimonio artistico è detentrice se vuole mostrarsi “capitale”.


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L'autore di questo articolo: Giuseppe Adani

Membro dell’Accademia Clementina, monografista del Correggio.





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