La Collezione Strada: la bellezza e la fragilità dei vetri antichi, un mondo che incanta


Il Museo Archeologico Nazionale della Lomellina si è di recente arricchito con l’arrivo della Collezione Strada, una raccolta di 260 reperti archeologici tra i quali spicca un prezioso nucleo di vetri romani. Con anche alcuni pezzi unici, come la coppa di Aristeas.

Sono infinite le scoperte umane la cui storia è avvolta dalla magia e dal mistero, e una di queste è quella delle origini del vetro, che affonda le sue radici nel III millennio a.C. in Egitto e Mesopotamia e si riflette tra i pezzi della Collezione Strada, sontuosa raccolta di reperti archeologici che conserva uno dei più preziosi nuclei di oggetti in vetro di età romana che si conoscano. La Collezione, proprio di recente, è stata acquisita dal Ministero della Cultura per il Museo Archeologico Nazionale della Lomellina di Vigevano. E la leggenda che si cela dietro questi pezzi è quella raccontata da Plinio il Vecchio nel trentaseiesimo libro della sua Naturalis Historia, dove si narra di come il vetro sia stato scoperto da un gruppo di mercanti fenici che decisero di accamparsi sulle rive del fiume Belo, in Siria, mentre tornavano dall’Egitto con un grosso carico di carbonato di sodio. Siccome non avevano nulla a disposizione per appoggiare gli utensili per la preparazione del cibo, decisero di accendere il fuoco sotto ad alcuni blocchi di carbonato di salnitro. Il piccolo rogo continuò a bruciare per tutta la notte e il mattino seguente i mercanti, svegliandosi, si accorsero che la sabbia del fiume e il carbonato di sodio si erano trasformati in qualcosa di trasparente e lucente. Avevano appena scoperto il vetro.

Questa, in realtà, non è altro che una bella storia perché quella del vetro era una tecnica che si diffuse fin dal III millennio a.C. e con il passare dei secoli non fece altro che diventare sempre più raffinata, fino ad arrivare al I secolo d.C. Ai capolavori dell’artigiano Ennione. Le celebri coppe di questo artefice erano realizzate con la fine tecnica della soffiatura a stampo, esclusiva della sua bottega. E l’orgoglio, nel vedere quelle perfette creazioni, era così intenso che Ennione non mancò mai di imprimervi la sua firma, fatto molto particolare ed estremamente inusuale per l’epoca.

Ben presto, però, una coppa analoga a quelle del famoso artigiano Ennione, ma firmata “Aristeas”, andò a togliere l’esclusività di tale produzione. Aristeas veniva probabilmente da Cipro, perché in una coppa si firma “cipriota” e questo suo ribadire la provenienza suggerisce che si sia spostato in area mediorientale da dove provengono altri oggetti documentati nel territorio pavese.

La coppa di Aristeas, risalente al secondo quarto del I secolo d.C., è stata ritrovata ad Albonese, in provincia di Pavia, alla fine dell’Ottocento, ed è un unicum non solo perché firmata, ma perché delle cinque opere di Aristeas che si conoscano, solamente questa è stata trovata intera e in condizioni perfette. Questa coppa cilindrica, biansata, di vetro color verde oliva, soffiata in uno stampo tripartito e dal design estremamente moderno, ci racconta tantissime storie. Ci racconta dei fittissimi traffici commerciali nella prima età imperiale su strade e vie estremamente funzionali, ma ci racconta anche che probabilmente fu un dono funerario ed è proprio per questo che ci perviene intatta. La decorazione è legata strettamente a quelle di Ennione e anche le misure con la sua altezza di sei centimetri e il diametro di nove, sono le medesime utilizzate dal famoso artigiano. Nelle coppe di Ennione però la decorazione presenta un unico motivo a large baccellature che coprono tutta la parte cilindrica, mentre nella coppa di Aristeas la decorazione è divisa in tre fasce. La superiore e la inferiore ripetono il motivo a sottilissime baccellature visto da Ennione, ma incrociano la mediana, più alta, ornata da fregi naturalistici ricchissimi. Il girale d’acanto è, invece, imitazione in vetro di un motivo caro agli ornamenti tipici del vasellame metallico.

Alcuni oggetti della Collezione Strada
Alcuni oggetti della Collezione Strada
Coppa biansata, decorata a baccellature e girali vegetali, al centro la firma dell’autore Aristeas (secondo quarto del I secolo d.C.; vetro soffiato a stampo; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina). Foto: Luciano Caldera e Luigi Monopoli, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese
Coppa biansata, decorata a baccellature e girali vegetali, al centro la firma dell’autore Aristeas (secondo quarto del I secolo d.C.; vetro soffiato a stampo; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina). Foto: Luciano Caldera e Luigi Monopoli, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese
Coppa (prima metà I secolo d.C.; vetro blu; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina). Foto: Luciano Caldera e Luigi Monopoli, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese
Coppa (prima metà I secolo d.C.; vetro blu; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina). Foto: Luciano Caldera e Luigi Monopoli, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese
Coppetta costolata decorata da filamento bianco (prima metà I secolo d.C.; vetro propora; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina). Foto: Luciano Caldera e Luigi Monopoli, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese
Coppetta costolata decorata da filamento bianco (prima metà I secolo d.C.; vetro propora; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina). Foto: Luciano Caldera e Luigi Monopoli, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese
Olpe costolata (I secolo d.C.; vetro soffiato; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina). Foto: Luciano Caldera e Luigi Monopoli, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese.
Olpe costolata (I secolo d.C.; vetro soffiato; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina). Foto: Luciano Caldera e Luigi Monopoli, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese.

La coppa di Aristeas è la punta di diamante della Collezione Serafini, a sua volta appartenente alla Collezione Strada affidata al Museo Archeologico Nazionale della Lomellina a Vigevano. Il nobile collezionista Antonio Strada espose la sua raccolta al castello visconteo di Scaldasole, uno dei possedimenti di famiglia insieme a distese di campi coltivabili. Nacque tutto proprio da qui: per dare continuità all’attività agricola di famiglia, Antonio studiò agronomia e si laureò a Milano nel 1928, ed è dallo stretto contatto con i campi, che già durante l’Ottocento avevano restituito importanti reperti, che Strada sviluppò la sua passione per l’archeologia e lo studio degli oggetti ritrovati.

“Ai reperti già posseduti dai suoi antenati”, spiega l’archeologa Rosanina Invernizzi, che ha co-curato (assieme ad Emanuela Daffra, Elisa Grassi e Stefania Bossi) l’esposizione della collezione, “Antonio Strada aggiunse altri nuclei acquistati da collezionisti del territorio della Lomellina: tra essi, in particolare, la raccolta Steffanini di Mortara (che comprendeva la coppa di Aristeas) e la raccolta Volpi-Nigra di Lomello, che includeva anche reperti di provenienza magno greca. Altri piccoli nuclei furano aggiunti nel tempo frutto di acquisti, doni o scambi. Non mancano, come spesso accade nelle collezioni, pezzi falsi o di dubbia antichità, ma nell’insieme la raccolta Strada ci mostra un quadro di attivi scambi tra i proprietari e soprattutto quell’interesse per le antichità patrie caratteristico degli anni tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento”.

Iniziò così ad espandere la sua piccola raccolta che doveva attenersi a due particolarità ben specifiche: che i ritrovamenti fossero entro i confini della Lomellina e che il recupero degli oggetti dovesse essere accompagnato dal loro studio dai manoscritti presenti nel castello. Questa continua e febbrile acquisizione di ritrovamenti del territorio ha permesso ad Antonio Strada di creare una vera e propria collezione di collezioni, la più antica della Lomellina. Una raccolta di raccolte con grandissima omogeneità geografica, costituita da 260 oggetti appartenenti ad un arco cronologico che va dalla preistoria all’età rinascimentale, passando soprattutto dall’età della romanizzazione della Lomellina (II-I secolo a.C.) e dalla prima epoca imperiale (I-II secolo d.C.).

Inserita nella sognante e più antica delle Scuderie del Castello Sforzesco di Vigevano, la collezione mira a “far dialogare gli oggetti, con la restante parte del museo creando un percorso espositivo cronologico e tipografico”, afferma Invernizzi. Si parte così dalla prima vetrina del periodo che va dalla preistoria alla Magna Grecia; quindi con alcune provenienze extraterritoriali che Strada acquisisce dalla Collezione Negri. Il percorso prosegue attraverso le case e le tombe tra oggetti di metallo e terracotta, tra i quali spiccano una forchetta barocca e un vaso “a trottola”. Il nome particolare è dato dalla sua forma dall’imboccatura stretta e il corpo molto largo, tipica della cultura tardo celtica. Si tratta di un vaso, della seconda metà del I secolo a.C. proveniente dalla Collezione Steffanini, in ceramica depurata e liscia che serviva come contenitore per il vino.

Disco di specchio con bordo decorato da fori (I-II secolo d. C.; bronzo; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina)
Disco di specchio con bordo decorato da fori (I-II secolo d. C.; bronzo; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina)
Balsamario sferico con filamento bianco a spirale (prima metà I secolo d.C.; vetro blu; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina). Foto: Luciano Caldera e Luigi Monopoli, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese
Balsamario sferico con filamento bianco a spirale (prima metà I secolo d.C.; vetro blu; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina). Foto: Luciano Caldera e Luigi Monopoli, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese
Lucerna di produzione africana decorata da delfini e da un cervide in corsa (metà V-fine VI secolo d.C.; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina). Foto: Luciano Caldera e Luigi Monopoli, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese
Lucerna di produzione africana decorata da delfini e da un cervide in corsa (metà V-fine VI secolo d.C.; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina). Foto: Luciano Caldera e Luigi Monopoli, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese
Balsamario biansato con anse bianche (prima metà I secolo d.C.; vetro blu; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina). Foto: Luciano Caldera e Luigi Monopoli, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese
Balsamario biansato con anse bianche (prima metà I secolo d.C.; vetro blu; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina). Foto: Luciano Caldera e Luigi Monopoli, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese
Coppa costolata (da Garlasco; inizi I-inizi II secolo d.C.; vetro azzurro lavorato a stampo; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina)
Coppa costolata (da Garlasco; inizi I-inizi II secolo d.C.; vetro azzurro lavorato a stampo; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina)
Brocca piriforme monoansata con decorazione applicata a macchie bianche (da Scaldasole; metà I secolo d.C.; vetro soffiato color ambra; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina)
Brocca piriforme monoansata con decorazione applicata a macchie bianche (da Scaldasole; metà I secolo d.C.; vetro soffiato color ambra; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina)
Anforetta con decorazione applicata in vetro bianco, che forma un motivo piumato (da Scaldasole; metà I secolo d.C.; vetro soffiato porpora; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina)
Anforetta con decorazione applicata in vetro bianco, che forma un motivo piumato (da Scaldasole; metà I secolo d.C.; vetro soffiato porpora; Vigevano, Museo Archeologico Nazionale della Lomellina)

Si attraversa la zona delle lucerne utilizzate per illuminare il percorso nell’aldilà e scacciare gli spiriti maligni arrivando poi, dietro la coppa di Aristeas, all’eleganza e la trasparenza dei contenitori di vetro per cibi e per la bellezza. Una sezione, questa, che per esposizione ed estrema modernità dei pezzi in mostra fa a gara con i negozi di design dei giorni nostri. Il vasellame in vetro rappresenta, infatti, il pezzo forte della collezione, soprattutto per pregevolezza e rarità dei reperti. Gli oggetti appartengono al territorio della Lomellina, anche se non possiamo sapere con estrema certezza che venissero lavorati in questa zona, ad eccezione di un balsamario acquistato ad Aquileia.

Sono esposti recipienti per la tavola come brocche finemente decorate, ma anche contenitori per unguenti e profumi, dei particolari bastoncini a torciglione come allusione simbolica a rocche o conocchie per la filatura appartenenti all’universo tipicamente femminile e soprattutto coppe costolate caratteristiche della zona. Di particolare bellezza è una brocca piriforme (a forma di pera) della metà del I secolo d.C., utilizzata per servire bevande a tavola, proprio perché il vetro era particolarmente indicato per la conservazione di liquidi. L’intenso fondo ambrato della brocca è intervallato da una decorazione bianca realizzata applicando granelli in vetro al fondo vetroso e successivamente soffiato. Questa tecnica fa sì che la sua superficie risulti estremamente irregolare e di grandissima modernità.

La visita si conclude esplorando le vetrine della ceramica, dalla tradizione locale a quella del “servizio bello”, alla ceramica comune a quella più grezza, ma funzionale. Appartenente a quest’ultima sezione è un’olla della prima metà del I secolo d.C. della collezione Steffanini. Un oggetto, questo, che non poteva mancare in ogni abitazione e veniva utilizzato come un’odierna pentola per la conservazione di cibi o per la cottura di zuppe o della tipica puls, una polenta di frumento. L’olla, oltre che in cucina, poteva essere destinata anche alla funzione di cinerario per raccogliere le ceneri dei defunti.

La collezione Strada, esposta ora nella Scuderia fino al 4 dicembre 2023 con ingresso gratuito, entrerà poi a far parte della collezione permanente del museo permettendo al visitatore di continuare a imparare e scoprire quel mondo che aveva rapito e incantato per sempre Antonio Strada e creando, perché no, suggestioni sempre nuove.


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