La stregoneria e il sabba hanno influenzato l’arte nel corso dei secoli suscitando nell’uomo le classiche immagini di mistero, paura e trasgressione. I dipinti fiamminghi e le incisioni rinascimentali ritraggono le streghe come personaggi delle credenze popolari, ma anche come simboli del potere, della ribellione e della paura verso l’ignoto. Ma quale significato si attribuisce veramente al sabba?
Se pensate che danze notturne a sfondo demoniaco e orgiastico siano, ancora oggi, la verità, scordatevelo. Il sabba, celebrazione legata ai riti ancestrali, si collegava originariamente alle pratiche agricole e al ciclo naturale delle stagioni. La parola si diffonde probabilmente in Francia (nel bel mezzo di un processo) intorno al XIV e XV secolo e deriva dal latino sabbatum, che a sua volta risale al greco sábbaton, un termine usato per indicare il giorno di riposo ebraico shabbat, il sabato. Il termine significa perciò “cessare” o “riposare”.
Il sabba di Samhain, ad esempio, era uno degli otto “Sabbat” di origine celtica; le otto festività erano infatti celebrazioni pagane legate al movimento della Terra intorno al sole. Il termine deriva dal gaelico Samhain che significa “fine dell’estate”. I Celti, influenzati principalmente dal sole, dai cicli lunari e delle stelle, segnavano attraverso i corpi celesti lo scorrere dell’anno agricolo che iniziava appunto con Samhain in novembre, alla fine dei raccolti, quando il terreno veniva preparato per l’inverno. Si celebrava il 31 ottobre e segnava la transizione verso l’inverno e il ritorno del tempo delle ombre. Come facciamo a saperlo? Il Calendario di Coligny, epigrafe in bronzo del II secolo d.C. rinvenuta nel 1897 a Coligny, è l’unica fonte archeologica che fa riferimento alla numerazione del tempo nella civiltà Celtica. Al suo interno difatti l’unica festa indicata è proprio il Trinuxtion Samoni, o Samonios o appunto Samhain.
Strettamente legati alle celebrazioni romane dei Lemuria (tenute nei giorni 9, 11 e 13 maggio), durante i giorni di Samhain, i confini tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottigliavano. Tutto questo favoriva contatti con gli spiriti e consentiva un’interazione maggiore con l’aldilà che si rifletteva nei rituali di protezione e divinazione. Le streghe, profondamente legate ai cicli della natura e alle pratiche erboristiche, trovano un’affinità tematica attraverso il dipinto di Joseph Tomanek (Strážnice, 1889 – Berwyn, 1974), Fire Dance, che incarna lo spirito di libertà e la connessione primordiale tra uomo e natura.
Con l’avvento del cristianesimo, Samhain subì una trasformazione, integrandosi nelle celebrazioni della festa di Ognissanti, All Hallows’ Eve (“Vigilia di Ognissanti”), che si svolgeva alla vigilia del primo novembre. La fusione dei termini portò poi alla nascita della parola Halloween, una flessione di All Hallows’ Eve. A partire dal Rinascimento, l’interpretazione del sabba subì un cambiamento significativo, venendo frequentemente associato alla figura del diavolo e ai raduni notturni di streghe e demoni, dove si credeva che si celebrassero rituali satanici e si svolgessero attività blasfeme. La strega, figura estremamente complessa, veniva rappresentata perciò come l’incarnazione del male, legata a riti occulti e a poteri in grado di sovvertire le norme morali e religiose, ma anche come un simbolo di sfida contro la società patriarcale. Il suo termine deriva dal latino striga, una parola che indicava una tipologia di uccello notturno (l’allocco), simbolo della notte e spesso associato alle arti magiche. Con il tempo, la parola acquisì un significato legato alle pratiche occulte e alla magia. Indicava infatti figure femminili ritenute in possesso di capacità sovrannaturali e in grado di esercitare il controllo sulle forze della natura. Gli artisti hanno quindi indagato il tema della stregoneria, utilizzandolo per riflettere le ansie sociali e le tensioni culturali del loro tempo. Le prime raffigurazioni delle streghe nacquero in realtà in età Medievale e tra le prime rappresentazioni delle incantatrici vi sono le figure dell’opera Le Champion des dames di Martin Le Franc. Tra il XV e il XVI secolo, il pubblico tedesco venne poi catturato dal Malleus Maleficarum, Il martello delle malefiche, pubblicato, in latino, dal frate Heinrich Kramer per la prima volta nel 1487. Lo scopo del trattato, o meglio, della raccolta di credenze? Reprimere l’eresia, il paganesimo e la stregoneria in Germania. L’opera forniva infatti le descrizioni dei rituali e dei poteri delle streghe e sosteneva la necessità di un’azione di sterminio nei confronti delle adulatrici del demonio.
Oggi, l’industria dell’intrattenimento continua ad attingere a questo universo di streghe e diavoli. Ad ogni modo, è fondamentale ricordare che le rappresentazioni di oggi affondano le loro origini in una tradizione più complessa, che risale al secolo dei Lumi, caratterizzata da un immaginario sensuale e allo stesso tempo inquietante. Nato durante le rivoluzioni della fine del XVIII secolo, il periodo denominato Romanticismo Nero, si configura perciò come una corrente dell’arte occidentale, alimentata dalle inquietudini tipiche dei periodi di crisi e che trae risposte dalla forza dell’immaginazione oscura. Il movimento fu rielaborato da un gruppo di simbolisti negli ultimi anni del XIX secolo e successivamente influenzò la rivoluzione surrealista dopo la Prima guerra mondiale. Per questo motivo, noi di Finestre sull’Arte vogliamo celebrare la giornata di Halloween con cinque rappresentazioni dei sabba stregoneschi non legati al culto di Samhain. Attraverso i cinque dipinti ripercorriamo l’evoluzione artistica delle streghe per dimostrare come ogni epoca abbia affrontato la magia, la superstizione e il potere femminile.
Claes Jacobsz van der Heck (Alkamaar, 1575 – 1652), artista olandese del XVII secolo, crea nel 1636 una visione unica del sabba: l’Heksensabbat, un dipinto di grande complessità iconografica. Van der Heck attinge dalla pittura di Hieronymus Bosch e Pieter Brueghel il Vecchio, per rappresentare i mostri e i demoni, mentre il paesaggio panoramico con rovine classiche ricorda il lavoro di artisti fiamminghi attivi a Roma all’inizio del XVI secolo, come Paulus Bril e Willem van Nieulandt II. L’opera è guidata da un demone incoronato sotto forma di una gigantesca rana seduta su un globo su un piedistallo mentre le figure adoranti si inginocchiano davanti al piedistallo. In primo piano (a destra), altre figure accompagnate da gatti, un sacerdote e una creatura simile a una sfinge, sono inginocchiate in adorazione davanti alle candele. Un corteo di stregoni occupa invece il centro della scena in primo piano e tra di loro è presente una donna con le braccia scorticate che cavalca una bestia con molteplici teste. La figura ricorda la creatura su cui cavalca la meretrice di Babilonia, raffigurata ulteriormente in una rappresentazione russa del XIX secolo e in un’incisione lignea del XVI secolo. L’analogia con la donna era probabilmente intenzionale per Van der Heck, la Meretrice di Babilonia veniva infatti usata per rappresentare la falsa religione e quindi i falsi idoli legati alla stregoneria. Sul rudere a sinistra, una strega lava la schiena di una donna nuda e un’altra mescola un calderone. Altre streghe vengono mostrate mentre volano nel cielo attorno all’obelisco, sul cui piedistallo una creatura demoniaca scopre le natiche, un’altra suona un corno e una terza urina nella bocca aperta di una creatura distesa sotto l’obelisco. Van der Heck fu affascinato dai temi del sabba delle streghe e dalla Tentazione di Sant’Antonio per tutta la sua carriera.
Claude Gillot (Langres, 1673 – Parigi, 1722), incisore e pittore francese, si avvicina al mondo dei sabba e della stregoneria con Les Sabbats, una serie di incisioni iniziate nel 1698 e terminate nel 1722. L’ambientazione di un episodio di Les Sabbats è una foresta selvaggia abitata da creature demoniache. Il sabba delle streghe di Gillot presenta una figura maschile cornuta che controllare la tortura di due uomini legati a un filatoio mentre sulla sinistra due donne si trovano su una scopa. Una figura è a cavallo di uno scheletro di quadrupede e un uomo con corna di cervo cavalca un cavallo dal muso di leone. Gillot raffigura il sabba come una parodia dei rituali religiosi in cui le streghe, spesso descritte come figure grottesche e deformi, si radunano in danze frenetiche. Le figure appaiono contorte all’interno di una caos organizzato dallo stesso Gillot. Il sabba in questo caso non è pura malvagità. Appare, piuttosto, come una festa oscura, un rituale, una finestra su una realtà diversa. Una porta verso il sovrannaturale. Una diversa incisione della serie di Les Sabbat rappresenta invece uno scenario appena diverso. La riunione delle streghe è guidata da un negromante seduto su una pietra, con un libro sulle ginocchia; sopra di lui vola un gufo mentre a destra invece, alcune figure danzano in cerchio.
El aquelarre di Francisco Goya (Fuendetodos, 1746 – Bordeaux, 1828), realizzato nel 1798, rappresenta una delle opere più conosciute legate al tema dei sabba e della stregoneria. La tela venne richiesta dal duca e dalla duchessa di Osuna per ornare la loro residenza di campagna e in seguito entrò nella collezione del duca di Tovar, che lo acquistò dopo il 1928 da José Lázaro Galdiano.
Al centro della scena si svolge il sabba: il diavolo, rappresentato come un caprone ornato di foglie di vite che rimandano all’iconografia di Bacco, guida un circolo di streghe. Di fronte a lui, una donna gli porge un neonato, mentre un’anziana stringe un bambino scheletrico tra le braccia. Un’altra figura femminile, dando le spalle al caprone, porta un bastone da cui pendono feti umani. Sullo sfondo, leggermente illuminato, appare invece un gruppo di figure femminili in tuniche bianche, con pipistrelli che volano sopra le loro teste. Il racconto descrive due donne che avvelenarono i propri figli per obbedire agli ordini del demone. Inoltre, il quadro riflette l’immaginario popolare dell’epoca, che vedeva nelle streghe figure accusate di succhiare il sangue dei bambini, causando loro una debilitazione estrema e irreparabile. Attraverso il suo stile, Goya accentua ombre e linee distorte, dando alla scena un’energia oscura e intensa. L’opera diventa così uno dei massimi esempi del Romanticismo nero, dove l’universo delle streghe assume un carattere psicologico e disturbante. Con El aquelarre, Goya esprime una critica sociale sottile rivolta verso le superstizioni e le paure del sovrannaturale. Con approccio illuminista, l’artista denuncia l’ignoranza e il fanatismo diffusi nella società spagnola e la figura della strega, che con volto e sguardo irrazionale, diventa il monito contro l’oscurantismo. El aquelarre fa parte della serie Asuntos de brujas para la Alameda de Osuna, Affari di streghe per l’Alameda de Osuna, prodotta dal 1797. Dell’intera sequenza fanno parte inoltre i dipinti Vuelo de brujas (Volo delle streghe) del 1797, El conjuro (L’incantesimo) del 1797-1798, La cocina de las brujas (La cucina delle streghe) del 1797-1798, El hechizado (Gli stregati) del 1798 e Don Juan y el Comendador (Don Juan e il comandante) del 1797-1798.
Émile-Antoine Bayard ( La Ferté-sous-Jouarre, 1837 – Il Cairo, 1891), pittore francese di fine Ottocento, realizzò nel 1870 uno degli esempi più incisivi della sua carriera artistica: La danse du Sabbat. L’opera ritrae un sabba ispirato dalla tradizione popolare e dalla letteratura dell’epoca, in cui le streghe sono ritratte in una danza macabra. Le figure, disposte in cerchio, sono avvolte in abiti scuri e l’atmosfera è visibilmente tesa. La scena si svolge sotto un cielo notturno, illuminato da una luce spettrale che ne accentua l’atmosfera oscura. Il dipinto di Bayard si inserisce in un contesto storico e culturale in cui la paura delle streghe e dei poteri occulti erano presenti nella società francese. La rappresentazione di riti legati alla magia era infatti un tema piuttosto popolare tra gli artisti. In questo caso Bayard, conosciuto per il suo interesse per l’occulto e le leggende popolari, sfrutta per La danse du Sabbat la tradizione iconografica del sabba al fine di esprimere e ricreare l’energia inquietante e caotica delle danze notturne. Il ballo, simbolo di unione e di liberazione, viene trasformato quindi in un atto di dissolutezza: viene rappresentato sotto questo aspetto la perversione dei rituali. L’incisione apparve inizialmente in un volume del letterario francese Paul Christian, dal titolo Histoire de la Magie, Du Monde Surnaturel Et de la Fatalité à Travers Les Temps pubblicato per la prima volta nel 1870, con le illustrazioni a pagina intera di Bayard. Ad oggi l’opera è attribuita a Gustave Doré (Strasburgo, 1832 – Parigi, 1883), un’ipotesi credibile per via dello stile dell’incisione. Ciò nonostante, si tratta solo di una parziale verità: Bayard, contemporaneo di Doré, realizzò i disegni del volume di Paul Christian, mentre l’incisore François Pannemaker, conosciuto per la collaborazione in numerose opere di Doré e sulle edizioni Hertzel di Jules Verne, li trasferì in stampa.
Brujas yendo al Sabbath di Luis Ricardo Falero (Granada, 1851 – Londra, 1896), dipinto nel 1878, rappresenta una scena in cui la seduzione delle streghe si unisce alla sensualità e all’erotismo che caratterizzò le opere dell’Ottocento. Nel dipinto, oltre alle figure, compaiono diverse creature legate alla stregoneria tra cui una gatto nero, un pipistrello e un caprone. In primo piano risalta un gruppo di figure, con due streghe al centro: una cavalca il capro, mentre un’anziana strega aggrappata a uno dei suoi corni, si appoggia a una giovane dai capelli rossi. Sul lato destro dell’opera appaiono invece tre figure più macabre: lo scheletro di un pellicano, uno scheletro umano e una salamandra, considerata spirito di fuoco dagli alchimisti.
I nudi di Falero donano una prospettiva completamente diversa rispetto alle raffigurazioni dei secoli precedenti. L’artista, conosciuto per il suo interesse verso il corpo femminile, il sovrannaturale e l’occulto, ritrae una scena notturna dove le streghe, dalle sembianze giovanili e attraenti, si riuniscono sotto un cielo stellato, intente in un rituale orgiastico e allo stesso tempo mistico. Le figure femminili appaiono illuminate da una luce fredda che conferisce alla scena una dimensione quasi ultraterrena. Ecco dunque, le streghe di Falero non sono creature spaventose. Appaiono come figure seducenti, in armonia con l’ambiente notturno che le circonda. La rappresentazione di incantatrici belle e giovani riflette perciò un cambiamento di percezione nella società del XIX secolo, in cui il concetto di stregoneria comincia a legarsi a un’immagine più erotizzata e ambigua, più vicina al simbolismo decadente dell’epoca che alla paura medievale. Diversi sono gli schizzi e le opere vere e proprie che Falero ha creato intorno al mondo della strega e dei sabba: nel 1878 dipinge la bozza incompleta Estudio de una bruja, mentre l’opera dipinta su un tamburello dal titolo La brujas è del 1882.
L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia
Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.