Chi erano gli artisti preferiti di Hitler? La lista dei “benedetti da Dio”


Nel 1939, il Ministero della Propaganda Reich stilò la Gottbegnadeten-Liste, la Lista dei benedetti da Dio, che conteneva personalità provenienti dalle belle arti, dalla letteratura, dalla musica, dal teatro e dall’architettura. Gli artisti avevano il dovere di concentrarsi sulla produzione artistica per la propaganda nazista. Ecco chi furono gli artisti preferiti di Hitler.

Nel periodo precedente l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, il Ministero del Reich per l’Istruzione Pubblica e la Propaganda sotto la guida di Joseph Goebbels (Rheydt, 1897 – Berlino, 1945) creò una lista, la cosiddetta Gottbegnadeten-Liste (“Lista dei benedetti da Dio”), di artisti e intellettuali considerati essenziali per il regime nazista. La lista includeva operatori culturali ed era destinata a garantire che le figure chiave potessero continuare il loro lavoro senza essere chiamate a servizio militare nella Wehrmacht, le forze armate tedesche, e permetteva loro di concentrarsi sulla produzione culturale e artistica per la propaganda nazista. “Il Ministro del Reich”, si leggeva nella lettera di esonero, “nella sua qualità di Presidente della Camera della Cultura del Reich, L’ha esentata dal servizio militare a causa dei Suoi risultati artistici. Poiché Lei non è ancora in possesso di una corrispondente notifica da parte della Camera della Cultura del Reich, La prego di considerare questa lettera come una notifica ufficiale e di presentarla al Suo ufficio di collocamento competente”.

Il regime nazista sotto la guida di Adolf Hitler (Braunau am Inn, 1889 – Berlino, 1945) aveva una visione chiara e altrettanto rigida riguardo l’arte e la cultura, utilizzandole come strumenti per promuovere e legittimare il proprio potere e le proprie ideologie. La Gottbegnadeten-Liste stilata dal Ministero della Propaganda del ministro Joseph Goebbels nel 1939 e aggiornata nel 1944 era una manifestazione pratica ed evidente del controllo esercitato. Il regime si poneva quindi l’obiettivo di rappresentare e celebrare valori di forza, purezza razziale, celebrata attraverso il concetto del Übermensch (Oltreuomo) e disciplinata tramite un modello di arte che rispecchiasse l’estetica idealizzata del Terzo Reich. Di conseguenza, l’arte moderna, astratta e sperimentale, considerata “degenerata”, veniva respinta e messa al bando. Solo L’Île des morts (L’isola dei morti) di Arnold Böcklin (Basilea, 1827 – San Domenico di Fiesole, 1901) con la sua atmosfera enigmatica e la sua carica emotiva e ipnotica rappresentava un’eccezione. Hitler, che possedeva la terza versione del dipinto, lo riteneva il suo quadro più bello. Ma perché proprio L’Île des morts? Perché rifletteva l’attrazione del regime verso elementi che nonostante non fossero conformi alla propaganda nazista evocavano fascino, fanatismo, potere e simbolismi. E questo attraeva i nazisti.

La Grande Mostra d'Arte tedesca alla Haus der Kunst del 1937
La Grande Mostra d’Arte tedesca alla Haus der Kunst del 1937
Una scena dal film Olympia di Leni Riefenstahl
Una scena dal film Olympia di Leni Riefenstahl
Una scena dal film Olympia di Leni Riefenstahl
Una scena dal film Olympia di Leni Riefenstahl

Lo stesso Führer, che in gioventù desiderava diventare un pittore e che vide sfumare le sue aspirazioni a seguito della bocciatura all’esame di ammissione dell’Accademia delle Belle Arti di Vienna, usò la sua posizione per manipolare l’arte secondo le sue visioni ideologiche. Prediligeva opere che evocavano un ritorno ai valori tradizionali, che riflettevano una visione idealizzata della Germania e dell’umanità, apprezzando i paesaggi idilliaci legati ad un’idea romantica del passato. In realtà non si limitava ad apprezzare solo l’arte paesaggistica e il romanticismo. Artisti come Adolf Ziegler (Brema, 1892 - Varnhalt, 1959), pittore originario di Brema, e Leni Riefenstahl (Berlino, 1902 - Pöcking, 2003), regista del celebre film Olimpia del 1938, furono tra i suoi preferiti per la loro celebrazione della bellezza fisica e della perfezione del corpo ariano richiamando l’idealizzazione della perfezione greca. Le loro opere incarnavano il sogno di purezza razziale e grandezza imperiale, esaltavano la superiorità atletica e contribuivano in questo modo alla promozione dell’identità del regime.

Nel 1944, 1.041 individui ricevettero una lettera ufficiale di esonero dalla guerra da parte del Ministero della Propaganda del Reich. Di queste 1.041 figure indicate, 378 personalità provenienti dai settori delle belle arti, della letteratura, della musica, del teatro e dell’architettura facevano parte della Gottbegnadeten-Liste, oggi conservata nell’Archivio federale di Berlino-Lichterfelde. La lista era suddivisa in due categorie: Liste speciali degli artisti insostituibili e Tutti gli altri. La Gottbegnadeten-Liste aveva quindi il dovere di plasmare la cultura tedesca secondo i propri intransigenti ideali. Privilegiava senza dubbio gli artisti che contribuivano a sostenere e diffondere la giusta visione del mondo reprimendo l’arte che non si conformava a tali ideologie. Perché quindi secondo il pensiero nazionalsocialista gli artisti venivano considerati “benedetti da Dio”? L’espressione serviva a conferire una forma di legittimazione divina agli artisti selezionati, elevandoli a rappresentanti dell’estetica culturale nazista e che a sua volta era legata al pensiero della purezza della razza ariana. I funzionari nazisti usarono infatti questo concetto per sostenere l’idea che i tedeschi appartenessero ad una razza superiore. Gli artisti che il Ministero del Reich aveva incluso nelle liste erano perciò considerati scelti per il talento innato e intrinseco nella loro anima. Le loro qualità, interpretate come una grazia donata da Dio, li distinguevano dalle avanguardie artistiche moderne che Hitler disprezzava e che giudicava espressioni di una cultura decadente e corrotta. L’uso del termine “benedetti da Dio” mirava così a nobilitare gli artisti che incarnavano i valori supremi del nazionalsocialismo, assegnando loro il compito di creare opere d’arte eterne, immortali e che avrebbero esaltato la grandezza della nazione tedesca. Nel suo discorso alla conferenza culturale del congresso del partito nazionalsocialista a Norimberga nel 1933, Hitler dichiarò infatti che “Solo poche persone donate da Dio [...] in ogni momento hanno rinunciato alla missione di creare qualcosa di veramente nuovo e immortale”, poiché “l’incarnazione dei “valori più alti di un popolo” sarebbe diretta contro le caratteristiche della modernità. Quattro anni dopo, durante il discorso di apertura della prima Große Deutsche Kunstausstellung, la Grande Mostra d’arte tedesca, nella Haus der Deutschen Kunst, la Casa dell’Arte di Monaco, Hitler descrisse il Cubismo, Dadaismo, Futurismo, Impressionismo come la “balbuzie artificiale di persone a cui Dio nega la grazia di vero talento artistico”.

Adolf Ziegler, Die vier Elemente (ante 1937; olio su tela, tre pannelli di 171 x 190,8, 170,3 x 85,2 e 161,3 x 76,7 cm; Monaco di Baviera, Bayerische Staatsgemäldesammlungen -Pinakothek der Moderne)
Adolf Ziegler, Die vier Elemente (ante 1937; olio su tela, tre pannelli di 171 x 190,8, 170,3 x 85,2 e 161,3 x 76,7 cm; Monaco di Baviera, Bayerische Staatsgemäldesammlungen -Pinakothek der Moderne)
Werner Peiner, Deutsche Erde (anni Trenta del XX secolo; olio su tela, 50 x 70 cm; Collezione privata)
Werner Peiner, Deutsche Erde (anni Trenta del XX secolo; olio su tela, 50 x 70 cm; Collezione privata)

La selezione degli artisti inclusi nella lista seguiva inoltre criteri influenzati da una combinazione di ideologie, un’estetica nazionalsocialista e relazioni personali con i vertici del regime. In primo luogo gli artisti dovevano allinearsi con l’estetica e l’ideologia del nazismo. Le opere dovevano riflettere e incarnare i valori della razza ariana, della purezza etnica e della grandezza nazionale. Qualsiasi forma d’arte che fosse sperimentale, astratta o modernista veniva esclusa dalle espressioni artistiche approvate dal regime. Hitler e i leader del regime cercavano opere che glorificassero la nazione, l’eroismo militare e la bellezza fisica idealizzata. In secondo luogo vi era predisposizione per uno stile figurativo, monumentale e neoclassico, ispirato alla grande arte del passato, in particolare a quella greca e romana. Scultori e pittori che creavano opere eroiche e celebrative della forza fisica e morale del popolo tedesco erano decisamente favoriti. Come ultimo criterio, gli artisti che avevano già ottenuto notorietà o che erano stati esposti nelle mostre d’arte come la Große Deutsche Kunstausstellung, la Grande Mostra d’arte tedesca di Monaco, avevano maggiori possibilità di essere inclusi. Un esempio? Arno Breker, Adolf Wamper, Adolf Ziegler esposero le loro opere all’interno della Haus der Kunst già dal 1937. Al suo interno la Sala d’onore era dedicata all’esaltazione dell’autentica arte tedesca caratterizzata da un gusto neoclassico e strettamente legata alla propaganda delle teorie naziste. Tra i nomi di spicco nella sezione Liste speciali degli artisti insostituibili figurano l’architetto Paul Schultze-Naumburg, Wilhelm Kreis e lo scrittore Gerhart Hauptmann. Erano presenti il compositore Richard Strauss, gli scultori Arno Breker e Josef Thorak, Leni Riefenstahl e il pittore Otto von Kursell, insieme a Willy Kriegel, specialista in paesaggi romantici e miniature di piante. Inoltre, Richard Scheibe che studiò pittura a Dresda e Monaco, e Adolf Ziegler presente nella campagna contro l’arte degenerata, erano inclusi al suo interno. Ziegler in particolare aveva giocato un ruolo significativo nell’espellere gli artisti più innovativi dell’epoca e le opere delle generazioni precedenti.

“Abbiamo ancora un triste dovere da compiere, cioè quello di rendere anche il popolo tedesco consapevole che fino a non molto tempo fa esercitavano un’influenza decisiva sulla creazione dell’arte forze che non vedevano nell’arte un’espressione naturale e chiara della vita, ma rinunciavano coscientemente a ciò che era sano e coltivavano tutto ciò che era malato e degenerato e lo lodavano come la più alta rivelazione. Vedete intorno a noi questi figli della follia, dell’insolenza, dell’incompetenza e della degenerazione”, furono le parole pronunciate da Adolf Ziegler in occasione della mostra, che curò personalmente, Entartete Kunst (Arte degenerata), del 1937, inaugurata a Monaco di Baviera: queste parole, in particolare, furono pronunciate durante il suo discorso contro l’Espressionismo e i suoi esponenti.

Nel 1933 Ziegler ottenne la cattedra di tecnica pittorica presso l’Accademia di Belle Arti di Monaco diventando poi professore ordinario l’anno successivo. Nello stesso periodo entrò a far parte del Consiglio Presidenziale e fu nominato vicepresidente della Camera delle Belle Arti del Reich. Due anni più tardi, nel 1936, Goebbels gli affidò la presidenza della stessa istituzione. Hitler apprezzava in modo particolare l’erotismo nella pittura di Ziegler, soprattutto la rappresentazione sensuale dei suoi corpi femminili. Non sorprende quindi che Ziegler, ironicamente soprannominato dai suoi detrattori “Il Maestro dei Peli Pubici Tedeschi”, fosse ben consapevole di quali nudi potessero incontrare il favore del Führer. Tra le sue opere più emblematiche figura il trittico Die vier Elemente (I quattro elementi) del 1937, acquistato personalmente da Hitler e ritrovato alla fine della guerra a Monaco. Altri lavori significativi includono la scena mitologica Das Urteil von Paris (Il giudizio di Paride) del 1939, Weiblicher Akt (Nudo femminile) del 1940 e Terpsichore del 1937, quest’ultima citata in una recensione della rivista Time nel 1939 che sosteneva “Quasi in qualsiasi altra parte del mondo Tersicore sarebbe considerato il tipo di immagine che si mette sul calendario pubblicitario di una birra. Non così nella nuova Germania”.

Gli artisti prediletti da Hitler furono numerosi e tra questi spicca anche il nome di Werner Peiner (Düsseldorf, 1897 – Leichlingen, 1984). Inizialmente influenzato dal realismo e dalla corrente della Nuova oggettività, Peiner divenne uno dei più noti pittori ufficiali del Terzo Reich acquisendo popolarità grazie alla sua piena adesione ai principi dell’ideologia nazista. In particolare, trovò ispirazione negli insegnamenti di Richard Walther Darré, ministro nazista dell’agricoltura, attraverso il suo concetto di Blut und Boden (Sangue e suolo) che inneggiava al legame tra il popolo tedesco e la terra e che promuoveva la purezza della razza tedesca e l’importanza della vita rurale. Nel 1933, Peiner fu nominato professore di pittura monumentale all’Accademia d’Arte di Düsseldorf, un incarico che sottolineava il suo crescente rilievo all’interno dell’apparato culturale nazista. Fu durante questo periodo che realizzò una delle sue opere più importanti: Deutsche Erde (Terra tedesca), un dipinto che incarnava precisamente i valori del regime e del pensiero di Darré. L’opera presenta un paesaggio con campi ordinati e fertili, simbolo della prosperità agricola e della forza della nazione tedesca. Il dipinto fu in seguito donato a Josef Schramm, amministratore del distretto di Schleiden e successivamente consegnato personalmente ad Adolf Hitler da Franz Binz, leader locale del partito.

Arno Breker, Ritratto di Adolf Hitler (1935; bronzo, altezza 42 cm; Collezione privata)
Arno Breker, Ritratto di Adolf Hitler (1935; bronzo, altezza 42 cm; Collezione privata)
Arno Breker, Die Partei e Die Wehrmacht (1939)
Arno Breker, Die Partei e Die Wehrmacht (1939)
Arno Breker, Zehnkämpfer (1936; bronzo, altezza 345 cm; Berlino, Deutsches Sportforum)
Arno Breker, Zehnkämpfer (1936; bronzo, altezza 345 cm; Berlino, Deutsches Sportforum). Foto: Art-in-public

Anche Arno Breker (Elberfeld, 1900 – Düsseldorf, 1991) figurava nella Gottbegnadeten-Liste e fu il principale scultore incaricato della realizzazione di opere di propaganda durante gli anni del Nazionalsocialismo. Figlio di uno scalpellino, Breker iniziò i suoi studi in architettura, scultura e anatomia e all’età di vent’anni entrò all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf. Nel 1937 si iscrisse al Partito Nazionalsocialista diventando Scultore ufficiale di Stato. La celebrazione del potere, della disciplina e della purezza razziale trovava espressione nelle sue figure eroiche e atletiche che riflettevano l’ideale del nuovo uomo nazista. Il busto di Adolf Hitler, realizzato nel 1938, ne è un esempio poiché incarnava la commemorazione della figura del Führer come guida politica e guida ideale. Come scultore ufficiale di Stato, ebbe accesso a risorse privilegiate, tra cui un enorme atelier e un gran numero di assistenti (più di quaranta), che gli permettevano di produrre le sue opere monumentali. Le sculture Die Partei (Il Partito) e Die Wehrmacht (L’Esercito) poste all’ingresso della Cancelleria del Reich sono infatti simboli emblematici del potere nazista e del controllo assoluto del regime. Le opere ispirate alla tradizione classica servivano anche a legittimare l’autorità nazionalsocialista con riferimenti alla grandiosità e all’ordine dell’antica Grecia e Roma, civiltà che Hitler ammirava per la loro forza, perfezione e disciplina. Le commissioni delle opere scultoree per le Olimpiadi di Berlino del 1936, come Zehnkämpfer (Decatleta) e Die Siegerin (La Vittoriosa) rimarcavano inoltre la centralità del corpo ariano e dell’atletismo come rappresentazione di superiorità e perfezione.

Lo scultore tedesco Adolf Wamper (Würselen, 1900 – Essen, 1977) studiò ad Aquisgrana e Düsseldorf, affermandosi come una figura di rilievo grazie al suo stile classico e alla capacità di esprimere i valori dell’estetica nazionalsocialista. A Berlino realizzò rilievi per l’ingresso del palcoscenico all’aperto del Reichssportfeld, presso il Stadio Olimpico di Berlino, che era stato costruito per i Giochi Olimpici del 1936. Wamper ricevette numerose commissioni dal governo, che apprezzava il suo stile neoclassico ispirato all’arte greca e romana e caratterizzato da corpi atletici e forme equilibrate. Un esempio è la scultura Der Bogenschütze (L’arciere), che incarna esattamente come le opere di Breker i valori di virilità, disciplina e perfezione fisica, cari al regime nazista. Un’altra opera significativa è Genius des Sieges (Il genio della vittoria), esposta alla Große Deutsche Kunstausstellung, la Grande mostra d’arte tedesca, che si tenne dal 1937 al 1944 presso la Haus der Deutschen Kunst di Monaco di Baviera e che rappresentava la vetrina dell’arte approvata dalla Germania nazista. In ogni caso, le opere di Wamper subirono danni significativi durante la Seconda Guerra Mondiale. A Berlino molte delle sue sculture scomparvero dal paesaggio urbano a causa dei bombardamenti e il suo studio fu quasi completamente distrutto in un raid aereo del 1943. Dopo la guerra l’artista si distanziò dall’arte associata al regime e divenne noto per la Schwarze Madonna (la Madonna Nera), una scultura modellata con l’argilla del campo di prigionia statunitense di Remagen, dove trascorse gli ultimi due mesi della guerra.

Sebbene il regime nazista fosse crollato nel 1945, molti degli artisti inseriti all’interno della Gottbegnadeten-Liste e che avevano seguito la propaganda nazionalsocialista continuarono a lavorare come artisti visivi. Ad ogni modo, l’inclusione nella lista non impedì loro di continuare a produrre opere d’arte e ricevere commissioni nel dopoguerra. Adolf Wamper, Willy Meller e Hermann Scheuernstuhl ne sono un esempio. Il fatto che molti artisti abbiano potuto continuare a lavorare e ricevere riconoscimenti pubblici nel dopoguerra rappresentava la complessità del processo di Entnazifizierung (Denazificazione) intrapreso nel 1945 dalle quattro potenze mondiali, Stati Uniti, Unione Sovietica, Inghilterra e Francia, che prevedeva la liberazione della società tedesca e austriaca da ogni forma di influenza nazista, e la volontà nel separare l’arte dall’ideologia del periodo.


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Noemi Capoccia

L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia

Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.



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