Caravaggio e Mattia Preti: due geni italiani a Malta, nell'Oratorio di Alof de Wignacourt


Nell'oratorio di San Giovanni Decollato a Malta si conservano le opere di due grandi artisti italiani: Caravaggio e Mattia Preti. Scopriamo la storia di questo singolare edificio e delle opere che vi sono conservate.

Tra i pochi ritratti eseguiti da Caravaggio (Michelangelo Merisi; Milano, 1571 - Porto Ercole, 1610), uno dei più interessanti è una tela di quasi due metri d’altezza che si trova al Louvre e che ritrae Alof de Wignacourt (Fiandre, 1547 - La Valletta, 1622), Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri di Malta dal 1601 al 1622: nel dipinto, Wignacourt è ritratto nella sua armatura, in piedi, con a fianco a sé un paggio che gli sta porgendo un elmo. Sembra che si tratti della prima opera realizzata dal pittore lombardo durante il suo breve soggiorno a Malta, e probabilmente (anche se non ne siamo certi) è forse il dipinto di cui parla rapidamente il pittore (e grande rivale di Caravaggio) Giovanni Baglione (Roma, 1566/1568 - 1643), nelle sue Vite de’ pittori, scultori et architetti pubblicate a Roma nel 1642, dove l’artista, parlando di Caravaggio, scrive che “poscia andossene a Malta, e introdotto a far riverenza al Gran Maestro, fecegli il ritratto; onde quel principe in segno di merito, dell’habito di San Giovanni il regalò, e creollo Cavaliere di gratia”. Tuttavia, dal momento che Giovan Pietro Bellori, nelle sue Vite, menziona due ritratti di Wignacourt eseguiti da Caravaggio, non siamo certi che si tratti proprio di quello. Ad ogni modo è certo che Michelangelo Merisi dovette raffigurare Alof de Wignacourt “in piedi armato”, come scriveva Bellori, che confermava anche la notizia secondo cui il Gran Maestro “gli donò in premio la Croce”, ovvero l’abito dell’Ordine, facendolo diventare un cavaliere di Malta. Il dipinto finì in Francia in quanto vi fu portato probabilmente dallo stesso Alof de Wignacourt: il ritratto, nel quale il Gran Maestro appare in posa ufficiale, col bastone del comando tra le mani, sancisce l’inizio di uno dei più interessanti episodî dell’arte del primo Seicento, dal momento che il rapporto tra Caravaggio e Alof de Wignacourt fu molto stretto, seppur di breve durata. Inoltre, questa collaborazione avrebbe conosciuto un seguito a Seicento inoltrato quando fu affidato a Mattia Preti (Taverna, 1613 - La Valletta, 1699) l’ulteriore abbellimento di quanto Wignacourt aveva fatto costruire più di settant’anni prima.

Alof de Wignacourt, nato nelle Fiandre ma di origini francesi, si era unito all’Ordine dei Cavalieri di Malta nel 1564 e, appena diciottenne, l’anno seguente si era distinto nel Grande Assedio di Malta, una delle vicende storiche più celebri di quelle che hanno riguardato l’isola del Mediterraneo, ovvero l’importante vittoria che i cavalieri, coadiuvati da alcune potenze europee, riportarono sugli ottomani che assediarono l’isola per impossessarsene e farne un avamposto per espandersi nel Mediterraneo occidentale (l’assedio durò quattro mesi, al termine dei quali i cavalieri, che si difesero strenuamente, riuscirono ad allontanare i turchi causando all’esercito nemico ingenti perdite). Wignacourt era divenuto Gran Maestro nel 1601, a seguito del complesso meccanismo elettivo che regolava la più alta carica dell’Ordine: dopo la scomparsa del Gran Maestro precedente (la carica infatti durava a vita), i membri delle otto Lingue dell’Ordine (ovvero le otto entità territoriali che lo costituivano, identificate in base alle loro lingue: Italia, Francia, Provenza, Alvernia, Aragona, Inghilterra, Alemagna e Castiglia) sceglievano tre rappresentanti, che avrebbero formato un’assemblea di ventiquattro membri con lo scopo di nominare il presidente del conclave dal quale sarebbe sortito il nome del nuovo Gran Maestro, e il cosiddetto triumvirato, composto da un “cavalier dell’elettione”, un “capellano dell’elettione” e un “servente d’armi dell’elettione”. Compito del triumvirato era quello di formare la composizione del conclave: nominato un quarto elettore oltre a loro, i quattro cavalieri riuniti ne nominavano un quinto, e ancora i cinque risultanti ne sceglievano un sesto, e così via fino a raggiungere il numero di sedici elettori (due per lingua). Ognuno dei sedici elettori esprimeva una preferenza, e il nome del cavaliere che aveva ottenuto la maggioranza veniva sottoposto all’assemblea dei cavalieri per chiedere la ratifica della nomina: in caso di consenso da parte dei cavalieri, veniva proclamato il nuovo Gran Maestro. Ogni Lingua era composta da alcuni priorati: Wignacourt, per molti anni, aveva gestito il Priorato di Francia (uno dei quattro che componevano la Lingua di Francia: gli altri erano quello d’Aquitania, quello di Champagne e quello di Corbeil), e pochi mesi prima della sua elezione a Gran Maestro era diventato Gran Ospedaliere, la carica più alta della Lingua francese. Il cavaliere veronese Bartolomeo dal Pozzo (Verona, 1637 - 1722) racconta nella sua Historia della Sacra Religione militare di S. Giovanni Gerosolimitano detta di Malta, che a orchestrare l’elezione di Wignacourt a Gran Maestro fu soprattutto fra’ Ippolito Malaspina (Fosdinovo, 1540 - Malta, 1625), Grande Ammiraglio della Lingua d’Italia, che “havendo scoperte nel Wignacourt qualità nobilissime con lealtà d’animo, e retta intentione, cominciò a porlo in predicamento di Gran Maestro et a portarlo co’ suoi Amici”. In quel conclave, a Malaspina toccò il ruolo di “cavalier dell’elettione”, e Bartolomeo dal Pozzo afferma che il cavaliere apuano riuscì nell’intento di portare il suo confratello francese a ottenere la più elevata carica dell’Ordine.

Il magistero di Alof de Wignacourt, durato per oltre un ventennio, cominciava in un periodo di forti trasformazioni, che il potere dell’Ordine stava conoscendo almeno a partire dalla vittoria sugli ottomani nel Grande Assedio del 1565. Lo stesso magistero di Wignacourt ebbe elementi di novità rispetto a quello dei maestri che lo precedettero, e ne è un chiaro indice il fatto che nessun altro Gran Maestro aveva avuto in precedenza lo stesso, elevato numero di ritratti che Wignacourt si fece fare: l’obiettivo era quello di fare del Gran Maestro una figura che potesse esser trattata da pari dagli altri sovrani europei e, allo stesso tempo, quello di limitare le ingerenze delle autorità ecclesiastiche (su tutte l’inquisizione) sulle vicende maltesi. Il Gran Maestro dei Cavalieri di Malta stava, in sostanza, acquisendo una sempre maggiore importanza nelle relazioni internazionali: un’importanza definitivamente sancita dal conferimento, nel 1607, del titolo di principe del Sacro Romano Impero che l’imperatore Rodolfo II garantì a Wignacourt, che aveva così diritto di ricevere l’appellativo di “altezza” (era il primo Gran Maestro a potersi fregiare di questa onorificenza). Sul piano politico, Wignacourt non si distinse soltanto per l’immagine che riuscì a comunicare alle altre potenze: il nuovo Gran Maestro divenne un importante alfiere della cristianità, dal momento che organizzò diverse campagne contro i turchi riuscendo a riconquistare alcune isole che erano cadute sotto l’Impero ottomano (e il suo ritratto in piedi in armatura è stato letto da diversi studiosi come una sua volontà di presentarsi nelle vesti di orgoglioso miles Christi). Le frequenti e vittoriose incursioni ai danni dei turchi (nelle coste africane, e in Grecia: le cronache citano il saccheggio, da parte dei cavalieri, di città come Lepanto, Patrasso e Corinto) permisero a Wignacourt di accumulare notevoli risorse, che vennero reinvestite per migliorare le finanze e le infrastrutture di Malta: particolarmente celebre è la costruzione, nel 1610, dell’acquedotto (lungo una quindicina di chilometri) per rifornire d’acqua La Valletta, in un’epoca in cui l’approvvigionamento di risorse idriche potabili era un problema notevole per l’isola. Altri stanziamenti furono impiegati per costruire nuove fortificazioni a difesa dell’isola, al fine di scongiurare nuovi eventuali attacchi turchi (il simbolo più evidente dell’azione del Gran Maestro in questo senso è probabilmente la Torre Wignacourt che ancora oggi si staglia sul lungomare della città di St. Paul’s Bay). Ancora, un ulteriore aspetto curioso del magistero di Alof de Wignacourt fu la sua intuizione delle potenzialità di quello che oggi definiremmo come “turismo religioso”. A Malta esiste infatti un antro, noto come la grotta di san Paolo, che si ritiene sia stato il rifugio del santo durante il suo periodo di permanenza sull’isola: Wignacourt fece in modo che l’Ordine diventasse l’ente gestore della grotta con lo scopo di farla diventare un’importante meta di pellegrinaggio internazionale, anche se il progetto non ebbe una buona riuscita dal momento che non ci fu mai quel movimento di fedeli che il Gran Maestro sperava di far arrivare a Malta.

Caravaggio, Ritratto di Alof de Wignacourt (1607-1608; olio su tela, 195 x 134 cm; Parigi, Louvre)
Caravaggio, Ritratto di Alof de Wignacourt (1607-1608; olio su tela, 195 x 134 cm; Parigi, Louvre)


L'acquedotto di Alof de Wignacourt a Birkirkara (Malta)
L’acquedotto di Alof de Wignacourt a Birkirkara (Malta). Ph. Credit


La torre Wignacourt a St. Paul's Bay
La torre Wignacourt a St. Paul’s Bay. Ph. Credit

Conosciamo poi il ruolo che Wignacourt ebbe nel promuovere le arti. Sappiamo che fin dal 1606, il Gran Maestro si stava adoperando per cercare di portare sull’isola un pittore da Firenze (al momento, tuttavia, non si è riusciti a risalire al nome dell’artista). Ricaviamo le informazioni dalle lettere che Wignacourt scambiava al tempo con un suo corrispondente a Napoli, fra’ Giovanni Andrea Capeci, che svolgeva l’incarico di tesoriere dell’Ordine a Napoli: dalle missive veniamo a sapere che inizialmente la trattativa sembrava andare per il verso giusto, tanto che Wignacourt aveva già anche organizzato il viaggio del pittore verso Malta, ma per ragioni di cui non siamo al corrente, l’ignoto pittore non avrebbe mai raggiunto l’isola. Fu in questo frangente che si posero le basi per l’arrivo di Caravaggio a Malta: è probabile che a indirizzare il Gran Maestro verso Caravaggio sia stata la marchesa Costanza Colonna, che era in rapporto epistolare con Wignacourt e la cui famiglia aveva in precedenza dato ospitalità al pittore. È però possibile anche sottolineare l’importanza della parentela tra il summenzionato fra’ Ippolito Malaspina, che come s’è visto si era molto adoperato per l’elezione a Gran Maestro di Wignacourt, e il banchiere Ottavio Costa, uno dei primi committenti di Caravaggio a Roma. Ad ogni modo, sta di fatto che già nell’estate del 1607 Caravaggio, partito da Napoli dove si trovava all’epoca, era approdato a Malta, nonostante si fosse macchiato del reato di omicidio, che gli avrebbe impedito di entrare nell’Ordine: la studiosa Rossella Vodret, ricorrendo anche agli studî di Keith Sciberras (uno dei massimi esperti delle vicende artistiche maltesi), evidenzia che “il fatto che probabilmente il pittore abbia raggiunto Malta a bordo di una galea dell’Ordine indica che già al momento della partenza da Napoli doveva godere di una protezione potente. Tra i comandanti delle galee maltesi vi era il figlio di Costanza Colonna, Fabrizio Sforza-Colonna, che sicuramente conosceva bene Caravaggio: provenienti da settentrione, le sue navi dovevano sostare a Napoli soltanto per un breve rifornimento di viveri e quindi, osserva Sciberras, il viaggio di Caravaggio non poté essere improvviato, ma tutto doveva essere pronto da giorni”. Anche Wignacourt, sottolinea ancora Vodret, ebbe delle difficoltà a far entrare Caravaggio nell’Ordine, dal momento che, nel dicembre del 1607, si registrano due richieste del Gran Maestro inviate al papa: “una per ottenere l’investitura di un uomo che aveva commesso omicidio, l’altra per investirlo come cavaliere”. Alla fine comunque il pontefice, Paolo V, concesse la sua autorizzazione, e Caravaggio, il 14 luglio del 1608, un anno dopo il suo arrivo a Malta, diventò “cavaliere dell’Obbedienza Magistrale” (il rango più basso: quelli più alti erano riservati ai nobili, e il pittore non era di famiglia aristocratica).

Oltre a eseguire il ritratto di Wignacourt (le cui fattezze, peraltro, secondo lo storico dell’arte Maurizio Calvesi sarebbero da rintracciare, benché non si tratti di un’idea unanimemente condivisa, anche nel volto del San Girolamo scrivente che il pittore lombardo eseguì, durante il suo soggiorno, per Ippolito Malaspina: si tratta del dipinto che Malaspina destinò alla sua morte alla Cappella della Lingua d’Italia ove fu conservato fino al rocambolesco furto nel 1984 e al successivo ritrovamento anche grazie ai Carabinieri del Nucleo Tutela di Roma; a seguito del restauro della Cappella d’Italia è oggi sostituito con una copia sopra la tomba di un personaggio che, sebbene poco studiato, ebbe un ruolo fondamentale nelle vicende del Merisi a Malta), Caravaggio, com’è noto, a Malta dipinse la sua unica opera firmata, la Decollazione di san Giovanni Battista, e come ricorderà chiunque abbia letto la sua biografia, l’esperienza sull’isola si concluse in maniera infelice, dal momento che l’artista lombardo venne arrestato per il suo coinvolgimento in una rissa nella quale un cavaliere, il nobile astigiano Giovanni Rodomonte Roero, rimase ferito. Era il 18 agosto del 1608: recluso nel Forte Sant’Angelo, Caravaggio riuscì a fuggire (sicuramente aiutato da qualche cavaliere) il 6 ottobre, per non far più ritorno sull’isola. Tuttavia, come detto, il pittore, nel breve lasso di tempo che coincise con la sua permanenza alla Valletta, riuscì a eseguire la Decollazione del Battista su espressa richiesta di Alof de Wignacourt, che fu il diretto committente del dipinto (lo stemma del Gran Maestro si trova, peraltro, sulla cornice originale: questo dettaglio ha portato molti studiosi importanti a ritenerlo un elemento importante per assegnargli il ruolo di committente di Michelangelo Merisi). Il dipinto era inteso per decorare l’oratorio di San Giovanni Decollato, che rimane la più rilevante impresa artistica e religiosa edificata sotto il magistero di Wignacourt.

Le vicende dell’Oratorio sono state dettagliatamente ricostruite in un recente studio di Sante Guido e Giuseppe Mantella in occasione di un convegno tenutosi alla Valletta nel 2013. Risale al 1602 la fondazione della piccola chiesa costruita accanto alla Concattedrale della capitale maltese: il progetto fu sottoposto a Wignacourt da alcuni cavalieri che, scrivono Guido e Mantella, “chiedevano che si erigesse un oratorio all’estremità inferiore della chiesa, verso il cimitero, così che in questa e tutti riuniti potessero meglio adempiere a tutti i loro doveri pii e spirituali richiesti dagli statuti e dai regolamenti della loro professione religiosa”. L’evento è ricordato anche nella Historia di Bartolomeo Dal Pozzo (“haveva il Gran Maestro nell’anno decorso a supplicatione d’alcuni divoti Cavalieri concesso licenza di fabbricarvi un Oratorio a canto alla Chiesa e di riscontro alla Sagrestia di San Giovanni per commodità di frequenatarvi i Sacramenti, instruire i novitii e far altre opere religiore e pie, giusta la forma degli Statuti a regolar professione dell’Ordine”). L’edificazione dell’oratorio, un piccolo ambiente di corpo rettangolare addossato alla navata destra della Concattedrale, richiese appena un anno di lavoro (e nel frattempo Wignacourt ne aveva concesso la titolarità alla Confraternita della Misericordia, o del Rosario, che aveva dovuto abbandonare la sua sede nel convento di Porto Salvo: l’assegnazione, tuttavia, non impedì ai cavalieri di frequentarla): la consacrazione avvenne il giorno del 21 dicembre 1603, nella festa di san Tommaso Apostolo, durante la quale, ricorda Bartolomeo dal Pozzo, “fu levata la devota imagine del Santissimo Crocifisso e, dai confrati di detta Compagnia vestiti de’ loro sacchi, fu trasferita nel nuovo Oratorio intitolato a San Giovanni Decollato; ai quali et al rettore loro fra’ Girolamo Agliata Ammiraglio, fu dell’istesso Oratorio dato il possesso et appresso il Prior della Chiesa cantò la Messa solenne, che fu la prima che vi si celebrò”. L’oratorio di San Giovanni Decollato non era soltanto un significativo centro della vita religiosa dei cavalieri, ma ricopriva anche importantissime funzioni civili: vi si tenevano assemblee pubbliche nelle quali si leggevano gli statuti o si discuteva di questioni giuridiche, ed era il luogo in cui si tenevano i processi del Tribunale dello Sguardio, l’organo a cui era demandata la giustizia interna dell’Ordine (il tribunale giudicava i cavalieri che si erano macchiati di qualche colpa), composto da rappresentanti delle otto lingue dell’Ordine. Nell’unica incisione seicentesca, opera del tedesco Wolfgang Kilian (Augusta, 1581 - 1662), che ci mostra l’opera di Caravaggio nell’oratorio prima delle modifiche che, come si vedrà poco più avanti, l’ambiente conobbe nel tardo Seicento, l’oratorio appare come un ambiente spoglio, chiuso dall’altare su cui è installata la Decollazione di Caravaggio (occorre comunque rilevare che, a quanto ne sappiamo, Kilian non fu mai a Malta e probabilmente basò la sua incisione su uno schizzo che aveva ricevuto da qualcuno che risiedeva sull’isola, oltre che sulle descrizioni del locale). Al di sopra della tela caravaggesca, si nota invece una lunetta con un dipinto oggi non più nell’oratorio, ma conservato presso il convento francescano di Rabat a Malta: si tratta dell’Intercessione del Battista alla Vergine per i cavalieri caduti nel Grande Assedio, opera del pittore greco Bartolomeo Garagona (Senglea, 1584 - 1641) che ammanta di profonda religiosità lo storico episodio dell’assedio del 1565. L’opera risale al 1625 circa e, sottolineano Guido e Mantella, è frutto di una precisa scelta iconografica “che aveva caratterizzato l’Oratorio fin dai primi anni della sua istituzione, con la chiara intenzione di accompagnare, con la suggestione delle immagini, il percorso di formazione dei novizi e il quotidiano rinnovamento della promessa da parte dei confratelli professi”. Nell’incisione vediamo peraltro il Tribunale dello Sguardio riunito: è probabile che in un consesso simile fu giudicato Caravaggio dopo la rissa dell’agosto del 1608, quando fu condannato alla privatio habitus, l’esplusione dall’Ordine.

Oratorio di San Giovanni Decollato. Ph. Credit Michael Jones
Oratorio di San Giovanni Decollato. Ph. Credit Michael Jones


Oratorio di San Giovanni Decollato
Oratorio di San Giovanni Decollato


Caravaggio, Decollazione del Battista (1608; olio su tela, 361 x 520 cm; La Valletta, Oratorio di San Giovanni Decollato)
Caravaggio, Decollazione del Battista (1608; olio su tela, 361 x 520 cm; La Valletta, San Giovanni Decollato)


Caravaggio, San Girolamo scrivente (1608; olio su tela, 117 x 157 cm; La Valletta, Concattedrale di San Giovanni)
Caravaggio, San Girolamo scrivente (1608; olio su tela, 117 x 157 cm; La Valletta, Concattedrale di San Giovanni)


Wolfgang Kilian, Oratorio di San Giovanni Decollato (C. von Osterhausen, Eigentlicher vnd gruendlicher Bericht dessen..., Augsburg 1650)
Wolfgang Kilian, Oratorio di San Giovanni Decollato (C. von Osterhausen, Eigentlicher vnd gruendlicher Bericht dessen..., Augsburg 1650)

Il capitolo conclusivo delle vicende artistiche dell’oratorio sarebbe stato scritto settant’anni dopo Wignacourt e Caravaggio, da un altro genio italiano, ovvero il calabrese Mattia Preti (Taverna, 1613 - La Valletta, 1699), arrivato a Malta nel 1661. A partire dal 1678 (e fino al 1695), il cavaliere genovese Stefano Maria Lomellini, che all’epoca era priore d’Inghilterra (e sarebbe diventato in seguito priore di Venezia), aveva garantito cospicui donativi all’oratorio di San Giovanni Decollato: fu proprio Lomellini il grande mecenate del rinnovamento dell’oratorio, operazione totalmente affidata a Preti a conclusione del totale rifacimento della chiesa-conventuale timidamente iniziato sul finire degli anni Quaranta, ma che ebbe un enorme impulso con l’arrivo del pittore, cavaliere di ubbidienza dal 1641 su nomina di papa Urbano VIII Barberini, nel suo primo viaggio sull’isola e soprattutto con il suo definitivo trasferimento a Malta nell’estate 1661. Nel breve arco di una decina di anni si disegno di Preti tutte le cappelle delle otto Lingue e la grande navata centrale vengono totalmente trasformate in stile barocco da Preti con pareti intagliate dipinte e dorate, grandi pale d’altare suntuose lapide terragne in commesso marmoreo siciliano e su tutto 400 metri quadri di dipinto a olio si muro con le storie di san Giovanni Battista. Fu quindi naturale affidare a Preti il “restauro” dell’oratorio che appariva spoglio e antiquato a circa 70 anni dalla sue edificazione. . L’idea del pittore calabrese era quella d’ingrandire l’oratorio, donandogli un nuovo soffitto e un nuovo apparato decorativo aggiornato sul gusto tardo barocco: il progetto venne approvato nel luglio del 1679, pochi mesi prima dell’elezione a Gran Maestro di un cavaliere conterraneo dell’artista, Gregorio Carafa (Casteltevere, 1615 - La Valletta, 1690), che mantenne la carica dal 1680 fino alla sua scomparsa. Mattia Preti realizzò anzitutto dieci dipinti raffiguranti altrettanti santi e beati fondatori ed eroi dell’ordine, disponendone cinque per lato sulle pareti dell’oratorio (sulla parete laterale destra: santa Ubaldesca, il beato Adrian Fortescue, sant’Ugo da Genova, il beato Gerardo Sasso; sulla parete laterale sinistra: santa Toscana di Verona, il beato Giorlando d’Alemagna, san Nicasio, il miracolo del beato Gerardo Sasso; sull’abside, ai lati della Decollazione di Caravaggio, a destra Il beato Gerardo e Raymond du Puy davanti a san Giovanni Battista, e a sinistra Agnese con le monache dell’ordine davanti alla Vergine). Il soffitto dell’oratorio fu decorato con elementi in legno dorato ispirato al soffitto della chiesa napoletana di San Pietro a Maiella con dieci tele del pittore detto “il Cavalier Calabrese”, sua ultima fatica nella città partenopea; la stessa soluzione fu ideata per la lunetta sovrastante la Decollazione di Caravaggio: il dipinto di Garagona fu rimosso e al suo posto fu inserita un’immagine della Mater dolorosa, essenzialmente per due ragioni. La prima era di natura pratica: l’opera dell’artista greco versava infatti in uno stato di conservazione non buono e occorreva trovare una soluzione. La seconda era invece di tipo ideale: Preti infatti riconfigurò il programma iconografico dell’oratorio per introdurre il tema della passione di Cristo, al quale si collegano i tre dipinti che il Cavalier Calabrese realizzò per il soffitto, destinandoli agli spazi mistilinei che dovevano accoglierli. Si trattava dell’Ecce homo, del Cristo coronato di spine e della Discesa dalla croce. Per garantire ulteriore maestosità all’oratorio, Preti pensò di allungare lo spazio del coro, col risultato che la Decollazione fu posta a chiudere un vano preceduto da un grande arco riccamente decorato, per creare “l’effetto di una cappella dentro la cappella” (così lo studioso David M. Stone). E a conclusione di tutto, davanti al quadro di Caravaggio fu posto un gruppo scultoreo raffigurante la Crocifissione, che oscurava parzialmente la visione del capolavoro del maestro lombardo e che venne rimosso soltanto nel 1958.

Guido e Mantella hanno pubblicato i documenti dai quali si evince che il cambio di culto era stato deliberato dal Gran Maestro e dal suo Venerando Consiglio il 7 febbraio del 1679: conviene comunque domandarsi per quale motivo si fosse pensato d’introdurre un nuovo tema devozionale all’interno dell’oratorio. Stone parla di ragioni di opportunità: la Concattedrale era già votata al culto del Battista, Preti vi aveva già dipinto in precedenza scene della vita del santo, e ripetere l’esperienza sarebbe stato ridondante. Nei due edifici di culto non esistevano però opere che raccontassero la Passione di Cristo, e forse questo potrebbe essere uno dei motivi alla base delle modifiche. Stone avanza anche un’ipotesi di tipo ideologico, dal momento che il tema del martirio di san Giovanni Battista era strettamente connesso al martirio dei cavalieri che avevano dato la loro vita durante il Grande Assedio: molti di loro erano ancora vivi quando fu costruito l’oratorio (tanto che il dipinto di Garagona era espressamente dedicato ai combattenti che avevano perso la vita nelle lotte contro gli ottomani). Dal momento che erano passati più di settant’anni, che i turchi non erano più una minaccia e che, nel Seicento inoltrato, i cavalieri, più che dallo spirito di sacrificio, erano mossi da ideali di “nobiltà, benessere e carità” (così Stone), l’oratorio per com’era stato fino a quel tempo (un ambiente spoglio e austero, decorato solo col dipinto di Caravaggio e con quello di Garagona) non era più ritenuto attuale.

A conclusione dei lavori e sempre sotto il magistero di Gregorio Carafa si decise di esporre nell’oratorio, quasi un Sancta Sanctorum, la più importante e preziosa reliquia dei Cavalieri Giovanniti, il braccio di san Giovanni Battista, in loro possesso dal 1484, quando fu donata a Rodi al Gran Maestro Pierre d’Aubusson dal sultano ottomano Bajazet II, e giunta a Malta nel 1530 assieme alle pochissime preziose cose che questi salvarono quando persero l’isola nell’Egeo, caduta in mano agli Ottomani, e si trasferirono nella nuova sede a poche miglia di mare dalla Sicilia di Carlo V. Il Gran Maestro Carafa, di nobilissima calabrese, volle far realizzare per la reliquia (verso la quale tutto l’Ordine nutriva una profonda devozione) una preziosa teca che consentisse di esporla nell’oratorio di San Giovanni Decollato: così, nel 1686, Carafa commissionò l’opera a Ciro Ferri (Roma, 1634 - 1689), come si evince dai documenti relativi ai pagamenti ritrovati di recente. Il lavoro, la cui esecuzione materiale fu affidata al bronzista ticinese Francesco Nuvolone, fu realizzato a Roma (richiamando in parte il tabernacolo della Chiesa Nuova dei padri Oratoriani realizzato dagli stessi artefici pochi anni prima) e terminò nel 1689, anno in cui il reliquiario fu dapprima esposto nella capitale dello Stato Pontificio, poi inviato a Malta e quindi installato sull’altare. Si tratta di un’opera di dimensioni imponenti, dal momento che misura oltre due metri d’altezza: realizzato in argento e bronzo dorato, è composto dalla teca in forma di lanterna destinata ad accogliere la reliquia, che poggia su un gradone decorato con motivi fitomorfi e con lo stemma della famiglia Carafa ed è sostenuta ai lati da due putti. La teca stessa è riccamente ornata con teste di cherubini e ulteriori motivi vegetali (palme e gigli), e sormontata da una corona che regge una croce, affiancata da quattro conchiglie. Sui lati del lungo basamento si aprono due grandi volute, sopra alle quali due grandi angeli s’inginocchiano devoti. Il reliquiario non è più esposto nell’oratorio dal 1977, quando fu spostato nel Museo della Concattedrale, dove ancor oggi si può ammirare. Inoltre, nel 2003 è stato sottoposto a un restauro (l’opera si presentava infatti in forte stato di degrado, dovuto all’usura e alla plurisecolare esposizione in un luogo molto umido e a poca distanza dal mare) che ha permesso di condurre un’accurata operazione di pulitura e di procedere a un intervento di trattamento conservativo.

Il soffitto dell'oratorio di San Giovanni Decollato con le tele di Mattia Preti
Il soffitto dell’oratorio di San Giovanni Decollato con le tele di Mattia Preti


Mattia Preti, Cristo coronato di spine (1679-1689; olio su tela, 227 x 350 cm; La Valletta, Oratorio di San Giovanni Decollato)
Mattia Preti, Cristo coronato di spine (1679-1689; olio su tela, 227 x 350 cm; La Valletta, Oratorio di San Giovanni Decollato)


Mattia Preti, Discesa dalla croce (1679-1689; olio su tela, 306 x 443 cm; La Valletta, Oratorio di San Giovanni Decollato)
Mattia Preti, Discesa dalla croce (1679-1689; olio su tela, 306 x 443 cm; La Valletta, Oratorio di San Giovanni Decollato)


Mattia Preti, Ecce Homo (1679-1689; olio su tela, 227 x 350 cm; La Valletta, Oratorio di San Giovanni Decollato)
Mattia Preti, Ecce Homo (1679-1689; olio su tela, 227 x 350 cm; La Valletta, Oratorio di San Giovanni Decollato)


Ciro Ferri (disegno) e Francesco Nuvolone (esecuzione), Reliquiario del braccio del Battista (1686-1689; La Valletta, Oratorio di San Giovanni Decollato)
Ciro Ferri (disegno) e Francesco Nuvolone (esecuzione), Reliquiario del braccio del Battista (1686-1689; La Valletta, Oratorio di San Giovanni Decollato). Ph. Credit Hamelin de Guettelet

L’oratorio di San Giovanni Decollato è ancor oggi un importante centro della vita religiosa di Malta e del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta (il cui governo, tuttavia, oggi non ha più sede sull’isola: il Gran Maestro e il governo dell’Ordine risiedono infatti, dal 1834, nel Palazzo Magistrale di via dei Condotti a Roma): l’associazione maltese dell’Ordine, ovvero l’odierna emanazione territoriale dei cavalieri a Malta, ogni anno, il 24 giugno, celebra la festa del santo patrono dell’Ordine con una messa e una processione che coinvolgono la Concattedrale della Valletta e l’oratorio. Oggi però i due edifici di culto sono anche una delle mete irrinunciabili per chi visita Malta, dato il fascino che esercitano a causa della loro commistione unica tra storia, tradizione, spiritualità e arte. La cura e la gestione di Concattedrale e dell’oratorio sono affidate a una Fondazione che amministra tutto il complesso religioso unitamente al museo, al fine di tutelarli (sono frequenti gli interventi di restauro che la Fondazione approva), valorizzarli e gestirli come luoghi di fede e di cultura.

Bibliografia di riferimento

  • Keith Sciberras, David M. Stone, Caravaggio: art, knighthood, and Malta, Midsea Books, 2017
  • Anne Brogini, Cultural components of the Grand Masters’ power in early modern Malta in Charlene Vella (a cura di), At Home in Art. Essays in Honour of Mario Buhagiar, Midsea Books, 2016, pp.591-598
  • Sante Guido, Giuseppe Mantella, Maria Teresa Sorrenti, Mattia Preti e Gregorio Carafa. Due Cavalieri gerosolimitani tra Italia e Malta, atti della giornata di studio (La Valletta, Istituto Italiano di Cultura, 12 giugno 2013), Istituto Italiano di Cultura, 2015
  • Keith Sciberras, Roman baroque sculpture for the Knights of Malta, Midsea Books, 2012
  • Rossella Vodret, Caravaggio. L’opera completa, Silvana Editoriale, 2010
  • Nicola Spinosa (a cura di), Caravaggio: l’ultimo tempo 1606-1610, catalogo della mostra (Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte, dal 23 ottobre al 6 febbraio 2005), Electa, 2004
  • Keith Sciberras, David M. Stone, Malaspina, Malta, and Caravaggio’s St. Jerome in Paragone Arte, LVI, III, 60 (2005), pp. 3-17
  • Sante Guido, Giuseppe Mantella, Il restauro del reliquiario del “Braccio di san Giovanni Battista”, Co-Cattedrale di La Valletta, Malta in Bollettino ICR, 6-7 (gennaio-dicembre 2003), pp.33-49
  • Charles Mula, The Princes of Malta: the Grandmasters of the Order of St. John In Malta 1530-1798, Publishers Enterprise Group, 2000
  • David M. Stone, The Context of Caravaggio’s Beheading of St. John in The Burligton Magazine, vol. 139, no. 1128 (1997), pp. 161-170
  • Silvana Milesi, Caravaggio, Corponove Editrice, 1989


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

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