Breve storia del Vetro di Murano: come la produzione veneta conquistò il mondo


Il vetro di Murano è uno di quei prodotti di fama indiscussa che rendono il Made in Italy uno dei marchi più conosciuti e ricercati a livello internazionale: ecco come nacque e si sviluppò questa particolare forma d’artigianato.

Il vetro di Murano è uno di quei prodotti di fama indiscussa che rendono il Made in Italy uno dei marchi più conosciuti e ricercati a livello internazionale. Nonostante la mancanza delle materie prime e del combustibile, sulla quale potevano contare produzioni di altri paesi, la manifattura di Murano divenne celebre grazie alla grande professionalità dei suoi artigiani, e ancora oggi il vetro di Murano è sinonimo di tradizione e qualità, frutto di una continua ricerca tecnica e iconografica che si protrae da quasi un millennio.

Le origini della produzione di vetro si perdono nel tempo e nella leggenda: lo scrittore romano Plinio il Vecchio ricorda nella sua Naturalis Historia la fortuita nascita del vetro intorno al quarto millennio a.C., quando sulle rive sabbiose del fiume Belo in Siria, dei mercanti fenici in cerca di ristoro impiegarono dei blocchi di salnitro per allestire un focolare. Il calore sprigionato dalle fiamme fuse i blocchi che successivamente mischiandosi alla sabbia di fiume avrebbero così generato il vetro. Leggenda o no, i più antichi reperti vitrei ritrovati risalgono proprio al quarto millennio a.C.

La storia del vetro di Murano è più recente, seppur molto antica, e si situa nel XIV secolo, ma prima di quella data la produzione vitrea di Venezia era già nota, infatti le testimonianze più remote ritrovate sono datate intorno al VI secolo d.C. La città lagunare, fondata da cittadini romani in fuga dalle invasioni barbariche, poteva contare sulle conoscenze tecniche del decaduto impero per il tramite dei vetrai già attivi ad Aquileia e quelle che si andavano invece sviluppando a Costantinopoli.

Con la crescita della potenza della Repubblica di Venezia e l’istituzione di nuove rotte commerciali, il vetro rivestì un ruolo sempre più strategico, perciò furono emanate leggi protezionistiche che impedivano l’importazione di vetro e artigiani stranieri, e probabilmente in risposta al proliferare di fornaci in città, da cui spesso scaturivano incendi, nel 1291 il governo ordinò lo spostamento di tutta la produzione sull’isola di Murano. In questa scelta concorse forse anche la volontà di tentare di salvaguardare i segreti tecnici di questa forma di artigianato.

Il trasferimento coatto dei vetrai e delle loro famiglie fu però seguito anche da privilegi, che portarono questi artigiani ad avere un importante stato sociale: essi avevano infatti il diritto di portare la spada, le loro figlie potevano sposarsi con gli appartenenti a importanti famiglie di Venezia, e godevano di talune immunità. D’altro canto non gli era invece permesso lasciare i territori della Serenissima.

Bicchieri in vetro di Murano. Foto: Striulli A. Vetri / Promovetro
Bicchieri in vetro di Murano. Foto: Striulli A. Vetri / Promovetro
Vetraio al lavoro. Foto: Promovetro
Vetraio al lavoro. Foto: Promovetro
La coppa di Angelo Barovier (1470 circa), conservata al Museo del Vetro di Murano
La coppa di Angelo Barovier (1470 circa), conservata al Museo del Vetro di Murano
Calice in vetro del XVII secolo, conservato al Museo del Vetro di Murano
Calice in vetro del XVII secolo, conservato al Museo del Vetro di Murano
Oggetti in vetro di Murano. Foto: Dan Hadar
Oggetti in vetro di Murano. Foto: Dan Hadar

L’isola di Murano si attestò così come uno dei più antichi e sistematici distretti manifatturieri: la vicinanza dei maestri artigiani e le norme protezionistiche permisero un continuo sviluppo delle tecniche e delle professionalità, decretando ben presto la fortuna internazionale del vetro di Murano: l’isola si sarebbe distinta sia per una produzione commerciale, con oggetti di uso quotidiano, sia per i prodotti di lusso.

Nei secoli, a Murano sono state messe a punto innumerevoli tecniche e si sono distinti numerosi maestri, come Angelo Barovier che nella prima metà del XV secolo pare inventò il vetro cristallino, il primo a essere realmente incolore e trasparente.

Nel Settecento si distinse la fabbrica di Giuseppe Briati che riuscì a dar nuova vitalità al vetro di Murano, dopo un secolo di difficoltà dovuta alla concorrenza del vetro di Boemia, che poteva essere lavorato a taglio. Egli lanciò sul mercato prodotti che sarebbero divenuti celebri, come le “ciocche”, lampadari a molti bracci decorati da festoni, fiori e foglie, i “deseri” (centritavola da dessert, da cui il nome), gli specchi di cristallo colorato e il famoso “lattimo” che imitava la porcellana. Sempre nel XVIII secolo si affermò l’uso di vetri mimetici come il calcedonio che imita le pietre preziose.

L’inizio del secolo successivo diede invece il via a una delle stagioni più nere del vetro di Murano, a causa della Caduta della Repubblica e le dominazioni straniere, in particolare quella austriaca che favorì commercialmente il vetro boemo. Questo periodo buio terminerà con l’Unità d’Italia e con alcune iniziative, in particolare la creazione del Museo del Vetro da parte dell’abate Vincenzo Zanetti con la sua relativa scuola di disegno per vetrai.

Nel XX secolo l’industria sempre più fiorente si aprì a nuove soluzioni creative, con la collaborazione tra i maestri vetrai e designer di ogni genere, dando via a una ricerca tecnica e stilistica che continua ancora oggi.


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