Non sono molti i ritratti ufficiali di bambini nella storia dell’arte e generalmente sono raffigurati al fianco di un adulto, che poteva essere o uno dei genitori o chi ne faceva le veci. Eppure questa bambina, a distanza di secoli, affascina e cattura ancora lo sguardo dell’osservatore: è Bia de’ Medici e la possiamo ammirare alle Gallerie degli Uffizi nella stessa sala in cui si trova un altro dei ritratti più famosi realizzati dal Bronzino (Agnolo di Cosimo Tori; Firenze, 1503 – 1572) per la famiglia Medici, ovvero Eleonora di Toledo con il figlio Giovanni. L’impostazione è infatti la stessa per entrambi i dipinti, in quanto sia Bia che Eleonora di Toledo con il figlioletto si stagliano su uno sfondo di un bellissimo blu, presumibilmente realizzato con lapislazzuli, e tutti guardano direttamente l’osservatore; inoltre sia Bia che Eleonora sono sedute, anche se la bambina, colta in un ritratto molto naturale, sembra lì lì per alzarsi, con la mano sinistra che pare spingere sul bracciolo della sedia, pronta per scattare in piedi. La posizione di Eleonora è molto più rilassata, perché la mano sinistra poggia direttamente sullo splendido vestito broccato alla moda spagnola, forse il vero protagonista del celebre ritratto, vista la cura nei dettagli, le finiture e la grande ricercatezza con cui è stato dipinto (sembra quasi di poter toccare il tessuto da quanto è realistico), mentre la mano destra poggia sulla spalla del secondogenito, il quale a sua volta si regge con la piccola manina alle gambe della madre.
Tra Bia ed Eleonora di Toledo non c’era un rapporto di sangue, ma la giovane amava la piccola come se fosse stata sua figlia: Bianca de’ Medici, meglio conosciuta con il diminutivo Bia, era infatti figlia, anzi la primogenita, di Cosimo I, marito di Eleonora. La bambina era nata nel 1537, dunque due anni prima del matrimonio tra Cosimo ed Eleonora celebrato nel 1539, da un rapporto illegittimo tra il duca e una donna di cui non si conosce ancora l’identità. Accolta in casa Medici, Bia era stata cresciuta insieme ai figli legittimi della coppia (ne ebbero ben undici) con lo stesso affetto a cui tutti i membri della famiglia riservavano ai piccoli, in primis la nonna Maria Salviati, la quale aveva una particolare simpatia per Bia. Di questo rapporto amorevole diede conto nel 1560 anche Simone Fortuna, ambasciatore di Francesco Maria II della Rovere in Toscana, che in una lettera scrisse che il duca Cosimo, durante i suoi primi anni di ducato, “ebbe da una gentildonna di Fiorenza una puttina, che fu battezzata in nome di Sua Eccellenza Illustrissima, et si chiamò Bia. Et la Signora duchessa Leonora, trovatala in casa, l’allevava amorevolmente come nata che era dal marito prima che lei fusse sua sposa”.
Dietro al dipinto di eccezionale bellezza e raffinatezza si nasconde tuttavia una storia triste: il quadro risale infatti al periodo compreso tra il 1542 e il 1545, lo stesso in cui il Bronzino dipinse il ritratto di Eleonora di Toledo con il figlio Giovanni, ma si tratta di un ritratto postumo, perché la piccola Bia perse la vita all’età di soli cinque anni. Il padre Cosimo partì per Arezzo, che apparteneva ai possedimenti fiorentini, portando con sé anche Bia. Durante il viaggio di ritorno quest’ultima si ammalò improvvisamente: era la fine del gennaio del 1542 e la bambina morì dopo poche settimane, con la disperazione di tutta la famiglia che si era vista portare via in tenera età quella piccola creatura a cui tutti volevano bene e che era così piena di vita, come lo stesso Bronzino ha voluto esprimere nella tela degli Uffizi, nella quale, come già scritto, la bambina pare alzarsi da un momento all’altro da quella sedia dantesca e dove giocherella con la catena dorata tra le dita che le cinge la vita.
In passato la bambina raffigurata era stata identificata come una delle figlie legittime di Cosimo I e di Eleonora di Toledo: si era pensato infatti a Isabella o a Maria de’ Medici, ma successivamente, già alla fine dell’Ottocento, il dipinto è stato considerato un ritratto postumo di Bianca de’ Medici, come un omaggio alla bimba scomparsa troppo presto che la famiglia ha voluto far realizzare al ritrattista di corte. Si pensa che il Bronzino, per raffigurarla, abbia utilizzato la maschera mortuaria in gesso che il duca fece realizzare e che risulta inventariata nel suo guardaroba nel 1553, dove era citato anche il ritratto degli Uffizi.
Il Bronzino era divenuto ritrattista di corte, e come tale, fece i ritratti di tutti i membri della famiglia, a cominciare da Cosimo e da Eleonora per poi proseguire con i figli e con Maria Salviati, la madre del duca. Nelle sue Vite, Vasari riferisce che "il signor duca, veduta l’eccellenza di questo pittore, e particolarmente che suo proprio ritrarre dal naturale quanto più diligenzia si può imaginare, fece ritrarre sè, che allora era giovane, armato tutto d’arme bianche e con una mano sopra l’elmo: in un altro quadro la signora duchessa sua consorte, ed in un altro quadro il signor don Francesco loro figliuolo e prencipe di Fiorenza. E non andò molto che ritrasse, siccome piacque a lei, un’altra volta la detta signora duchessa, in vario modo dal primo, col signor don Giovanni suo figliuolo appresso. Ritrasse anche la Bia fanciulletta, e figliuola naturale del duca: e dopo, alcuni di nuovo, ed altri la seconda volta, tutti i figliuoli del duca; la signora donna Maria, grandissima fanciulla, bellissima veramente; il prencipe don Francesco; il signor don Giovanni; don Garzia, e don Ernando, in più quadri, che tutti sono in guardaroba di Sua Eccellenza, insieme con ritratto di don Francesco di Tolledo, della signora Maria madre del duca [...]". Tra i ritratti dei figli di Cosimo I compiuti dal Bronzino, come ad esempio quello di Francesco I giovinetto, quello di Giovanni, quello di Maria Lucrezia e quello di Garzia, il ritratto di Bia risulta quello più noto e che più ammalia ancora oggi il pubblico. Sicuramente per la sua elevatissima qualità pittorica e il suo impressionante realismo, ma anche per la dolcezza che traspare dal volto della bambina. Un volto in salute, con le guance piene e leggermente rosate sulla pelle chiara come la luna; gli occhi grandi e penetranti, la bocca carnosa e un sorriso appena abbozzato: tratti fisionomici ben proporzionati e armonici. I capelli lisci di colore castano chiaro sono tagliati in maniera molto simile a un moderno carré, pettinati con la riga in mezzo e due ciocche attorcigliate in modo simmetrico ai lati della fronte. Il candore della pelle e del vestito allude alla purezza e all’innocenza della tenera età, ma anche al nome stesso della bambina, Bianca. Indossa un abito di seta molto elegante nella sua semplicità, con una scollatura quadrata e maniche a sbuffo arricciate, con una cintura a catena attorno alla vita con cui giocherella tenendo un lembo tra le dita della mano destra, che termina con un ciondolo, o meglio, con un pomander, un portaprofumo. Sia la scollatura che i polsini sono ornati da una raffinata e sobria decorazione tono su tono.
L’abilità del pittore nel raffigurare i tessuti dei vestiti sulla tela si accompagnava a una eguale capacità nel rappresentare i gioielli: Bia è infatti ingioiellata come una adulta, porta orecchini pendenti con perle a goccia, una collana girocollo di perle e una collana a catena d’oro da cui pende un medaglione con l’effigie di profilo di suo padre Cosimo I.
Raffigurata seduta di tre quarti, è stata definita la versione infantile del ritratto di Lucrezia Panciatichi realizzato sempre dal Bronzino nel 1541 circa e, anche se piccola, Bia ha attorno a sè un’aura signorile, una grazia innata come si addice a un’esponente di una delle famiglie più ricche e importanti dell’epoca.
Per tanto tempo custodito nella Tribuna degli Uffizi, oggi il Ritratto di Bia de’ Medici lo si può ammirare in quella che è considerata la sala del Bronzino e dei Medici, insieme a magnifici capolavori del ritrattista della corte medicea, a cominciare dalla Eleonora di Toledo, mamma acquisita di Bianca che la amò con tutto il suo cuore.
L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.