Fra i grandi musei europei, il Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona fa la parte della Cenerentola: poco conosciuto non è certo una delle mete più gettonate per i turisti internazionali che transitano nella capitale portoghese. Al suo interno però custodisce meravigliosi capolavori, e offre innumerevoli motivi per visitarlo. Fu istituito nel 1884 per raccogliere i numerosissimi tesori d’arte delle corporazioni religiose soppresse nel 1834. Decisivo per l’apertura del museo fu il successo della mostra retrospettiva dell’arte portoghese e arte ornamentale spagnola che si tenne nel 1881 al South Kensington Museum di Londra, oggi Victoria & Albert Museum.
La sede del museo fu individuata in una residenza nobiliare, costruita alla fine del XVII secolo, chiamata Palazzo Alvor Pombal, dal nome del primo proprietario, il Conte di Alvor e dal fratello del marchese di Pombal (artefice della ricostruzione di Lisbona dopo il terribile terremoto del 1774) che l’acquistò nel 1759. Il Palazzo che si adagia sulle sponde del fiume Tago fu ingrandito con l’acquisizione anche del perimetrale Convento das Albertas, dove nel frattempo l’ordine delle carmelitane scalze che lo abitava si era estinto.
Al suo interno è possibile ammirare l’intero sviluppo dell’arte portoghese, cosa che purtroppo non è altrettanto semplice fare nelle chiese lisbonesi, impoverite da gran parte delle testimonianze più antiche, dopo il distruttivo terremoto del 1774. Ma il MNAA custodisce al suo interno anche notevoli capolavori d’arte europea, commissionati dalle corporazioni religiose, o appartenuti a nobili e a collezioni reali.
Non stupisce che, in una nazione profondamente cattolica come il Portogallo, gran parte delle opere di più alto valore furono per lungo tempo collegate a commissioni religiose. Una maggior libertà compositiva e decorativa fu invece possibile per gli artisti portoghesi nelle arti applicate, dove le influenze europee barocche e neoclassiche vengono mediate con un vivace brio coloristico tutto portoghese, che qui è possibile ammirare.
Interno del museo |
Interno del museo |
Il giardino del Museo affacciato sul fiume Tago |
Il giardino del Museo affacciato sul fiume Tago |
Sala con arazzo e robbiane |
Sala Antenor Patiño |
Sala del barocco portoghese |
Il grande museo si sviluppa su tre piani, suddivisi in 70 stanze espositive. Il piano terra e i mezzanini sono dedicati ad accogliere mostre temporanee, oltre che alcune sale funzionali come l’auditorium, la biblioteca e il gabinetto dei disegni e delle stampe, anch’esso deputato ad esporre opere a rotazione. Salendo al primo piano si incontrano alcuni dei capolavori più importanti custoditi nel museo. Qui dipinti e sculture sono raggruppati in ordine cronologico o talvolta per scuole, mentre in altre sale ancora il criterio estetico sembra essere predominante.
È il caso della grande sala con l’arazzo che celebra la scoperta delle Indie da parte dei portoghesi guidata dal capitano Vasco da Gama nel 1498, episodio celebrato propagandisticamente in numerosi arazzi del periodo voluti dal re Manuel I. Lo straordinario arazzo mostra con grande vivacità le numerose curiosità caricate sulle navi arrivate da quella terra misteriosa e lontana, fra i variegati animali anche un leggendario unicorno. Nella stessa sala sono disposte delle belle robbiane e una scultura policroma raffigurante un San Leonardo di Andrea delle Robbia, nonché un raffinatissimo bassorilievo di Sansovino. Numerose sale sono dominate da maestosi trittici o retabli, che non poca fortuna ebbero nella penisola iberica, in particolare quelli dei maestri fiamminghi.
I colori preziosi e smaglianti esaltano le dolenti scene religiose, dove il dolore è reso con grande pathos e attenzione, come nel trittico della Deposizione della Croce di Pieter Coecke van Aelst in cui un Cristo esanime e smunto viene calato a fatica dalla croce. Estremamente raffinato e brillante anche il Trittico della Madonna della Misericordia di Jan Provoost.
Fra queste meravigliose macchine devozionali, la più celebre è l’inquietante trittico di Hieronymus Bosch con le tentazioni di Sant’Antonio. Le tre scene sono popolate da un brulicante universo di mostri, demoni e altri terrori tra cui il santo si destreggia. Nel pannello a sinistra, vediamo in alto, il santo in balia dei demoni che lo tengono in ostaggio in volo, e dopo la sua caduta, viene sostenuto da alcuni uomini mentre attraversa un ponte, anch’esso rifugio di malignità. Nel pannello destro e in quello centrale, sant’Antonio si estranea da queste creature corrotte prima in meditazione e poi in preghiera.
Hieronymus Bosch, Trittico delle tentazioni di sant’Antonio (1501 circa; olio su tavola, 131 x 238 cm; Lisbona, Museu nacional de arte antiga) |
Anonimo fiammingo, Vergine con bambino e pappagallo (1510-1520 circa; olio su tavola; Lisbona, Museu nacional de arte antiga) |
Lucas Cranach il Vecchio, Salomè con la testa di San Giovanni Battista (1510 circa; olio su tavola, 61 x 49,5 cm; Lisbona, Museu nacional de arte antiga) |
Albrecht Dürer, San Girolamo nello studio (1521; olio su tavola, 60 x 48 cm; Lisbona, Museu nacional de arte antiga) |
Piero della Francesca, Sant’Agostino (1465; tempera su tavola, 133 x 60 cm; Lisbona, Museu nacional de arte antiga) |
Tra le altre straordinarie opere provenienti dal nord Europa, una menzione va fatta per le opere di Quentin Metsys, geniale capostipite della Scuola di Anversa, pittore attivo nei primi tre decenni del XVI secolo, che fu ricercatissimo dai numerosi committenti portoghesi che nel porto belga avevano cospicui interessi commerciali. A lui e alla sua bottega commissionarono il Polittico dei Sette Dolori di Maria per il Convento della Madre di Dio a Lisbona, smembrato in epoche più recenti, e in gran parte conservato nel museo portoghese. Il tipico virtuosismo pittorico fiammingo per le rese materiche e le superfici brillanti viene combinato da Metsys con una resa più monumentale della figura umana, probabilmente desunta dall’arte italiana. Nello straordinario pannello centrale un’imponente Madonna addolorata, immersa in un vivace paesaggio analizzato con sguardo geologico, ricorda da vicino il contemporaneo Leonardo da Vinci. Fra gli altri anche una bella Madonna di Hans Memling e un massiccio San Luca di Hugo van der Goes, e una squisita Madonna con bambino di un anonimo, dove il pargolo si diletta con un pappagallo Macao, tipico del Sud America, dimostrazione di come l’arte fosse stata subito ricettiva ad accogliere le novità provenienti dal nuovo continente.
Altrettanto rappresentati sono anche gli artisti tedeschi: nel San Girolamo di Albrecht Dürer il dottore della chiesa è compresso in una composizione massiccia e sintetica, che esalta l’essenzialità della scena, dove il santo si rivolge allo spettatore, mentre una diagonale sottolinea la relazione fra il crocifisso appeso alle sue spalle e il teschio, simbolo della meditazione sulla caducità dell’esistenza. L’opera fu realizzata dal tedesco durante un suo viaggio nei Paesi Bassi, ne realizzò alcuni disegni e varianti e utilizzò come modello un uomo di novantatré anni. L’artista offrì il dipinto a un legato della stazione commerciale portoghese ad Anversa, che qualche decennio dopo portò l’opera in Portogallo, successivamente passò in mano di nobili proprietari prima di arrivare al museo di Lisbona.
Celebre è inoltre il dipinto raffigurante Salomè con la testa del Battista di Lucas Cranach, che qualche anno dopo replicò il soggetto con una resa molto diversa in un’opera che si conserva a Budapest. L’opera portoghese del 1510 segna l’inizio del popolarsi della pittura del tedesco di un universo femminile, dove la donna diventa emblema di potere e di astuzie (seguiranno scene con Giuditta, Dalila, Lucrezia) in cui il contrasto tra sensualità erotica e l’algida malia femminile dominano i soggetti ritratti.
Ben figurano anche gli artisti italiani: il Sant’Agostino di Piero della Francesca, parte di un polittico realizzato dal maestro toscano per la Chiesa di Santa Chiara di San Sepolcro, sua città natale, vale da solo il prezzo (esiguo) del biglietto. Il santo è concepito come una solida statua di marmo collocata nella sua nicchia, e nel suo magistrale nitore formale è ravvivato da scene con santi ed episodi della vita di Gesù, che con incredibile perizia prospettica il pittore ha istoriato sulla pianeta e la mitria indossate dal dottore della Chiesa.
Valerio Castello, Cristo e l’adultera (1650 circa; olio su tela; Lisbona, Museu nacional de arte antiga) |
Alessandro Allori, Riposo durante la fuga in Egitto (1602; olio su tela, 148 x 114 cm; Lisbona, Museu nacional de arte antiga) |
Gli apostoli di Francisco de Zurbarán e bottega (1633) |
Gustave Courbet, Paesaggio invernale (1868; olio su tela, 68 x 96 cm; Lisbona, Museu nacional de arte antiga) |
Poi una tavola di predella dipinta da Raffaello, dipinti di Pontormo, Bronzino, Alessandro Magnasco, Luca Giordano, e molti altri. È custodito anche un cospicuo nucleo di opere di artisti caravaggeschi, che bene si dovevano sposare alle passionalità religiosa del clero e dell’aristocrazia portoghesi, tra cui José Ribera, Mattia Preti e lo straordinario ciclo di apostoli dipinto da Francisco de Zurbarán per volere del re Filippo IV di Portogallo per il Monastero di São Vicente de Fora a Lisbona. Una pittura dogmatica figlia della controriforma, dove la plasticità delle figure è esaltata attraverso i prodigiosi valori pittorici della luce.
Un intero piano è poi dedicato ai preziosi artefatti che marinai e commercianti portoghesi riportarono dalle numerose tratte commerciali e dai lontanissimi regni, spesso depredati, che la grande potenza navale del Portogallo aveva raggiunto: porcellane cinesi che con le maioliche portoghesi si influenzarono vicendevolmente, avori, mobili, tappeti dalle colonie in Oriente e in Africa.
Il Museo di Lisbona conserva anche la più ricca raccolta d’arte portoghese al mondo, dalle massicce sculture romaniche policrome, a quelle in legno gotiche, alle opere che testimoniano la lunga e duratura influenza dell’arte fiamminga sull’arte portoghese, di cui apprezzava la brillantezza dei colori e la resa realistica. Gli stretti rapporti commerciali fra i Paesi Bassi e Portogallo influenzarono anche gli scambi artistici, con numerosi artisti portoghesi che svolgevano i loro apprendistati nelle Fiandre e maestri fiamminghi che si trasferivano in Portogallo. Quest’ultimo caso riguarda pittori come Frei Carlos e Francisco Henriques che si stabilirono in Portogallo.
Perno della collezione portoghese sono i sei giganteschi pannelli del polittico São Vicente de Fora attribuito a Nuno Gonçalves, artista del XV secolo. Di grande importanza simbolica per la cultura portoghese è un magistrale ritratto collettivo alla fiamminga, dove compaiono cinquantotto personaggi rappresentanti la Corte e i vari strati della società portoghese.
Questa assemblea solenne rappresenta un’incredibile testimonianza sui costumi dell’epoca, “pannelli che scandiscono lineamento per lineamento l’umanità portoghese” ne scriveva il premio Nobel per la letteratura José Saramago nel suo celebre libro Viaggio in Portogallo.
Nuno Gonçalves, Polittico di Sao Vicente (1470 circa; sei pannelli di 207,2 x 64,2, 207 x 60, 206,4 x 128, 206,6 x 60,4 e 206,5 x 63,1 cm |
Il polittico di Sao Vicente in restauro |
Anonimo portoghese, Inferno (1510-1520; olio su tavola, 119 x 217,5 cm; Lisbona, Museu nacional de arte antiga) |
Alcuni dipinti di Frey Carlos |
Frey Carlos, Trittico del Calvario (1520-1530; olio su tavola; Lisbona, Museu nacional de arte antiga) |
Gregório Lopes, Pale d’altare con santi, 1540-45 circa; Lisbona, Museu nacional de arte antiga) |
Gregório Lopes, Martirio di San Sebastiano (1536-1539; olio su tavola, 119 x 244 cm; Lisbona, Museu nacional de arte antiga) |
Domingos Sequeira, Adorazione dei magi (1828; olio su tela, 100 x 140 cm; Lisbona, Museu nacional de arte antiga) |
Assolutamente interessante anche la personalissima pittura di uno dei maggiori protagonisti del rinascimento portoghese Grão Vasco (o Vasco Fernandes) dal disegno più marcato, più affine all’arte italiana che fiamminga. Lentamente la pittura portoghese si svincola da quella fiamminga, e la cesura si fa netta con la controriforma quando gli artisti portoghesi guardano alla Spagna e indirettamente all’Italia. La stagione barocca è anch’essa debitrice all’arte italiana, rinunciando però al trattamento naturalistico e a certi effetti drammatici, in nome della preziosità dei colori e di un’esuberanza decorativa. Anche il più importante pittore neoclassico portoghese, Domingo António de Sequeira, si formò a Roma.
Impreziosiscono la visita al museo, la cappella di Sant’Alberto appartenuta al convento, un gioiello di colori fra stucchi e legni a foglia d’oro e gli splendenti azzurri degli azulejos; la Sala Patiño, dal nome del diplomatico boliviano che la donò, una stanza di gusto rococò realizzata originariamente per l’Arciduchessa d’Austria Maria Antonietta; e il bel giardino sopraelevato, che si affaccia sul fiume Tago e sul porto di Lisbona, con annesso ristorante, caffetteria e zona studio.
Lo splendido museo, oltre che una mirabolante collezione d’arte, è anche un autentico rifugio dal festoso caos della capitale portoghese, e nonostante forse non abbia la fama dei grandi musei europei, conserva abbastanza da saziare gli appetiti della capitale e regalare più di un’avventura, come sosteneva Saramago.
L'autore di questo articolo: Jacopo Suggi
Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell'arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall'arte contemporanea, alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio.