Recentemente abbiamo assistito al dibattito pubblico nazionale e internazionale accentrarsi attorno alla messa in discussione del ruolo dei tradizionali monumenti, a seguito delle rivendicazioni del movimento Black Lives Matter. Alcune proteste sono sfociate in veri atti di iconoclastia, dove a farne le spese sono stati diversi monumenti, che sono stati vandalizzati e abbattuti. Senza alcuna intenzione di prendere posizione in tale dibattito, vogliamo ricordare uno scultore italiano del XX secolo, di cui alcune opere più prestigiose e roboanti sono state demolite in contesti decisamente diversi. L’intenzione è infatti quella di parlare di un autore che, benché nella prima metà del XX secolo abbia ottenuto grandi commissioni in Italia, e ancor di più in giro per il mondo, è oggi dimenticato dal pubblico, ma anche piuttosto bistrattato dagli storici dell’arte. Si tratta di Angiolo Vannetti, nato a Livorno il 6 dicembre 1881 e morto a Firenze nel 1962. Dicevamo di un artista la cui carriera è costellata da imprese monumentali e di grande prestigio, che contribuirono a diffondere la sua fama nel mondo, divenendo ambito autore di grandi monumenti celebrativi e più in generale per complessi scultorei dalla forte carica retorica e propagandistica, non a caso fu richiestissimo in imprese coloniali e da governi in cerca di legittimazione. Vannetti, dopo una formazione a Firenze sotto Augusto Rivalta, iniziò la sua carriera espositiva in mostre nazionali e internazionali, al quale partecipò con regolarità dal 1908: Bruxelles nel 1912, Grand Salon des Beaux Arts di Parigi (nel 1913 e 1914), Gand e Milano. In queste occasioni espositive le sue opere non solo furono acquistate da alcuni musei italiani e stranieri, ma un gruppo scultoreo fu acquistato anche dal Re d’Italia, e un altro dal Re del Belgio.
Nei primi due decenni del XX secolo portò avanti anche una prolifica collaborazione con l’architetto Giovanni Michelazzi, impegnato nella costruzione di diverse pregevoli abitazioni in stile liberty a Firenze fra cui villino Ventilari, villino Broggi e il villino Ravazzini, dove Vannetti si occupò degli stucchi interni creando sculture di gusto prettamente liberty.
Interruppe la carriera per partecipare, come accadde a molti altri artisti, alla prima guerra mondiale, per la quale si arruolò volontario, ricoprendo il ruolo di capitano dei mitraglieri, con cui si guadagnò anche due medaglie d’argento dopo essere stato ferito e imprigionato.
Con la fine della guerra, Vannetti riprese il suo lavoro riuscendo sempre di più ad affermarsi in campo internazionale: infatti, dagli anni Venti iniziò a lavorare per un lungo periodo in Asia, firmando molte opere di cui però in parte si è persa memoria, ma quasi tutte di formato monumentale.
In Cina, a Shanghai, si occupò dell’apparato scultoreo del palazzo del giornale North China Daily News per il quale realizzò un fregio di ispirazione classica di oltre 8 metri, con i simboli e i momenti più caratterizzanti della storia della stampa; successivamente in Giappone realizzò i ritratti della corte imperiale; e poi ancora Hong Kong, Canton, Saigon in Vietnam, e Singapore. A Singapore, collaborò fianco a fianco con l’architetto fiorentino Raoul Bigazzi nel cui entourage figurava anche un altro artista livornese Llewelyn Lloyd. Per la nuova stazione, la Tanjong Pagar Railway Station, realizzò quattro colossali figure in marmo di Botticino, alte poco meno di 4 metri, rappresentanti il Commercio, l’Agricoltura, Industria e i Trasporti.
Anche in Italia i servigi di Vannetti furono richiestissimi e sempre negli anni Venti firmò alcuni memoriali, come i Monumenti ai Caduti a Dicomano e del Parco della Rimembranza di Firenze (1926).
La stazione di Keppel, Tanjong Pagar, Singapore, con i rilievi di Angiolo Vannetti |
Angiolo Vannetti, Bassorilievi con le allegorie dell’Industria, del Commercio, dell’Agricoltura e del Trasporto (1932; Singapore, Keppel Railway Station, Tanjong Pagar) |
Il Fante all’assalto del 1926 nel Parco della Rimembranza a Firenze in via delle Porte Sante |
Monumento ai caduti di Dicomano, Firenze, 1928 |
Nel 1929 si spostò in America, a Cuba, dove, dopo essere risultato vincitore di un concorso mondiale, realizzò con l’architetto Ettore Sanatori nel Parco dell’Antico Palazzo Presidenziale a L’Avana, oggi divenuto Museo della Rivoluzione, il monumento del presidente cubano Alfredo Zayas: una gigantesca costruzione in marmo Botticino di 18 metri, ornata da 36 figure ad altorilievo, dove si erge la statua di Zayas di 2,5 metri. Il presidente cubano venne raffigurato in abito civile, mentre con una mano indica il palazzo presidenziale.
Gli anni Trenta videro Angiolo Vannetti impegnato sia in Italia che all’estero, coinvolto in operazioni sempre più monumentali. I suoi successi internazionali non passarono inosservati al regime fascista, che dagli anni Trenta lo coinvolse nel progetto di rimodernamento di Tripoli e di altri centri libici. Nella capitale della Libia realizzò, nel 1932, una fontana, dove al centro di una vasca tonda si erge un gruppo scultoreo allegorico con una giovane donna nuda che accarezza una gazzella, che nelle idee dello scultore avrebbe dovuto rappresentare la natura esotica e selvaggia della colonia. Poco distante firmò anche il gruppo delle due Tigri, che aveva realizzato simile anche a Firenze. Entrambi gli apparati scultorei vennero inaugurati dal Governatore della colonia, il maresciallo Badoglio. Nel cimitero cristiano, in onore dei caduti italiani della guerra libica, realizzò un gigantesco gruppo della crocifissione alto oltre cinque metri. Infine, Vannetti, nel villaggio Garibaldi (oggi ribattezzato Dafnya), a circa 60 chilometri da Leptis Magna, compì una maestosa fontana, costituita da due parallelepipedi marmorei ornata da due fregi di qualità discutibili, recanti le imprese di Giuseppe Garibaldi: la difesa di Roma Repubblicana nel 1849 e l’incontro con Vittorio Emanuele II nel 1860. La fontana venne inaugurata alla presenza del maresciallo Italo Balbo, che ne caldeggiò il progetto. Nel 1940, la comunità italiana in Cile decise di donare una copia della Lupa Capitolina eseguita da Vannetti alla città cilena di Talca, e venne collocata in un complesso architettonico che replicava il tempio del Dio Apollo, opera dell’architetto Victor L. Veglia Bartolucci.
Nel 1937 Angiolo Vannetti fu il primo scultore straniero ad esporre nello stato centroamericano di Panama al Club Unión, dando inizio ad una nuova stagione scultorea che si protrarrà per diversi decenni. Nel 1938 firmò il monumento del dottor AB Herrick nella capitale panamense davanti ad un ospedale, successivamente ricollocata negli spazi del Ministero della Salute, a cui poi seguiranno il monumento a don Rodolfo Chiari ad Aguadulce, il Monumento alla Madre nella città di Colón, i busti del Dott. Juan D. Arosemena a Santiago de Veraguas, a don Abel Bravo all’Università di Panama, per la quale realizzò anche la statua Hacia la Lux nel 1951, collocata nei giardini. Questa prolifica attività, fatta per la verità di opere stereotipate, gli verrà riconosciuta con grandi onori: infatti nel 1947 Vannetti venne nominato console onorario di Panama. Nel 1955,ottenne un’ultima grande commissione, quando ancora nella città di Panama venne incaricato di scolpire la statua del presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt, in un momento storico in cui il paese del Centroamerica e gli USA intrattenevano rapporti cordiali. La statua di colossali dimensioni si trovava su una delle strade principali della città, collocata su un marmoreo piedistallo e corredata da un gigantesco obelisco.
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Tigre, scultura in terracotta, Museo Casa Natale di Michelangelo Buonarroti, Caprese Michelangelo (Arezzo). |
La loba capitolina, inaugurata il 21 Aprile 1940 a Talca, Cile |
La centrale idroelettrica di Piano della Rocca, Lucca, decorata da Angiolo Vannetti nel 1942 |
L’opera Le fiere collocata nell’ex Zoo di Firenze, nel Parco delle Cascine |
Hacia la luz, monumento in bronzo collocato nell’Università di Panama nel 1954 davanti alla Facultad de Humanidades |
La statua del presidente cubano Alfredo Zayas Alonso, inaugurata da egli stesso il 20 maggio 1925 |
La statua del presidente cubano Alfredo Zayas Alonso |
La statua del presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt, Panama City, Panama, 1955 |
Accanto alla produzione monumentale, Vannetti affiancò anche una prolifica produzione di bronzetti, atta a soddisfare le richieste del mercato. Sculture animalier, con tigri, cerbiatti, leoni convivono con soggetti umani esotici espunti dalle sue numerose esperienze all’estero, come bonzi, contadini cinesi e donne africane. Impressioni di viaggio immortalate con linee liberty, e in anni più tardi a contatto con gli stilemi dell’art déco, dalle linee suadenti e sinuose di segno ben differente dalla sua produzione monumentale, tronfia di retorica e dettata da un linguaggio eccessivamente magniloquente.
In particolare, di quest’ultima produzione, alcune delle roboanti commissioni in giro per il mondo, come anticipato all’inizio dell’articolo, sono state abbattute. Così è accaduto in Libia, dove dopo il colpo di stato nel 1969 portato avanti da Gheddafi spodestando il re Idris I, già pochi mesi dopo il suo insediamento, il leader del governo rivoluzionario diede vita a un vero programma di decolonizzazione, attento anche ad eliminare le tracce estetiche e monumentali che si trovavano nell’ex colonia italiana. A farne le spese fu la fontana di Dafnya, che nonostante fosse dedicata a Garibaldi, personaggio apprezzato anche da Gheddafi, venne smantellata, e solo recentemente i due rilievi, scheggiati ma completi, sono stati ritrovati nei magazzini del Dipartimento delle Antichità della Libia. Mentre la fontana delle Due Gazzelle nella capitale non venne giudicata come un mero prodotto coloniale e pertanto fu risparmiata. Ma dopo la caduta di Gheddafi, nel 2011, essa fu bersaglio di polemiche da parte di integralisti, che tentarono di rivestirla avvolgendola con degli stracci per coprirne le nudità. Successivamente, si tentò di placare la controversia tentando di dissimularne le forme aumentando lo zampillio della fontana. Ma tale compromesso non acquietò gli animi, e nella notte tra il 2 e il 3 novembre 2014 il gruppo scultoreo di Vannetti scomparve, lasciando la vasca vuota e ponendo fine alla storia di una statua che era sopravvissuta attraverso avventurose vicende come la seconda guerra mondiale, la monarchia libica, il governo di Gheddafi e la rivoluzione che ha condotto la Libia nel caos, venendo addirittura colpita da un missile nell’agosto del 2014 che le aveva lasciato un buco nella pancia. Di essa si conserva però un bronzetto nel Museo Civico “Giovanni Fattori” di Livorno. E ancora, nel 2010, la Loba Capitolina cilena, copia della celebre lupa romana è stata rubata dalla sua collocazione, mentre l’anno seguente una copia è stata donata dall’ambasciatore italiano Vincenzo Palladino.
Ma queste non sono le uniche creazioni dello scultore ad essere state oggetto di atti di iconoclastia. Infatti, anche la statua di Alfredo Zayas, che il presidente cubano si fece costruire in vita, venne rimossa dopo la rivoluzione cubana negli anni Cinquanta, insieme alle altre effigi di presidenti repubblicani rei di essere stati servili nei confronti degli USA. Di ciò che è accaduto alla statua si è poi persa la memoria. Sorte non dissimile è accaduta al monumento di Roosevelt, che il 1° luglio 1987 fu demolito da un comando paramilitare di San Miguelito, sostenitori del regime del generale Manuel Antonio Noriega. Essi sostenevano, come peraltro fu ampiamente provato, che dietro gli oppositori del regime che si erano riuniti in un movimento dal nome “Crociata Civile”, vi fosse il sostegno degli Stati Uniti. Per tale motivo il regime alimentò sentimenti antiamericani. La statua venne vandalizzata e poi con una corda legata intorno al collo venne abbattuta con l’aiuto di un camion guidato da un funzionario del sindaco di San Miguelito. Successivamente il busto è stato distrutto vendendone il metallo, mentre la testa del presidente è stata riconsegnata al governo solamente negli anni Novanta. Per anni la testa fu dimenticata in qualche magazzino governativo, e venne ritrovata solamente intorno al 2008, quando viene proposto di usare il capo per ricostruire una statua in onore del presidente americano. Dopo una lunga discussione su dove avrebbe dovuto essere ricollocata, con taluni che propendevano per un museo, la testa è stata infine innalzata su un piedistallo nel 2011 lungo il Paseo de Próceres y Ciudadanos Ilustres, una passeggiata dedicata a personaggi illustri, situata sulla fascia costiera, nel cuore della città di Panama.
Alcuni scatti d’epoca della vandalizzazione del monumento al presidente Franklin Delano Roosevelt, Panama City (1987) |
La testa della statua di bronzo di Roosevelt dopo il ritrovamento, trasferita nei locali della Direzione Generale delle Entrate del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) |
La fontana della Gazzella nel centro di Tripoli realizzata nel 1932, originariamente si chiamava Sorgente di Vita |
L’aumento dello zampillio dell’acqua nella fontana della Gazzella attuato per dissimulare le nudità della statua |
La statua della fontana dopo essere stata colpita da un missile nell’agosto del 2014 |
La fontana a seguito della rimozione della scultura |
Atti perpetuati in luoghi e culture tanto diverse, testimoniano come le immagini e in questo caso monumenti siano dotate di un potere e di una fascinazione che non lascia indifferenti, e anzi che l’uomo e la collettività subisce in positivo e in negativo, si tratta di una sorta di rivendicazione di come l’arte e i simboli siano un fenomeno che l’umanità non riesce ancora totalmente a comprendere. In questo caso curiosa è la storia di un artista che riscosse un apprezzamento mondiale per le sue doti artistiche didascaliche e raffinate che ben si sposavo con le esigenze dei poteri e dei potenti, a cui evidentemente non è mai sfuggito il potere intimidatorio e propagandistico dell’arte.
L'autore di questo articolo: Jacopo Suggi
Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell'arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall'arte contemporanea, alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio.