Tra le donne più moderne ed emancipate della sua epoca, Angelika Kauffmann (Coira, 1741 – Roma, 1807) è stata una delle pittrici più innovative e anticonvenzionali del Settecento. In un mondo in cui per le donne era molto difficile accedere alle accademie di pittura, Angelika seppe farsi strada autonomamente nell’universo artistico dominato principalmente dagli uomini, anche grazie al riconoscimento delle sue capacità da parte di suo padre, Josef Johann Kauffmann, anche lui pittore (famoso è il ritratto realizzato dalla figlia nel 1763 che appartiene alle collezioni dei Tiroler Landesmuseen). Quest’ultimo si rese conto del talento artistico di Angelika già in età precoce e, comprendendo l’impossibilità di farla studiare in un’accademia e la difficoltà di far conoscere le abilità della giovane nella pittura agli ambienti più importanti del tempo, con l’orgoglio di vedere nella figlia una sua erede decise di farla viaggiare insieme a lui e alla moglie soprattutto in Italia, perché vedesse le opere dei grandi maestri nei centri d’arte della penisola. Vi trascorse infatti ben sei anni: ebbe così occasione di ammirare i capolavori dell’antichità e degli artisti a lei precedenti, tra Milano, Modena, Firenze, Bologna, Napoli, Roma.
Compì il suo primo autoritratto, a soli dodici anni, in veste di cantante: oltre ad avere ottime doti nella pittura, era anche molto dotata dal punto di vista musicale, passione a cui l’aveva iniziata la madre, oltre allo studio delle lingue; nel dipinto del 1753 conservato nelle collezioni dei Tiroler Landesmuseen ritrae se stessa, abbigliata con una tipica veste settecentesca sui toni del bianco, dell’azzurro e del rosa, mentre tiene tra le mani uno spartito. Con espressione alquanto fiera e decisa, guarda dritto negli occhi l’osservatore; fiocchi, merletti, gioielli e un grazioso collarino la ornano, rendendola più matura della sua età nell’aspetto molto curato. Il dipinto è la prima testimonianza della sua grande dote di ritrattista, poiché fu il primo di una lunga serie di autoritratti, in diverse età, e di ritratti di esponenti dell’alta società.
Angelika Kauffmann, Autoritratto con spartito (1753; olio su tela, 49,5 x 40,5 cm; Innsbruck; Tiroler Landesmuseen) |
Angelika Kauffmann, Ritratto di Josef Johann Kauffmann (1763; Innsbruck; Tiroler Landesmuseen) |
Angelika Kauffmann, Autoritratto in costume tradizionale del Bregenzerwald (1781; Innsbruck, Tiroler Landesmuseen) |
Angelika Kauffmann, Autoritratto a 61 anni (1802; Bregenz, Vorarlberg Museum). Foto di Markus Tretter |
Anche se nata a Coira, in Svizzera, nel 1741 da madre di origine svizzera e da padre austriaco, di Schwarzenberg, un paesino del Bregenzerwald, nella regione del Vorarlberg, Angelika Kauffmann fu un’artista cosmopolita: cominciò a uscire dai confini dell’Austria molto presto, trascorrendo la sua infanzia e la sua gioventù a Milano e a Como, e parecchi furono i suoi soggiorni in Italia, tanto che il suo legame con la penisola fu molto stretto e significativo. Oltre a studiare dal vivo i grandi maestri, tra cui il Correggio, Guido Reni, i Carracci, il Domenichino, il Guercino, e i dipinti della Galleria Ducale di Firenze, nel 1762 divenne membro onorario dell’Accademia Clementina di Bologna e prese il suo diploma all’Accademia del Disegno: anche se donna, il suo talento le permise di frequentare il mondo accademico. A Roma, nel 1765, divenne poi membro dell’Accademia di San Luca e a Londra, dove si trasferì nel 1766, divenne due anni più tardi membro fondatore della Royal Academy of Arts, unica donna insieme alla pittrice inglese Mary Moser.
Se a dodici anni realizzò il suo primo autoritratto, all’età di sedici anni compì gli affreschi della chiesa di Schwarzenberg nel Bregenzerwald, villaggio d’origine di suo padre in cui tornò insieme a quest’ultimo dopo la morte della madre. Dipinse tredici ritratti di apostoli, dunque anche in questa occasione si dedicò alla ritrattistica, la sua passione. Poco più che ventenne aprì il suo studio a Londra e qui assunse fama di ritrattista di successo: tutta l’alta società dell’epoca voleva farsi ritrarre dalla famosa pittrice che proveniva dall’Austria e che si era formata in Italia, in istituzioni di grande prestigio. Il suo studio si trasformò in un vero luogo di ritrovo dell’élite del tempo, con cui strinse amicizie, inserendosi pienamente nell’ambiente, grazie al suo talento e alla sua cultura. Sebbene ben introdotta nell’alta società, si dichiarò sempre pittrice indipendente e mai legata esclusivamente a una corte: preferiva ricevere commissioni da ricchi esponenti della società, da nobili e da banchieri, nonché dalle maggiori corti italiane e straniere, ma senza alcun legame esclusivo. Il suo carattere cosmopolita la portò a dipingere nelle grandi città, soprattutto d’Italia, dove lei stessa aveva ammirato le opere dei grandi maestri, come Roma, Firenze, Venezia, Napoli, ma anche a Londra.
Tanto abile con il pennello quanto sfortunata in amore, almeno nella sua prima esperienza matrimoniale: nel 1767, quando era a Londra appena da un anno, si innamorò di un conte svedese, ma tre mesi dopo il matrimonio con quest’ultimo si ritrovò separata e completamente senza soldi. Quello che le era sembrato l’amore della sua vita si rivelò invece un impostore. Dovettero trascorrere più di dieci anni perché lei tornasse a fidarsi sentimentalmente di un uomo. Nel 1781, a quarant’anni, si sposò in seconde nozze con Antonio Zucchi (Venezia, 1726 – Roma, 1795), anche lui pittore ma più anziano di lei di quindici anni. Le fece da manager nel senso moderno del termine: si occupava infatti dell’organizzazione artistica di sua moglie; tuttavia, lei, memore della brutta esperienza passata, firmò un contratto per la separazione dei beni, dimostrando anche sotto questo aspetto la sua modernità e il suo essere anticonvenzionale, economicamente indipendente da suo marito. Atteggiamento fuori dagli schemi se si considera il modello di società maschilista in cui si viveva alla sua epoca. Risale allo stesso anno uno dei suoi autoritratti più conosciuti, l’Autoritratto in costume di Bregenzerwald, custodito nel Museo Regionale Tirolese Ferdinandeum di Innsbruck. I due si trasferirono insieme a Roma e anche qui, come a Londra, lo studio di Angelika diventò centro di ritrovo dell’élite, desiderosa di farsi ritrarre dall’artista, e punto di riferimento per il contesto artistico e culturale della città.
Interno della chiesa di Schwarzenberg. Foto di Friedrich Böhringer |
Angelika Kauffmann, Kauffmann e la musa Clio (1787; Schwarzenberg, Angelika Kauffmann Museum). Foto di Robert Fressler |
Museo Angelika Kauffmann. Foto Hirschbueh |
Museo Angelika Kauffmann. Foto Hirschbuehl |
Fenomeno molto diffuso nel Settecento tra gli esponenti della nobiltà e della borghesia d’Europa era il Grand Tour, ovvero un lungo viaggio nell’Europa continentale che aveva lo scopo di perfezionare il sapere e le conoscenze muovendosi all’interno di una città e di tornare a casa con un bagaglio culturale notevolmente arricchito; mete preferite del Grand Tour erano generalmente città d’Italia. Come souvenir i viaggiatori si facevano spesso ritrarre da un artista e molte volte pittrice prediletta era proprio la Kauffmann per via della sua straordinaria fama. Fu nell’ambito del Grand Tour che conobbe Goethe con cui strinse un profondo rapporto di amicizia, tanto che quando lo scrittore lasciò Roma lei cadde in depressione, ricordando il giorno della sua partenza come uno dei momenti più tristi della sua vita. Al Goethe National Museum di Weimar è conservato il ritratto che l’artista realizzò nel 1787.
Il suo stile rimase sinonimo di modernità, di fascino e di raffinatezza anche dopo la sua scomparsa avvenuta a Roma nel 1807. Fino al Novecento ogni casa moderna possedeva almeno un’incisione dei suoi dipinti, se non gli originali, e molti mobili e porcellane presentavano qualche dettaglio dei suoi quadri. Al suo funerale, organizzato da un Antonio Canova cinquantenne, parteciparono i più famosi artisti e letterati contemporanei e per l’occasione vennero portate in processione due sue opere e il calco della sua mano. Venne sepolta accanto al marito in Sant’Andrea delle Fratte e l’anno dopo venne collocato un suo busto al Pantheon vicino alla tomba di Raffaello.
Pittrice di successo, icona di stile, Angelika Kauffmann è considerata una delle più grandi artiste del neoclassicismo, a cui intrecciava anche elementi del classicismo secentesco (ne è un esempio il ritratto di lei con la musa Clio del 1787). Molte delle sue opere sono conservate nel museo a lei dedicato a Schwarzenberg, inaugurato nel 2007 in una casa storica di Bregenzerwald: un museo creato per celebrare la cittadina illustre attraverso la collezione permanente, le mostre temporanee e gli eventi.
Per conoscere la figura di Angelika Kauffmann, ragazza prodigio della pittura, visitate il sito austria.info.
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ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERL'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.