A Montmartre, dentro l'appartamento dove visse Suzanne Valadon, la pittrice del trio infernale


Suzanne Valadon è spesso ricordata solo come la madre di Maurice Utrillo: in realtà fu una delle pittrici più moderne del primo Novecento. A Montmartre si può visitare l’appartamento dove visse e lavorò.

Al secondo piano del Musée de Montmartre, museo che ho recentemente visitato durante un soggiorno a Parigi quasi per caso, visto che non rientra (per fortuna o per sfortuna) nei soliti circuiti turistici della capitale francese, ho avuto una piacevole sorpresa: mi sono ritrovata all’improvviso, dopo aver percorso le sale della mostra temporanea che era in corso, in un ambiente luminosissimo caratterizzato da grandi finestroni che occupavano un’intera parete, da cui entrava una luce pazzesca e così rischiarante da inondare tutta la stanza, e da cui si prospettava il paesaggio circostante fatto di tetti e un grazioso giardino con pergolati, rose e altre rigogliose piante intervallate da lampioni con lanterna. L’ambiente è arredato ad atelier d’artista, o meglio, di pittore: sotto ai finestroni un grande tavolo da lavoro sul quale si trovano valigette con colori, recipienti con pennelli, tavolozze, come se l’artista avesse lasciato momentaneamente il suo studio per poi da un momento all’altro farne ritorno; in un angolo un cavalletto vuoto con accanto quadri accatastati, nell’angolo opposto un armadio, e poi ancora cornici, quadri, altri cavalletti, tavolozze, sedie, sgabelli, un divano, mobili, stoffe, persino una stufa... una stanza che sembra dunque ancora “abitata”, vissuta, nella quale pare debba tornare qualcuno entro un breve tempo. Ma le sorprese non sono finite qui, perché all’atelier si aggiungono altre stanze, come la camera da letto, tutte finemente arredate senza tralasciare alcun dettaglio.

In realtà sia l’atelier che le stanze dell’appartamento al secondo piano del numero 12 di Rue Cortot, dove ha sede il Musée de Montmartre, sono una ricostruzione fedele dell’atelier-appartamento in cui visse per diversi anni, a partire dal 1912, la pittrice Suzanne Valadon con suo figlio e il suo secondo marito. Purtroppo di originale non è rimasto molto, ma grazie alla società Kléber Rossillon e alla ristrutturazione da quest’ultima affidata al designer Hubert Le Gall, che ha collaborato come scenografo con importanti musei francesi come il Musée d’Orsay, il Musée de l’Orangerie e il Musée Jacquemart-André, gli ambienti in cui visse il “trio infernale” (così era stata definita la famiglia) sono stati ricreati, dando così ancora oggi l’opportunità ai visitatori di immergersi nel loro mondo: Le Gall è andato a scovare tutti i pezzi d’arredamento attualmente presenti e li ha collocati nel modo più fedele possibile a come si presentava l’atelier-appartamento quando Suzanne Valadon, figlio e marito lavoravano e abitavano qui, basandosi su documenti storici di vario genere, quali vecchie fotografie, lettere e scritti del tempo. Durante il Novecento i successivi abitanti avevano trasformato l’appartamento, lasciando solo la struttura, ma in seguito alla riqualificazione degli ambienti e al lavoro di ricerca del designer, questo luogo ha ritrovato la sua essenza, raccontando parte della vita di una delle pittrici del primo Novecento non così tanto conosciute quanto invece meriterebbero.

L'atelier-appartamento di Suzanne Valadon
L’atelier-appartamento di Suzanne Valadon. Foto: Finestre sull’Arte
L'atelier-appartamento di Suzanne Valadon
L’atelier-appartamento di Suzanne Valadon. Foto: Finestre sull’Arte
L'atelier-appartamento di Suzanne Valadon
L’atelier-appartamento di Suzanne Valadon. Foto: Finestre sull’Arte
L'atelier-appartamento di Suzanne Valadon
L’atelier-appartamento di Suzanne Valadon. Foto: Finestre sull’Arte
L'atelier-appartamento di Suzanne Valadon
L’atelier-appartamento di Suzanne Valadon. Foto: Finestre sull’Arte
L'atelier-appartamento di Suzanne Valadon
L’atelier-appartamento di Suzanne Valadon. Foto: Finestre sull’Arte
L'atelier-appartamento di Suzanne Valadon
L’atelier-appartamento di Suzanne Valadon. Foto: Finestre sull’Arte

Suzanne Valadon, il cui vero nome è Marie-Clémentine Valadon (Bessines sur Gartempe, 1865 - Parigi, 1938), era figlia di padre ignoto e di madre sarta. Dopo essersi trasferita a Parigi con la madre, Marie-Clémentine iniziò a lavorare in un circo come acrobata, fino a quando, a causa di una brutta caduta, non fu costretta ad abbandonare quel mondo magico per il quale era fisicamente portata, in quanto agile ed esile, e che le dava anche una certa soddisfazione. Ma se il corpo la tradì, non le restò che affidarsi al suo bell’aspetto e alla graziosità del suo viso. Nella capitale francese che pullulava di artisti si avvicinò all’universo artistico: conobbe alcuni dei più grandi artisti dell’epoca e ne diventò loro modella, oltre che amante, si dice. Posò per Pierre Puvis de Chavannes, per Federico Zandomeneghi, è la giovane donna che si pettina in una delle opere di Pierre-Auguste Renoir e sempre il pittore impressionista francese la raffigurò nelle sue coppie danzanti, ovvero nel Ballo a Bougival e nel Ballo in città. È anche la donna seduta da sola al tavolo di un café, davanti a una bottiglia e a un bicchiere mezzi vuoti, nel dipinto di Henri de Toulouse-Lautrec intitolato Gueule de bois, traducibile come “I postumi della sbornia”: la giovane ha lo sguardo fisso nel vuoto, è appoggiata con i gomiti sul tavolo e con una mano si regge il mento. Fu proprio Toulouse-Lautrec a darle il soprannome di Suzanne, il nome con cui la Valadon è ancora oggi conosciuta, in riferimento all’episodio biblico narrato nell’Antico Testamento, Susanna e i vecchioni, poiché spesso modella di pittori più vecchi di lei (con Renoir e Zandomeneghi aveva in effetti quasi venticinque anni di differenza, con Pierre Puvis de Chavannes più di quaranta, mentre Toulouse-Lautrec era più vecchio di lei di un solo anno). Ma intanto che posava come modella per questi artisti, Valadon ebbe modo di avvicinarsi alla pittura e al disegno anche come artista, osservandoli e cogliendo da loro le basi e le tecniche del mestiere, trasformando quindi indirettamente le sedute di posa in lezioni a lei utili dal punto di vista pratico. Senza mai esserne però ufficialmente allieva.

La svolta avvenne quando Edgar Degas, di trent’anni più vecchio di lei, vide alcuni suoi disegni e ne rimase piacevolmente colpito riconoscendole il talento artistico, tanto che in una lettera scrisse “Cette diablesse de Maria a le génie pour ça”, riferendosi ad alcuni disegni a sanguigna della Valadon. Degas la chiamava sempre Maria, il soprannome che si era data lei stessa quando faceva da modella agli artisti prima di essere soprannominata Suzanne; “diablesse”, o la terribile, era riferito invece al suo caratterino, deciso ed esuberante. Non posò mai per Degas, ma ne diventò allieva, e lui la appoggiò e la sostenne artisticamente (fu anche uno dei suoi collezionisti più importanti), e dichiarò apertamente che “era una di loro”, una vera artista. In effetti il pittore francese non si era sbagliato: nel 1894 Suzanne Valadon espose per la prima volta in un Salon, nel Salon de la Société Nationale des Beaux-Arts, insieme a Camille Claudel, e poi espose regolarmente al Salon des Independents, da Berthe Weill, che sosteneva le artiste moderne, e al Salon d’Automne, di cui diventò membro nel 1920.

Henri Martinie, Ritratto di Suzanne Valadon, André Utter e Maurice Utrillo nel loro atelier (oggi al Musée de Montmartre di Parigi), 1920. Foto: Musée de Montmartre
Henri Martinie, Ritratto di Suzanne Valadon, André Utter e Maurice Utrillo nel loro atelier (oggi al Musée de Montmartre di Parigi), 1920. Foto: Musée de Montmartre
Pierre-Auguste Renoir, La treccia (1886-1887 circa; olio su tela, 57 x 47 cm; Baden, Museo Langmatt)
Pierre-Auguste Renoir, La treccia (1886-1887 circa; olio su tela, 57 x 47 cm; Baden, Museo Langmatt)
Pierre-Auguste Renoir, Ballo a Bougival (1883; olio su tela, 181 x 98 cm; Boston, Museum of Fine Arts)
Pierre-Auguste Renoir, Ballo a Bougival (1883; olio su tela, 181 x 98 cm; Boston, Museum of Fine Arts)
Pierre-Auguste Renoir, Ballo in città (1883; olio su tela, 179,7 x 89,1 cm; Parigi, Musée d'Orsay)
Pierre-Auguste Renoir, Ballo in città (1883; olio su tela, 179,7 x 89,1 cm; Parigi, Musée d’Orsay)
Henri de Toulouse-Lautrec, Gueule de bois o Ritratto di Suzanne Valadon (1887-1889; olio su tela, 47 x 55,3 cm; Cambridge, Fogg Art Museum)
Henri de Toulouse-Lautrec, Gueule de bois o Ritratto di Suzanne Valadon (1887-1889; olio su tela, 47 x 55,3 cm; Cambridge, Fogg Art Museum)

Nel frattempo, nel 1883, all’età di diciotto anni, rimase incinta e nello stesso anno diede alla luce suo figlio Maurice, riconosciuto legalmente tempo dopo dal pittore spagnolo Miquel Utrillo che nel periodo del concepimento frequentava la ragazza. Il bimbo, il futuro pittore Maurice Utrillo, venne cresciuto sostanzialmente dalla nonna Madelaine, la mamma di Marie-Clémentine: è per questo che in diversi dipinti e disegni viene raffigurata anche la nonna o accanto a Maurice o nei ritratti di famiglia, come in quello del 1912 conservato al Centre Pompidou a Parigi. Nel 1896 Valadon sposò il ricco agente di cambio Paul Mousis, amico di Erik Satie, compositore e pianista francese con cui la donna ebbe una relazione, e due anni dopo la coppia con Maurice andò ad abitare al numero 12 di Rue Cortot, a Montmartre, fino al 1905. Ma le cose tra i due non andavano bene, così che alla fine la coppia decise di separarsi. Un nuovo amore per Suzanne sarebbe tuttavia arrivato molto presto: la donna infatti s’innamorò di un amico di suo figlio Maurice, André Utter, di ventuno anni più giovane di lei e pittore. I tre, che come detto ricevettero il soprannome di “trio infernale” di Montmartre per via delle loro turbolenze, si stabilirono nell’atelier-appartamento di Rue Cortot, quello che è possibile oggi vedere ricostruito al Musée de Montmartre: Suzanne fece quindi ritorno con un altro uomo al civico dove aveva abitato con il suo primo marito; lo stesso civico dove nel 1875-1876 aveva vissuto anche Pierre-Auguste Renoir, e nel cui giardino erano stati realizzati La balançoire e il Bal du moulin de la Galette, capolavori entrambi ora custoditi al Musée d’Orsay.

Suzanne, Maurice e André rimasero qui dal 1912 al 1925. L’unione tra Valadon e Utter durò circa trent’anni, si sposarono nel 1914 e il corpo atletico di Utter ispirò alla pittrice almeno due opere: Adamo ed Eva, del 1909, in cui il primo uomo e la prima donna raffigurati nudi sotto a un melo nell’atto di cogliere dall’albero il frutto del peccato sarebbero il ritratto dell’artista e del giovane; Il lancio della rete, del 1914, in cui il corpo nudo dell’uomo è rappresentato in tre pose diverse, come una sorta di studio del corpo raffigurato in tre sequenze dello stesso gesto l’una accanto all’altra. Il dipinto fu presentato quello stesso anno al Salon des Indépendants sollevando non poche critiche per via della scelta ardita di enfatizzare la bellezza atletica del corpo maschile con una certa dose di erotismo. Adamo ed Eva fu invece presentato nel 1920 al Salon d’Automne, ma un’analisi dell’opera ha rivelato che le foglie di vite sulle parti intime dell’uomo sono state aggiunte successivamente in una ridipintura. Probabilmente un atto di censura verso un’artista modernissima che aveva dipinto frontalmente un corpo maschile completamente nudo, oggetto del suo desiderio, accanto al corpo nudo di lei stessa.

Suzanne Valadon, Ritratti (1912; olio su tela, 97 x 73 cm; Parigi, Centre Pompidou)
Suzanne Valadon, Ritratti (1912; olio su tela, 97 x 73 cm; Parigi, Centre Pompidou)
Suzanne Valadon, Il lancio della rete (1914; olio su tela, 201 x 301 cm; Parigi, Centre Pompidou)
Suzanne Valadon, Il lancio della rete (1914; olio su tela, 201 x 301 cm; Parigi, Centre Pompidou)
Suzanne Valadon, Adamo ed Eva (1909; olio su tela, 162 x 131 cm; Parigi, Centre Pompidou)
Suzanne Valadon, Adamo ed Eva (1909; olio su tela, 162 x 131 cm; Parigi, Centre Pompidou)
Suzanne Valadon, La camera blu (1923; olio su tela, 90 x 116 cm; Limoges, Musée des Beaux Arts)
Suzanne Valadon, La camera blu (1923; olio su tela, 90 x 116 cm; Limoges, Musée des Beaux Arts)
Suzanne Valadon, Nudo sdraiato (1928; olio su tela, 85,4 x 108,3 cm; New York, Metropolitan Museum of Art)
Suzanne Valadon, Nudo sdraiato (1928; olio su tela, 85,4 x 108,3 cm; New York, Metropolitan Museum of Art)

Suzanne Valadon fu per la sua epoca una pittrice moderna, che tendeva ad andare contro le convenzioni del tempo: ne è un altro esempio molto significativo La camera blu, sua opera del 1923 oggi conservata al Musée des Beaux Arts de Limoges che raffigura una donna ritratta in posa rilassata, appoggiata su un fianco, su un letto con lenzuola blu: non guarda verso l’osservatore e perciò non provoca con sguardi languidi (contrariamente a quanto fa la protagonista del suo Nudo sdraiato del 1928 conservato al Metropolitan Museum di New York), indossa una sorta di pigiama con canotta e pantaloni larghi a righe, tiene in bocca una sigaretta e libri appoggiati sul letto. Un dipinto che pare essere la rivisitazione di una delle tanto care e provocanti odalische di cui l’arte dell’Ottocento di parte maschile è piena, e che Suzanne reinventa in un’Olympia moderna e vestita, che fuma e che legge, raffigurando una donna che va oltre gli stereotipi di sottomissione all’uomo e alla società.

La sua arte così moderna, che gli valse anche la partecipazione alla Société des femmes artistes modernes, finirà tuttavia per essere in qualche modo oscurata da quella del figlio Maurice, che si avvicinò alla pittura grazie alla madre, su consiglio di un neurologo, per vincere i problemi di alcolismo e i disturbi caratteriali che lo conducevano spesso a episodi iracondi. È anche attraverso la pittura che la madre ebbe occasione di recuperare il rapporto con il figlio, dopo un’infanzia passata principalmente con la nonna e dopo il ricovero in una clinica nel reparto di psichiatria: i due raggiunsero un legame forte, si sostenevano e si proteggevano a vicenda. Maurice si specializzò nella raffigurazione di paesaggi urbani, spesso anche di Montmartre, in uno stile più vicino all’impressionismo. Cominciò a vendere così più quadri di sua madre, il cui stile era nettamente differente, ispirato a Matisse, Cézanne, Gauguin; si sposò con una vedova più grande di lui che prese il netto controllo degli affari e delle vendite del pittore, mettendo fine, almeno agli occhi di Suzanne, allo stretto rapporto madre-figlio.

La vita di Suzanne Valadon si spense a causa di un ictus nel 1938, lasciando circa cinquecento tele e trecento opere su carta. Del trio infernale che abitò e lavorò al numero 12 di Rue Cortot, Maurice Utrillo è il pittore che oggi viene più celebrato. E Suzanne Valadon? Non ci si riferisca a lei solo come “la madre di Maurice Utrillo”, ma come una delle artiste più moderne del tempo.


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.




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