I 10 restauri più strani o più disastrosi degli ultimi tempi


I restauri non sempre riescono bene oppure non sempre mettono d'accordo tutti: ecco una carrellata dei restauri più strani o più disastrosi degli ultimi tempi!

Se si parla di restauri, non ci sono soltanto quelli condotti in modo magistrale, che riportano un’opera alle condizioni di leggibilità ottimali, che fanno riemergere cromie perdute, che riescono a donare a un dipinto o a una scultura un aspetto simile a quello che poteva avere in origine. Come in ogni settore, anche nel restauro le cose possono non andare nel verso giusto, e possono dunque esserci restauri fatti male, o i cui risultati sono strani e dividono la critica, o ancora ci possono essere restauri disastrosi perché condotti da personale con nessuna competenza. In questa galleria vediamo i dieci peggiori restauri degli ultimi tempi.

1. L’Ecce Homo di Elías García Martínez restaurato da Cecilia Giménez
È sicuramente il restauro maldestro più famoso della storia. Tutto ha inizio nel 2012, quando un affresco del Santuario della Misericordia di Borja, un borgo di cinquemila abitanti in Aragona (Spagna), necessita di un restauro. L’opera è un Ecce Homo di Elías García Martínez (Requena, 1858 - Utiel, 1934), pittore spagnolo fautore di un’attardata arte accademica. L’affresco, nel 2012, si trovava in un pesante stato di degrado, perché non aveva mai subito interventi conservativi: alcuni brani di intonaco si erano distaccati e la superficie pittorica appariva rovinata in diversi punti. Così, nell’agosto di quell’anno, una parrocchiana ultraottantenne, Cecilia Giménez, pittrice dilettante senza alcuna esperienza in fatto di restauro, decise di provvedere da sé al restauro: il risultato ha però rovinato l’opera (probabilmente in maniera irrimediabile), donandole un aspetto bislacco, che a tanti ha ricordato alternamente quello di una scimmia, di un porcospino, o di un animale in generale (in Spagna molti hanno ironicamente ribattezzato l’opera “Ecce Mono”, ovvero “ecco la scimmia”). Il restauro della signora Giménez è diventato un fenomeno virale e l’opera così ridotta una sorta di icona pop. E il monastero di Borja, da allora, ha anche conosciuto un inaspettato flusso turistico, che ha peraltro alimentato forme di merchandising sull’opera. La vicenda ha ispirato anche un’opera teatrale e un documentario. E ovviamente l’affresco così ridotto è diventato una vera star.



L'Ecce Homo di Elías García Martínez restaurato da Cecilia Giménez
L’Ecce Homo di Elías García Martínez restaurato da Cecilia Giménez

2. Il san Giorgio di San Miguel di Estella
Siamo ancora in Spagna, nel 2018: la chiesa di San Miguel, nel centro storico della cittadina di Estella (Navarra) è una delle più preziose della zona, ed è anche inserita nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco (si trova sul cammino di Santiago). Le testimonianze più antiche della chiesa rimontano al XII secolo, ma al suo interno sono conservate anche opere più recenti: una di queste è una statua in legno policromo raffigurante un san Giorgio a cavallo, risalente con tutta probabilità al XVI secolo. Anche in questo caso, l’opera aveva perso la sua cromia originaria e aveva urgente bisogno di restauro. L’inesperto restauratore (chiamato direttamente dalla parrocchia), nel tentativo di riportare l’opera ai colori originali, finì tuttavia con lo stendere le campiture in maniera uniforme, regalando al povero san Giorgio l’aspetto di un cartone animato. La storia qui però ha un lieto fine: preoccupata per gli esiti tremendi del restauro, l’amministrazione locale, subentrata alla parrocchia nella gestione della vicenda, ha subito ordinato un nuovo intervento, questa volta professionale, che ha rimediato agli errori di quello precedente. E infine, una sanzione, sia per l’autore del restauro, sia per la parrocchia.

Il san Giorgio di San Miguel di Estella
Il san Giorgio di San Miguel di Estella

3. Il gruppo ligneo del santuario di El Rañadoiro
Ancora lo scorso anno, ancora in Spagna, questa volta a El Rañadoiro, un villaggio di poche anime situato nell’omonima catena montuosa, nella regione delle Asturie. Il santuario del villaggio ospita un gruppo ligneo del XV secolo, raffigurante la Madonna col Bambino e sant’Anna, e altre sculture anch’esse in legno dello stesso periodo, come un san Pietro e altri santi. Anche in questo caso, il copione è stato lo stesso di Borja: una pittrice dilettante del luogo, María Luisa Menéndez, prende in consegna il restauro delle opere con il benestare del parroco. La signora ebbe la bella idea di coprire le statue antiche con tinte fluo, finendo con l’imbrattare le opere, tanto che l’assessore all’istruzione del Principato delle Asturie aveva parlato di “una vendetta più che un restauro”. Da parte sua, la signora Menéndez si è difesa asserendo che quei colori le sembravano giusti, e alla gente sarebbero piaciuti. Dal risultato... non si direbbe!

Il gruppo ligneo del santuario di El Rañadoiro
Il gruppo ligneo del santuario di El Rañadoiro

4. La Madonna “Maggie Simpson”
Il luogo del misfatto questa volta è il Canada, ed è stato preceduto da un altro misfatto. Ci troviamo nella città di Sudbury, in Ontario, nel 2016: la chiesa cattolica di Sainte-Anne-des-Pins ospita una statua novecentesca, raffigurante una Madonna col Bambino, che non ha particolari pregi artistici. L’opera tuttavia subisce un atto di vandalismo e la testa del Bambino viene staccata di netto. Il costo del restauro viene stimato in circa diecimila dollari canadesi (poco meno di settemila euro). Un’artista locale, Heather Wise, si offre per fare il lavoro gratuitamente, e le viene accordato il permesso. Il risultato è però terrificante: la nuova testa del Bambino, realizzata in terracotta, ha un aspetto mostruoso, e la corona ricorda vagamente la chioma di Maggie Simpson, il personaggio della fortunata serie televisiva (e, come se non bastasse, la testa comincia anche a sciogliersi sotto la pioggia: l’opera si trova infatti all’aperto). Wise, nel tentativo di difendere la sua creazione, spiega che si tratta semplicemente di un intervento provvisorio nell’attesa di realizzare la testa in pietra, ma probabilmente è già troppo così, e la vicenda finisce su tutti i giornali. Il catastrofico intervento ha però un aspetto positivo: il vandalo, mosso dall’eco mediatica della vicenda e forse anche disgustato dall’aspetto che la Madonna aveva ottenuto, fa riavere alla chiesa la testa del Bambino, così che si poté procedere con un restauro serio. Heather Wise, in seguito, chiede indietro la sua “opera”: e pensare che il parroco, Gérard Lajeunesse, pur stigmatizzando l’intervento mal riuscito, aveva dichiarato che, ormai, si era affezionato a quella strana testa.

La Madonna Maggie Simpson
La Madonna “Maggie Simpson”

5. La barba di Tutankhamon
Verso la fine del 2014, qualcosa andò storto durante le operazioni di pulizia di uno dei reperti più famosi del Museo del Cairo, in Egitto: la maschera del faraone Tutankhamon. I dipendenti incaricati di togliere la maschera della sua vetrina per procedere con la pulizia, inavvertitamente staccarono la barba dal mento del faraone, e sperando di passare inosservati (e, ovviamente, senza dire niente a nessuno) ebbero la bella idea di riattaccarla con della colla industriale a presa rapida, di quelle che si trovano comunemente in commercio. Ma non solo: per rimuovere le gocce di colla che, a causa dell’imperizia dei dipendenti, erano colate sul mento di Tutankhamon, i lavoratori tentarono di raschiarle via finendo però col graffiare l’opera. Notato il danno nel gennaio del 2015 (e dunque emersa la verità), il restauro con materiali più adatti (ovvero fissanti utilizzati all’epoca del faraone) fu commissionato a un team di professionisti. E ovviamente, per i responsabili dell’incauto restauro, si sono aperte le vie della giustizia.

La barba di Tutankhamon
La barba di Tutankhamon

6. I mosaici del Museo di Hatay ad Antiochia
Nel 2015 furono condotti alcuni restauri su di una serie di mosaici romani conservati nel Museo Archeologico di Hatay ad Antiochia, antica città della Turchia meridionale. I mosaici risalivano a diversi periodi compresi tra il II e il VI secolo dopo Cristo, ma gli interventi ebbero effetti rovinosi sulle opere: a sollevare il caso fu un artigiano del luogo, Mehmet Daskapan, che chiamò un giornale locale per far sapere che i mosaici avevano assunto un aspetto orribile, dal momento che le tessere originali erano state rimpiazzate con tessere che avevano forme, dimensioni e colori che non avevano niente a che vedere con gli originali. Non si sa bene come andarono le cose, anche perché ci furono tentativi di minimizzare l’accaduto (il Ministero della Cultura turco spiegò che si trattava di immagini scattate in una fase iniziale del restauro, quando il lavoro doveva ancora finito), ma sta di fatto che il restauro fu sospeso e presto si procedette con un nuovo intervento per restituire ai mosaici il loro vero aspetto.

 I mosaici del Museo di Hatay ad Antiochia
I mosaici del Museo di Hatay ad Antiochia

7. Il Castello di Matrera
Fecero il giro del mondo le immagini del Castello di Matrera (nei pressi della città di Villamartín in Andalusia, Spagna), una fortezza del IX secolo, che nel 2015 subì un restauro estremamente discusso, che invece di conservare le porzioni sopravvissute del castello diroccato, costruì ex novo dei volumi squadrati ai quali furono applicate le pietre della vecchia fortezza. L’architetto responsabile del restauro, Carlos Quevedo Rojas, spiegò che non voleva procedere solo con un restauro conservativo, ma che voleva ripristinare i volumi, la forma e la tonalità che la torre aveva in origine, facendo sì che risaltasse la differenza tra le aggiunte e la vecchia struttura. Le opinioni si divisero tra chi considerava il restauro un disastro (sulle pagine del Guardian, il giornalista e architetto Oliver Wainwright parlò di un “restauro Frankenstein”) e chi invece lodava il tentativo di restituire al castello le originarie forme moresche. E in certi ambienti fu così apprezzato da finire nella finale di un premio di architettura, l’Architizer A+ Award, e da riportare addirittura la vittoria nella categoria “conservazione”.

Il Castello di Matrera
Il Castello di Matrera

8. Il Castello di Ocakli Ada
Un altro castello, ma questa volta in Turchia: siamo a Sile, cittadina balneare nei pressi di Instabul, dove si trovano le rovine di una fortezza risalente a circa duemila anni fa, il castello di Ocakli Ada. Fortemente diroccato, il castello nel 2015 vide finire un intervento di restauro durato molti anni, ma che snaturò completamente l’immagine dell’edificio. Fu ricostruito quasi ex novo: le mura vennero rese lisce, furono aggiunti merli e bizzarre finestre che sembravano gli occhi e la bocca di un personaggio da cartone animato, tanto che sui social il castello di Ocakli Ada fu ribattezzatto “il castello Spongebob”, per la somiglianza con il noto personaggio dei cartoni. Ma l’amministrazione locale difese il lavoro dei restauratori, sostenendo che il castello era in pesante degrado da oltre un secolo, che le operazioni erano frutto di un lungo processo decisionale, e che le critiche non si basavano sulla conoscenza dei fatti.

Il Castello di Ocakli Ada
Il Castello di Ocakli Ada

9. Il Buddha di Anyue
Opera risalente all’XI secolo, la scultura del Buddha di Anyue, nella provincia del Sichuan (Cina meridionale) subì un pesante intervento di restauro probabilmente per opera di un restauratore dilettante, nel 1995. Tuttavia, il caso emerse soltanto nel 2018, quando Xu Xin, guida turistica e appassionato di archeologia, pubblicò sui suoi profili social le foto del Buddha restaurato (alla pietra erano stati applicati colori acidi che avevano reso il personaggio, anche in questo caso, simile a un cartone animato, in totale spregio dell’aspetto originario dell’opera), che diventarono virali e costrinsero le autorità a prendere posizione sulla vicenda. L’amministrazione comunale ammise dunque che ci sarebbe stata una stretta sulla gestione degli interventi di tutela sui beni culturali, e che comunque in anni recenti nessun intervento era più stato condotto in quella maniera.

Il Buddha di Anyue
Il Buddha di Anyue

10. Marte e Venere con le “protesi” volute da Berlusconi
La carrellata termina con un caso tutto italiano: è il 2010, Silvio Berlusconi è presidente del consiglio dei ministri, e da quell’anno un gruppo scultoreo del II secolo, raffigurante e Venere, viene temporaneamente prestato a Palazzo Chigi. Però Berlusconi evidentemente non sopporta il fatto che al gruppo, ritrovato nel 1918 a Ostia, manchino alcune porzioni (entrambe le mani di Marte, la mano destra di Venere, il pomello della spada di Marte, il pene del dio della guerra), così chiede insistentemente che le lacune vengano risarcite. La presidenza del consiglio stanzia 70mila euro per le integrazioni e l’intervento viene condotto, in barba a ogni criterio di scientificità che, nella moderna teoria del restauro, non vuole che vengano fatte aggiunte a opere antiche che manchino di alcune delle loro parti. Si cercò, tuttavia, di intervenire col minor danno possibile: l’operazione fu presentata dall’allora soprintendente di Roma, Giuseppe Proietti, come un intervento di manutenzione estetica totalmente reversibile. E in effetti le “protesi” aggiunte per volere di Berlusconi durarono giusto poco più del tempo in cui lui rimase a Palazzo Chigi: già nel 2012 si procedette con la rimozione e l’anno successivo le statue furono trasferite alle Terme di Diocleziano, senza le aggiunte. La direttrice delle Terme, Rosanna Friggeri, dichiarò al Corriere della Sera che quel reintegro era una sperimentazione, e come tale andava considerata. “È un caso che non rientra nei criteri scientifici di restauro”, aveva detto, promettendo una rapida rimozione di mani e genitali aggiunti. Cosa che in effetti avvenne.

Marte e Venere con le protesi volute da Berlusconi
Marte e Venere con le “protesi” volute da Berlusconi


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