La nona onda (in originale "Devjatyj val") è considerata uno dei dipinti più significativi della produzione del pittore russo Ivan Konstantinovič Ajvazovskij (Feodosija, 1817 - 1900), nonché uno dei principali capolavori del romanticismo europeo e una delle tele più iconiche della storia dell'arte russa. Sotto un cielo infuocato dal sole al tramonto, e nel mezzo di una turbolenta tempesta sul mare, un gruppo di naufraghi tenta disperatamente di rimanere aggrappato al relitto di una nave, in attesa della nona onda, quella che, secondo un'antica tradizione marinara, è la più devastante nel novero di una serie che comincia con onde basse che via via crescono fino a diventare sempre più pericolose dalla prima all'ottava fino ad assumere proporzioni distruttive alla nona.
La bellezza di quest'opera risiede anche nei suoi contrasti: da una parte la straripante potenza della natura, celebrata dall'ideale del sublime romantico, che sovrasta i poveri naufraghi, piccoli e insignificanti di fronte alla vastità del mare e del cielo. Dall'altra c'è però la loro tenacia e la loro speranza: la speranza, in particolare, sembra essere simboleggiata dal relitto a forma di croce, che apre a letture religiose dell'opera e rappresenta il "mezzo" con cui gli uomini tentano di opporsi a un destino che sembra già scritto. E a dare un appiglio ai naufraghi c'è anche la luce del tramonto, che rende l'atmosfera molto meno minacciosa. Inoltre, uno dei naufraghi, quello che alza il braccio, sembra quasi indirizzarsi direttamente all'onda, come a volerla affrontare. Nell'opera di Ajvazovskij si mescolano dunque bellezza e timore, consapevolezza del proprio ruolo nell'universo e insieme desiderio di lottare e di non rassegnarsi.
L'opera, debitrice delle coeve realizzazioni inglesi di un artista come William Turner (che Ajvazovskij conobbe a Londra e di cui diventò amico), è firmata e datata 1850 (vediamo data e firma sul relitto) ed è oggi conservata al Museo di Stato Russo di San Pietroburgo.
27 agosto 2018
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