Il San Nicola in gloria, noto anche come la pala dei Carmini per il fatto che si trova nella chiesa di Santa Maria dei Carmini a Venezia, è forse uno dei capolavori-simbolo della sfortuna che il grande Lorenzo Lotto, autore del dipinto, ebbe in vita: l'opera subì infatti una sonora stroncatura del letterato Lodovico Dolce, uno dei più ascoltati teorici della Venezia cinquecentesca, che la definì "assai notabile esempio di cattive tinte". Si tratta in realtà di un lavoro mirabile, e l'inusuale accostamento di colori freddi giustapposti in maniera contrastante non fa che renderlo particolarmente originale. Ovviamente, in una città che amava un Tiziano che invece usava gamme cromatiche opposte rispetto a quelle di Lorenzo Lotto, con tonalità calde e spesso forti, la sua opera poteva incontrare difficoltà di comprensione (e Lodovico Dolce, peraltro, era amico di Tiziano).
Protagonista dell'opera è san Nicola di Bari, facilmente riconoscibile per via dell'angelo che arriva portandogli le tre sfere d'oro, suo tipico attributo iconografico: rimandano alla leggenda secondo la quale il santo le avrebbe regalate a tre ragazze povere che volevano sposarsi, ma non avevano la dote (e dall'episodio discende poi la tradizione del san Nicola-saint Nicholas-santa Klaus che porta i regali). San Nicola, oltre che dai tre angeli che portano le sfere, la mitra e il pastorale, è affiancato da san Giovanni Battista e da santa Lucia (notare il particolare degli occhi che svolazzano sopra al vasetto). I santi partecipano vivamente della gloria di san Nicola con gesti e sguardi fortemente espressivi, tipici della cifra stilistica di Lorenzo Lotto. Allo stesso modo tipica di Lotto è la resa tattile dei vestiti (si osservino i paramenti di san Nicola). Il tutto sopra un meraviglioso paesaggio marittimo, ripreso dall'alto in maniera decisamente moderna, su cui gravano pesanti nubi grigie: sulla destra vi notiamo un san Giorgio che uccide il drago e libera la principessa.
Quest'ultima presenza è dovuta al fatto che san Giorgio era il santo eponimo di uno dei due committenti, Giorgio de' Mundis, mentre l'altro si chiamava Giovanni Battista Donati: il primo era il "Guardian Grande" e il secondo il vicario della confraternita dei Mercanti, per la quale il dipinto fu realizzato (san Nicola era il patrono della confraternita). La presenza di santa Lucia invece si spiega per il fatto che nella chiesa si trovava una reliquia della santa. L'opera, che fu commissionata nel 1527 e terminata due anni dopo, rappresenta una delle rare commissioni pubbliche (nonché la prima in assoluto) che Lorenzo Lotto riuscì a ottenere nella città natale: il mercato, infatti, gli preferiva altri artisti come Tiziano e Sebastiano del Piombo. Il dipinto si trova ancora oggi nella chiesa per il quale fu realizzato.
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