In questo dipinto, realizzato per la Cappella di san Matteo nella Basilica di Santa Maria in Aracoeli a Roma, il pittore lombardo Girolamo Muziano dipinge il Martirio di san Matteo. Infatti, secondo alcune agiografie (a cominciare dalla Legenda aurea di Jacopo da Varazze, che sembra essere la fonte a cui Muziano attinge), il santo evangelista sarebbe morto per mano di un sicario, che l'avrebbe ucciso con la spada mentre celebrava messa. Il dipinto di Muziano cattura proprio questo momento: il sicario arriva afferrando Matteo per una spalla e apprestandosi a colpirlo con la spada. Matteo, conscio dell'ineluttabilità del proprio destino, non tenta neanche una resistenza ma si limita a rivolgere lo sguardo verso il cielo. Tutt'intorno la scena è concitata: molto naturale e intenso il dettaglio della madre, in basso a sinistra, che stringe a sé il proprio bambino onde evitare che i suoi occhi assistano a quanto sta avvenendo.
Malgrado la concitazione, l'atmosfera è pacata e misurata, in accordo con i dettami di certa pittura controriformata che prevedeva semplicità compositiva e un tono solenne, capace d'ispirare fede nell'osservatore. "I protagonisti", ha scritto Patrizia Tosini analizzando l'opera nella sua monografia su Girolamo Muziano, "si muovono con lentezza e ponderosa gravitas, privi di gesti convulsi ed espressioni concitate, atteggiandosi anche nell'acme dell'azione drammatica a pensosa serietà". Il dipinto fu molto familiare a Caravaggio, che probabilmente dovette averlo ben presente quando si trovò a dipingere il suo Martirio di san Matteo per la Cappella Contarelli.
L'opera, come anticipato, fu eseguita per la Basilica di Santa Maria in Aracoeli: il committente era Ciriaco Mattei, grande collezionista di arte antica. Nel 1564 suo padre Alessandro fece costruire, vicino a uno degli ingressi laterali della Basilica, la cappella di famiglia dedicandola al santo evangelista, e i dipinti che avrebbero dovuto decorare le pareti furono tutti commissionati a Girolamo Muziano proprio da Ciriaco, una ventina d'anni più tardi, negli anni Ottanta del Cinquecento.
9 agosto 2017
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