Giovan Francesco Barbieri, meglio noto come il Guercino, realizzò questo suo capolavoro nel 1629 per conto della Compagnia del Santissimo Nome di Dio, a Cento, la città natale dell'artista. Oggi è conservato sempre a Cento ma non più nell'oratorio della compagnia, bensì nella Pinacoteca Civica.
Si tratta di un'opera di transizione tra il Guercino "romano" e quello "classicista": il suo avvicinamento alla pittura classicista bolognese di Guido Reni si stava infatti concretizzando in quegli anni e di lì a poco il classicismo avrebbe prevalso nella sua arte. Se le atmosfere sono ancora quelle cupe tipiche della pittura romana del tempo, i personaggi, costruite con la tipica macchia guercinesca (ovvero il procedimento peculiare del Guercino, che costruiva le sue figure tramite macchie di colori ravvicinate), sono invece caratterizzati da quella grazia e da quella delicatezza che erano tipiche della pittura reniana.
C'è inoltre grande patetismo nel gesto della Madre (raffigurata come una bellissima ed eterea giovane) nell'avvicinare la sua mano al corpo ferito di Cristo, la cui posa ricorda quasi quella delle statue antiche e la cui figura contribuisce a rendere evidente la costruzione piramidale dell'impianto. Un andamento piramidale sottolineato anche dall'andamento dei panneggi, per quella che è una delle composizioni più "geometriche" dell'artista emiliano.
3 aprile 2013
Per approfondire l'arte del Guercino: https://www.finestresullarte.info/Puntate/2010/02-guercino-giovan-francesco-barbieri.php
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