La situazione dei musei negli Stati Uniti d’America diventa ogni giorno sempre più grave. E a farne le spese potrebbero essere migliaia di istituti, che rischiano di chiudere per sempre. È questa l’ipotesi che emerge da un fosco report della American Alliance of Museums (AAM), la principale organizzazione che rappresenta i musei negli USA, e della società Wilkening Consulting. È stata condotta un’indagine su 850 musei in tutto il paese (musei d’arte, di storia, di scienze, specialistici, per bambini, monumenti storici, orti botanici): il 98% degli intervistati ha dovuto chiudere le porte al pubblico a causa delle misure restrittive del Covid-19, anche se in molti hanno riaperto. Nel periodo dell’indagine, dal 15 al 28 ottobre, risultava infatti aperto il 71% dei musei. La brutta notizia è che il 40% di quelli che sono ancora chiusi non hanno ancora programmato la data della riapertura. Il 45% prevede di riaprire nel 2021, mentre solo l’11% confida di poter riaprire tra novembre e dicembre.
I musei che hanno riaperto hanno fatto registrare una media di pubblico che si è attestata sul 35% del periodo pre-Covid, con il 38% dei musei che ha notato dei cambiamenti nella composizione del pubblico: in particolare, il pubblico dei musei durante il Covid è composto per lo più da giovani e residenti. Per quanto riguarda i lavoratori, il 47% non ha dovuto procedere con alcun licenziamento, ma la situazione è ben diversa per l’altro 53% dei musei. Due musei su dieci (il 21%) hanno dovuto licenziare dipendenti a tempo pieno, e un altro 21% li ha messi in congedo. Per il 26% ci sono stati licenziamenti per il personale a tempo parziale (congedi invece al 27%). Quanto ai lavoratori a contratto, sono stati licenziati nel 9% dei musei, mentre il 5% li ha messi in congedo. I licenziamenti hanno colpito soprattutto gli addetti al pubblico (68%), quelli alle attività didattiche (40%), lo staff addetto alla manutenzione, alle strutture o alla sicurezza (29%), lo staff curatoriale (26%), e a seguire gli addetti al marketing (17%), gli amministrativi (14%) e gli addetti alla ricerca e allo sviluppo (13%). Per il 67% dei musei ci sono stati tagli sulle risorse destinate alle attività didattiche, alla programmazione e ai servizi al pubblico.
Dal report è poi emerso che i musei, per prepararsi alla riapertura, hanno speso in media 27mila dollari per adattarsi alle nuove misure di sicurezza (per alcuni dei soggetti intervistati si è arrivati anche a cifre attorno ai 750mila dollari). In media, le perdite a causa della pandemia sono state di 850mila dollari, e in generale ci si attendono perdite per circa il 35% del bilancio annuale del museo. Per il 2021 le previsioni non sono certo rosee: i musei prevedono di perdere un 28% in media. Sulle riaperture c’è però un cauto ottimismo: il 70% pensa che non ci sia il rischio di chiusure definitive. Il restante 30% però crede che il rischio ci sia (12%) oppure non è in grado di dare una risposta. E il problema è proprio questo 30%.
I timori sono, intanto, per nuovi lockdown, visto che la pandemia si sta aggravando anche negli Stati Uniti e ai primi di novembre per la prima volta sono stati superati i centomila casi giornalieri e il trend sempra essere in crescita: questo potrebbe dunque portare a nuove chiusure. E poi ci sono i timori per la stabilità finanziaria degli istituti: negli USA, infatti, i musei dipendono molto meno dalle erogazioni pubbliche rispetto a quanto accade nei paesi europei e devono quindi contare molto sulle loro risorse o su quelle messe a disposizione dai trust. Laura Lott, presidente della AAM, parla molto chiaro: “Lo stato delle finanze dei musei americani si sta trasformando da cattivo a pessimo. Il 30% dei musei è chiuso da marzo e quelli che hanno riaperto stanno lavorando col 35% del loro pubblico abituale: una riduzione che sul lungo termine è insostenibile. Quelli che hanno servito le loro comunità in sicurezza durante l’estate non hanno soldi a sufficienza per affrontare i costi incrementati, soprattutto se in inverno ci sarà un potenziale nuovo lockdown. Senza aiuti finanziari, potremmo vedere migliaia di musei chiudere per sempre”.
Le fa eco Susie Wilkening della Wilkening Consulting. “La situazione non è sostenibile, specialmente quando si pensa che metà dei musei hanno meno di sei mesi di risparmi per poter sopravvivere. Adesso i musei stanno cercando delle modalità creative per sostituire i tradizionali modelli di guadagno, ma al contempo si riducono visitatori ed eventi. Per esempio, in media, gli eventi di fundraising virtuali sono indietro del 34% rispetto ai risultati dei tradizionali eventi in presenza”. “I musei”, conclude infine Laura Lott, "stanno colmando le lacune educative in tutto il paese, e stanno implorando le amministrazioni federali, statali e locali affinché diano loro un maggior supporto per uscire dalla crisi.
Nell’immagine: il Metropolitan Museum di New York
USA, migliaia di musei rischiano di chiudere per sempre. L'ipotesi in un fosco report |