A Urbino, la Galleria Nazionale delle Marche si allarga e il 14 luglio inaugura l’ala occidentale del secondo piano, con otto sale dedicate alla pittura dal Cinquecento al Settecento, al paesaggio, al ritratto, al pontificato Albani e alla Collezione Volponi. Con questa apertura si concluderà la musealizzazione del piano superiore dello storico edificio urbinate, permettendo al museo marchigiano di ospitare quasi 100 opere in più rispetto a prima. La musealizzazione di questi spazi è stata resa necessaria dall’incremento delle collezioni della Galleria Nazionale delle Marche e, in particolare, dal deposito della ricca collezione della Cassa di Risparmio di Pesaro. Quest’ultima consta di circa 200 dipinti, che spaziano dal Quattrocento all’età contemporanea, tutti di ambito marchigiano, e circa 200 ceramiche la cui produzione – dal Quattrocento in poi – rappresenta un’eccellenza della zona. Il grosso della collezione della Cassa di Risparmi di Pesaro, vede opere del Sei e Settecento, di ambito marchigiano quindi costituisce un’integrazione indispensabile alla narrazione dell’arte marchigiana ben rappresentata per i secoli XV e XVI dalla collezione permanente della Galleria Nazionale delle Marche.
“Con l’apertura delle nuove sale del secondo piano, spazi prima mai musealizzati”, dichiara il direttore Luigi Gallo, “si porta a compimento quel processo di riconversione dell’intero edificio a scopo culturale, iniziato proprio con l’istituzione della Galleria Nazionale delle Marche, nel 1912, sotto la direzione di un giovanissimo Lionello Venturi. Oltre ad aumentare gli spazi espositivi e, di conseguenza, la quantità delle opere esposte, l’operazione include nel percorso spazi di grande valenza prima non visibili al pubblico, come il torricino sud, la loggia e la terrazza del Gallo”.
I locali di questa parte del Palazzo sono il risultato di un’addizione architettonica già iniziata dai Montefeltro nell’ala orientale e meridionale dell’edificio e portata poi a compimento dai Della Rovere. Per volontà di Guidubaldo II (1514-1574) alla metà del XVI secolo fu completato e decorato tutto il piano, con la sopraelevazione delle terrazze merlate del Quattrocento, ad opera di Bartolomeo Genga e Filippo Terzi. Negli anni Sessanta in particolare fu poi recuperato e ammodernato il cosiddetto “appartamento roveresco”, in corrispondenza delle sottostanti Sale della Jole. Non sempre conservata come in origine, la decorazione di questi ambienti, opera dello scultore Federico Brandani (1525-1575), si mostra molto simile a quella dell’Appartamento degli Ospiti del piano nobile. Le porte delle stanze sono sormontate da grandi decorazioni in stucco caratterizzate da imponenti emblemi rovereschi. Nella seconda sala sopra il grande camino, posto di fronte all’ingresso per colpire la vista del visitatore, si trova il simbolo araldico delle Tre mete, molto diffuso nella decorazione plastica di tutto il piano. Sotto l’emblema, collocato sopra un piedistallo a volute su cui sono appoggiati due formosi putti, si legge il motto Filaretotato (amantissimo delle virtù), che allude alle qualità morali del committente Guidubaldo II. Nella Galleria che si affaccia sul Cortile del Pasquino, le cui mura mostrano ancora i segni dei merli originari, è stata rinvenuta in tempi recenti una decorazione a grottesche, riferibile sempre al tempo di Guidubaldo II.
Da segnalare due particolarità: in una delle pareti di fondo della Galleria è dipinta una delle più antiche vedute della città di Urbino, mentre nella muratura di una delle sale adiacenti si notano le grandi canne fumarie cilindriche, una volta svettanti sul tetto, inglobate nel paramento murario durante le fasi di ristrutturazione promosse da Guidubaldo II. L’ala orientale del secondo piano, corrispondente all’appartamento roveresco, era già stata musealizzata e ospitava le opere del tardo Cinquecento – con l’importante nucleo di opere di Federico Barocci – e del Seicento. La galleria verso il Giardino del Pasquino ed alcuni ambienti attigui, erano destinati all’esposizione delle ceramiche e di parte della grafica. Altri spazi, sempre sul lato orientale, ospitano gli uffici della Direzione della Galleria Nazionale delle Marche e della Direzione Regionale Musei delle Marche. Il braccio occidentale era stato invece parzialmente recuperato per adattarlo ad uffici della soprintendenza, lavoro che non venne concluso visto il trasferimento di questa ad Ancona. Questa parte del palazzo non era stata ancora utilizzata perché restava occupata, fino alla fine degli anni Ottanta, dalla Scuola del Libro che condivideva, con la Galleria Nazionale delle Marche, l’utilizzo del Palazzo Ducale. Altri ambienti didattici erano ricavati al piano terra e nelle sale soprastanti l’Appartamento della Duchessa. Questi spazi presentano, in parte, un apparato decorativo più recente, risalente al XVIII e XIX secolo quando, in questi ambienti, erano collocati degli uffici pubblici legati alle funzioni della delegazione pontificia che aveva preso residenza nel palazzo.
Il recupero di questi spazi ha coinvolto un ripensamento dell’assetto museografico dell’intera Galleria Nazionale delle Marche. Aumentando gli spazi a disposizione, innanzitutto si è potuto dare più respiro alle opere esposte al primo piano: qui rimane tutta l’esposizione delle opere dal Trecento alla metà del Cinquecento, che culmina con i capolavori di età federiciana che si trovano inseriti in prossimità degli spazi caratteristici dell’epoca: lo Studiolo, il Salone del Trono, la Sala degli Angeli. Il secondo piano ospiterà invece le opere dalla metà del Cinquecento al Settecento. Qui il percorso prende avvio dalle sale dedicate al Barocci e ai suoi seguaci. Il nucleo delle sue opere si è ulteriormente arricchito in tempi recenti grazie all’iniziativa del MiC 100 opere tornano a casa: infatti, nell’ambito del progetto di esposizione temporanea presso altri musei di opere provenienti dai depositi dei musei maggiori, sono entrate (e resteranno per dieci anni) nelle collezioni della Galleria Nazionale delle Marche altre due opere di Federico Barocci provenienti dalla Pinacoteca di Brera. La stessa iniziativa ha arricchito questa sezione del museo di altre tre opere, due di Simone Cantarini e una di Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio.
Nelle sale del secondo piano troveranno spazio anche le opere di altri artisti attivi in terra marchigiana, come Orazio Gentileschi, o di origine marchigiana, come Francesco Guerrieri e Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato. Seguono alcune opere degli Zuccari, pittori di Sant’Angelo in Vado, località prossima ad Urbino – parte di proprietà della Galleria Nazionale delle Marche e parte provenienti dal deposito della Cassa di Risparmio di Pesaro – e di Federico Barocci, il grande pittore urbinate di cui la Galleria Nazionale delle Marche custodisce un ricco nucleo di dipinti e disegni; compresi tra le opere del Cinquecento anche dipinti Tintoretto, Boscoli, Maso da San Friano, Naldini e altri.
Nelle nuove sale del secondo piano, sarà poi ricollocata anche la Donazione Volponi, la collezione dello scrittore Paolo Volponi donata – in due tranche – alla Galleria Nazionale delle Marche, in memoria prima di Roberto, il figlio del senatore scomparso tragicamente in un incidente aereo, quindi dello stesso Paolo, da parte degli eredi. Tranne per un piccolissimo nucleo di opere del Tre-Quattrocento a fondo oro, la collezione è costituita prevalentemente da opere del Seicento romano con capolavori di Guido Reni, Giovanni Lanfranco, Guercino, Mattia Preti, oltre ai vari Ribera, Gentileschi, Battistello Caracciolo e Salvatore Rosa. La sezione sul Settecento sarà incentrata sul pontificato di Clemente XI, al secolo Giovanni Francesco Albani, nativo di Urbino e che, per tale motivo, rappresentò per la città marchigiana un momento particolarmente fiorente dal punto di vista culturale e artistico. L’allestimento del secondo piano prevede anche due sezioni tematiche: una dedicata al paesaggio e una al ritratto. Per le peculiarità proprie del paesaggio del Montefeltro, la prima assume una connotazione particolarmente significativa.
Altre sezioni specifiche che hanno già trovato posto nelle nuove sale sono il Gabinetto dei Disegni, che offre l’occasione di esporre, oltre a due monumentali cartoni di Domenichino e di Carracci, anche una selezione della raccolta grafica della Galleria Nazionale delle Marche che vedrà alternarsi – tra gli altri – numerosi disegni dello stesso Barocci di cui l’Istituto possiede una ricca selezione. Poi ci sono la Galleria del Pasquino e la sala attigua, che consentono di ammirare una ricca rassegna di ceramiche di cui il Montefeltro fu una terra di eccellente produzione. Questa rassegna è formata parte dalle raccolte della stessa Galleria (che includono anche un nucleo di materiali provenienti dagli scavi effettuati nello stesso palazzo ducale) e da alcuni depositi provenienti da collezioni private oltre ad un ricco nucleo di pezzi della Fondazione della Cassa di Risparmio di Pesaro.
L’allestimento delle sale del secondo piano è caratterizzato da diverse declinazioni a seconda della caratterizzazione architettonica degli ambienti e dei materiali che devono essere esposti. Un intervento minimalista caratterizza le sale roveresche del braccio orientale, che, contraddistinte da raffinati camini, portali e finestre incorniciate, vedono protagonista il sistema di illuminazione che valorizza questi elementi e le opere esposte, semplicemente appese alle pareti, garantendo la migliore visibilità degli uni e delle altre. La cura del sistema di illuminazione, omogeneo su tutto il piano, caratterizza anche le sale del braccio occidentale: le otto nuove sale di questo lato, prive degli elementi architettonici delle precedenti, sono anche “disturbate” da un sistema impiantistico precedente che necessitava di essere nascosto. Si è quindi proceduto ad una pannellatura che nascondesse alcuni elementi di questi impianti e supportasse le opere, distribuiti sui tre lati di ogni singolo ambiente avendo cura di lasciare sempre libera la parete finestrata che affaccia verso l’esterno e il bellissimo paesaggio che si gode dalle finestre. Interventi ad hoc sono stati richiesti dal Gabinetto dei Disegni, con un sistema di illuminazione calibrato per garantire la conservazione delle delicate opere grafiche. Qui sono stati anche realizzati degli eleganti tavoli espositivi che permettono la facile sostituzione dei disegni che verranno così esposti a rotazione di quattro mesi in quattro mesi, tanto per esigenze conservative che per permettere la successiva visione dei vari pezzi in possesso della Galleria Nazionale delle Marche, che include un ricco fondo di disegni di Federico Barocci.
La sezione dedicata alle ceramiche ha il suo punto di forza nella Galleria del Pasquino che si affaccia sull’omonimo giardino: dalle finestre – esposte a sud – il sole invade lo spazio valorizzando la ricchezza cromatica delle ceramiche esposte. Nelle ultime campate della loggia, tra l’altro, sono riaffiorate le decorazioni a grottesche risalenti al la metà del Cinquecento e volute da Guidobaldo II della Rovere: prossimamente verranno sottoposte a un importante intervento di restauro, ma l’illuminazione è già stata studiata in modo da valorizzarle. Tra l’altro, ricordiamo, che una delle lunette ritrae proprio la città di Urbino con il Palazzo Ducale.
Gli interventi hanno permesso il recupero di alcuni elementi architettonici che non erano stati ben valutati precedentemente: il corridoio che conduce all’ingesso del Torricino, per esempio, presentava dei capitelli poco leggibili sotto i numerosi strati di tinteggiatura. La loro ripulitura ha permesso di riconoscerli come opera di Federico Brandani, il celebre plastificatore urbinate autore delle decorazioni dell’Appartamento Roveresco, del Camerino Dorato e della Cappella di Gudobaldo II.
Il percorso del secondo piano si conclude con la sala dedicata al pontificato Albani: qui, un affaccio, permette di vedere l’estradosso della volta della sottostante Sala del Trono, costruita in muratura con catene lignee. Il grandioso ambiente difatti, si sviluppa notevolmente in altezza occupando, quasi per intero, due interi piani dell’edificio arrivando allo stesso livello delle sale del secondo piano.
Il recupero del secondo piano non ha riguardato solo gli ambienti posti a questo livello, ma parte da una serie di interventi volti all’ottimizzazione funzionale dell’intera struttura e, in particolare, al netto miglioramento dell’accessibilità e all’adeguamento dei sistemi di sicurezza.
In questo contesto deve essere valutata la realizzazione del nuovo ascensore che collega il primo piano al secondo. In effetti già ne esisteva uno che rendeva accessibile il primo piano a chi aveva difficoltà motorie, ma la sua collocazione non permetteva di prolungarne la corsa fino al secondo piano. Così, in un punto relativamente vicino al precedente, ne è stato realizzato un altro – di dimensioni più ridotte e, tecnicamente, con piattaforma elevatrice – che permette di raggiungere da questo primo livello, l’altro soprastante. La collocazione ha reso ridottissimo l’impatto sull’antica e pregevole struttura del quattrocentesco Palazzo Ducale: minime demolizioni e manomissioni della struttura originale, servizio sufficiente per gli utenti che necessitano dell’uso di un dispositivo di salita diverso dallo scalone, posizione defilata e discreta a bassissimo impatto estetico.
Oltre a rispondere all’idea generale di una sempre migliore accessibilità ai luoghi della cultura, propria della politica culturale di questi anni, questo dispositivo ha permesso anche di risolvere uno snodo particolare del palazzo dove è stato possibile ripristinare l’accesso a uno degli affacci della loggia dei Melaranci (prima preclusa al pubblico) e ricavare un servizio igienico al primo piano che, antecedentemente ai lavori, ne era privo. Quindi, oltre il miglioramento dell’accessibilità, è stato ottenuto un migliore livello di servizi all’utenza e il recupero di uno spazio storico suggestivo che incide in maniera estremamente favorevole sulla valorizzazione del complesso architettonico del palazzo ducale.
Un sistema di miglioramenti analoghi, anche se con priorità invertite, si ha con il recupero del torricino sud. Diversamente da quanto visto per la creazione dell’ascensore, qui è il recupero di un elemento architettonico di fortissima valenza iconica, che ha permesso anche un miglioramento a livello di sicurezza e un arricchimento dei percorsi. Alterato e degradato da un uso improprio e da interventi inadeguati sovrapposti negli anni, il torricino sud ha subito un vero e proprio restauro che, oltre a recuperarne l’uso, ne ha ripristinato i valori spaziali e architettonici originari. La Galleria è intervenutasulla muratura eliminandone degli interventi incongrui fatti con malte improprie e con cemento, si è proceduto alla pulizia e al restauro degli elementi lapidei con la parziale integrazione del caratteristico corrimano in pietra laddove era perduto. C’è stato un intervento anche sulla ringhiera metallica, integrandola e rendendola rispondente alle norme di sicurezza: quest’ultima è stata anche sfruttata per alloggiare un impianto di illuminazione che non impattasse sulla visione dell’ambiante, ma lo valorizzasse e rispondesse, nel contempo, alle esigenze proprie della sicurezza. Il torricino funziona infatti anche come un’ulteriore via di fuga permettendo di raggiungere uno spazio aperto definibile – nella normativa antincendio – come “luogo sicuro”.
Infine, sarà accessibile al pubblico anche la Terrazza del Gallo. Quest’ultima, come la terrazza sottostante, non era fruibile dal pubblico per via dell’accesso diretto che hanno dalle sale espositive dove, per motivi di microclima, non si possono tenere gli infissi aperti. Sfruttando il torricino invece si crea una vera promenade architecturale che, liberata dai vincoli a cui sono sottoposte le sale espositive, permette di godere appieno di una serie di eccezionali elementi caratterizzanti il Palazzo Ducale urbinate. Naturalmente, il torricino sud sarà percorribile anche verso l’alto fino a potersi affacciare dal caratteristico balcone che si avvolge alla base della cuspide.