Roma, apre il Museo Ninfeo agli Horti Lamiani, la sontuosa residenza di Caligola


A Roma apre un nuovo museo archeologico: è il Museo Ninfeo, aperto nel sito degli Horti Lamiani, sontuosa residenza che fu di Caligola e di altri imperatori. In mostra migliaia di reperti.

A Roma inaugura un nuovo museo: è il Museo Ninfeo, che farà rivivere gli Horti Lamiani, luogo mitico della storia romana. Il museo, realizzato congiuntamente dalla Soprintendenza Speciale di Roma e da Enpam - Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri, inaugurerà con gli “open day” del 30 e del 31 ottobre, e aprirà ufficialmente al pubblico dal 6 novembre. Il museo nasce sul luogo del ritrovamento di un eccezionale contesto archeologico, venuto alla luce nell’area di Piazza Vittorio all’Esquilino, durante i lavori per la costruzione della sede dell’Ente.

Il museo presenta testimonianze e reperti fin dal periodo giulio-claudio, quando gli Horti Lamiani entrarono a far parte del demanio imperiale sotto Tiberio, e da Caligola trasformati in una sontuosa residenza privata a uso dell’imperatore. Una sorta di Domus Aurea ante-litteram, amata anche dai successivi imperatori flavi, antonini, fino ai severi cui si debbono le ultime trasformazioni dei lussuosissimi ambienti. Ogni epoca ha lasciato qui il suo segno e gli oltre un milione di reperti rivenuti negli scavi sono stati selezionati grazie all’accurato studio nel laboratorio segreto realizzato in collaborazione con ricercatori specializzati in varie discipline. Sono tremila gli oggetti esposti, affiancati da ricostruzioni e video, per restituire attraverso 13 sezioni la suggestione della vita e i diversi aspetti della cultura antica. Inoltre, lungo le scale che conducono all’area archeologica, una stele elettronica ricorda i nomi di tutti i medici caduti lottando contro il Covid-19.

Situato in piazza Vittorio, il museo si fonda su di un progetto museale studiato per avvicinare ogni visitatore e restituire a tutti i resti archeologici e i tanti reperti. Grazie a una indagine in due riprese (2006 - 2009; 2010 - 2015) alla quale hanno lavorato 12 archeologi, con 30.000 metri cubi di terreno scavato e milioni di reperti accumulati, un attrezzato laboratorio con una equipe di 18 specialisti che per cinque anni ha studiato i rinvenimenti, un accurato lavoro di recupero con sei restauratori, il museo si presenta al pubblico come un grande affresco sulla antica Roma e sulle tante persone che qui hanno vissuto: dalle architetture monumentali alle sontuose decorazioni, alle rotte del commercio, agli oggetti pregiati, a quelli di uso quotidiano, per arrivare all’alimentazione e al paesaggio. Ognuno dei ritrovamenti, accuratamente studiato, è stato selezionato e viene esposto per quello che sa raccontare della città antica. Secondo la moderna pratica archeologica non solo le strutture architettoniche ma anche gli oggetti e le decorazioni sono esposti nel luogo dove sono stati trovati, con l’intento di evocare un contesto unico, per molti aspetti leggendario. Dai grandi temi storico-economici si passa all’organizzazione urbanistica degli Horti Lamiani, alla viabilità e agli spazi funzionali dell’Esquilino, per arrivare alla vita reale della Roma imperiale, e non solo. Il progetto nasce anche da una importante rete di collaborazioni e da una ricerca multidisciplinare in collaborazione con più dipartimenti universitari e liberi professionisti. La direzione del progetto è stata affidata a Mirella Serlorenzi.

Il museo aprirà, dal 6 novembre, tutti i sabati e le domeniche dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18. Visita con audioguida 10 euro, ridotto 6 euro, visita guidata 13 euro, ridotto 8 euro, gratis per medici e odontoiatri.

Museo Ninfeo, Roma
Museo Ninfeo, Roma
Museo Ninfeo, Roma
Museo Ninfeo, Roma

I ritrovamenti, il percorso

I ritrovamenti più importanti risalgono all’età imperiale: Gaio Cilnio Mecenate, nella seconda metà del I secolo a.C., bonifica il sepolcreto, uno spazio pubblico, per trasformarlo in uno spazio privato dedicato alla costruzione delle residenze di molti esponenti della nuova aristocrazia, gli homines novi dell’età augustea, tra cui Lucio Elio Lamia. Esponente di una famiglia di cavalieri elevata da Augusto al rango senatorio, Lamia edifica sull’Esquilino la sua lussuosissima residenza, gli Horti Lamiani, e alla sua morte, avvenuta nel 33 d.C., lascia le sue proprietà al demanio imperiale. Sono gli ultimi anni del principato di Tiberio, che tuttavia era poco interessato alla vita nella capitale. Le fonti, in particolare Filone Alessandrino, testimoniano invece come il suo successore Caligola, divenuto imperatore nel 37 d.C., fosse appassionato degli Horti Lamiani, e ne abbia ordinato una ancor più lussuosa sistemazione, creando così una sua Domus aurea ante litteram. Tra i preziosi reperti dell’epoca degli imperatori giulio-claudi spicca una monumentale scala ricurva in marmo, e poi ancora affreschi, decorazioni e molti materiali di vita quotidiana. Tra questi, un impianto idrico con il nome dell’imperatore Claudio (il successore di Caligola), impresso sui tubi di piombo, certifica l’epoca della sua costruzione. Particolarmente suggestivo è stato il rinvenimento di frammenti di vetro per finestre: Filone Alessandrino scrive infatti che Caligola “Prima si precipitò di corsa nella sala grande, ne fece il giro e ordinò che le finestre tutto intorno venissero restaurate con materiale trasparente come il vetro bianco... ” (Legatio ad Gaium).

Se dal I secolo d.C. ogni imperatore ha voluto lasciare il suo segno in questa lussuosa residenza sull’Esquilino, nello scavo risalta una monumentale struttura architettonica di epoca severiana: un’aula priva di copertura con pareti lastricate di marmi pregiati e pavimentata a grandi lastre in marmo bianco con un’ampia fontana ninfeo, ancora esistente. Si tratta del ritrovamento architettonicamente più importante per quello che può raccontare della residenza imperiale e che le fonti antiche fanno risalire ad Alessandro Severo. Emulazione degli spazi pubblici non dissimile da un’area forense, la piazza ninfeo era decorata con gruppi scultorei, erme, vasi da fiori: un luogo evocativo, dove il princeps poteva avere momenti di meditazione e di ozio solitario, ricevere ospiti importanti, ambascerie, delegazioni dalle province di tutto l’impero. Architetture monumentali, interni ed esterni decorati con statue, marmi pregiati, fontane e giochi d’acqua sono tutti elementi ritrovati negli scavi che testimoniano del lusso e dell’eleganza degli Horti, che imitavano le regge ellenistiche e orientali, a loro volta improntate a una concezione sacra della regalità.

L’imponente numero di reperti rinvenuti durante le indagini archeologiche è stato la base per un laboratorio dove è stato svolto un accurato studio sugli usi, i costumi, i commerci dell’impero romano visti dalla prospettiva della sua capitale, Roma. Oltre ai marmi, provenienti dalle più lontane province, sono stati gli abbondanti rinvenimenti di anfore per uso alimentare, anche queste provenienti dalle più disparate regioni, a permettere di indentificare le rotte dei commerci attraverso le varie epoche, sia nel bacino del mediterraneo che in nord Europa. Pressoché un moderno tracciamento, di cui è esposta una mappa con esempi delle tipologie di anfore e la loro provenienza. Oltre 100.000 reperti dello scavo testimoniano la vita quotidiana negli Horti Lamiani: pentole, stoviglie, bicchieri, vasellame. Un’ampia vetrina ne offre una selezione articolata lungo una linea cronologica in modo di apprezzare la funzione e l’evoluzione di questi oggetti dal I secolo a.C. al V secolo d.C. I ritrovamenti vegetali permettono di aprire un’ulteriore finestra sugli Horti Lamiani: sono state rinvenute le piantumazioni, in terra e in vaso, che permettono di avere un’idea della sontuosità dei giardini nelle varie epoche. Ma è emerso anche come a fianco dei giardini una parte del terreno fosse lasciata alla sua condizione spontanea. L’effetto era una residenza urbana e al tempo stesso “di campagna”, immersa nella natura. Particolari sono anche i reperti animali, tra cui le ossa di leone, di cerbiatto, di struzzo, denti di orso. Nei cassetti a disposizione dei visitatori, oltre a questa testimonianza degli animali, esotici e non, che popolavano i giardini, un’ampia varietà di frammenti di fauna marina che testimoniano gli usi alimentari dei romani, in particolare dell’aristocrazia, tra cui non potevano mancare le ostriche.

Il Museo Ninfeo, con le sue diverse sezioni, mette in evidenza anche il rapporto tra le testimonianze rinvenute nello scavo, che rappresentano un piccolo microcosmo, e lo sviluppo della città con i grandi avvenimenti storici che l’hanno caratterizzata. L’Esquilino, il più alto dei sette colli, fino all’età di Augusto era in gran parte esterno alla città. Nel corso del VI secolo a.C. fu attraversato dalle prime mura difensive costruite dal re Servio Tullio. A poca distanza dall’area di scavo si apriva la Porta Esquilina, da cui partiva la antica via Labicana. Esternamente alle mura, oltre che da campi coltivati e cave di pozzolana, l’area era occupata principalmente da una vasta necropoli. Alla fine del I secolo a.C. parte del sepolcreto venne bonificata da Mecenate per costruire la sua lussuosa dimora, insieme ad altre residenze dell’aristocrazia romana. Tra queste vi era quella di Lucio Elio Lamia, uomo politico vicino ad Augusto, che edificò una magnifica dimora principesca corredata di vasti giardini. Gli Horti Lamiani divennero presto proprietà dell’imperatore e mantennero la loro funzione di rappresentanza imperiale fino al IV secolo d.C., periodo del loro probabile abbandono. Durante il medioevo il paesaggio dell’Esquilino, ormai ruralizzato, era caratterizzato da piccoli nuclei abitativi e da campi e orti coltivati in prossimità di chiese e conventi, tra cui Santa Maria Maggiore, Sant’Eusebio, Santa Croce in Gerusalemme e San Giovanni in Laterano. Nel XVI secolo, con la costruzione dell’acquedotto Felice voluto da Sisto V, l’area tra le Mura Serviane e quelle Aureliane tornò a essere una zona residenziale di lusso di proprietà delle più importanti famiglie romane. Qui furono costruite Villa Altieri e Villa Palombara richiamando il modello residenziale che aveva caratterizzato l’età antica. Il paesaggio, ancora profondamente segnato dalle presenze monumentali di epoca romana (le mura, gli acquedotti, il tempio di Minerva Medica, i Trofei di Mario) si mantenne inalterato per circa tre secoli. All’indomani della proclamazione di Roma a capitale del Regno d’Italia nel 1871, fu varato un piano regolatore che prevedeva l’espansione della città e la demolizione delle ville secentesche: della villa Palombara si conserva, infatti, soltanto la cosiddetta Porta Magica, oggi al centro dei giardini di Piazza Vittorio. Il nuovo quartiere umbertino, progettato dall’architetto Gaetano Koch tra il 1882 e il 1887, fu costruito intorno al fulcro di Piazza Vittorio Emanuele II, simbolo del nuovo potere sabaudo.

Museo Ninfeo, Roma
Museo Ninfeo, Roma
Museo Ninfeo, Roma
Museo Ninfeo, Roma

Le dichiarazioni

“Il Museo Ninfeo”, dichiara il Ministro della Cultura, Dario Franceschini, “è il risultato di un ottimo esempio di archeologia preventiva, che coniuga l’esigenza di realizzare opere, infrastrutture e sviluppo urbano con quella di tutelare e preservare il patrimonio archeologico. Questo nuovo luogo di bellezza, inoltre, onora simbolicamente tutti i medici vittime della pandemia. Va a loro il nostro pensiero in questa giornata inaugurale”.

“L’Enpam, che ha come compito quello di garantire il futuro dei suoi iscritti”, dice il presidente dell’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri, Alberto Oliveti, “nella stessa prospettiva ha voluto preservare i reperti e la memoria di questo luogo dal grande valore storico, rendendolo fruibile a tutti. Perché solo attraverso la conservazione e la conoscenza del nostro passato possiamo intravedere meglio il nostro avvenire. Dedichiamo l’apertura del Museo Ninfeo ai colleghi medici e dentisti che abbiamo perso nella pandemia da Covid-19, per essere stati vicini ai pazienti sia sul territorio sia in ospedale, con un impegno straordinario”.

“È un eccezionale risultato scientifico”, secondo Daniela Porro, Soprintendente Speciale di Roma, “questo museo porta alla luce uno dei luoghi mitici dell’antica Roma, quegli Horti Lamiani che erano una delle residenze giardino più amate dagli imperatori. L’aspetto virtuoso è la collaborazione tra il Ministero della Cultura ed Enpam, che ha permesso la creazione di un laboratorio di studio per progettare un museo innovativo: non solo la bellezza e la rarità dei reperti, ma a essere esposta è la vera vita della Capitale dell’impero romano”.

“Il Museo Ninfeo è un modello di salvaguardia del patrimonio culturale, fondato sulla ricerca multidisciplinare con enti di ricerca e università”, afferma Mirella Serlorenzi, direttore scientifico del progetto. “La qualità dei materiali restituiti dagli Horti Lamiani offre una visione unica della Roma classica, dalle architetture monumentali alle sontuose decorazioni, alle vie dei commerci, agli oggetti preziosi e a quelli di uso quotidiano, al cibo, ai giardini e agli animali che vivevano lì. Un museo che racconta, anche attraverso emozionanti ricostruzioni, un teatro privilegiato del mondo antico, con tutte le suggestioni che questo luogo può dare”.


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