Dal 13 febbraio al 23 marzo 2025 sarà esposto per la prima volta al pubblico, nella Sala Altoviti di Palazzo Venezia a Roma, il frammento della porta bizantina della basilica di San Paolo fuori le Mura, raffigurante una scena della Pentecoste. Miracolosamente scampata all’incendio che nel 1823 devastò la Basilica sulla via Ostiense, la porta bronzea che tuttora chiude dall’interno la Porta Santa fa parte del cospicuo gruppo di battenti bronzei eseguiti a Costantinopoli e destinati a decorare alcuni tra i più significativi monumenti dell’Italia centro meridionale. Eseguita nel 1070 da Theodoros e Staurachios, su committenza di Pantaleone di Amalfi e Ildebrando di Soana, futuro papa Gregorio VII (1073-1085), la porta si compone di 54 pannelli raffiguranti Storie della vita di Cristo, Profeti, Apostoli con scene dei loro martiri. Un frammento della scena della Pentecoste fa parte delle collezioni del Museo del Palazzo di Venezia.
L’esposizione del frammento rientra nell’iniziativa Reintegrazioni. Dai depositi al percorso di visita, un ciclo di incontri promosso dal VIVE – Vittoriano e Palazzo Venezia e curato dalla direttrice dell’istituto Edith Gabrielli per valorizzare le opere custodite nei depositi e reintegrarle nel percorso museale e per condividere con il pubblico i risultati delle indagini condotte nell’ambito della campagna di catalogazione compiuta dal VIVE-Vittoriano e Palazzo Venezia. In occasione di ciascun incontro sarà inaugurata, presso la Sala Altoviti, l’esposizione dell’opera oggetto della conferenza stessa. L’iniziativa, resa possibile grazie al lavoro dei funzionari storici dell’arte dell’Istituto, Veronica Dell’Agostino e Alessia Dessì, consente la conoscenza diretta dell’opera anche attraverso la consultazione del catalogo online tramite un apposito QR code. Il frammento della porta bizantina è stato oggetto infatti del primo incontro che si è tenuto oggi, 13 febbraio, alle ore 18, dal titolo Da Costantinopoli a Roma: la porta bronzea di San Paolo fuori le mura e il frammento nel Museo del Palazzo di Venezia, con il professor Alessandro Tomei.
La programmazione del ciclo di incontri proseguirà con ulteriori opere per la prima volta visibili al pubblico: dalla medaglia di Filarete raffigurante Faustina Maggiore e il suo patto nuziale con l’imperatore Antonino Pio, alla Madonna della Noce di Saturnino Gatti, dal modello della Fontana dei Quattro Fiumi di Gian Lorenzo Bernini a piazza Navona fino al cosiddetto Scudo di Giuseppe Garibaldi di Antonio Ximenes.
L’iniziativa si inserisce nell’ambito dell’imponente progetto di catalogazione sistematica delle collezioni del VIVE, incluse le opere custodite nei depositi, promosso dal VIVE, diretto da Edith Gabrielli e confluito nella realizzazione di un catalogo online sul sito dell’Istituto stesso (vive.cultura.gov.it). La catalogazione è stata affidata dal VIVE a tre gruppi di lavoro, impegnati in uno studio sistematico e continuo delle collezioni, coordinati da tre accademici: Alessandro Tomei, già Professore ordinario di Storia dell’Arte Medievale presso l’Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara, Barbara Agosti, Professoressa ordinaria di Storia dell’Arte Moderna all’Università di Tor Vergata e Valerio Terraroli, Professore ordinario di Storia dell’Arte Contemporanea all’Università di Verona, rispettivamente per l’arte medievale, moderna e contemporanea, in linea con il patrimonio custodito dall’Istituto.
Avviato nel 2020, il lavoro di catalogazione ha previsto, in una prima fase, la ricognizione delle varie e spesso difformi catalogazioni già effettuate in passato e l’elaborazione di un programma quadriennale di lavoro che prevedesse, da un lato l’aggiornamento delle schede esistenti, dall’altro la realizzazione ex novo di quelle mancanti. A seguire la definizione delle caratteristiche del catalogo online da pubblicare sul sito del VIVE – dal modello di scheda delle singole opere fino alle funzioni di ricerca e filtro – contemperando le soluzioni proposte dalle principali istituzioni nazionali ed internazionali con le specificità del patrimonio dell’Istituto.
Il catalogo - da oggi online con le prime 94 opere schedate per il Medioevo – presenta 560 schede in italiano e in inglese redatte da circa ottanta specialisti, in gran parte giovani, provenienti dai maggiori centri di ricerca e università italiani ed esteri. Un lavoro multidisciplinare e altamente specialistico che, anche grazie al supporto di Silvia Armando e del personale interno dell’Istituto, ha consentito di indagare a fondo le collezioni restituendone una lettura più completa ed accurata, nonché decine di scoperte e nuove datazioni e attribuzioni. Oltre 2.200 gli scatti fotografici in catalogo, frutto di un’accurata riorganizzazione dei materiali fotografici esistenti – in particolare quelli digitali – e dell’attivazione di una nuova campagna fotografica ad hoc.
“Il grande progetto di catalogazione promosso dal VIVE è stato pensato per promuovere lo studio e la conoscenza delle collezioni dell’Istituto e garantire la loro fruizione da parte di un pubblico ampio e diversificato”, ha dichiarato Edith Gabrielli, Direttrice del VIVE-Vittoriano e Palazzo Venezia. “In linea con le più importanti realtà museali internazionali e fermamente convinti del ruolo imprescindibile della catalogazione per un’ottimale attività di tutela e valorizzazione del nostro patrimonio, abbiamo avviato un imponente intervento in tale direzione, coadiuvati da tre accademici di chiara fama che hanno coordinato specialisti dei maggiori centri di ricerca e università italiani ed esteri. La pubblicazione del catalogo online consentirà agli studiosi di effettuare ricerche di carattere scientifico, approfondendo lo studio delle opere di interesse e scoprendo nuove attribuzioni e datazioni, e a turisti e curiosi di conoscere le opere più significative anche attraverso l’importante corredo fotografico che accompagna il catalogo. Un impegno significativo, nei confronti del pubblico e della comunità scientifica, che ha determinato la rivalutazione critica delle collezioni del VIVE incentivandone la riscoperta attraverso nuovi percorsi di visita”.