Nuovo sito web, nuovi video sui social: da alcuni giorni, i Musei di Genova hanno dato vita a una nuova campagna di comunicazione digitale. Punto centrale della nuova immagine online dei musei è il sito internet rinnovato, progettato con una nuova veste grafica e pensato per trasmettere al pubblico l’immagine di una Genova come “città di musei”. Accanto al sito, una serie di video pubblicati sui social, uno dei quali, il trailer della mostra Il Re Denaro. Le monete raccontano Genova fra arte, lusso e parsimonia, è diventato però in queste ore oggetto di polemiche roventi.
Il video arriva pochi giorni dopo il lancio della nuova immagine digitale dei musei genovesi che ruota attorno al sito www.museidigenova.it, recentemente rinnovato, in chiave molto più estensiva rispetto a prima: il portale, infatti, non si limita infatti a presentare i musei comunali, ma propone schede di tutti i 33 musei cittadini, tra istituti civici, statali e privati, suddivisi in cinque categorie: musei d’arte, musei di culture del mondo, musei di natura, scienza e navigazione, musei di storia e memoria e archivi, musei di musica e spettacolo.
“Il nuovo sito”, si legge in una nota, “si apre con una carrellata di immagini ad alto contenuto emozionale, inserite in una galleria a scorrimento veloce pensata per dare un’idea immediata dell’incredibile offerta museale disponibile a Genova tra dipinti, sculture, palazzi storici, monumenti, parchi. Tutti i musei, distribuiti in un raggio di appena 10 chilometri, sono contrassegnati da un’immagine interattiva che rimanda a una sottopagina contenente uno slider di fotografie in alta risoluzione, una dettagliata scheda informativa e una nuova sezione, Le 10 Meraviglie, che illustra i 10 pezzi forti di ogni museo con foto, nota sull’autore o manifattura, epoca e descrizione delle sue peculiarità storiche e artistiche”. L’obiettivo dell’amministrazione è quello di incoraggiare residenti e turisti a visitare di persona i musei di Genova.
Il nuovo sito dei Musei di Genova |
Il nuovo sito si presenta con una veste grafica rinnovata, molto più d’impatto rispetto al vecchio sito, ma ha anche attirato alcune critiche da parte del pubblico: alcuni utenti, non hanno gradito il fatto che venga usato l’abusato anglicismo location (e in generale il fraseggio adoperato per presentare i musei, come “musei con panorami mozzafiato”) per indicare diciassette siti non meglio specificati. I pulsanti che rimandano ai “33 musei”, ai “5 siti patrimonio Unesco”, agli “8 musei con panorami mozzafiato”, a “9 collezioni immerse nel verde” e, appunto, a “17 location esclusive” infatti non sono cliccabili: il fatto che però nel logo compaia la Lanterna lascia supporre che le “location” siano i siti monumentali, che non vanno ad aggiungersi ai “33 musei nel raggio di 10 km”, ma siano semplicemente un sottogruppo del più ampio insieme dei 33 musei.
Inoltre, rispetto al sito precedente, è diventato meno intuitivo accedere al motore di ricerca delle opere d’arte (occorre prima entrare nelle schede dei musei, prima invece era subito a portata di mano), e peraltro lo stesso motore restituisce risultati sia inglese sia in italiano riferiti alle stesse opere. In più, ci sono anche alcuni problemi tecnici: per esempio, non sono stati approntati redirect alle vecchie url, col risultato che se qualcuno volesse cercare su Google un’opera dei musei genovesi senza passare dal sito (per esempio a questo vecchio indirizzo per raggiungere l’affresco dell’Allegoria dell’estate di Gregorio De Ferrari a Palazzo Rosso), troverà un risultato d’errore “Pagina non trovata”. E le nuove url spesso non sono neppure SEO-friendly: l’affresco di De Ferrari, per esempio, si raggiunge con un anonimo https://www.museidigenova.it/node/7577.
Molto ricco invece l’apparato iconografico: il nuovo sito migliora l’esperienza di visualizzazione delle immagini con fotografie di qualità. Da Palazzo Tursi trapela inoltre la notizia che saranno a breve realizzati video su gallerie d’arte e monumenti, come è stato fatto per i palazzi dei Rolli e per le chiese, un’iniziativa lodevole che, durante le settimane più dure della pandemia, già a partire dal primo lockdown, ha aperto le porte dei palazzi più belli e spesso meno conosciuti della città.
Il nuovo sito dei Musei di Genova |
Ad accendere gli animi in queste ore in città è però il trailer della mostra Il Re Denaro. Le monete raccontano Genova fra arte, lusso e parsimonia, ideata da Guido Rossi (Conservatore del Museo di Archeologia Ligure di Genova) e curata da quest’ultimo assieme ad Anna Orlando (storica dell’altre, autrice di diverse mostre e pubblicazioni sull’arte genovese del Seicento, nonché advisor per Arte e Patrimonio culturale del Comune), una co-produzione che vede assieme il Comune di Genova e l’Associazione Amici di Palazzo della Meridiana, con la partecipazione di Banca Carige. La mostra aprirà il 27 maggio e durerà fino al 12 dicembre, e parlerà della storia di Genova vista attraverso le monete, in cinque sezioni dislocate tra i Musei di Strada Nuova e Palazzo della Meridiana, con una prospettiva temporale che va dalla nascita alla fine della Zecca di Genova, ovvero dal 1138 al 1860. Fin qui tutto bene: il problema è il video che i musei hanno deciso di lanciare per annunciare la mostra.
Nella clip si vede un personaggio in costume storico da primo Ottocento che elenca le qualità del denaro: “Grazie a lui abbiamo fondato imperi, abbiamo scoperto nuovi mondi, grazie a lui abbiamo unito popoli e luoghi lontani, e vinto battaglie che sembravano impossibili, senza di lui non avremmo negli occhi tanta bellezza, e forse non saremmo diventati quello che siamo: lui è il re denaro”. Il problema del video, secondo molti utenti, è la leggerezza con cui il potere del denaro viene associata all’imperialismo occidentale (con in più un passaggio in cui si vede un ritratto di Mazzini che campeggia sulla bandiera italiana coi colori al contrario): “avete fatto di più per ridicolizzare l’autocelebrazione acritica della storia occidentale di mille statue di colombo demolite negli USA”, scrive un utente su Facebook, dove altri commentano con laconici “indifendibile”, “agghiacciante”, “trash”, “vergognatevi”. Un altro utente scrive: “Nemmeno a Wall Street negli anni Ottanta ci sarebbero mai arrivati. Io avrei aggiunto qualcosa a favore dello sterminio dei nativi americani... complimenti anche per il tricolore al contrario”. Altri ancora parlano di apologia del capitalismo.
Dure critiche sono arrivate anche dal sito Genova Quotidiana: “Nelle Americhe, sia del nord che del sud, tra il 1492 e il 1890 sono stati sterminati un numero compreso i 70 e il 115 milioni di nativi”, commenta Genova Quotidiana. “È questo di gran lunga il più lungo e sanguinoso genocidio mai commesso nella storia umana. E davvero c’è poco da vantarsi della primogenitura della mattanza. Ditelo a quelli che ora buttano già le statue di un incolpevole Colombo in quello che fu il ’Nuovo Mondo’ per contestare, contestando, tutte le tragedie che l’oro, il denaro, ha causato nella loro terra, il neocolonialismo economico”. Critiche anche per la frase “abbiamo unito popoli e luoghi lontani” (“nella tragedia”, chiosa l’articolo) e per la presenza di Mazzini, la cui apparizione nel video, secondo il pezzo, è fuori luogo in un simile contesto. “Quello che spiace”, conclude l’articolo, “è che sul video ci siano i marchi del Comune di Genova e dei Musei genovesi che verranno istintivamente abbinati a questo tipo di comunicazione che per gli ambiti culturali è agghiacciante. La cultura non si vende come le pentole a una televendita”.
Certo, a parlare è un personaggio del XIX secolo, quindi è ovvio che stia raccontando il suo punto di vista, che non deve necessariamente coincidere con quello della mostra (che peraltro aprirà solo prossimamente: inoltre, almeno a giudicare dal progetto, sembra che non ci sia neppure spazio per parlare di ciò che accadde oltre oceano, dato che la rassegna si concentrerà su Genova): eppure, se l’indignazione degli utenti è stata pressoché unanime, probabilmente il messaggio del trailer non si è rivelato chiaro.
Più alto invece il gradimento riscontrato dai video promozionali lanciati dai musei genovesi su Facebook, dove si vedono alcune opere animate, in certe clip addirittura mentre parlano tra di loro: tra gli altri, il ritratto di Cristoforo Colombo attribuito a Ridolfo del Ghirlandaio e conservato al Galata - Museo del Mare, e il ritratto di Anton Giulio Brignole Sale, opera di Anton van Dyck custodita a Palazzo Rosso. Un linguaggio piuttosto diffuso, anche se è ormai praticamente scomparso da Facebook, almeno dalle pagine dei musei (una piattaforma dove i contenuti culturali sono ormai sempre più spesso ben curati e approfonditi), mentre resiste su altri social meno “impegnativi” come TikTok. Lo hanno adoperato grandi musei, dal Prado di Madrid (nel 2019, per la mostra Belleza y Locura, limitandosi però ad animare le opere senza farle parlare) fino ad arrivare agli Uffizi, che ne fa uso esteso su TikTok, facendo invece parlare i quadri. Un approccio che continua a generare polemiche, efficacemente riassunte in un articolo del New York Times, con diversi punti di vista, tra chi ritiene che siano un modo efficace per arrivare a tante persone e chi invece pensa si tratti sia una banalizzazione. Il pubblico, al momento, ha invece apprezzato questo modo di comunicare e i commenti sono tutti positivi anche se, in meri termini di like e visualizzazioni, non raggiungono il livello di video più profondi, segno che comunque il pubblico risponde sicuramente meglio quando viene proposta cultura nel senso stretto del termine.
Un fotogramma del trailer delle polemiche |
Il video dove il ritratto di Cristoforo Colombo prende vita |