Per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che si celebra ogni anno il 25 novembre, il Museo del Novecento di Firenze ha avuto un’ospite speciale, la grande artista austriaca Valie Export (Waltraud Lehner; Linz, 1940), la principale esponente donna dell’azionismo viennese, che ha ispirato un’artista come Marina Abramović, e che assunse il suo nome d’arte nell’ottica femminista di rinunciare al cognome paterno. Valie Export, il cui lavoro si è sempre concentrato sui temi del femminismo, della mercificazione del corpo e dell’identità di genere, era presente alla giornata in cui il direttore artistico del museo, Sergio Risaliti, ha presentato al pubblico il palinsesto We Stand TogetHER, una serie di progetti che coinvolgono artiste contemporanee sul tema della violenza contro le donne. Il programma intende infatti ampliare e approfondire la riflessione sull’argomento, sottolineando l’importanza dell’impegno sociale, politico e culturale contro tutte le violenze e le discriminazioni sessuali.
Durante la giornata, cominciata presso la Sala d’Arme di Palazzo Vecchio (il programma We Stand TogetHER è infatti realizzato in collaborazione con l’assessorato ai diritti e alle pari opportunità e all’assessorato alla cultura del Comune di Firenze) sono state proiettate le opere di Valie Export e si è tenuto un talk sulle tematiche legate al corpo, all’identità e al genere che ha coinvolto la curatrice Paola Ugolini e l’artista Silvia Giambrone (Agrigento, 1981), quest’ultima vincitrice, lo scorso marzo, dell’ottava edizione del premio VAF, uno dei più prestigiosi riconoscimenti europei destinati ad artisti giovani. Due opere di Silvlia Giambrone si trovano da oggi esposte, fino al 9 gennaio 2020, nelle sale della collezione permanente del Museo del Novecento: sono opere che affrontano i temi dell’addomesticamento alla violenza, utilizzando diversi mezzi espressivi come il video, il disegno, il collage, la scultura, la fotografia e la performance. Infine, la giornata si è conclusa con l’installazione, nel Cortile di Michelozzo in Palazzo Vecchio, dell’opera Il luogo più pericoloso di Silvia Levenson e Natalia Saurin, composta da 94 piatti di ceramica decorati con frase estrapolate dai media e usate per minimizzare episodi di cronaca legati alla violenza (94 è il numero di donne uccise finora in Italia nel 2019).
“Una giornata simbolica come quella odierna che, grazie all’arte, prende vita portandoci a riflettere su un tema così ancora drammaticamente attuale”, commenta Sara Funaro, assessore a diritti e pari opportunità del Comune di Firenze. “La violenza che subiscono le donne fuori e dentro le mura di casa è una piaga della nostra società e i numeri lo dimostrano. Tre donne uccise ogni settimana in Italia, con 142 vittime nel corso del 2018, una enormità. Per questo, come Comune, appoggiamo iniziative di sensibilizzazione come questa, oltre a appoggiare varie associazioni cittadine ad aiutare le donne che subiscono violenza”.
“Nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, afferma l’assessore alla cultura Tommaso Sacchi, “Firenze prende una posizione forte e chiara e lo fa esprimendosi nella lingua che più le si addice, la lingua dell’arte. Per questo il cortile di Michelozzo ha ospitato l’installazione delle artiste Levenson e Saurin: 94 piatti in ceramica, tanti quante le donne uccise in Italia nel solo 2019, decorati con le frasi che più fanno male, quelle usate dai media per sminuire o per ”normalizzare“ la violenza sulle donne, una violenza intollerabile che normale non può e non deve essere. Ci teniamo poi particolarmente all’intervento nell’attigua Sala d’Arme e al Museo Novecento di Valie Export, iconica artista che con le sue immagini spregiudicate, irriverenti e senza tempo, punta il dito contro i nostri stereotipi di genere e ci invita, una volta di più, a riflettere su questa grave epidemia che non conosce crisi in Italia”.
“In questi anni”, spiega Sergio Risaliti, “abbiamo deciso di occupare lo spazio simbolico di eventi collettivi, restituendo all’arte e agli artisti una centralità di espressione e denuncia in modo da svuotare di troppa inutile retorica le celebrazioni. La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne deve essere percepita come una rivolta contro il linguaggio, i gesti, i comportamenti e le azioni che umiliano, marginalizzano, sottomettono e violentano le donne e il femminile, ma anche contro ogni azione intesa per offendere l’alterità sulla base di discriminazioni di genere o razziali. Non possiamo tacere di fronte a quella che è una vera e propria guerra civile. Nel 2018 le donne uccise nel nostro paese sono state ben 142, nel 2019 ne sono decedute già 94, senza contare le donne ferite non solo nel corpo ma nell’anima, poiché esiste una violenza che uccide anche con i piccoli gesti e le parole. È un onore avere ospitato Valie Export, paladina del femminismo, attivista e punto di riferimento per ogni generazione successiva in arte. Le sue performance e azioni hanno svelato in modo diretto la dismisura del potere maschile perpetuato a tutti i livelli nella cultura e nella società, nelle famiglie e tra le coppie. Abbiamo però voluto confrontare il linguaggio artistico e performativo della sua generazione, che ha dovuto abbattere muri, con la pratica e le opere della generazione attuale rappresentata dalle artiste Silvia Giambrone, Silvia Levenson e Natalia Saurin. In una società in cui come ha spiegato Foucault l’esercizio del controllo e del potere è tanto più pervasivo quanto più è invisibile, il potere maschile continua ad essere agito e perpetuato in maniera spesso silente ma continuativa, salvo esplodere con violenza fino a portare al delitto tutte le volte che rinuncia a un confronto paritario con l’altro sesso e non tollera la sua libertà e la non dipendenza”.
Nell’immagine: Valie Export, Einkreisung (1976)
Firenze, al Museo del Novecento la grande Valie Export ospite per la giornata contro la violenza sulle donne |