L’Italia è un paese d’artigiani e praticamente ogni territorio e perfino alcuni piccolissimi comuni, paesi o frazioni sono di fatto custodi di saperi e mestieri molto antichi. Tra questi figura anche il piccolo comune di Castelsardo in provincia di Sassari, che conta poco più di 5.000 abitanti. Anche in una realtà così piccola si trova una tradizione d’artigianato di grande interesse, tanto da trovare il suo punto di riferimento in uno dei siti museali più visitati della Sardegna.
Il Museo dell’Intreccio Mediterraneo (MIM) di Castelsardo ha avuto nel solo anno 2017 circa 150.000 visitatori paganti. Il museo si fa testimone e protettore della tradizione antichissima dell’intreccio con cui nell’area si sono da sempre ricavati manufatti di uso quotidiano, e oggi è considerata un vero e proprio bene culturale intangibile meritevole di tutela.
La tecnica dell’intreccio fa parte di quei saperi ancestrali che tramandati oralmente non possono contare su una tradizione scritta, e per tale motivo è difficile risalire alle loro origini. Alla difficoltà a datare questo procedimento inoltre concorrono anche la deperibilità dei prodotti realizzati, ma a seguito di alcune campagne archeologiche, gli studiosi son concordi nel decretare gli inizi di questa tecnica perfino a un tempo antecedente la grande rivoluzione neolitica.
L’intreccio come manipolazione per produrre manufatti di varia foggia e fattura non è patrimonio solo della Sardegna, si ritrova infatti in molteplici culture, ma nell’isola ha mantenuto una vitalità che dura fino ad oggi.
La diffusione e la specificità in Sardegna di questo tipo di manifattura è fortemente caratterizzata delle diverse essenze vegetali disponibili sui vari territori, ma anche da tecniche compositive diverse, in particolare secondo una disposizione differente con cui si organizza la trama delle fibre, a spirale o a incrocio.
Il primo di questi procedimenti prevede l’utilizzo di piante quali giunchi, palme nane e fieno marino, che lavorati con punteruoli, forbici e coltelli vengono avvolte e cucite con andamenti a spirale, e viene impiegato per realizzare cestini e contenitori dai vari utilizzi, che possono essere decorati con inserti colorati di diverso materiale con ornati geometrici, fitomorfi, zoomorfi e antropomorfi.
Mentre l’intreccio a incrocio consiste nel disporre il materiale vegetale, in particolare le canne, secondo un ordinamento a intrecci, con cui si realizzava nasse per la pesca, rivestimenti per bottiglie ed elementi d’arredo, stuoie, cestini, borse, tetti e contenitori per la pastorizia.
Inoltre, l’intreccio viene usato anche per finalità religiose, in particolare durante celebrazioni come la Pasqua, e in questo caso si intessono foglie di palma o di olivo per decorare i luoghi di culto o per animare le processioni o con valori apotropaici.
Il MIM di Castelsardo propone un ricco percorso museale che permette di immergersi in questa atavica tradizione. Allocato in una fortezza medievale costruita durante la dominazione genovese dei Doria l’itinerario si snoda in nove sale disposte su due livelli, oltre che ad uno spazio per le mostre temporanee, una sala conferenze, e degli affascinati affacci offerti dalle terrazze panoramiche del castello.
Le sue collezioni permettono non solo di seguire l’evoluzione di questo artigianato nell’area di Castelsardo, saggiando le diverse tecniche, utilizzi e motivi decorativi, ma anche la sua diffusione in tutta l’isola e perfino nell’intera area mediterranea con artefatti provenienti anche dal Nord Africa. Si tratta di un formidabile centro di documentazione in cui sono esposti i virtuosi cestini della tradizione di Castelsardo, oltre che a setacci, oggetti impiegati nella pesca, nell’agricoltura e perfino nella navigazione, come i fassonis, imbarcazioni intrecciate per la pesca lacustre, che richiamano l’immaginario delle barche in papiro dell’antico Egitto. La visita poi è impreziosita dalla suggestiva sede medievale, in cui è possibile percorrere gli antichi camminamenti delle sentinelle, dando vita a un museo unico nel suo genere.