L’Hermitage (o Ermitage) di San Pietroburgo è molto più di un museo: è un complesso di edifici interamente votato all’arte, che racchiude una delle collezioni più vaste del mondo. Sono cinque gli edifici che lo compongono: il Palazzo d’Inverno, il più antico, progettato tra il 1754 e il 1762 dall’italiano Francesco Bartolomeo Rastrelli (Parigi, 1700 - San Pietroburgo, 1771), il Piccolo Ermitage, che dà il nome a tutto il complesso, progettato tra il 1764 e il 1775 da Jan-Baptiste Vallin de la Mothe e Jurij Veldten, e poi ancora il Grande Ermitage (1771-1787) di Jurij Veldten, il Teatro dell’Ermitage anch’esso progettato, tra il 1783 e il 1789, da un italiano, ovvero Giacomo Quarenghi (Rota d’Imagna, 1744 - San Pietroburgo, 1817), e infine il più recente, il Nuovo Ermitage, opera di Leo von Klenze del 1839-1851. La storia del complesso ha però inizio nel 1754, quando l’imperatrice Elisabetta Petrovna approvò il progetto per una nuova residenza invernale in stile barocco, assegnata proprio a Rastrelli: l’obiettivo era quello di far realizzare una reggia la cui bellezza oscurasse quella di tutti gli altri sontuosi palazzi europei. Si trattò di un cantiere enorme, che richiese il lavoro di quattromila persone (che terminarono i lavori in nove anni: pochi, considerata la mole della struttura), e appena aperto il palazzo attirò subito l’attenzione e le lodi di molti che poterono vederlo.
Elisabetta scomparve nel 1762 e a lei succedette la zarina Caterina la Grande, che voleva un edificio più piccolo e dimesso, nel quale potesse allontanarsi dalla corte e dalle incombenze quotidiane per trascorrere qualche momento appartato. Nacque così il Petit Ermitage: fu l’imperatrice stessa a voler adoperare il francese (di largo utilizzo presso la corte russa) per battezzare il nuovo padiglione, con un nome che rendesse chiara la sua funzione, ovvero quella del ritiro, una specie di “eremitaggio” all’insegna dell’arte. Vallin de la Mothe progettò un edificio neoclassico che garantisse tutti i comfort del caso alla zarina: non solo gli appartamenti privati, ma anche salotti per ricevimenti, una camera per le udienze (nel caso avesse dovuto svolgere impegni ufficiali anche in questa residenza privata), e persino una serra. Nel frattempo l’opulenta collezione della zarina (composta da opere d’arte, ma anche da tantissimi libri) era cresciuta al punto da richiedere un nuovo edificio, che nel 1771 Caterina commissionò a Jurij Veldten. A questo si aggiunse poi, nel 1792, un ampliamento di Giacomo Quarenghi (lo stesso architetto che, come anticipato, progettò il Teatro), che si sarebbe distinta per una bizzarra particolarità: le Logge di Raffaello, ambienti che riproducono fedelmente gli affreschi di Raffaello del Palazzo Vaticano di Roma (per fare in modo che fossero più vicini possibili agli originali, la zarina nel 1778 inviò a Roma una squadra di artisti per copiarli su grandi tele che furono poi spedite a San Pietroburgo.
Il Palazzo d’Inverno |
La Madonna Benois di Leonardo da Vinci |
Lo scalone monumentale del Palazzo d’Inverno |
La sala 238, dedicata alla pittura italiana |
Le Logge di Raffaello |
Uno dei gatti dell’Hermitage |
Nel frattempo, la raccolta dell’Ermitage si era arricchita di importanti nuclei: furono infatti acquistate le collezioni del conte Bruhl, del barone Pierre Crozat, di sir Robert Walpole, del conte Baudouin, di John Lyde Browne, di Giuseppina Bonaparte e di altri grandi collezionisti del tempo le cui opere andarono a ingrossare le collezioni dei palazzi. Il 17 dicembre del 1837 un grande incendio, durato tre giorni, devastò parte delle decorazioni interne del Palazzo d’Inverno: i danni furono contenuti solo al palazzo più antico perché, per evitare che le fiamme si propagassero, furono smontati tutti i passaggi che collegavano il Palazzo d’Inverno al Piccolo Hermitage. Il palazzo fu poi restaurato sotto Nicola I, che si occupò di far rifare, esattamente com’erano, le sale del fronte del palazzo e quelle che si affacciano sulla Prospettiva Nevskij. Il 1914 è un altro anno importante nella storia dell’Hermitage: è infatti l’anno dell’acquisizione della Madonna di Benois di Leonardo da Vinci, giunta nel museo assieme ad altre opere della famiglia Benois. La rivoluzione russa portò, nel 1917, alla trasformazione dell’Hermitage e del Palazzo d’Inverno in un museo statale, a seguito di un annuncio ufficiale del Commissario del Popolo per l’Istruzione, Anatolij Lunacharskij: ci vollero quattro anni per prepararlo e alla fine, nel 1921, le prime sale aprirono al pubblico. Non solo: il Palazzo d’Inverno diventò un luogo in cui il pubblico poteva assistere a film, concerti e conferenze nelle sale di rappresentanza. Nel Palazzo d’Inverno, peraltro, era stato anche allestito un Museo della Rivoluzione d’Ottobre. Nel 1941, durante la seconda guerra mondiale, iniziò una imponente evacuazione delle opere dell’Hermitage, che vennero portate al sicuro nei depositi dislocati sui monti Urali: sarebbero tornate a conflitto terminato. Dopo la guerra, il museo ha continuato ad arricchirsi e ad aprire mostre, sia durante l’epoca sovietica, sia dopo la Perestrojka, e oggi è uno dei musei più visitati e più attivi del mondo, con diverse collaborazioni con altre istituzioni di tutto il globo.
Naturalmente è riduttivo fornire una descrizione delle vastissime collezioni dell’Hermitage, che contano migliaia di opere: una visita impone necessariamente una scelta delle proprie tematiche preferite per poter concentrare la propria attenzione, che altrimenti verrebbe inesorabilmente risucchiata dall’ampiezza della raccolta. L’arte italiana è ben rappresentata, con una collezione di opere dal XIII al XVII secolo (spiccano la Madonna Connestabile di Raffaello, la Dama del Correggio, la Madonna col Bambino e la Giuditta di Giorgione, la già citata Madonna Benois di Leonardo da Vinci, il Suonatore di liuto del Caravaggio, e poi opere del Beato Angelico, di Filippo Lippi, Giulio Romano, Lorenzo Lotto, Tiziano, Perugino, Guido Reni, Carlo Dolci e molti altri grandi artisti italiani) e con le sculture neoclassiche di artisti come Antonio Canova e Carlo Finelli, e grande spazio ha anche l’Olanda con due nuclei distinti, uno in generale dedicato all’arte olandese (ci sono anche dipinti di Vincent van Gogh) e uno sulla pittura del Secolo d’Oro. Ancora, presente una raccolta di arte francese dal XV al XVIII secolo e un nucleo di pittura francese moderna, quest’ultimo con un’importante selezione di arte impressionista (diverse le opere di Claude Monet e Pierre-Auguste Renoir) e di opere di Paul Cézanne. Ben rappresentate anche la pittura fiamminga di ogni epoca e l’arte tedesca dal XV al XVIII secolo, così come, ovviamente, molto ricche sono le raccolte russe, in particolare di arte del Settecento (cui sono dedicate due diverse sezioni della raccolta). E poi ancora la sezione di pittura spagnola e quella di arte inglese, mentre per gli amanti dell’archeologia è consigliata una visita alla sezione dedicata alle antiche culture dell’Eurasia. C’è anche una ricca armeria con pezzi che vanno dal Quattro all’Ottocento.
L’Hermitage è anche un centro culturale di notevole importanza, con all’attivo attività di ricerca in tutta la Russia. Il primo centro di ricerca a esser stato aperto dall’istituto è quello di Kazan’ (inaugurato nel 2005): al suo interno vengono sviluppate mostre e progetti educativi destinati al territorio. Particolare rilevanza ha assunto, nel 2010, l’apertura del Centro Espositivo di Vyborg, città russa al confine con la Finlandia, nonché popolare destinazione turistica: è diventato uno dei principali poli di espansione culturale in Russia del museo di San Pietroburgo, che ha in mente anche di espandersi in Europa (anzi, lo sta già facendo: nel 2009 ha infatti aperto un ulteriore centro ad Amsterdam). Molti sono i progetti che il museo porta avanti: restauri, mostri, studi e ricerche, collaborazioni internazionali attivate con importanti istituti oltre i confini russi (anche in Italia, con il centro Hermitage Italy, fondato a Ferrara e poi spostato a Venezia, attraverso il quale sono state organizzate varie mostre).
Infine, una curiosità: l’Hermitage di San Pietroburgo è famoso anche per i suoi... gatti da guardia. Pare che l’introduzione dei felini (con lo scopo di cacciare i topi dal Palazzo d’Inverno) si debba alla stessa Elisabetta Petrovna, che ospitò una colonia di gatti fatti arrivare appositamente da Kazan’. L’idea ebbe successo, e anche i successori decisero di mantenerli (addirittura, Caterina la Grande introdusse la distinzione tra gatti di casa e gatti di corte, con questi ultimi che avevano il privilegio di potersi aggirare tra le sale più belle del complesso architettonico). Su queste pagine trovate anche un approfondimento sulla storia dei mici dell’Hermitage, che ancora oggi continuano ad accompagnare, con la loro presenza sorniona e un po’ schiva, i turisti che entrano nel museo.