La Galleria dell’Accademia di Firenze, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato (Sabap) e alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana di Mendrisio - SUPSI, ha avviato un progetto pilota di ricerca tecnico-scientifico mai eseguito prima che si concentrerà sulle indagini diagnostiche dei modelli in gesso di Lorenzo Bartolini (Savignano, 1777 – Firenze, 1850), conservati nella Gipsoteca del museo fiorentino.
L’obiettivo è comprendere meglio la tecnica dello scultore nel passaggio dal gesso al marmo, identificando i materiali utilizzati nelle diverse fasi di lavorazione e il processo creativo. Queste informazioni aiuteranno anche a valutare lo stato di conservazione delle opere, individuando eventuali criticità non visibili a occhio nudo. Fin dai tempi antichi, gli scultori usavano modelli in argilla per creare sculture in pietra o marmo. Data la deperibilità di questo materiale, in epoca moderna, per preservare la forma, si faceva un calco in gesso del modello, per poi passare alla trasposizione dell’opera finale, fase che permetteva agli artisti di lavorare anche con assistenti. Nel gesso si trovano le forme più autografe, poiché la modellazione in argilla era solitamente opera dell’artista stesso, perciò il confronto tra il gesso e l’opera finita, in marmo o pietra, permette di documentare con precisione le modalità di questo passaggio, identificando la presenza di eventuali tangenze o differenze fra di loro.
Per artisti come Lorenzo Bartolini, il modello in gesso rappresentava il collegamento tra l’aspetto progettuale e gli aspetti tecnici della creazione. Le tracce sulla superficie del gesso testimoniano le fasi del processo artistico e forniscono informazioni sulle procedure tecniche dell’atelier, oltre a raccontare il modus operandi dell’artista. Inoltre, sulla superficie dei modelli sono presenti le tracce della loro storia conservativa, le loro vicissitudini e gli interventi di restauro pregressi. Si deve anche ricordare che i modelli sono in buona parte cavi e in alcuni casi realizzati con spessori di gesso molto sottili, con fibre vegetali e stoffa mescolate nell’impasto. Molto spesso all’interno delle parti aggettanti hanno elementi in legno o in ferro. Sono opere polimateriche e necessitano di particolare attenzione nella loro manipolazione e nella loro esposizione.
La Gipsoteca della Galleria dell’Accademia ha una vasta collezione, quindi sono state selezionate, in collaborazione con la Direzione, opere significative, tra busti e sculture a figura intera, sia da un punto di vista tecnico che storico-artistico, e delle quali esistono le esecuzioni in marmo in città. Sono state poi raccolte informazioni preliminari sul contesto delle opere, esaminando documenti di archivio e redigendo una storia conservativa ed espositiva e successivamente, utilizzando luce radente e diffusa e microscopio portatile, è stata analizzata la superficie delle opere per verificarne lo stato di conservazione e tracciare interventi di restauro precedenti. Sono state eseguite della mappature e un’attenta documentazione fotografica della fluorescenza UV rigorosamente effettuata al buio.
Ogni gesso è stato sottoposto a indagini radiografiche notturne per motivi di sicurezza, al fine di esaminarne la struttura interna e identificare eventuali armature. Attraverso misurazioni XRF è stato possibile conoscere la composizione degli elementi metallici superficiali, come staffe di sostegno e punti di misura. Sono state fatte scansioni e modellazioni 3D per mettere in relazione i gessi con le sculture finite in marmo. Questa prima fase è iniziata a fine dicembre 2023, ed è tuttora in corso. Si stanno elaborando tutti i dati, frutto delle indagini, delle ricerche e delle osservazioni. La loro valutazione conclusiva è prevista per il mese di maggio. Il progetto è stato realizzato da un team internazionale di lavoro multidisciplinare formato da esperti scientifici, restauratori, storici dell’arte e tecnici: Cecilie Hollberg, Eleonora Pucci, Graziella Cirri ed Elvira Altiero per la Galleria dell’Accademia; Giovanni Nicoli, Elisabeth Manship e Pierre Jaccard per la SUPSI; Alberto Felici per la SABAP. Ottaviano Caruso ha eseguito la documentazione con luce UV, Thierry Radelet, le radiografie e XRF, mentre, Mattia Mercante, le scansioni 3D.
“Dopo un intenso lavoro conservativo”, racconta Cecilie Hollberg, direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze. “Con il riallestimento della Gipsoteca e la digitalizzazione di tutte le opere ivi comprese, e dopo la messa online dell’archivio completo di Lorenzo Bartolini, ora fruibile a tutti, sono contenta di poter presentare questo nuovo progetto pilota, altamente innovativo, in collaborazione con esperti e istituzioni internazionali, come la SUPSI e la Sabap. Un metodo di ricerca mai utilizzato sulle opere in gesso dell’artista che fino ad oggi non erano mai state investigate così attentamente dal punto di vista tecnico e scientifico. Insomma, ancora un progetto all’avanguardia per sapere di più sulle procedure tecniche per approfondire le conoscenze sulle collezioni della Galleria dell’Accademia di Firenze e condividerne i risultati per studi futuri”.
“Questo metodo di indagine”, prosegue Alberto Felici, funzionario restauratore della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato (Sabap) e curatore del progetto di ricerca. “è stato applicato sui gessi della Gipsoteca Museo Vincenzo Vela di Ligornetto, in Svizzera con un progetto finanziato dal Fondo di ricerca Nazionale (FNS), e sarebbe auspicabile applicarlo anche in altre Gipsoteche o collezioni museali di altri paesi, creando così una rete di scambi e confronti, utile sia per una maggiore comprensione della realizzazione delle opere stesse sia per la formulazione di un piano di monitoraggio dello stato di conservazione”.
“La collaborazione con la Galleria dell’Accademia e la Soprintendenza”, afferma Giacinta Jean docente responsabile del corso di laurea conservazione e restauro della SUPSI, “è stata importantissima. Le analisi svolte sulle opere di Ligornetto (Svizzera) ci hanno fatto comprendere meglio i modelli in gesso di Vincenzo Vela, con questo progetto li potremo confrontare con il modo di lavorare di Lorenzo Bartolini, un artista quasi suo contemporaneo. Le ricerche che in SUPSI vengono svolte nell’ambito dei beni culturali sono focalizzate sullo studio interdisciplinare delle tecniche artistiche, con osservazioni dirette delle opere da parte di chi è abituato a leggere la materia, integrate a ricerche d’archivio e con un supporto scientifico fornito da professionisti con una lunga esperienza in questo ambito”.