È uno dei luoghi più affascinanti della Roma antica, anche se forse poco nota: si parla della Crypta Balbi, antico complesso urbano che oggi costituisce una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano. Si sviluppa attraverso una superficie di un ettaro nel pieno centro di Roma, a pochi passi da Largo Argentina ed è uno straordinario esempio di museo di archeologia urbana.
Il complesso, collegato al teatro di Balbo, uno dei tre teatri di Roma antica, si raggiunge da via delle Botteghe Oscure. In questo isolato della vecchia Roma si possono ammirare i processi di sviluppo dall’antichità al ventesimo secolo: un viaggio nel tempo e nella storia. Un’evoluzione archeologica che abbraccia duemila anni. In questi decenni si sono scavati tutti gli strati attraverso i quali sono state ricostruite tutte le fasi dello crescita della città. Visitando questo luogo si comprende chiaramente la storia della trasformazione urbanistica della zona e della Capitale, grazie a pannelli, disegni e plastici. Dagli anni Ottanta è infine sede, come anticipato, di uno dei primi laboratori di archeologia urbana al mondo.
La Crypta prende il nome da Lucio Cornelio Balbo, politico e banchiere amico dell’imperatore Augusto, che in quest’area nel 13 a.C. con un bottino di guerra costruì il teatro le cui tracce sono visibili ancora oggi. Nei secoli sono state poi realizzate le prime chiese cristiane tra cui quella di Santa Maria Domine Rose nel Medioevo. Risalgono a questo periodo anche i primi insediamenti di via dei Delfini una delle strade che racchiude l’isolato e le botteghe di artigiani con le loro attività commerciali, situate in via delle Botteghe Oscure che deve il suo nome proprio da quegli ambienti “oscuri” perché completamente privi di finestre. Nel Rinascimento fu invece realizzato il convento di Santa Caterina mentre risale al Settecento la chiesa di san Stanislao e l’ospizio dei Polacchi.
La sede del Museo, costruito sopra l’antico edificio romano alle spalle del teatro Balbo, è divisa in due sezioni. Nella prima sezione, Archeologia e storia di un paesaggio urbano, sono presentati i risultati degli scavi archeologici condotti a partire dal 1981 nel complesso edilizio. La seconda sezione, La città di Roma dall’antichità al medioevo. Archeologia e storia è dedicata alla vita e le trasformazioni della città tra il V e il X secolo.
Le sale museali sono ricavate nel dormitorio seicentesco del monastero di Santa Caterina dei Funari, sorto sulle case di mercanti che, a loro volta, erano state costruite sulle rovine dei monumenti antichi. Numerosi sono i reperti esposti, rinvenuti soprattutto negli scavi della Crypta: monete, sigilli, ceramiche, avorio. Si tratta di ritrovamenti che vanno dall’età romana al XX secolo. Sono anche ospitati alcuni oggetti reperiti in altre zone della città, ma che, comunque vanno ad arricchire il contesto museale, come alcuni affreschi della chiesa di Sant’Adriano, che raccontano i mutamenti sociali e delle condizioni di vita della città di Roma e dei suoi abitanti, tra il V e il IX secolo d.C.
Nel museo sono conservati i resti delle tante attività produttive che per secoli animarono questa zona della città: botteghe che lavoravano i metalli e il vetro, che cuocevano i marmi per ricavarne calce, produttori di panni e funi. Sono esposti qui gli strumenti per alcune lavorazioni e gli arnesi per l’attività del cucito, ma anche ampolle di vetro e gioielli, che raccontano la vita della Roma dell’Impero. Nel museo si ripercorrono, attraverso altro materiale, anche le fasi della Roma dell’altomedioevo, che nella crypta Balbi prende forma attraverso reperti, ricostruzioni grafiche e plastici. In particolare, il grafico della Ricostruzione della veduta di epoca imperiale dell’area del teatro di Balbo, della Ricostruzione della veduta di V secolo e quello della Ricostruzione della veduta di X secolo e del XIV secolo, attraverso cui è possibile assistere con chiarezza alle trasformazioni del luogo dove oggi sorge il Museo e l’attigua zona archeologica.
La peculiarità unica della Crypta Balbi sono gli spazi sotterranei esterni, la cui esplorazione permette al visitatore di confrontarsi con l’antichità, dalla parte più monumentale a quella più popolare. Dai resti del più piccolo dei tre teatri dell’antica Roma con un ampio piazzale con porticato annesso, chiamato appunto “cripta” per la scarsità di luce che lo interessava, da dove si apriva un’ampia esedra dove tutt’oggi si può passeggiare. Si trova sul lato opposto al teatro di Balbo. L’ampia esedra, a testimonianza dell’esistenza di un’abitazione di rilievo, nel corso del VI secolo ha accolto una serie di sepolture e successivamente, nel secolo appena seguente, usata come scarico di materiali prodotti da una vicina officina.
Nell’VIII-IX secolo nell’esedra si impiantò una calcara, impiegata per trasformare in calce di pregiati marmi lavorati, recuperati dai vicini monumenti romani e dall’esedra stessa. I frammenti marmorei provenienti dallo scavo si trovano all’interno del Museo. Nell’XI secolo l’esedra ospitò anche un balneum, un impianto per la cura personale dei monaci, dotato di due ambienti riscaldati con un forno per il riscaldamento dell’acqua: si tratta di un ritrovamento importante sulla tradizione romana delle terme e della cura del corpo rimasta in uso fino al Medioevo. L’esedra, come molti altri spazi dell’intero monumento romano, nel corso degli anni ha subito i danni dell’abbandono e dell’incuria, ma oggi, questo ampio spazio circolare, liberato dai detriti, offre un’idea della vita quotidiana del tempo.
La stessa sorte che è capitata al teatro. La grande struttura, che poteva raccogliere fino a oltre settemila spettatori ed era arricchita da decorazioni di lusso, demolita e poi ristrutturata, nel medioevo ospitò negozi e botteghe artigiane. E poi, come si era soliti fare all’epoca, fu sfruttata per altre costruzioni, o reperire materiale da costruzione per altri manufatti. Infine, il teatro fu poi oggetto di riempimento di scarti di materiale e rifiuti, addirittura sepolture i cui resti sono conservate e visibili nel museo.
Nell’Alto Medioevo documenti e rilievi archeologici attestano che nell’area del porticato vi furono un convento e la chiesa di Santa Maria Domine Rose dal nome di una nobildonna ricordata come sua fondatrice. La chiesa era collegata al cosiddetto Castellum Aureum, residenza fortificata sorta sulle rovine del Teatro. Della costruzione originale sono conservati solo alcuni muri, restaurati più volte. Le pitture superstiti sono ancora visibili nel cortile esterno del Museo; si riferiscono alla tombe di due vescovi benefattori: Ludovico Torres e Bartolomeo Piperis. Nel 1536 Ignazio di Loyola, che aveva ricevuto la chiesa da papa Paolo III, vi fondò una casa per ragazze povere. Fu sempre il religioso spagnolo a promuoverne la demolizione della chiesa e successiva ricostruzione che avvenne ad ad opera di Guidetto Guidetti, allievo di Michelangelo. La chiesa e il convento vennero dedicati a Santa Caterina di Alessandria a cui erano devoti i funari, fabbricanti di funi che nel frattempo si erano insediati in questa area. Da questo insediamento ha preso il nome la strada dei Funari dove oggi sorge la chiesa chiamata, appunto Santa Maria dei Funari.
Attraverso strade e officine, si entra in un antico quartiere romano con un panificio, una lavanderia per smacchiare e colorare le stoffe (fullonica), diverse vasche per il lavaggio e l’ammollo visibili ancora oggi nell’area esterna e lo stenditoio vicino e un mitreo (luogo di culto dedicato al dio Mitra): in pratica è l’unico luogo di Roma dove ancora si può vedere o studiare com’era la vita della città nel I o II secolo.
Al I secolo d.C. risale la Porticus Minucia Frumentaria, un portico quadrato che si trova nell’area oggi compresa tra via delle Botteghe Oscure e corso Vittorio Emanuele, a nord della Crypta Balbi, un tempo destinato alle distribuzioni gratuite di grano ai cittadini di Roma. Durante il Medioevo vennero costruite le case di via dei Delfini che deve il suo nome alla famiglia Delfini, ramo della casata famiglia Dolfin di Venezia, nobili che si erano trasferiti a Roma nel XV secolo. In questa zona la famiglia ha costruito nel tempo diversi edifici riccamente decorati. Tra questi anche la casa dove visse sant’Ignazio di Loyola tra il 1538 ed il 1541 dove, il 27 settembre 1540, ricevette la bolla “Regimini militantis Ecclesiae” con cui Papa Paolo III approvò la Compagnia di Gesù.
Il Palazzo attuale che conserva ancora la stanza dove visse il santo, si sviluppa su tre piani. Al suo ingresso un portale a bugne accanto al quale, inserita nella facciata, è ancora visibile una colonna: quasi sicuramente si tratta di un manufatto appartenente al portico di una dimora precedente.
Nel Settecento, infine il complesso si arricchisce della chiesa di san Stanislao, oggi chiesa nazionale dei polacchi residenti a Roma. Alcuni documenti rivelano che qui già in epoca medievale sorgeva la chiesa di San Salvatore in pensilis de Sorraca. Venne poi completamente modificata nel 1580 dal cardinale polacco Stanislao Osio quando gli fu concessa dal Pontefice Gregorio XIII. Il cardinale la dedicò a san Stanislao Szczepanowski, patrono della Polonia. Nel Settecento la chiesa venne interessata da nuovi interventi diretti da Ignazio Brocchi, architetto del re di Polonia Stanislao Augusto Poniatowski, che gli conferirono l’aspetto che presenta ancora oggi.
Una visita alla Crypta Balbi, dunque, è qualcosa in più di una visita a un museo: è un viaggio, intanto, nella quotidianità della Roma antica, ed è anche un viaggio attraverso la storia della città. Ci si muove nel tempo e nello spazio. Per gli appassionati della storia dell’antica Roma è dunque una tappa imprescindibile, un luogo da visitare e dove tornare.
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