Giorgio Vasari, mirabile architetto e pittore, oltre che storiografo, noto soprattutto per le sue Vite, prima di legare la sua vicenda alla famiglia Medici e quindi alla città di Firenze, acquistò casa nella sua città, Arezzo. Oggi è una delle poche testimonianze ben conservate di case d’artista, e ospita all’interno, tra le mura affrescate dal pittore stesso, una piccola collezione di quadri di artisti contemporanei a Vasari, oltre che alcune sue opere. L’acquisto della casa avvenne il 7 settembre 1541, con la stipula di un contratto con un fornaciaio, Jacopo Nanni dei Cavaceppi, per l’acquisizione di un edificio con alcuni terreni, situati nella parte alta del borgo natio del pittore e circondato da colline e vigneti, adesso inglobati dalla città. Ormai trentenne, l’artista conduceva una vita itinerante a causa delle numerose commissioni, e la necessità di una sede fissa si manifestò soprattutto poco prima del 1550, in vista del matrimonio con Niccolosa Bacci, di oltre vent’anni più giovane di Vasari.
La casa, sviluppata su tre piani, non era particolarmente grande, ma le ristrutturazioni e gli apparati decorativi realizzati da Vasari contribuirono a renderla una dimora particolarmente raffinata. L’edificio si componeva di un seminterrato, del piano nobile e del secondo piano, corredato da ambienti servizio, destinato alla servitù. Per la decorazione del piano nobile, dove risiedeva con la famiglia, Vasari impiegò sette anni, realizzandola tra il 1541 e il 1548, a causa dei numerosi impegni che lo costrinsero a spostarsi in giro per l’Italia. Già pochi anni dopo però, nel 1555, il pittore si trasferì a Firenze, dove rimase stabilmente dopo aver ottenuto dai Medici una casa in Borgo Santa Croce, e tornò ad Arezzo solo saltuariamente.
Alla sua morte, dato che non ebbe figli, i suoi beni passarono agli eredi, e l’ultimo di questi, nel 1687, donò la casa alla Fraternita di Santa Maria. Venduto dalla confraternita nel 1695, l’edificio venne poi rilevato a fine Ottocento dalla famiglia Paglicci, e acquistato nel 1911 dallo Stato per farne uno spazio museale. Dal 1955 la casa è stata infatti trasformata in un museo, e ospita una raccolta di dipinti provenienti dal deposito degli Uffizi.
Nelle diverse sale, affrescate tra il 1542 e il 1548, è vivido il ricordo delle esperienze vissute da Vasari a Venezia, dove si era recato su invito dell’amico Pietro Aretino, che stava allestendo la sua commedia La Talanta, per commissioni importanti come il soffitto di Palazzo Corner Spinelli. Sappiamo dal pittore stesso, grazie alle sue Ricordanze, che la prima sala di Casa Vasari ad essere decorata fu la Camera della Fama e delle Arti, tra l’agosto e il settembre del 1542, subito dopo il suo ritorno da Venezia. Sul soffitto della stanza si trova una figura femminile, con i capelli raccolti in una coda sollevata dal vento che siede sul globo terrestre; in mano tiene due trombe, una infuocata, per ingannare la maldicenza, e una che rappresenta il bene: è la Fama, rappresentata secondo l’iconografia che Vasari descrive nello Zibaldone. Nei peducci laterali sono rappresentate le Allegorie delle Arti: la Poesia, raffigurata come una fanciulla coronata d’alloro colta nell’atto di scrivere, la Scultura, che con lo scalpello sbozza un blocco di marmo, mentre la Pittura, armata di tavolozza e pennello, dipinge una figura. L’Architettura, concentrata, punta il compasso sul foglio.
Venne realizzata successivamente, probabilmente dopo il 1568, la serie di cornici ovali che contengono ritratti di artisti illustri. Posizionati nella parte inferiore del soffitto, ricordano le incisioni con ritratti di artisti che Vasari aggiunse nella seconda edizione delle sue celebri Vite. Si trovano rappresentati anche artisti a lui familiari e legati ad Arezzo, come celebrazione del rapporto dell’artista con la città. Questi ritratti sono stati alterati e scuriti da ridipinture, probabilmente eseguite dal pittore aretino Raimondo Zaballi che nel 1827 restaurò tutte le pitture della casa.
La camera nuziale, ultimata il 9 maggio del 1548, è detta Camera di Abramo, ed è la stanza dove il pittore, dato il carattere privato dell’ambiente, sperimentò di più nella scelta dei soggetti e delle tecniche. Sul soffitto utilizzò infatti la tempera all’uovo, che dona alle pitture brillantezza. Nel tondo centrale del soffitto è raffigurato Abramo con Dio Padre che benedice il suo seme, tema di buon auspicio per il futuro matrimonio ma che mal si risolverà, poiché dal matrimonio con Niccolosa non nacquero figli. Ai quattro lati del quadrato che lo contiene si osservano le tavole con le Allegorie della Pace, della Concordia, della Modestia e della Virtù, rappresentante come quattro giovani figure femminili che reggono in mano i simboli che ne individuano l’allegoria. Si incontra poi la stanza detta Camera di Apollo e delle Muse, dal protagonista dell’affresco realizzato sulla volta, dove il dio Apollo è rappresentato seduto che sorregge uno strumento ad arco, più simile a un violino che alla classica cetra, mentre alcuni putti volteggiano incoronandolo d’alloro. Nei pennacchi della volta sono rappresentate le nove Muse, riconoscibili dai loro attributi, tra cui si pensa sia stata ritratta anche la moglie Niccolosa. Sia il tondo con Apollo che i pennacchi di questa stanza sembrano quasi dipinti ad olio, impressione data da una stesura di cera applicata da Zaballi in occasione dei restauri.
La stanza più riccamente decorata è la Sala del Trionfo della Virtù, o Sala del camino, che fungeva da sala di rappresentanza, dominata dal monumentale camino in pietra. Qui l’artista realizzò un apparato decorativo più esteso e complesso rispetto alle altre sale della casa, a cui dedicò ampio spazio anche nella sua Autobiografia.Le pareti sono completamente affrescate e il soffitto ligneo cassettonato è formato da 17 tavole decorate. La grande tavola ottagonale raffigura il Trionfo della Virtù che lotta con la Fortuna e l’Invidia, rappresentata, secondo l’iconografia che deriva dalle Metamorfosi ovidiane, come una vecchia emaciata con due serpenti. Attorno alla tavola centrale sono presenti le Allegorie delle stagioni, simbolo delle quattro età dell’uomo. Sia la decorazione all’interno del riquadro sia le stagioni sono realizzate con colori olio, che col tempo hanno subito importanti alterazioni, soprattutto i verdi. Nella fascia esterna del soffitto sono collocate le tavole che raffigurano gli dei accompagnati dai rispettivi segni zodiacali, per ricordare come la vita di ogni uomo sia sempre sottomessa agli influssi astrali, mentre nei quattro angoli si scorgono putti che recano lo stemma della famiglia Vasari.
Le tavole esterne sono dipinte a tempera, mentre l’ottagono è realizzato a olio; la differenza di tecnica pittorica tra le varie parti del soffitto potrebbe essere spiegata dalla necessità di evitare un distacco troppo evidente tra il soffitto e le pareti affrescate: utilizzando una tecnica più simile si ha un’impressione di maggiore omogeneità. Queste differenze tecniche, oltre che una profonda differenza di stile, hanno fatto pensare che le tavole potessero essere state realizzate da Cristoforo Gherardi, uno dei migliori allievi e stretto collaboratore di Vasari.
Le pareti laterali presentano una decorazione che si sviluppa su due fasce: nella superiore sono presenti vedute di rovine, busti di personaggi antichi e figure allegoriche, in quella inferiore sono rappresentati invece, in monocromo ad imitare il bronzo, aneddoti che riguardano le vite di artisti pittori antichi, tratti dalla Naturalis Historia di Plinio il vecchio. Vi si trovano episodi celebri, come quello che vede come protagonisti Apelle e Campaspe, o come la storia di Zeusi e l’uva. Con una lettura che va dal basso verso l’alto, è possibile interpretare la totalità della decorazione come una celebrazione degli illustri artisti del passato, di cui la fama è perdurata nel tempo nonostante la distruzione del mondo antico, e che grazie alle virtù hanno superato con la loro arte la natura, rappresentata dall’Artemide Efesina raffigurata su una delle pareti brevi, a cui si contrappone la statua di Venere realizzata da Bartolomeo Ammannati, posta sul grande camino, che rappresenta l’Arte. Sul soffitto, si osserva la Virtù che trionfa, ma la presenza della Fortuna sottolinea il carattere mutevole di questa vittoria. La Sala del Camino è collegata al giardino sopraelevato da un piccolo corridoio di passaggio, detto Corridoio di Cerere. Sul soffitto è possibile ammirare infatti una tavola dipinta a tempera dove è rappresentata la dea protettrice dell’agricoltura. Alla destra del corridoio si trova invece la Cucina, che presenta una decorazione più recente rispetto al resto della casa, realizzata nel 1831 dal pittore Raimondo Zaballi.
L’edificio, acquistato dallo Stato nel 1911 per farne un museo, venne restaurato e arredato negli anni Cinquanta sotto la direzione di Ubaldo Lumini, direttore dell’Ufficio distaccato della Soprintendenza ai Monumenti per provincia di Arezzo e conservatore di Casa Vasari, e di Luciano Berti, che pubblicò nel 1955 una breve guida sulla casa-museo. L’ambiente si presentava vuoto, privo dell’arredo originario, e l’allestimento venne affidato a Berti, che selezionò circa cinquanta opere dai depositi delle gallerie fiorentine, integrate poi con alcune di proprietà del Museo di Arezzo, principalmente di artisti della cerchia del Vasari o comunque coevi e conterranei dell’artista. La scelta ricadde su opere che potessero rendere i visitatori consapevoli dell’ambiente artistico del Cinquecento fiorentino e toscano nel quale si muoveva Vasari.
I quadri sono ordinati per tema; quelli con soggetti mitologici sono situati nella Camera di Apollo, i ritratti nella Cucina, le opere di soggetto sacro nella Stanza della Fama, mentre predelle e tavole si trovano nel Corridoio di Cerere. Le opere di Vasari conservate all’interno della casa non sono molte, ma tra queste spicca il Cristo portato al sepolcro, dipinto a poco più di 20 anni, simbolo dell’inizio del suo lungo servizio presso la famiglia Medici. All’interno della piccola collezione si trovano opere di artisti di rilievo come Alessandro Allori, Jacopo Zucchi, di cui possiamo vedere l’Apollo e Marsia e la Morte di Adone, Perin del Vaga, e Giovanni Stradano.
Nel 2011 grazie a un finanziamento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, arrivato in occasione del cinquecentenario dalla nascita dell’artista, è stata effettuata una riqualificazione del museo e Michele Loffredo, allora direttore del museo, si è occupato del riallestimento della quadreria. Il museo è situato in via XX Settembre, per orari e costo del biglietto è possibile consultare direttamente il sito.