Apre a Verona, al Palazzo della Gran Guardia, proprio di fronte all’Arena, la grande mostra Caroto e le arti tra Mantegna e Veronese, dedicata a uno dei maggiori protagonisti del Rinascimento veronese, Giovan Francesco Caroto (Verona, 1480 - 1555 circa), in programma dal 13 maggio al 2 ottobre 2022. È la prima mostra dedicata all’artista, con oltre 120 opere provenienti da alcune delle più prestigiose collezioni italiane ed estere, e si colloca idealmente tra due grandi eventi promossi in passato dal Comune di Verona attraverso il Museo di Castelvecchio: Mantegna e le Arti a Verona 1450-1500 (da settembre 2006 a gennaio 2007) che, accanto alle opere del grande pittore padovano, aveva contrapposto i prodotti pittorici, grafici e scultorei degli artisti locali variamente da lui influenzati, e Paolo Veronese. L’illusione della realtà (da luglio a ottobre 2014), dedicata al maggior pittore cittadino del Cinquecento: si chiude così un importante trittico di rassegne dedicate alle arti rinascimentali a Verona.
Obiettivo della rassegna: presentare l’evoluzione del grande pittore, seguendolo dagli esordi giovanili al riconosciuto ruolo di artista. Attraverso una serie di interventi conservativi sostenuti per la mostra e un’estesa campagna di ana lisi diagnostiche, Caroto e le arti tra Mantegna e Veronese, a cura di Francesca Rossi (Direttrice dei Musei Civici di Verona), Gianni Peretti (storico dell’arte) ed Edoardo Rossetti Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana di Lugano) vuole essere anche l’occasione per dare un contributo alla salvaguardia della sua opera e per approfondire la conoscenza dell’operatività tecnica del pittore.
Molti infatti gli istituti coinvolti nel progetto scientifico della mostra, elaborato dai curatori affiancati da un comitato scientifico composto da Margherita Bolla (Studio, didattica e ricerca in ambito archeologico per allestimenti e valorizzazione musei, monumenti e aree archeologiche della Verona romana Musei Civici di Verona), Luca Fabbri (Curatore delle collezioni d’arte medievale e moderna Museo degli Affreschi G.B. Cavalcaselle, Musei Civici di Verona), Maria Teresa Franco Fiorio (Storica dell’arte, Ente Raccolta Vinciana di Milano), Stefano L’Occaso (Direttore di Palazzo Ducale, Mantova), Sergio Marinelli (Storico dell’arte), Paolo Plebani (Conservatore Accademia Carrara, Bergamo) e Alessandra Zamperini (Dipar timento di Culture e Civiltà, Università di Verona). In particolare, la mostra ha potuto contare sull’appoggio di vari istituti del sistema museale veronese, come il Museo di Castelvecchio, in qualità di capofila, il Museo degli Affreschi “Giovanni Battista Cavalcaselle”, il Museo Archeologico al Teatro Romano, il Museo Lapidario Maffeiano e il Museo di Storia Naturale, accanto a un’ampia rete di collaborazioni interistituzionali e prestiti nazionali e internazionali, con un ruolo cruciale svolto da due partner scientifici, ovvero i musei di Palazzo Ducale di Mantova e del Castello Sforzesco di Milano, testimoni del valore dell’esperienza itinerante di Caroto, che esercitò la sua attività artistica proprio tra le città di Verona, Mantova e Milano. Per l’occasione, peraltro, il trasferimento nella mostra dedicata a Caroto di numerose opere solitamente allestite nei percorsi museali del Museo di Castelvecchio e Museo “Giovanni Battista Cavalcaselle” ha offerto l’inconsueta possibilità di esporre al pubblico opere spesso non visibili, dando nuovi spunti visivi e di approfondimento sulle collezioni dei Musei civici.
Tra i prestatori si contano collezionisti privati e importanti istituzioni museali nazionali e internazionali tra cui: la Fondazione Accademia Carrara di Bergamo, il Palazzo San Sebastiano e il Palazzo Ducale di Mantova, le Gallerie degli Uffizi di Firenze, la Gallerie Estensi di Modena, il Palazzo Ducale di Mantova, le Gallerie Estensi di Modena, il Castello Sforzesco di Milano, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, la Pinacoteca di Brera di Milano, il Musée du Louvre di Parigi, il Museo Brukenthal di Sibiu, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, lo Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek e lo Staatliche Graphische Sammlung di Monaco di Monaco di Baviera, lo Szépművészeti Múzeum di Budapest, lo Städelsches Kunstinstitut di Francoforte.
La rassegna è co-prodotta da Civita Mostre e Musei e realizzata con la collaborazione del Dipartimento Culture e Civiltà dell’Università di Verona, l’esposizione ha ottenuto il patrocinio del Ministero della Cultura e della Regione del Veneto ed è sostenuta da contributi di Airbnb, Fondazione Città Italia, Soroptimist Club di Verona e la sponsorizzazione tecnica di ERCO. Media partner: Radio Monte Carlo, Internazionale, Finestre sull’Arte, Creation e PSC Promos Comunicazione.
L’arte a Verona nella prima metà del XVI secolo, fiorita tra i due giganti Andrea Mantegna e Paolo Caliari detto il Veronese, è un periodo che, per diversi aspetti, è ancora da indagare. Non mancarono in quegli anni figure di grande qualità e di personalità inconfondibile, soprattutto nel campo della pittura e della miniatura, come Girolamo dai Libri, Francesco Morone, Paolo Morando detto il Cavazzola, Francesco Torbido detto il Moro, Nicola Giolfino, e molti altri. Anche nel campo dell’architettura si assistette a un rapido adeguamento linguistico sulle formule più moderne, grazie a personalità come Gian Maria Falconetto e Michele Sanmicheli. Tra tutte queste figure di artisti, Giovan Francesco Caroto emerge come una tra le più interessanti e complesse. Il profilo a lui dedicato da Giorgio Vasari permette di seguire il suo percorso di formazione artistica: il grande storiografo aretino dedica infatti a Caroto un’ampia digressione nell’edizione giuntina delle Vite (1568), tracciando la sua biografia nella Vita dedicata a Giovanni Giocondo e agli altri pittori veronesi del tempo.
Caroto, allievo di Liberale da Verona, viene descritto come estremamente talentuoso fin da bambino e portato per raffigurazioni realistiche. Vasari racconta un aneddoto: trasferitosi a Milano, sfidò un fiammingo che gli aveva fatto vedere una “testa ritratta di naturale”, affermando di riuscire a essere in grado di dipingerne una migliore. Il fiammingo, facendosi beffe di lui, gli disse che se ci fosse riuscito gli avrebbe regalato il quadro e 25 scudi, mentre in caso contrario sarebbe stato Caroto a dovergli la somma e la sua opera. Caroto si mise dunque al lavoro ed eseguì un ritratto di “un gentiluomo vecchio e raso con un sparviere in mano”, ma quella del fiammingo fu comunque ritenuta migliore: tuttavia, poiché si pensò che l’artista avesse sbagliato a scegliere il soggetto (nel senso che se avesse scelto un giovane, come nel ritratto del fiammingo, sarebbe riuscito se non a vincerla almeno a fare qualcosa di pari qualità), e poiché il quadro di Caroto era comunque eccellente, il fiammingo si accontentò del ritratto del vecchio senza accettare i 25 scudi. Secondo Vasari, il quadro fu poi acquistato da Isabella d’Este (oggi l’opera non ci è nota).
p>Intelligente, curioso, spiritoso, vagabondo, fu a Mantova , alla corte dei Gonzaga, sotto l’egida di Mantegna; a Milano, al servizio di Antonio Maria Visconti; a Casale Monferrato, alla corte del marchese Guglielmo IX Paleologo. Conobbe e apprezzò la pittura fiamminga e quella nordica, spostandosi tra Milano, Verona e Venezia, ma anche quella di Raffaello e dei suoi seguaci, tanto da rendere credibile l’ipotesi di un suo viaggio di studio a Roma. Esercitò la pittura, la miniatura, il disegno naturalistico, la medaglistica, la statuaria. Si dedicò soprattutto alla pittura devozionale pubblica e privata (pale d’altare, Madonne con il bambino), ma raggiunse fo rse i suoi esiti più personali e felici nel ritratto e nella pittura di paesaggio.
“Giovan Francesco Caroto”, spiegano i curatori, “è l’emblema della capacità degli artisti veronesi di muoversi su aree geografiche diverse della Penisola riuscendo a contaminare quanto appreso in gioventù e inserendo la loro città in una complessa rete di relazioni artistiche. Inoltre, la biografia di Giovan Francesco Caroto è in qualche modo emblematica per comprendere l’evoluzione dei fatti artistici padani durante i primi quattro decenni del XVI secolo. La sua formazione e i suoi spostamenti dimostrano l’importanza del sistema delle piccole corti italiane nella formazione del linguaggio della ‘maniera moderna’, ma soprattutto l’avvicendamento del ruolo guida nel paesaggio artistico italiano che si attua attorno alla metà del secondo decennio del Cinquecento, con il dialogo serrato e innovativo giocato tra Milano e Venezia. La mostra raccoglie per la prima volta a confronto gli esiti di anni di ricerche di studiosi dell’arte veronese e milanese sulle sfaccettate relazioni che hanno legato i due vivacissimi centri di produzione culturale dell’epoca”.
Il percorso espositivo è articolato in nove sezioni che evidenziano momenti particolari della carriera di Caroto e significativi aspetti dei suoi interessi e della sua personalità artistica. Sei sezioni hanno un impianto espositivo tradizionale, mentre tre ospitano installazioni multimediali: 1. Giovan Francesco Caroto, tra Verona e Mantova, all’ombra di Mantegna; 2. In viaggio tra Milano e Casale Monferrato; 3. Giovan Francesco e l’arte del ritratto; 4. Giovanni Caroto pittore; 5. Verona, gli anni della maturità; 6. I Caroto e la famiglia Della Torre; 7. Da Caroto a Paolo Veronese: nuovi orizzonti della pittura veronese; 8. Giovanni Caroto testimone di antichità; 9. Tra arti e scienze naturali: la bottega dello speziale e la Wunderkammer del museo Calzolari.
La prima sezione riunisce testimonianze dell’ambiente in cui si formò Caroto: dai Trionfi di Liberale da Verona, che riassumono la lezione che l’artista veronese impartì al giovane Giovan Francesco, ai capolavori di Andrea Mantegna come la Pala Trivulzio del Castello Sforzesco, la Sacra Famiglia con una santa di Castelvecchio e la Resurrezione di Bergamo. La mostra interviene con confronti tra le opere di Caroto (come la Madonna cucitrice e la splendida Madonna della farfalla) e quelle di Mantegna e Liberale da Verona. Ancora, per rievocare il clima del tempo e la diffusione della lezione mantegnesca, ancora la prima sezione espone opere di artisti che seguirono le orme di Mantegna, come Francesco Bonsignori e Domenico Morone (presente con la celebre Cacciata dei Bonacolsi in prestito da Palazzo Ducale a Mantova). Una sotto-sezione è dedicata al tema della Sacra Famiglia, con opere di Mantegna, Monsignori e Caroto (di quest’ultimo spicca la Madonna del Museo Städel di Francoforte). La prima sezione si chiude con la grande tavola di Caroto del 1512 con i Tre arcangeli, che si misura con la tradizione veronese, arricchita dal confronto con la cultura mantovana (Caroto infatti fu attivo anche nella città dei Gonzaga) e da quella milanese.
Nella sezione “Giovan Francesco tra Milano e Casale Monferrato”, si ripercorrono gli spunti che l’artista seppe trarre dal confronto con gli artisti che operavano in queste realtà, e in particolare con i leonardeschi: in mostra opere del Bramantino, di Bernardino Luini, Andrea Solario e altri artisti vicini a Leonardo. Capolavoro della sezione è il Compianto sul Cristo morto del 1515, data in cui Caroto è attestato a Casale alla corte di Guglielmo IX Paleologo (dove l’artista è documentato fino al 1523). Nella terza sezione si approfondisce la ritrattistica di Caroto: questa parte della mostra vede al centro il Ritratto di fanciullo ridente con disegno (forse un ritratto del figlio di Caroto, Bernardino), opera iconica ed esempio più alto delle riflessioni di Caroto sugli studi di espressione di Leonardo da Vinci, opere che l’artista ebbe modo di conoscere durante i suoi soggiorni a Milano. La quarta sezione è dedicata a Giovanni Caroto, fratello minore di Giovanni Francesco: tre sue opere, tra le poche che gli si possono riferire (in particolare una pala del 1514, dipinta per la chiesa di San Giovanni in Fonte a Verona, e due ritratti), esemplificano la maniera dell’artista.
Si giunge poi alla quinta sezione, dedicata alla maturità di Giovan Francesco Caroto e agli anni tra il 1525 e il 1530. La prima parte della sezione è dominata da due pale d’altare, il Congedo di Cristo dalla madre e la Lavanda dei piedi, mentre nella seconda si analizzano i debiti di Caroto nei confronti della maniera romana, appresa a Mantova col tramite di Giulio Romano: il capolavoro di questa fase è la Sacra Famiglia con santa Elisabetta e san Giovannino del 1531, opera chiave del percorso di Caroto. Un focus è dedicato anche al paesaggio: al centro della sala spicca il Riposo durante la fuga in Egitto in prestito dal Louvre, uno dei principali capolavori del pittore veronese, caratterizzato da un paesaggio morbido e ombroso, ricco d’acqua e verzura descritti minuziosamente da Caroto. S’inserisce in questo contesto una digressione sulla collezione del conte Mario Bevilacqua, la raccolta più ricca e famosa del secondo Cinquecento veronese, che includeva anche opere di Caroto. Si prosegue poi con un ulteriore approfondimento tematico: la sesta sezione è infatti dedicata ai rapporti di Caroto con Giulio della Torre, giurista e artista dilettante, specializzato nella fusione di medaglie in bronzo. Il pubblico potrà qui ammirare alcuni dipinti eseguiti per Giulio della Torre come la tela ottagonale della Veritas filia Temporis e la Tentazione di Cristo. La settima sezione è dedicata all’ultima fase dell’attività di Caroto: dopo il 1540 si afferma infatti a Verona un nuovo linguaggio, promosso da una nuova generazione di artisti, tra i quali Antonio Badile III, presunto maestro del Veronese. Si chiude con il San Giorgio e la principessa che Caroto dipinse nel 1535 per l’altare maggiore della chiesa di San Giorgio in Braida: negli anni Sessanta l’opera fu sostituita con il Martirio di san Giorgio del Veronese, a testimoniare il cambio di gusto dopo la metà del secolo. Due stanze multimediali concludono la mostra: una è dedicata allo sguardo di Caroto come testimone di antichità, con alcuni oggetti (un frammento di stele, una piccola ara e libri) ad accompagnare la videoproiezione, mentre l’altra riproduce la Wunderkammer dello speziale Francesco Calzolari, esponendo anche alcuni oggetti dalla sua raccolta: un ologramma di Calzolari illustra gli oggetti esposti in una scenografia che ricrea la sua camera delle meraviglie.
All’interno delle sezioni, i curatori hanno voluto far sperimentare modalità innovative per la narrazione, in particolare tramite tre installazioni multimediali, progettate in collaborazione con l’impresa creativa Culturanuova, per favorire l’accessibilità e l’approfondimento dei temi proposti anche attraverso l’utilizzo di tecnologie che permettono una fruizione immersiva da parte del pubblico. Si tratta di “Le sinopie dell’ Annunciazione di Giovan Francesco Caroto”, “Caroto testimone di antichità” e “Caroto speziale e la Wunderkammer del Museo di Francesco Calzolari”.
Disponibile anche un percorso di visita accessibile tramite App a cura di Civita Mostre e Musei: è un itinerario speciale, dedicato alle persone non vedenti, realizzato con il contributo di Fondazione CittàItalia, sviluppato intorno a dodici opere appartenenti alle collezioni civiche con il possibile reimpiego futuro nel percorso museale di Castelvecchio. A cura dell’azienda ARtGlass invece la realizzazione di un gioco didattico: una speciale caccia al tesoro in realtà aumentata attraverso le sale espositive, che i giovani visitatori, tra gli 8 e i 12 anni, ma anche i loro genitori e accompagnatori, avranno modo di seguire su un tablet incluso nel biglietto di ingresso. A questi strumenti tecnologici viene affiancato anche un programma di attività educative e didattiche a cura della Segreteria Didattica dei Musei Civici Cooperativa Le Macchine Celibi, con il coordina mento dei servizi a cura di Civita Mostre e Musei: sono in programma visite guidate gratuite settimanali, visite per gruppi e scolaresche, oltre a laboratori a tema per bambine e bambini dai 6 agli 11 anni. Alla mostra si collega una rete di itinerari artistici nelle chiese cittadine per le quali Caroto ha operato. Un progetto realizzato in collaborazione con la Diocesi di Verona, l’Università di Verona, la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza e la fondazione Verona Minor Hierusalem. La mostra è accompagnata da una monografia e da un catalogo editi da Silvana Editoriale.
La mostra apre da martedì a domenica dalle 10:30 alle 19:30. La biglietteria chiude un’ora prima. Chiuso il lunedì. Biglietti: intero 12 euro, ridotto 10 euro (gruppi di minimo 15 persone, visitatori dai 15 ai 30 anni, studenti universitari con tesserino sino ai 30 anni, over 65 anni, militari, volontari servizio civile universale, iscritti Università dell’Educazione Permanente di Verona, con VeronaCard, convenzioni); ridotto per scuole e minori tra 8 e 14 anni accompagnati da un adulto 1 euro, gratis per minori di 7 anni, disabile e accompagnatore disabile, tesserati ICOM, guide turistiche munite di tesserino, gior nalisti con tesserino, 2 insegnanti per scolaresca, 1 accompagnatore per gruppo, soci associazione Amici dei Civici Musei di Verona, appositi soggetti autorizzati. Diritto di prenotazione 1 euro a persona, 0,50 euro a studente. Info mostra e prenotazioni: 045 8537339 (da lunedì a venerdì ore 9-18, il sabato ore 9-13), sito web www.mostracaroto.it, mail infocivita@tosc.it.
Titolo mostra | Caroto e le arti tra Mantegna e Veronese | Città | Verona | Sede | Palazzo della Gran Guardia | Date | Dal 13/05/2022 al 02/10/2022 | Artisti | Giovan Francesco Caroto | Curatori | Francesca Rossi, Gianni Peretti, Edoardo Rossetti | Temi | Rinascimento, Verona, Veneto, Arte antica |
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