Torino, alla Galleria Simóndi apre HABITAT, mostra sul tema sulle reti dei nostri sistemi sociali


HABITAT. Lo spazio relazionale dell’essere è il titolo della mostra collettiva che, alla Galleria Simondi di Torino, esplora le reti visibili e invisibili che circondano e collegano i sistemi viventi della nostra società.

HABITAT. Lo spazio relazionale dell’essere è la seconda edizione di Post Scriptum, il format attraverso il quale la Galleria Simóndi ogni settembre apre la sua stagione espositiva. La mostra collettiva, curata dalla galleria in collaborazione con Marguerite Kahrl e visitabile dal 20 settembre al 3 novembre, esplora le reti visibili e invisibili che circondano e collegano i sistemi viventi della nostra società, suggerendo e promuovendo strategie e buone pratiche per una visione futura più inclusiva e relazionale, spingendoci oltre i limiti spesso imposti dalla società, dallo spazio e dal corpo che abitiamo.

La mostra HABITAT. Lo spazio relazionale dell’essere è realizzata in collaborazione con le gallerie Gian Marco Casini (Livorno), Umberto Di Marino (Napoli) e Galerie Nordenhake (Berlino, Stoccolma, Città del Messico). Hanno contribuito a questa seconda edizione Karin Fink, geografa e relational designer; Lucy R. Lippard, scrittrice, attivista e autrice d’arte; John Thackara, autore e curatore; e l’associazione culturale Messy Lab, Collettivo di Ceramica.

Questa mostra, dalle molteplici sfaccettature, espande i confini convenzionali dell’arte ecologica, che in realtà di confini non dovrebbe averne. Quattro artisti, nati in tre paesi diversi tra il 1953 e il 1997, hanno creato opere che non si limitano a rappresentare i tesori della natura nella loro prevedibile bellezza e abbondanza, né a mostrare la loro precarietà al limite dell’estinzione. Piuttosto, le loro opere svolgono un ruolo attivo o partecipativo nel recupero del rapporto con la natura – in situ e locale.

Il termine “relazionale” - che ritroviamo anche nel titolo della mostra, HABITAT. Lo spazio relazionale dell’essere - nel suo significato più ampio si basa sulla distinzione operata da Bruno Latour tra dinamiche relazionali e causali. In questo contesto, un tentativo di trascendere dualismi e classificazioni mescolandoli tra di loro per superarne i limiti, Marguerite Kahrl definisce i suoi “oggetti relazionali” come artefatti progettati per rafforzare il nostro legame con il mondo vivente, fatto di attori umani e non umani, creando opere che interagiscono e influenzano il nostro rapporto con l’ambiente naturale e tutte le entità che lo compongono, rompendo le barriere convenzionali tra diverse categorie di esistenza.

Le opere di Kahrl della serie Irrigators consistono in due gruppi di recipienti di terracotta: Underground Conversations e Fertility vessels, che richiamano gli “Olla”, vasi in ceramica utilizzati nell’omonima tecnica di irrigazione sotterranea. Le buffe forme dei suoi Fertility vessels che ricordano mani, zampe, artigli e capezzoli, si adattano tanto a un giardino che a una galleria. I vasi porosi sono progettati per essere interrati, con i colli colorati che sporgono dal terreno. Quando il terriccio è secco, l’acqua passa attraverso il vaso per uniformare i livelli di umidità, mostrando cosa succede nel sottosuolo ed evidenziando la mancanza di acqua dolce per l’irrigazione delle colture. «Essendo nascosto» - dice l’artista - «il suolo è rimasto un mistero per secoli».

I vasi di Marguerite Kahrl sono stati testati negli orti dei suoi vicini con l’obiettivo di «costruire una spugna di materia organica e una fonte di umidità», diventando strumenti per aumentare la fertilità e ridurre l’erosione del terreno, oltre a contrastare la crescita delle erbacce.

Un progetto simile, nel suo utilizzo di forme eccentriche in terracotta, colori ed eco-coscienza, è Relational Nests (2021), case per uccelli di argilla costruite nell’ambito del progetto di residenza d’artista TELL_US, promosso dall’Associazione Culturale Messy Lab in collaborazione con l’Ecovillaggio Torri Superiore (IM), che ha visto la partecipazione attiva della comunità residente del’’ecovillaggio.

Marjetica Potrč è un’artista e architetta sociale, riconosciuta come mentore da molti all’interno della comunità artistica. Collabora da anni con Kahrl, promuovendo lo “scambio di conoscenze e pratiche tra pensatori olistici e lineari”. I lavori di Potrč, realizzati in diverse parti del mondo, associano un’approfondita ricerca teorica all’attuazione di progetti collaborativi che coinvolgono direttamente le comunità marginali. Il suo Participatory Design (Design Partecipatorio) ha chiaramente ispirato e nutrito i lavori di tutti questi artisti. I suoi Earth Drawings diagrammatici riguardano “il ruolo vitale delle conoscenze e pratiche indigene nel mondo contemporaneo …. [nella] formazione di un organismo intelligente”. La più significativa tra le sue opere recenti, frutto della collaborazione con Ooze (2), è un progetto di arte pubblica, Future Island (2023), un’isola di rocce in Svezia, divisa tra una zona a nord (riscaldata con energia rinnovabile) e una zona a sud non riscaldata, testimonia del modo in cui flora e fauna si adattano al cambiamento climatico negli anni a venire. In quest’opera d’arte vivente le piante si evolvono in maniera diversa nelle due zone. L’opera di Potrč trasforma le arti comunitarie in qualcosa di più ampiamente applicabile, sofisticato e teorizzato.

La scultura sonora Quintetto (2022) dell’artista multidisciplinare Alessandro Manfrin consiste di cinque tubi metallici rinvenuti nel suo girovagare quotidiano per le strade della città, alla ricerca dei suoi materiali – “frammenti di pensiero che fanno da punteggiatura alla città. Oggetti donati a tutti e appartenenti a nessuno, non veri e propri rifiuti, sospesi in un limbo, in attesa di giudizio”. I tubi sono disposti in forma fluida. Accanto a questa scultura astratta, collegato da cavi elettrici, si trova il suo gemello tecnologico – l’armamentario del sistema Dolby Surround 5.1 che lo anima, amplificando i suoni raccolti nelle stazioni della metro. Le due forme dissimili collaborano per comunicare il messaggio dell’artista in modo particolarmente contemporaneo, che lui definisce “una specie di organo che riunisce l’etereo e l’urbano”.

Eugenio Tibaldi, altro collega di Potrč, descrive i suoi “paesaggi temporanei” (dei collages caoticamente complessi, o palinsesti, con la loro miriade di riferimenti architettonici) come tracce di segni culturali necessari e indotti da ciò che il potere impone e l’economia regola, i codici comunicativi che facilitano lo scambio e le alleanze tra questi tessuti nelle aree suburbane. “Il mio lavoro - dice Tibaldi - è quello di documentare e registrare le trasformazioni nella relazione tra la legalità, l’economia e l’estetica”. Tibaldi è una sorta di rilevatore nomade di molteplici culture, avendo lavorato in diverse località come il Cairo, Caracas, Berlino, Buenos Aires, Napoli, Salonicco. “Passeggiare per la città - dice - è come giocare a mappare le cicatrici dell’accelerazione”. La sua opera Heidi si basa sul romanzo di fine ’800 di Johanna Spyri. Come il romanzo, essa crea un paesaggio di “bagagli culturali remoti” ambientato in “una bolla di un non-luogo come le montagne svizzere”, messe a contrasto con una vicina città industriale.

Questi quattro artisti multidisciplinari nei loro approcci stratificati stravolgono le convenzioni stabilmente codificate e guardano alle culture emergenti e marginali che, nelle parole di Potrč, “sono sopravvissute al colonialismo e al capitalismo, e continuano a condividere generosamente con noi la conoscenza della terra, anche laddove rimangono solo frammenti”. Essi si aggiungono al crescente numero di artisti visivi che interagiscono con le ecologie e le comunità, eredi delle opere iconiche (negli Stati Uniti) di Agnes Denes, Mierle Laderman Ukeles e Patricia Johanson, e si confrontano con quelle più recenti dei Future Farmers, Basia Irland, M-12 Studio, Tristan Duke, Aviva Rahmani, Lauren Bon e il Metabolic Studio, e di molti altri.

Kahrl, Manfrin, Potrč e Tibaldi dimostrano il ruolo della creatività in contesti diversi: Manfrin si concentra sull’ambito urbano, Tibaldi su quello suburbano, Kahrl su quello rurale e sistemico, mentre Potrč fornisce panoramiche analitiche e schemi di azione. In un certo senso sono tutti collagisti, che tagliano e incollano “frammenti di pensiero” -- materiali, esperienze, convinzioni, comunità -- per creare nuove realtà. Ciò che li guida sono le cose che osservano nel mondo, quelle che funzionano, o che hanno funzionato, o che potrebbero funzionare, piuttosto che le convenzioni correnti, spesso legate a interessi commerciali.

Per tutte le informazioni, potete visitare il sito ufficiale della Galleria Simóndi.

Informazioni sulla mostra

Titolo mostraHABITAT. Lo spazio relazionale dell’essere
CittàTorino
SedeGalleria Sim?ndi
DateDal 20/09/2024 al 03/11/2024
ArtistiEugenio Tibaldi, Bruno Latour, Marguerite Kahrl, Marjetica Potrč, Alessandro Manfrin

Torino, alla Galleria Simóndi apre HABITAT, mostra sul tema sulle reti dei nostri sistemi sociali
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