La Galleria Richter di Roma presenta la prima mostra personale dell’artista americana Jay Miriam (New York, 1990), in Italia. Dopo la bi-personale del 2020 con Katerina Janeckova e la mostra collettiva Between my flesh and world’s fingers da poco conclusa, l’artista americana torna a Roma, ad abitare gli spazi della galleria Richter con These eyes have walls accompagnata dal testo critico di Giuseppe Armogida. In questa nuova serie di lavori, dipinti a olio su larga scala, Jay Miriam mette in questione il nostro sguardo “murato”, costringendoci a immaginare – per ognuna delle figure femminili ritratte – oggetti, situazioni, personaggi, ambienti, relazioni e regole, che precedono o che, comunque, rimangono esterni all’opera.
Da sempre Miriam esamina ciò che sta nell’ordinario, affascinata dai momenti apparentemente intimi e silenziosi della vita: nasciamo in un corpo, in un tempo, in un luogo, ma quando chiudiamo gli occhi, come ci vediamo? La pratica contemplativa di Miriam prevede “la pittura a memoria” o l’immaginazione di nuovi mondi partendo da zero e, attraverso la creazione di segni audaci e pennellate sciolte, l’artista crea storie completamente proprie, che spesso richiedono mesi o persino un anno per essere completate. Classe 1990 è nota per i suoi ritratti di nudi femminili, i soggetti di Miriam emanano un giocoso senso di mistero. Spesso sono presenti nei suoi dipinti movimenti che sarebbero fisicamente impossibili nel mondo reale, che si tratti di un braccio allungato o, in altri casi, della posizione delle gambe, tuttavia nella composizione l’artista gioca con il movimento dell’occhio per convincere lo spettatore che questi momenti sembrino autentici. La percezione dello spettatore è importante per l’intero dipinto quanto il dipinto stesso.
Nata a New York City (1990) e cresciuta a Brooklyn, Jay Miriam ha conseguito un BFA presso la Carnegie Mellon University e un MFA presso la New York Academy of Art. L’artista ha in programma mostre personali da Galleria Richter (Roma, 2022) and Gruin Gallery (Los Angeles, 2022). Le precedenti mostre personali principali includono: Fantasies in a Waking State (Ornis A. Gallery, 2017, Amsterdam); Catch the Heavenly Bodies (Half Gallery, 2016, New York, NY); Blue Paintings of Women (Ornis A. Gallery, 2014, Amsterdam), and JM (Cudowne Lata, 2011, Krakow, Poland). Moments of self. Così Jay Miriam definisce i lavori presentati in questa sua nuova mostra alla Galleria Richter. Momenti di sé, momenti con sé, momenti in cui le figure femminili ritratte possono conoscere sé stesse. Momenti in cui possono “vedersi”, possono penetrare in sé stesse, alla ricerca di ciò che veramente sono. Momenti in cui si rivela loro il proprio daímon – l’autentico Sé, ciò che custodiscono in interiore – e possono godere del suo spettacolo. E non è forse ebbrezza questa?
Ma come possono mettere a nudo il loro cuore e conoscere sé stesse, senza distaccarsi da tutto ciò che confusamente le riflette, senza disciogliersi dalle apparenze, dai pregiudizi, senza intraprendere risolutamente la via della “solitudine”, dell’“intimità”? “Non esiste cosa più grande al mondo”, scriveva Montaigne, “che saper essere per sé, riservarsi un retrobottega tutto nostro, del tutto indipendente, nel quale stabilire la nostra vera libertà, il nostro principale ritiro e la nostra solitudine. Là noi dobbiamo trattenerci abitualmente con noi stessi; lì dobbiamo discorrere e ridere come se fossimo senza nessun altro”.
“Ecco che, allora”, scrive il curatore Armogida, “ogni quadro di Miriam sembra eccedere i suoi limiti e rinviare a una sorta di ’fuori campo’. Ogni ’inquadratura’ non è statica, ma cresce al suo interno, proiettando le proprie linee di fuga verso l’esterno, verso un ’fuori’ che è situato al di là dei confini del quadro. Sembra, cioè, che l’azione rappresentata si prolunghi in uno spazio più vasto con il quale comunica. Uno spazio eterogeneo rispetto a quello del quadro, uno spazio vuoto, negativo, che non si vede, ma che è presente, ’insiste’ e si percepisce. Un Altrove, un fuori dell’immagine, che, pur scartato dalla zona di visibilità del quadro, la fonda e la rende possibile. E mi pare che questa dialettica tra ’campo’ e ’fuori campo’ caratterizzi tutta questa serie di lavori in mostra. Jay Miriam mette in questione il nostro sguardo ’murato’ – che cerca disperatamente di connotare, salvaguardare, proteggere, contenere e ripristinare ciò che è a noi familiare –, costringendoci a immaginare – per ognuna delle figure femminili ritratte – oggetti, situazioni, personaggi, ambienti, relazioni e regole, che precedono o che, comunque, rimangono esterni all’opera. Ad esempio, il tipo di lavoro che queste donne svolgono quotidianamente, dal quale forse non potranno liberarsi, ma che certamente non potrà mai dire nulla su chi esse sono realmente. Oppure, in generale, i ruoli che esse ricoprono nella società e dai quali è impossibile sfuggire. Come è impossibile sfuggire al legame ineluttabile che ognuno di esse ha con il proprio passato e con le proprie origini. Jay Miriam, in queste opere, non offre risposte sicure. These eyes have walls è, dunque, una mostra costruita su un’ambivalenza inclusivo-conflittuale, sul rimbalzo continuo tra spazio interno e spazio esterno, interiorità e riconoscimento sociale, spessore biografico dei personaggi e trappola dei ruoli, realtà quotidiana ed estraniamento da essa. Un’ambiguità che impedisce che ogni cosa torni al proprio posto e ci costringe ad aguzzare il nostro sguardo. Sempre, di nuovo”.
Per tutte le informazioni, potete visitare il sito ufficiale della Richter Fine Art.
Titolo mostra | These eyes have walls | Città | Roma | Sede | Richter Fine Art | Date | Dal 15/02/2022 al 25/03/2022 | Artisti | Jay Miriam | Curatori | Giuseppe Armogida | Temi | Arte contemporanea |
Gli occhi hanno muri: a Roma la prima mostra italiana della giovane Jay Miriam |